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A PROPOSITO DI SEPARAZIONI DAL FIGLIO

Post n°116 pubblicato il 22 Dicembre 2011 da whatsgoingon2005

L’interruzione giuridica del progetto genitoriale.

L’inibizione del legame genitoriale non ha nulla a che vedere con l’affidamento dei figli: tanto con

l’affido esclusivo quanto con l’affido condiviso, il trend dei tribunali italiani è quello di non

equiparare forme e contenuti di entrambi i ruoli genitoriali, limitando le frequentazioni e l’influenza

del genitore escluso nel processo di crescita dei figli.

Il proposito di avere dei figli prescinde dal mero concepimento, dalla trasmissione del patrimonio

genetico e dalla stessa gravidanza, va molto oltre: è un progetto educativo a lungo termine, un

processo di cura e trasmissione di sé che accompagna (o dovrebbe accompagnare) la prole negli

anni successivi alla nascita.

L’esclusione forzata da tale progetto, la riduzione a ruoli marginali, la cronica limitazione ad un

ruolo subalterno rispetto all’altro genitore, la delegittimazione, la mortificazione, l’inefficacia delle

contromisure giuridiche e lo status di “intruso” che ne derivano sono le molle che innescano la

spirale di disperazione che può esitare in episodi di cronaca nera.

Il genitore escluso che chiede di continuare ad occuparsi dei figli anche dopo la separazione viene

percepito dall’apparato giudiziario (la maggioranza di Tribunali ordinari e minorili, assistenti sociali,

consulenti) come individuo che tenta di invadere il territorio altrui; quindi da circoscrivere, ridurre,

contenere.

L’humus dei provvedimenti è declinato, con modalità ricorrenti, sulle diverse sfumature del

“limitare”.

Prova ne sia che - anche dopo la riforma dell’affido condiviso - i Tribunali continuano a concedere

un “diritto di visita” - creato arbitrariamente, inesistente nella normativa - limitato prevalentemente

alle misure standard di alcune ore due pomeriggi a settimana, due weekend al mese, una

settimana durante le vacanze natalizie e due d’estate.

L’orientamento prevalente, in sostanza, continua ad essere improntato al “minimo indispensabile”

esattamente come accadeva con l’affido esclusivo, sconfessando la riforma normativa voluta dal

Parlamento (l. 54/2006) e soprattutto il diritto dei minori.

Che tale modus operandi si traduca in una concreta esclusione dalla vita dei figli, e venga

percepito quale riduzione ad “accessorio inutile”, quasi “fastidioso” da parte del genitore che lo

subisce, non è difficile da comprendere.

Come non è difficile comprendere che l’interruzione forzata di un intero progetto di vita ed i rapporti

con i figli privati di qualunque spontaneità, gravemente limitati nei tempi e nei modi imposti per

sentenza, costituiscano una inibizione violenta tanto dei più forti istinti naturali quanto delle

sovrastrutture culturali, un’aggressione alla sfera più intima e personale dei soggetti coinvolti -

adulti e minori - assimilabile ad un vero e proprio stupro delle relazioni.

Lo stupro delle relazioni, inoltre, si aggrava ogniqualvolta il pur limitato “diritto di visita” viene

subordinato al volere del genitore che esercita un reale potere sulla prole, quando cioè il genitore

prevalente1 ostacola o impedisce gli incontri dell’altro con i figli.

Il Sistema-separazioni ha ormai elaborato consuetudini secondo le quali è “normale” che i figli

stiano con un solo genitore, è “normale” che chi non ha l'affido venga relegato in un ruolo

estremamente marginale, è sufficiente che i minori abbiano relazioni significative con una sola

figura-guida, il genitore escluso che chiede di occuparsi assiduamente dei figli è percepito come un

intruso invadente.

Il soggetto vessato è perfettamente conscio della profonda ingiustizia messa in atto dalla

controparte ma, qualora ricorra agli appositi canali per ripristinare la giustizia, l'unico risultato che

riesce ad ottenere è il sommarsi di ulteriori ingiustizie.

