dice “melius abundare quam deficere” ma è pur vero che l’abbondanza toglie importanza alle cose. diventano scontate, ovvie. s’alleggeriscono. perdono fiamma e spessore. allora anche quel che è ribadito sembra non detto. e quel che dovrebbe colmare il vuoto, invece lo crea.
oggi il mio vuoto si riempie di lacrime.
è quasi ora ch’io vada. andare è sempre positivo. sempre giusto, di per sé. ma il lavoro oggi non mi porterà abbastanza lontano. di fatto, percorro più kilometri in una lacrima. dunque, fammi piangere ancora qualche minuto.

 

al telefono ti ho detto che non scrivevo più da tanto troppo tempo e mi mancava. al telefono mi hai detto che la mia vita forse è un po’ noiosa, un po’ monotona. forse. io non ho trovato parole per spiegarti. poi sul terrazzo nell’ora che preferisco guardo arrivare la sera rosa e controllo le ombre che scivolano sui fiori e cadono lungo i vasi e allora ci ritorno a pensare a questa cosa che hai detto. e sì, hai ragione. non posso negarlo. se non fosse così sognerei di meno, trafficherei di meno per trovarmi il respiro e non dovrei neppure lottare con l’istinto di scappare o di lanciarmi in volo come fossi un gabbiano. la mia vita provo ad abbellirla meglio che posso. ho tanta fantasia. tu lo sai. la abbellisco di piccole cose come farei con una casa vuota o arredata male. faccio in modo di starci dentro bene. a volte non funziona. a volte ho il respiro corto. sai anche questo. a volte vorrei vorrei vorrei vorrei.. poi ascolto una canzone che adoro e dentro ci trovo tutto. dura pochi minuti ma in quei pochi  minuti ho tutto. anche parigi. anche te. sai ho scoperto che non va niente come vorrei. quasi niente. ma se continuo a pensarci è anche peggio. allora mi concentro sui colori e sulle ombre. sulle luci intorno e sui miei fiori. sui tetti delle case e i campanili. d’un tratto mi accorgo che finisce aprile e l’aria ha un profumo che riconosco. buonissimo.

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aspetto aspetto aspetto ma non arriva niente. allora smetto di aspettare. spingo forte con i piedi in uno slancio verso la superficie. affioro col fiato corto in cerca del respiro perfetto, della luce. ma non c’è luce fuori da te. non c’è respiro perfetto fuori da te. non trovo la mia giusta collocazione. mi sembra di non averla mai trovata. la mia giusta collocazione è nella spinta verso. qualcosa, qualcuno. lo slancio mi realizza. ora non so di preciso neppure quanti anni ho. tanti. a tratti pochi. a tratti troppi. a volte la mia vita è iniziata ieri. a volte inizierà domani. dormo troppo poco. credo sia questo. siamo tutti fondamentalmente soli. io mi ci sento in modo irrequieto e violento. come se la mia solitudine urlasse tutto il tempo. sono solo un po’ stanca dei giorni e delle notti. però vorrei. vorrei e questo è un buon segno. vorrei colori forti a travolgermi, le tue labbra baciarmi, alzarmi nuova, realizzare almeno un sogno. scrivere è come se quel pugno chiuso che ho dentro dall’alba si aprisse piano. non risolvo niente tranne un allentarsi dei nodi. ma basta. basterà. muoverò passi incerti, sul primo, poi so già scivolerò piano nell’inconsapevolezza trafficata di me. smetterò di ascoltarmi e sarà di nuovo semplice.

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per un attimo mi sono sentita al riparo, colorata, eccitata, in volo. per un attimo sì. poi sono di nuovo scivolata giù, scivolata via. non sono io che scelgo, non credo. è piuttosto la mia storia e quella trama dalla quale non sfuggo. e comunque poco importa. si vive d’attimi. io vivo così. avrei avrei vorrei vorrei – il condizionale impera. chiude i pori ai miei respiri, soffoca e affossa. così guardo avanti e il mio avanti ha il tempo di un attimo. poi sotto il successivo e vada come vada. a volte penso che se fossi stata bella sarebbe stato tutto diverso. sparare a caso pensieri infantili e inutili non so perché mi allevia. già.

mi piace guardare arrivare il giorno. mi piace vederlo scivolare nel buio e fare come il latte fa al caffè nella tazza. si miscelano i colori schiarendosi piano. il giorno è liquido e prende la notte come fa un amante appassionato ed esperto. a lei non resta che arrendersi. mi piace scoprire ogni giorno le tonalità di blu che mi regala il mattino. sempre diverse. o forse sono io che uso occhi diversi a seconda di come ho dormito la notte. il mio balcone che si affaccia al mondo e a tutti i nuovi giorni mi sembra come questo foglio che sto riempiendo di parole. mi libera. mi accoglie. mi ascolta. mi sembra non ci sia nessuno disposto a farlo se non questo foglio bianco e il mio balcone. ho innaffiato le viole nell’indaco. mi sei entrato in testa tu con i tuoi occhi bellissimi. ti ho lasciato dormire sereno e sono andata avanti. avanti nei miei pensieri mentre innaffio le viole stamattina c’è quella favola che mi facevo raccontare da piccola, quella della ragazza che guardava le oche. la ragazza delle oche nei disegni di enrico pinochi. aveva il grembiule e la gonna nel vento azzurro trapuntato di nuvole, circondata dal verde e dalle oche. sembrava fosse felice e avesse tutto quel che le occorreva per esserlo. poi lascio anche lei e sono di nuovo avanti. avanti verso il giorno nuovo che ormai ha conquistato e sostituito la notte. sono così avanti che già lo vedo finire e ne vedo uno nuovo che arriva. e io avanti. io avanti senza riposo e affetto per nessuna di tutte quelle ore che stanno per arrivarmi addosso.

