Io, Bombo e i Clandestini del Tempo

 

                        ” Bozza Prima Stesura”

                   Racconto noir

                  – Introduzione –

-La storia prende avvio da una vicenda raccontata a Ted, lo scrittore, che ne prende spunto narrativo, da un certo Talko: uno strano personaggio, incontrato in osteria dell’angiporto.

-Ted , non riesce più a scrivere – Ha il cosiddetto “blocco dello scrittore.-

– In ogni caso, gli piace scrivere con il pc nei posti più insoliti: bettole mal frequentate lerce e puzzolenti del centro storico o dell’angiporto, come sopra riportato. E, in uno di questi ambienti malfamati, incontra uno strano personaggio: Talko! – Costui, gli rivela di una sua inverosimile esperienza vissuta , nella quale fu coinvolto nelle pratiche di una pericolosa setta segreta: “I Satanici” , adoratori del Demonio – Dedita a riti di antropofagia. – Comunque, pare si fosse salvato in maniera rocambolesca e per puro miracolo, dal ruolo di vittima designata……! Nella precipitosa fuga in auto ha un grave incidente stradale. Viene ricoverato in coma e salvato. Costui, prima di sparire dalla toilette del locale, dove si erano incontrati e  dopo aver  mangiato e bevuto, non aveva rivelato a Ted tutti i fatti occorsi. – Aveva taciuto sul fatto che durante un rito, al quale aveva assistito, ma non partecipato, era poi culminato con il l’uccisione di una donna. – Evidentemente nel timore di esserne coinvolto .- Quest’ultima, la povera vittima, insieme ad una compagna , facevano parte di una particolare squadra di agenti temporali a caccia di questi adepti, Come già citati, “ I Satanici “, seguaci di una nuova religione segreta e fuori legge, in voga nel futuro. I membri della setta agivano nel passato attraverso una macchina del tempo, che permetteva e assicurava loro una certa impunità! L’ombra che Ted aveva notato nel vicolo, durante una gelida notte sulla via di casa, era proprio quella della compagna sopravvissuta. Ma che sfortunatamente non era riuscita a salvare la collega! Ora però determinata di rivelarsi a Ted e chiederne l’aiuto.

In seguito l’Agente, contatterà il nostro ed insieme concerteranno come sgominare la crudele e pericolosa setta.

Ted, naturalmente, sempre in compagnia dell’inseparabile calabrone Bombo – Ormai diventato un compagno di vita (L’incontro è descritto nello svolgimento della storia) sono ormai inseparabili; segue Ted ovunque vada, acquattato nei suoi folti capelli crespi – In seguito Bombo, avrà un ruolo importante nello svolgimento degli eventi.

I due agenti temporali, Huma e Dores, erano gemelle, nate per clonazione, diffusa in quel lontano futuro – Dores era una “Lei-Lei”, Huma una “Lei-Lui” – Rappresentando in quel lontano futuro una normale diversificazione genetica scelta dai donatori biologici e non si realizzava necessariamente solo nei due sessi, ma in svariate modalità di Generi – Ad ogni buon conto erano per loro

natura in comunicazione telepatica, ma che purtroppo, non

era servita a salvare Dores dal rito, durante il quale, sarà poi sacrificata e divorata dai “Satanici “ -.

Una notte, mentre nella solita bettola, Ted e Bombo si dedicavano alle solite bevute, – Quando, improvvisamente si materializzò , seduta di fronte a loro, un stupenda giovane donna dall’aspetto esotico: carnagione dorata, grandi e stupendi occhi di un azzurro inteso. – Non era altri che Huma, la gemella sopravvissuta! – Si scusò per l’intrusione sperando di non averli spaventati eccessivamente – Esordì poi, con una forte inflessione straniera: – Il tono di voce era profondo e vellutato, che accarezzava i sensi. Parlarono a lungo, rivelandosi reciprocamente i fatti occorsi – La dolorosa perdita della compagna Dores – A quel punto quasi in lacrime chiese a Ted il suo aiuto e con un lieve sorriso, anche quello dell’amico Bombo – A quel punto, il nostro scrittore, decise di aiutarla, constatato che ormai c’era dentro fino al collo, ma consapevole di rischiare di essere una potenziale vittima . Decise quindi di andare fino in fondo e non nascondere a se stesso di essere profondamente attratto dal suo fascino. Le confermò il suo l’aiuto e per una opportunità di sicurezza, le propone di trasferirsi da lui, a casa loro, Huma accetta con entusiasmo. Bombo non sembrò molto d’accordo. Il suo ronzio sembrò preoccupato! Forse era geloso? Non lo sapremo mai!

Nel mentre, Asmodeus, sacerdote e leader del gruppo, con uno stratagemma

riesce a catturare Ted, che con le sue indagini rappresentava per la Setta un mortale pericolo, come già accaduto con Talko, che, in seguito, fuggito dall’ospedale, si era nascosto nei vicoli dell’angiporto, dove poi aveva incontrato Ted – Ma fuggire dalla finestra della toilette non era servito – Era stato scoperto, catturato, infine sacrificato e divorato, come il povero diavolo….. aveva temuto.

Ma la vicenda si arricchisce ulteriormente, con l’intervento e la partecipazione di nuovi protagonisti. Il Lettore, che ci sta pazientemente leggendo, non può e non ne poteva esserne a conoscenza.

In realtà due distinte Entità stanno dando la caccia ai “Satanici”, che ormai ben conosciamo.