 

Sono interpretazioni superficiali e fuorvianti, pertanto, le chiavi di lettura che solitamente vengono

date alla disperazione di un genitore separato dai figli che sfocia in episodi di cronaca nera:

- mancata accettazione della fine del rapporto

- disturbo mentale

- gelosia morbosa

“Secondo una recente analisi dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri ospedalieri

(…) il disagio psichico è la prima causa dei delitti in famiglia”2

“(…) l’uomo vuole dimostrare la sua forza, uccide quando perde il potere di controllo sulla

donna (…) gli uomini non accettano il rifiuto, non accettano che le donne dicano no (…)”3

“delitti passionali, da ansia di possesso dell’altro (…) schemi che avevano giustificato il

delitto d’onore nel codice penale (…) “4

“raptus dell’amore possessivo”5

Il tema degli uomini gelosi ed insicuri, che non sanno accettare il rifiuto e reagiscono impugnando

un’arma, è ricorrente tanto fra gli operatori delle scienze sociali quanto fra i cronisti.

Dai media viene sempre “dimenticata” più o meno volutamente la causa principale: lo stupro

psicologico-relazionale generato dall’interruzione giuridica di relazioni e legami genitoriali.

In realtà ciò che risulta essere completamente assente, o impropria e fuorviante, è l’analisi della

criminogenesi.

La concatenazione di eventi che prelude ad un episodio delittuoso può essere assimilata,

semplificando, alla serie di immagini che compongono un filmato: ogni immagine non è che la

diretta evoluzione delle precedenti.

Osservare solo il fotogramma finale decontestualizza l’evento, limita la possibilità di comprensione

del movente, rende superficiale la lettura del fatto da parte dell’osservatore;6 che in sostanza si

limita a descrivere l’effetto del problema, ma non la complessità delle cause da cui emerge.

Non vengono riconosciuti il dolore e la disperazione del genitore privato dei figli, non vengono

riconosciute le difficoltà che incontra un genitore escluso nel tentare di ristabilire la legalità, non

viene riconosciuta l’asimmetria valutativa in base al genitore che compie un reato, sia questo un

condizionamento dei figli, un ostacolo delle frequentazioni, una sottrazione definitiva o la

costruzione di false accuse, al solo scopo di eliminare l’altro dalla vita della prole.

Le cause del gesto eclatante vengono da sempre individuate dai media nella gelosia, nel disturbo

mentale o nella mancata rassegnazione alla fine del rapporto, ma appare ormai indispensabile

abbattere i luoghi comuni e considerare le motivazioni più significative e frequenti pur se - più o

meno volutamente - ignorate: la disperazione generata dalla perdita e/o dalla mutilazione della

relazione genitore-figli, l’impossibilità di condividere i compiti di cura ed educazione,

l’esclusione forzata da una partecipazione concreta al processo di crescita.

E’ per questo che, senza falsi pregiudizi, è necessario comprendere che ruolo giochino le

istituzioni e quali siano gli esiti, spesso deleteri, all’interno di situazioni familiari tanto

compromesse. attraverso una lettura criminologica.

 

La spirale di disperazione che ne viene innescata è devastante.

Il genitore che non riesce ad incontrare i figli, oltre a configgere con una precisa volontà ostativa

della controparte, deve scontrarsi anche con ciò che da tempo è stato identificato come il fulcro

della malagiustizia in tema di Diritto di Famiglia: il principio malleabile di interesse del minore -

totalmente privo di caratteristiche certe che lo identifichino - e l'uso strumentale che ne viene fatto.

Teorizzando una assoluta priorità per l'interesse dei minori, si modifica l'interesse dei minori in

funzione di ciò che, al momento, costituisce invece l'interesse del genitore prevalente, l'unico reale

oggetto di tutela da parte dell'intero Sistema.

Il genitore escluso non può in alcun modo contare sull'appoggio della Giustizia, che si schiera al

fianco di chi è da sempre, per postulato, considerato il soggetto debole al quale va garantito ogni

vantaggio possibile, ad iniziare dall'affido dei figli, troppo spesso snaturato in una sorta di

“possesso esclusivo”.

Il risultato è quello di aver creato una nuova tipologia di soggetti deboli, quei soggetti ai quali il

Sistema-Giustizia offre la rassegnazione come unica, destabilizzante ed insostenibile soluzione.

Tanto destabilizzante ed insostenibile da poter diventare criminogena.

 
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