 

va bene. è ora. mi abbasso il volume. via che si va.

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una pausa all’improvviso. uno spazio vuoto. un pit-stop non programmato. un respiro che si allarga e si mangia istanti e poi minuti. allora sembra che tutto possa cambiare. e allora sembra che tutto palpiti un battito diverso, nuovo, eccitato e stimolante. poi passa perché è tutta ‘sta rincorsa in perenne ritardo sulla vita intera.. e allora poi passa. ma per quel tempo che è stato mi sono sentita farfalla.

 

 

non avercela se ogni tanto mi allontano. lo faccio d’istinto. lo faccio da sempre. è talmente naturale per me da pensare lo facciano tutti. più o meno tutti. e così mi perdono. oggi sono la ragazza sul treno. quella che ha lo sguardo chiuso sul finestrino e le macchie indistinte che corrono negli occhi. quella che chissà chi è, chissà dove va. oggi sono quella donna della metropolitana chiusa nel suo cappottino chiaro, col volto per metà affondato nel collo alto del maglione e lo sguardo fisso su un punto lontano dall’altra parte dei binari. binari. ci sono sempre nei miei giorni. che io li percorra o me ne stia ferma a guardarli scomparire all’orizzonte, ci sono sempre. e quella voglia di andare. fuori da qui. fuori da me. fuori dai miei giorni. magari in cerca del sole e di abiti comodi come dice la canzone. starei via molto? tornerei mai più indietro? sono già così lontana!

poi l’odore del caffè mi secca due lacrime, sbriciola il sospiro, impacchetta e ripone il volo come biancheria sporca da lavare.

avevo voglia di scrivere. per questo son qui. l’ho trovata stamattina nella tazza di caffè, la mia voglia di scrivere. l’ho tenuta tranquilla, ho evitato esondasse, ho evitato evaporasse. per questo son qui ma ora qui non ho pensieri. se li ho, sono sedati. i miei pensieri dormono. la mia voglia di scrivere rimane sottopelle a boccheggiare senz’aria sufficiente a sopravvivere. occasione persa. le occasioni perse mi mettono malinconia e senso di frustrazione. non abbastanza eccessivi però da prenderne atto in un’ode. così niente. ci riprovo domani. forse. chissà quando. domani sembra così lontano. domani è un altro mondo. non è concreto. non riesco a toccarlo il mio domani. e se non riesco a toccarlo per me non esiste. esiste questo istante che se devo dargli un colore è bianco. un bianco vuoto. intenso e vuoto. ora ho due possibilità: riempirlo di colori o lasciarlo intonso e acerbo così com’è. fino a sera. pensandoci bene, non mi interessa. vada come vuole, non mi interessa. sono senza zucchero.15624142_1260240994042204_8592504262343262208_n

ci sono queste nuvole che impazzano nell’azzurro appena sopra le viole ai balconi. c’è questa luce che acceca riflessa nelle finestre dei palazzi sulla via. ci sei tu che mi palpiti dentro e affiori e poi ti inabissi per poi di lì a poco riaffiorare. c’è questa confusione bella che mi strozza a tratti il respiro e mi dico che se boccheggio allora un senso tutto questo ce l’ha. mi dico che se boccheggio allora vivo qualcosa che mi travalica e mi skylli sparreorprende. qualcosa in questa vita è ancora in grado di travalicarmi e sorprendermi. allora non tutto è perduto. n’est pas?  vado di corsa perché è quello il mio passo. se non fossi di fretta e di furia mi penserei malata. così è bello perché quando ti manca il respiro, per una ragione o per l’altra, lo è. arrivo. aspettami.

sto strizzata in questa camicina rosa che mi tiene col fiato corto mio malgrado. l’adoro. è strettissima e l’adoro. sto dimagrendo, sai? ritorno ragazza. e sentirmi così premute le mammelle e la vita, mi piace come fosse un focoso abbraccio.
sta finendo il giorno, restuntitledsoftporno sola a redigere gli ultimi rapporti. lascio correre i pensieri che immancabilmente ti trovano. ti trovano sempre i miei pensieri. quelli caldi e quelli teneri. conoscono la tua strada. nel saliscendi di questi giorni che passano più o meno lenti, più o meno uguali, resti l’icona del maschio che aspetto mi prenda.
non arrabbiarti se mi ti incollo addosso e poi mi allontano e poi ti cerco e ti prendo e poi capita mi allontano. non arrabbiarti. nel mio essere aria, tu ci sei sempre e sempre ci sarai.
ora approfitto di questo silenzio, di questo torpore, di questa voglia di te.
mi piace qui. mi piace farmi venire semisdraiata su questa poltrona. mi piace succhiarmi piano le dita dopo averle intinte nel mio miele. mi piace sognarti. sognarti che aprendo la bocca mi prendi all’interno tutta la fica e la lingua si insinua, morbida e vischiosa. così calda e instancabile nel suo ripassarmela. e sognarti che mi riempi con calma di verga e di dita e di lingua. e vengo così, trasognata.
resto. poi chiudo tutto. dopo. ma ancora un attimo così.

poi chiudo tutto.
che fuori è già sera.