La prima già nota : la “Polizia Temporale”. L’altra, che consiste in un gruppo di fanatici religiosi, che si fanno chiamare Gli Inquisitori”. Lo scopo di tale setta segreta è quella, di inseguire attraverso lo Spazio Tempo e quindi: scovare, catturare, processare e mettere al rogo, ovvero: bruciare vivi, vecchia maniera, coloro che chiamavano gli “Eretici Temporali”.

In questo coacervo di forze in lotta tra loro, il nostro scrittore Ted ne

viene suo malgrado coinvolto.- Con il risultato che il suo conclamato “Blocco dello Scrittore” si “Sblocca” e, suo malgrado, con rischio mortale, che in quella vicenda, si trova a correre.

Naturalmente, l’unico che pare prendersela con filosofia, è l’amico Bombo,

che segue le vicende sempre annidato tra i capelli di Ted, variando di volta in volta, a seconda delle situazioni, l’intensità dei ronzii, che per il nostro scrittore sono diventati un vitale avvertimento e monito di quello che sta per accadere.

Non mi resta, dopo questa introduzione , che si è resa necessaria , anche a chi scrive, per fare il punto sulle varie fasi del racconto, lasciando poi al Lettore di giungere alla conclusione di questa strana vicenda, che potrebbe essere anche un’esperienza reale, di un fatto realmente accaduto. Ma comunque, con la speranza , in ogni caso, di una piacevole lettura.

Aindra                                                                                  Io, Bombo Vs i Clandestini                del Tempo

La pioggia cadeva a dirotto, il cielo era plumbeo e pesante, dava una sensazione di sgomento. L’umidità l’avvolgeva come un sudario. I vestiti inzuppati di pioggia gli si erano appiccicati addosso. Lampi, tuoni, spari, strazianti pianti di donna e latrati di cani, come in agonia, si udivano in lontananza. Si riparò nell’unico bar del posto. cercò di rincuorarsi con un cicchetto, ma con scarso risultato, ne prese un secondo e un terzo e un altro ancora.

Uscito dal bar del paese, Talko ebbe come la sensazione di trovarsi in un’altra dimensione: – Un mondo parallelo e alieno – Un brivido lo pervase, penetrandolo anche nell’animo.

Raggiunse l’auto, sistemò il campionario nel bagagliaio, mise in moto e partì. Arrivò alla villa; posteggiò nel viale d’ingresso e con le valige si diresse verso un portone in stile barocco.- Stramaledì la sua smania nel concludere affari – Soprattutto la sua morbosa curiosità per tutto quello che riguardava le sette pseudo religiose ed i loro riti.- Si chiese perché aveva deciso di prendere in affitto un piccolo alloggio nella sede di quella confraternita. Ma non seppe darsi una risposta. Non poteva neanche lontanamente immaginare i recenti avvenimenti. Un essere umano era stato ucciso e letteralmente divorato in un’orgia di sesso e sangue.

Ovviamente, che ne sapeva lui? E neppure lo poteva immaginare. – Aveva creduto di partecipare solo ad una specie di rito satanico, del qual’era morbosamente incuriosito ed attratto.-

Comunque, in qualche modo, era stato presente, aveva assistito – E non aveva fatto nulla per impedirlo.- Quindi, pensò, anche lui colpevole. Ma cosa avrebbe dovuto o potuto fare? Si chiese poi.

Improvvisamente ebbe paura – Terrore ed ansia lo paralizzavano. – Estrasse la chiave per aprire il battente.- Una forza invisibile lo costringeva ad entrare.

In quell’istante desiderò di fuggire lontano da quel luogo, dalla villa, dall’umanità perversa che ci viveva. – Ma qualcosa lo costringeva salire le scale – Percependo, che sarebbe stata la fatale conferma ai suoi timori.

Arrivò ansimante al primo piano – Comprese ormai di essere perduto – La nemesi si sarebbe compiuta, come la notte succede al giorno, la vita alla morte. La decisione di Talko fu improvvisa e repentina: abbandonò la valigia sul pavimento e correndo, raggiunse precipitosamente l’auto. Avviò il motore e con uno stridore di pneumatici, fuggi nell’oscurità della notte.

L’auto sbucò dalla galleria con un boato assordante. – Procedeva ad altissima velocità. – Due agenti della stradale, appoggiati all’auto di servizio, si girarono di scatto in direzione del rumore e, imprecando, ebbero appena il tempo di porre mano alle palette che l’auto li sorpassò sfrecciando via in un fuori giri assordante. – L’auto, anziché rallentare per affrontare la curva successiva, proseguì invece la sua corsa in linea retta – Come se il guidatore seguisse un suo percorso immaginario. – Si schiantò poi contro un parapetto e volò, oltre, giù, nello strapiombo.-

La sensazione fu di rinascita, come un neonato che attraverso lo shock del parto, viene espulso dall’utero nel mondo circostante – Urla al bruciore dell’aria, che per la prima volta gli irrompe nei polmoni: – Reagisce al doloroso senso di separazione che si prova al distacco dal ventre materno – Dove il sogno è realtà –

Strinse le palpebre, la luce feriva i suoi occhi. – Sentiva intorno a se voci concitate, ma non riusciva a coglierne il significato.- Lentamente la coscienza riemergeva – Riaffioravano i ricordi – Riprese coscienza – Si svegliò urlando, poi sfinito, sprofondò in un torpore senza sogni.-

Erano trascorse alcune settimane dall’incidente, durante le quali era stato più volte operato, aggiustato e ricucito – Con la polizia era stato vago. Aveva dichiarato che i ricordi erano ancora confusi, lacunosi a causa del volo.

– L’altissimo tasso alcoolico trovato nel sangue, giustificava la momentanea amnesia – Il Primario gli aveva detto che a giorni sarebbe stato trasferito in altra struttura per un periodo di riabilitazione. – Aggiunse che, sfortunatamente, la sua gamba destra avrebbe avuto, in ogni caso, problemi di deambulazione – Di conseguenza – L’incapacità di guidare normalmente un’auto. – In parole povere non sarebbe stato più in grado di correre – Ne di fuggire. – Durante il periodo di coma farmacologico, gli riferirono che aveva ricevuto visite di amici e parenti, preoccupati per le sue condizioni post operatorie. – In particolare un tizio, forse un prete, un certo Asmodeus – Aveva detto di essere suo zio, desideroso di sapere, – Con una certa insistenza – quando sarebbe stato in grado di poter essere trasferito in altra struttura per la riabilitazione.   

  • Lo avevano ritrovato

Ripensò ancora a tutte le cose stupide che aveva fatto: – continuava a rimuginare – come quella di affittare un alloggio – Proprio nella sede della Setta, per il periodo delle vendite – Come gli era stato proposto. – Guarda caso, proprio da Asmodeus.-

Questo dovuto alla sua morbosa curiosità di assistere a certi riti, che si svolgevano in gran segreto nello scantinato della villa e anche con la speranza di fare qualche buon affare, – Inoltre, aveva creduto che in definitiva, fossero persone nulla facenti, se non quello di perdere tempo – Perditempo, insomma ! – Non poteva certo immaginare che si trattasse di una vera e propria organizzazione criminale.-

Ma, quando durante un rito, l’officiante travestito da demone, in una apoteosi di canti, urla e nenie, affondò un grosso coltello nel torace della vittima adagiata e immobilizzata su una sorta di altare, e , strappatole il cuore, lo divorò ancora pulsante, spruzzando poi il suo sangue su quella folla scalmanata che, paludata in lunghe tuniche rosse e maschere di animali sul viso, si avventarono sui poveri resti e armati di grosse roncole la fecero letteralmente a pezzi; ne divorarono poi le carni, con grossi bocconi.-

Terrorizzato, si rese conto che si trattava di una donna perché ne vide contenderne il pube, che poi fu divorato, completo di peluria.

Che fare? Pensò! Fermarli? chiamare la polizia? Si rendeva conto di essere stato anche lui presente …. E anche lui un colpevole partecipante?

A questo punto Ted si fermò; smise di scrivere. – Fu assalito da un vuoto mentale: – Non ricordava più i fatti salienti di ciò che voleva raccontare, circa

lo strano incontro e, più realisticamente, al nebuloso racconto che gli fece un tale, incontrato per caso in una bettola del centro storico.

– Gli piaceva scrivere col portatile nei posti più disparati e strani: – Nei bar, nei parchi, ovunque, ma solitamente nell’angiporto, a ridosso del centro storico, purché ci fosse parecchio casino e molto spesso in bettole lerce e buie –

Stava attraversando il periodo più oscuro della sua vita – Non riusciva a dare un senso reale alle cose, e a tutto ciò che lo circondava : – Al suo solito equilibrio, alla sua vita, alle cose semplici e banali del suo esistere – Ovvero in un semplice e normale trascorrere dei giorni , che il destino e gli eventi ci conducono inesorabilmente giorno per giorno, in avanti nei giorni che seguono. –

Ora, al momento era incapace di comprendere cosa fosse questo sentimento di impotenza, che spesso gli attanagliava l’animo, E che solo con l’alcool riusciva in qualche modo a placare! Combatteva questo vuoto mentale, che spesso lo ottundeva, privandolo della capacità di un minimo di raziocinio. .

– In ogni caso, ricordava quel tale che, appoggiandosi con il gomito al bancone, tra un sorso e l’altro di grappa, gli aveva farfugliato di essere sfuggito dalle grinfie di una Setta Satanica, che dopo averlo sacrificato in un Rituale, – Lo avrebbero divorato. Soliti discorsi tra ubriaconi., pensò!

– Lo guardò divertito, poi gli rise in faccia con scherno. Ma fece poi un cenno di brindisi, scolò la sua grappa e uscì in strada.

Era una gelida notte d’inverno, una fitta nebbia era scesa avvolgendo ogni cosa come un sudario. Una feroce emicrania lo colse all’improvviso. Accelerò il passo verso casa, sperando in qualche antidolorifico, che non era sicuro di avere in bagno.

Camminando speditamente, si accorse che costui lo stava seguendo. Si fermò e attese che lo raggiungesse.

Si affiancò, e così camminarono insieme per un tratto di strada. – Si voltava continuamente all’indietro, scrutando in giro, come se volesse scorgere qualcosa o qualcuno nel buio del vicolo. – Anche a Ted parve di scorgere un’ombra che li tallonava: – Si nascondeva, cercando di evitare la fioca luce dei rari lampioni. – Poi il buio la ingoiò, sparendo come era apparsa.. – Ma per un attimo, ne era certo, ebbe modo intravedere una figura, di genere femminile: gli parve, in quel breve

istante! – Però riuscì a seminarlo: svoltando all’improvviso in carruggio laterale, guadagnando speditamente la via di casa.

Ted trovava nel bel mezzo del cosiddetto “Blocco dello scrittore”. La memoria si era come dissolta, svuotata. I ricordi recenti si facevano sempre più confusi e nebulosi.

Da qualche tempo non aveva più nessuna idea, ne tanto meno storie da raccontare.

La vena si era esaurita, sicché ciondolava in giro, si fa per dire, come la merda nei nei tubi, per bar e osterie per buona parte del giorno e della notte.

Durante uno di questi peregrinare notturni, incontrò nuovamente quell’uomo. Ricordava ancora il suo strampalato racconto che gli fece – E in particolar modo l’assurdo timore di essere divorato vivo da una non meglio precisata e fantomatica setta, dedita a riti di antropofagia. – Lo scorse seduto ad un tavolino in una parte buia del locale. –

Ma lui notò subito Ted e gli fece cenno di avvicinarsi e sedersi al suo tavolo.

Si presentò poi come un certo Talko: rappresentante di articoli religiosi.- Notò che era più fuori di testa di come lo ricordava! – Disse di averlo cercato in giro – Aveva saputo che era uno scrittore, specificando poi, con il “Blocco“ – Inattivo da parecchio e che lui desiderava parlargli. – Ted gli chiese come mai fosse a conoscenza del suo problema!

E lui, sgranando gli occhi, fece un ampio cenno col braccio, come per dire – Si dice in giro -.

Continuò poi: – Dicendogli che voleva e doveva raccontare a qualcuno la sua storia.

– Finché non fosse troppo tardi, ma che forse lo era già! – Il tempo a disposizione era già scaduto…!- Affermò –

A questo punto Ted decise di ascoltarlo – Ordinarono del cibo e molto vino, che sarebbe servito in ogni caso!

Dopo aver mangiato e bevuto abbondantemente, Talko iniziò a raccontare. – Lo ascoltò distrattamente, ma man mano che il racconto svolgendosi proseguiva, diventava sempre più avvincente – Con punte drammatiche e con discreti margini di credibilità,

Si alzò poi, dicendo che doveva andare al cesso.

Non tornò più! Dopo aver atteso un tempo ragionevole per la bisogna del caso, andò a vedere se stava male, ma il locale era vuoto.

Era letteralmente scomparso! Ted pagò il conto, e si avviò poi verso casa.

aindra                       Continua

Sogni e Realtà Possibili di Vita Vissuta

 

Volendo scrivere un racconto, anche breve, bisogna iniziarlo. Ma cosa raccontare? In merito a cosa? La volontà di comunicare è forte ed impellente. Si desidera rendere partecipi gli altri a fatti occorsi, a sentimenti provati, ad esperienze vissute. Oppure a vicende non necessariamente reali, ma di pura fantasia, in merito a quello che si suppone sarebbe stato se la realtà non fosse costantemente mutata da fatti e circostanze puramente casuali.

Talvolta, dopo lunga meditazione, si arriva alla determinazione di desistere dal proposito e non pensarci più! Ma l’impulso di raccontare comunque e nonostante tutto diventa sempre più forte ed impellente. Allora, in quel preciso istante, sentimenti quali riservatezza, modestia, oppure semplice vergogna, scompaiono, come neve disciolta al sole. Sicché si inizia a raccontare.

AMAMI ALFREDO……….

L’acqua scivolava morbida sui piatti, gli spruzzi si infrangevano sul grembiule impermeabile. Un piatto, un ricordo, così via. Anche dopo aver terminato, i ricordi continuavano ad accavallarsi e a scontrarsi tra loro. Elena se ne era andata e l’unica cosa che restava di lei era la sua lettera di addio; anzi, neanche quella perché l’aveva gettata nel cesso. Ma ciò non serviva ! Quelle parole continuavano a tormentarlo; tant’è che per l’ennesima volta alcuni concetti riaffioravano ancora:

” Mio caro,

in questo momento ho un gran vuoto dentro; una grande confusione nella mente e nel cuore. Vorrei riuscire a comunicarti il mio stato d’animo, e quindi cosa provo; ma se da una parte desidero farlo, dall’altra qualcosa mi blocca…..Spesso vivere è difficile, complicato e il suo percorso frapposto di ostacoli reali o immaginari da noi stessi creati, che fatalmente subiamo nostro malgrado. Spesso tendiamo scaricare sugli altri le nostre tensioni, sicché i rapporti si fanno più difficili; talvolta insostenibili….”

Si asciugò le mani, si accese l’ennesima sigaretta. Pensò che attualmente si tendeva a consumare tutto, sentimenti compresi.

Dante diceva che i trentacinque anni rappresentano nella vita di un individuo il punto massimo di un arco e si doveva presumere anche che, a tale età, un uomo avrebbe dovuto raggiungere  un certo equilibrio, datosi che lui, di anni, ne aveva quasi quaranta.

L’uomo notoriamente è un essere debole, quindi bisognoso di cure. La donna, più autosufficiente, sa provvedere a se stessa, organizza meglio la sua solitudine. Essa può anche stare sola creando meno scompiglio nell’ambiente circostante.

Al momento lui era molto debole e, per di più, di scompiglio ne creava parecchio.

Aveva fatto una scelta di vita a ” momenti” per ogni cosa, per ogni circostanza: il lavoro, il riposo, il cibo, lo svago, l’amore. Se Achille aveva trovato nel suo tallone il punto debole, lui, lo aveva idealmente un poco più in alto, spostato verso il baricentro ! 

Cercava di gestire anche quello a momenti, ma non ci riusciva. Il suo vero problema era questo!  –  Dipendeva dalla sua vena romantica,  umana, sfuggita in qualche modo al rullo compressore dell’esistenza, che tutto rende piatto e sterile.-

Spesso si era chiesto cosa avesse di diverso dall’altro o dagli altri; oppure dall’amante della Rita, la sua vicina, che spesso nel cuore della notte la sentiva mugolare: “Amami, amami Alfredo; senti come sono bagnata; accarezzala, sono la tua donna, la tua piccola puttanella”.

Spense la sigaretta; era tardi, quasi l’una, aprì la finestra della cucina e si affacciò al balcone. Era una splendida notte d’estate, l’aria era profumata; una dolce brezza veniva dal mare.

” Genova è splendida di notte, attraente come una bella donna insoddisfatta”, pensò. Poi sentendo singhiozzare debolmente, mormorò tra sé: “come la Rita”.

Chiuse la finestra per non sentire, e se ne andò a letto.

Sulla collina c’era un’osteria; scese dall’auto, entrò chiudendosi alle spalle un’antica porta annerita dal tempo. Un odore di vino e di tabacco aspro aleggiava all’interno. L’ambiente buio e fumoso gli dava un senso di sicurezza, come il ritorno a casa dopo una lunga assenza; si sedette ad un tavolo guardandosi in giro.

Due vecchiette, rinsecchite dagli anni, si muovevano faticosamente tra i tavoli per servire i clienti. Quella che pareva essere la più giovane, avvicinandosi gli chiese timidamente cosa volesse bere.

Ordinò del vino, poi si guardò intorno. Quasi tutti gli avventori erano seduti ai tavoli e giocavano a carte. Gli altri, in piedi, osservavano le giocate, che poi commentavano ; ma dalle loro bocche non usciva alcun suono. Si udiva solo una dolce e malinconica cantilena, mormorata a più voci, ognuna con diversa intonazione:

” Morte, dolce Morte che ti avvicini, cosicché conoscerti possa!

La vita trascorre, paura non ho; semmai rimpianto, ansia senz’altro: dell’attimo.

E’ la coscienza del morir che sconvolge, credo.

Il resto è storia umana, spicciola di noi”.

La notò solo quando gli fu vicino; stava in piedi e lo fissava intenta; probabilmente era seduta nella parte più buia del locale e non la vide avvicinarsi al suo tavolo. Era una donna magra; i suoi capelli neri, lunghi fino alle spalle, erano spruzzati d’argento; di età indefinibile, ma ancora giovane; i suoi occhi verdi erano grandi e profondi.

Rimase affascinato dalla sua fredda bellezza e continuava a guardarla incantato.

“Potresti invitarmi a sedere, invece di continuare a fissarmi” – disse lei –

poi si sedette, gli sorrise maliziosamente e bevve un sorso del mio vino.

” Chi sei?”, chiese lui;

“non ti conosco, tu sì, sembra!”.

“Non mi conosci” – proseguì la donna -” però, da qualche tempo mi stai cercando”;

“infatti oggi sei qui; comunque te lo voglio dire, tanto prima o poi lo sapresti”:

“sono la Morte!, ma non sono venuta per te. Sono qui per lei” – E indicò, con un cenno del capo la più vecchia delle due donne – ” Poveretta è tanto che aspetta: stanotte le tenderò la mano, e ce ne andremo insieme”.

“Sai, parecchi mi cercano, ma pochi mi desiderano veramente! Continuò :

non sanno aspettare, proprio come te.

Sicché quando al fine mi vedono si spaventano; si disperano. Poi, rassegnati, mi seguono”.

“Io non ti stavo cercando” – rispose lui – ” anche se spesso, ho desiderato incontrarti”.

Lui, allora, le raccontò della sua vita; le parlò delle sue speranze; le disse quali fossero le sue paure, le chiese di spiegargli quello che, fino a quel momento, non aveva ancora capito. Pianse poi a lungo, come quando era bambino.

Lei lo ascoltò attentamente ; seppe, cosi’, quali fossero le sue speranze, le sue paure. Lei rispose a tutte le sue domande, ma con molta semplicità. Chiarì ogni suo dubbio.

Continuarono a parlare e parlarono ancora, e, ancora.

La notte era quasi trascorsa. L’osteria era deserta ed immersa nel silenzio; si udiva solo il respiro affannoso della vecchia, che si era addormentata con il capo chino sul tavolo.

Lei si alzò, lo guardò, e gli disse con dolcezza:

” E ‘ ora! Devo andare; non temere d’amarmi!”

“Io sono come tu mi vedi, ed esisto perché questo è l’ordine naturale delle cose”.

Si avvicinò poi alla vecchia , le accarezzò la testa candida, la prese per mano e se la portò con sé

Rimase immobile a sentire il rumore della porta, che sbatteva sospinta dal vento della notte ; era rimasto solo e per un attimo aveva desiderato di unirsi a loro: rincorrerle, prendere anche lui la vecchia per mano e, insieme , incamminarsi verso la notte.

Non lo fece; si alzò, ed uscì dall’osteria ; salì sull’auto, e partì verso la fine del sogno, ma sapeva che un uno giorno l’avrebbe incontrata ancora: ora la conosceva.

Si svegliò con un forte mal di testa. I postumi del troppo bere e fumare si facevano sentire: era quasi mezzogiorno.

Dormiva sempre parecchio le mattine dei week end ; i suoi sogni erano sempre così strani . Talvolta si trasformavano in incubi  e si svegliava urlando con il cuore in gola, madido di sudore, per poi cadere in un torpore senza sogni.

Era sabato e non aveva nulla di particolare da fare, salvo la spesa e pulire un po’ l’appartamento, altrimenti rischiava di passare dal disordine al caos : non poteva permettersi una donna delle pulizie, le sue magre entrate non lo consentivano.

Aveva conosciuto Elena ai giardini pubblici, una domenica pomeriggio, durante il suo incerto peregrinare senza meta per la città.

Era seduta su una panchina di Villa Gambaro e stava leggendo un libro. I loro sguardi si erano incrociati per un attimo, ma lei abbassò gli occhi ; pareva inquieta, lui lo avvertì : fu come una sensazione che lei gli trasmise. Se ne chiese la ragione; poi, quasi infastidito, proseguì oltre . Ebbe l’impressione che lei gli avesse dischiuso l’animo affinché, lui, ne conoscesse le pene più recondite.

.Da molto tempo, ormai, aveva imparato a curarsi meno degli altri, non perché fosse diventato insensibile; il suo carattere era mutato con il tempo, trasformandosi in una specie di autodifesa, che sia creato ed imposto faticosamente.

Aveva superato vari stadi di solitudine ; una sera che non ne poteva più era uscito sul ballatoio e, lui stesso, aveva suonato il campanello d’ingresso. Immaginava che il telefono squillasse, o, quanto meno, cercava di anticiparlo di alcuni secondi e fissando l’apparecchio sperava che suonasse.

Si era reso conto dell’assurdità di quegli stati d’animo e temeva che ciò lo avrebbe potuto condurre verso una sorta di l’alienazione.

Quella domenica sera il campanello d’ingresso suonò realmente e se la trovò di fronte aprendo la porta. Lei aveva l’aspetto di un gatto randagio, o almeno così gli sembrò quando la vide.

L’impressione non derivava dal suo abbigliamento, ma dai suoi occhi spauriti, e, nel contempo, diffidenti. Spostava il peso del corpo da una gamba all’altra come a disagio ; la mano sinistra stringeva i baveri di un soprabito color crema, quasi avesse freddo; il braccio destro, invece, era teso e le porgeva un portafoglio, che riconobbe subito come il proprio. Con un filo di voce lei disse di averlo trovato, sopra ad una panchina, ai giardini:

” …, per terra; l’indirizzo era sulla patente; … pensava, che essendo vicino…; comunque, sperava che non mancasse nulla!”.

Nella smania di ricerca si finisce per non trovare nulla. Si realizza di aver inseguito un miraggio, un abbaglio momentaneo. Non si agisce nel presente con la prospettiva di attuare nel futuro. Si vive nella fantasia ciò che non è reale, ma che si vorrebbe fosse. Essere distrutti e risorgere dalle ceneri, ogni volta, come una Araba Fenice.

Se il potere è la facoltà di condizionare l’ambiente ; l’impotenza è l’incapacità, o meglio, la possibilità di non dover far nulla, quindi rappresenta una certezza : gli eventi si svolgono sotto i nostri occhi, con un rigoroso copione e, come trascinati dalla corrente, si può solo muovere gli occhi e respirare ; passeggiare in centro il sabato pomeriggio; osservare la gente che si mostra, si spinge, si scontra, si fissa e prosegue : le loro storie si confondono, non si può distinguerne una dall’altra, tanto sono simili ; fermarsi e chiedere non serve : sicché scompaiono anonime tra anonimi.

– Alcune settimane dopo quella sera, Elena si trasferì da lui –

Spesso, per lavoro, si assentava alcuni giorni; il fatto risaliva, probabilmente, a quei brevi periodi, nei quali era fuori città. Poi la cosa aveva seguito la sua naturale evoluzione senza che se ne rendesse conto. L’epilogo lo conosceva; non nei suoi particolari dettagli, ma il risultato non cambiava. Elena era uscita dalla sua vita in sordina, come vi era entrata.

Le storie, come le passioni, iniziano, si evolvono ed hanno il loro epilogo.

La vita continua ma è necessario, se non vitale, avere la facoltà di rinnovarsi, stabilire nuove regole e scorrere, come un fiume, verso la foce; raggiungere il mare ed, infine, la fonte d’origine.

L’inverno era stato pessimo, più rigido del solito : la neve era caduta copiosa ed aveva coperto ogni cosa. Poi arrivò il gelido vento dal Nord e tutto racchiuse nella sua morsa.

La Primavera giunse all’improvviso ; il ghiaccio si sciolse in rivoli d’acqua ; l’acqua scorse giù dalle vallate, si raccolse in corsi, poi in torrenti ; raggiunse i fiumi e quindi il mare.

Poi partì per il Messico, là, visse quasi sempre all’aperto, in riva al mare; passeggiava tutto il giorno lungo rive sabbiose piene di palme. Gli piaceva sdraiarsi al sole e sentire la sabbia rovente scorrergli tra le dita; osservare i pescatori intenti a ricucire

le reti; mentre raccoglievano il pesce pescato in grossi canestri tondi. Ogni tanto gettavano qualche pesce a degli enormi uccelli marini, che volteggiavano pigramente sopra le barche lanciando strida acute. In quei momenti si sentiva veramente felice ed appagato. La vita in fondo poteva essere ancora piacevole.

Il ritorno a casa è sempre bello ; quando se ne supera la soglia, e, si respira i suoi odori. Si ha una sensazione struggente di pace e di protezione ; poi poco dopo ci si rende conto che i nostri affanni non erano rimasti lì, ma erano stati sempre con noi, portati sulle spalle a mo’ di zaino. Il passato si confonde, quasi non esistesse più e se ne ha solo un ricordo sfumato, comunque scomparso quasi miracolosamente dalla nostra mente. Così il ricordo e l’esperienza risultano vaghi e confusi, come se i fatti occorsi non fossero nostri, ma di sconosciuti.

Spesso sii chiedeva quale sarebbe stato il futuro, dal momento che il passato spariva come inghiottito dal tempo e dagli eventi ; in particolare il suo, che non riusciva ad intravedere oltre il giorno dopo.

Pensava spesso alla donna del sogno; talvolta gli sembrava di averla intravista di sfuggita tra la folla. Non era sicuro che fosse proprio lei.

Dopo il viaggio in Messico si sentiva più in forma del solito; aveva persino fatto qualche piccola riparazione in casa. Se ne stava solo ed evitava accuratamente di vedere gente. Di Elena non ne sapeva più nulla e non aveva proprio idea di dove fosse. La ferita si stava rimarginando e gli faceva meno male.

Quel giorno faceva gli anni; ormai si era abituato a considerarlo un momento di riflessione e non di ricorrenza, ma decise di festeggiarlo, però non aveva voglia di uscire; non gli piaceva mangiare al ristorante, specialmente da solo. Si sarebbe invece cucinato qualcosa di speciale; avrebbe bevuto una bottiglia di buon vino e se ne sarebbe andato a dormire.

Aveva voglia di polpette; era tanto tempo che ne mangiava. Pensò agli ingredienti; poi decise che ci voleva della carne trita. Aprì il frigo in cerca di carne; trovò delle bistecche e si girò a guardare il vecchio tritacarne sul banco della cucina. Era antiquato, massiccio e quasi arrugginito; non sapeva se funzionasse ancora perché non lo aveva mai usato: non era il suo, ma della sua padrona di casa.

Spesso ci chiediamo come avvengano certi fatti, comunemente definite disgrazie, o incidenti: sono inspiegabili.

Fu così che la sua mano, maldestramente usata per spingere una grossa bistecca dentro il tritacarne, rimase incastrata stritolandosi tra gli ingranaggi della macchina.

Un vecchio era chino su di lui e lo fissava con due enormi occhi scuri. Era completamente calvo ed era privo di ciglia e sopracciglia

.Il dolore lo aveva sfinito; ormai non si sentiva neanche più il braccio. Era rimasto aggrappato al tritacarne, che era fissato al banco della cucina con delle grosse viti; per cui era rimasto in ginocchio e usare la mano sinistra per mantenersi in equilibro e non cadere sul pavimento, evitando di rimanere appeso per il braccio.

Aveva perso molto sangue; aveva urlato disperatamente, ma sembrava che nessuno lo avesse sentito.

Con un filo di voce chiese chi fosse!

” Sono il Controllore!” – rispose il vecchio –

“Ma chi controlla il Controllore?” , gli venne stupidamente in mente di chiedergli.

Il vecchio proseguì calmo:

“Il controllore non è controllato! Dorme e sogna l’Immaginabile nella dimensione delle possibilità possibili ; così egli crea il credibile, sino dall’inizio o dalla fine, poco importa: perché l’importanza importa poco, o nulla. Il concetto di tempo e spazio è nullo, o si annulla. Sicché è al di là delle regole regolabili. Quelle che non lo sono, esistono lo stesso. Ma non devono essere considerate, in quanto inconsistentemente consistenti, e, quindi non rilevanti.”.

Avrebbe voluto uscire dal sogno, e risvegliarsi come al solito. Il braccio si era gonfiato e gli faceva male; era quasi giorno. Il vecchio era sparito. Lei c’era! Ne aveva avvertito la presenza, non la vedeva, ma sapeva che era in lì, in casa, con lui.

La intravide nella penombra; era seduta su una sedia e gli volgeva le spalle; sembrava intenta ad osservare qualcosa attraverso la finestra, forse l’alba, ormai prossima.

Udì ancora la sua voce:

” Questa volta non stai sognando! Questa volta sono qua per te! E non posso dirti che mi dispiace, in quanto è un sentimento che non conosco : ti posso dire però che hai un’alternativa. Si! Proprio cosi. Hai una possibilità di scelta, tutti ne hanno una “.

“Il Controllore, che hai visto prima, – proseguì – te ne offre una; io ti propongo l ‘altra. Tu devi solo decidere quello che desideri. Lui può immaginare per te la Realtà di Elena che ritorna. Ti soccorre; chiama aiuto. Riescono a staccare il tritacarne dal tavolo, e ti portano al più vicino ospedale. Al Pronto Soccorso non sanno che pesci prendere: scioperi! Il dottor Tizio non c’è e il dottor Caio non sa smontare un tritacarne, e neanche se ne prenderebbe la responsabilità: tanto più afferma che perderesti la mano, comunque! Poi tutto si risolve. Riescono a liberartela. Sfortunatamente c’è poco da fare, non riescono a salvartela, e la perdi! Elena ti assiste amorevolmente, dice di amarti .Tu, ormai, non più. Vi salutate all’uscita dell’ospedale; ognuno per la sua strada ad affrontare il proprio destino. Sicché, reggendo con il moncherino un sacchetto di plastica con dentro gli indumenti che indossavi il giorno della disgrazia, prendi la strada di casa. Ti confondi tra la folla anonima e ti senti più sollevato. Ti senti finalmente libero! Ora hai capito la tua realtà; sai chi sei e cosa vuoi, o, perlomeno cosa ti devi aspettare da essa. C’è voluto del

tempo e una mano da perdere, quella destra, e, tu non sei mancino”

Io posso offrirti l’altra alternativa! Sai quale! Con la sola differenza che essa è più breve, rispetto al tempo in senso lato, però più intensa. Quello che hai fatto, che hai avuto ed aspirato, era quello che doveva essere : la conclusione di quello che è concluso e, che, al di là di questo non si può ne dare ne avere ; uno stato neutro, piatto e statico rispetto alla dimensione in cui tu sei inserito ; una dimensione relativa dove tutto si incastra e, infine, coincide perfettamente nell’attimo estremo. Il Controllore rappresenta, le possibilità possibili, a cui tu puoi attingere e cogliere quella a te più confacente o, alla quale, perlomeno, tu voglia aspirare”

Devi riflettere e decidere ora, perché hai poco tempo ormai! Fai però la scelta che possa di più soddisfare le tue aspirazioni, in quanto nel momento che la fai essa è definitiva.

Io aspetto ancora alcuni attimi, poi vado a proporre altre alternative”

Togli dal tuo cuore la speranza residua, e così per sempre, perché io sono in quanto tu sei: il legame che ci unisce è indissolubile ed eterno .

Vedo che balla una danza in tondo……

Le sue braccia si muovono alzandosi ed abbassandosi ritmicamente.

Un sorriso illumina il suo volto.

Lentamente rimpicciolisce sempre più, e si allontana, fino a scomparire.

Ora non c’è più!

Mutazione, Ovvero Metaforfosi di Marco

 

Marco era furioso con se stesso, lo aveva sempre saputo! Aveva sempre pensato che sentimenti e razionalità fossero due componenti ben distinti aventi ognuno funzione diversa nei fatti umani. Sicché, ora si era trovato proprio nella precisa situazione nella quale aveva sempre temuto di trovarsi, e, che, aveva sempre cercato, con tutte le sue forze, di evitare.

Forse fu per questo che subì una trasformazione tanto improvvisa quanto radicale! Ora, a questo punto, potrebbe venirci in mente una metamorfosi altrettanto violenta e tragica nei suoi risvolti spettacolari ed umani, come quella, ad esempio, del Dr. Jekyll, diventato Mr. Hyde. Ma questo sarebbe voler essere troppo semplicistici e si rischierebbe di cadere nel banale, specialmente facendo riferimento alla letteratura classica di quel genere.

La metamorfosi di Marco fu più immediata, incruenta, senza pozioni complicate e potenti. La trasformazione di Marco avvenne nell’intimo, a livello emotivo, e quindi nel comportamento.

La prima azione posta in essere fu quella di dare un calcio ad un gatto, che passava tranquillamente li per caso; cosa che risulterebbe inconcepibile e altamente deplorevole, almeno secondo i suoi principi. Si vestì poi in maniera vistosa e pacchiana: camicia aperta sul petto villoso, collanina d’oro e cose del genere.

Così, iniziò a mostrarsi in giro.

Universi Paralleri

Cara Amica,

Spesso mi chiedo cosa cerchi l’uomo nella  donna  e più precisamente cosa veda in lei: la madre? Una continuità di se stesso, e, quindi una sorta di mortalità interposta?

Mi viene in mente una citazione di Isaac Asimov , famoso scrittore di fantascienza, che avevo letto in un suo romanzo del 1956 :

… ma vi rendete conto di quello che succederebbe alla Realtà se tutti potessimo non morire e se, addirittura, ognuno potesse vivere simultaneamente con più alternative di se stesso?

Dimensione, realtà, alternativa; sono le definizioni spaziotemporali in cui viviamo e ci muoviamo; nei limiti e in confini ben determinati, i quali sono contenuti in una grande sfera energetica a stretto contatto con altre sfere di uguale qualità, ma di diverso contenuto!

Talvolta, in particolari circostanze e condizioni, esisterebbe la possibilità  che si apra un varco tra le sfere e si possa essere trasferiti dall’una all’altra.

 

Riflessioni con un’amica

Cara Amica,

una volta affermai che neanche un medico sa diagnosticare una malattia grave che lo riguarda. Questa facoltà, anzi questa

carenza, può essere definita cecità, autodifesa, oppure rifiuto di credere una certa realtà ovvia ed evidente, ma impossibile da compenetrare, quindi riconoscere, quando accade a noi stessi !.

Oggi però, posso affermare di aver capito molte cose, che Ieri ritenevo frutto di impressioni sbagliate.

In questa analisi mi ha giovato il raffronto tra le nostre personalità, che ho fatto scorrere parallelamente, come fossero due nastri di pellicola. Questo, mi ha consentito di rivivere tutti i fatti, le situazioni e stati d’animo vissuti in un ben determinato periodo.

Per la prima volta in vita mia sono risultato il vincitore del contesto; sono stato l’assolto con formula piena nel processo all’individuo me stesso: peccatore, in fondo, veniale e onesto,

fino all’estremo dell’auto punizione per essere legato a valori ritenuti importanti; romantico, idealista, troppo modesto, fino ad un attimo fa.

Mi sono sempre rifiutato di capire ciò che era ovvio, a quello che avevo innanzi, ma, come quel medico, mi rifiutavo di capire, e quindi colpevolizzavo me stesso. Ora finalmente ho capito, e ti ringrazio !

Le prese di coscienza hanno un costo elevato, talvolta insostenibile, sprecato e inutile.

Vero è, però, che c’è un guadagno in termini di maggior sicurezza, fiducia e amore di se stessi. Al di là di noi non esistono altri universi che il nostro ed il Nulla è sovrano.

Pranzando insieme ho avuto la possibilità di conoscerti meglio e sono convinto che tu ne abbia tratto giovamento, in tutti i sensi. Come vedi ad ognuno il suo” Così è ,se vi pare “,

scriveva Pirandello; ed io sono perfettamente d’accordo con lui, ma soprattutto con me stesso.

L’ultimo Dinosauro

 

L’acqua era calda; il buio lo avvolgeva come un sudario. Dormiva da molto tempo. Una corrente tiepida iniziò a scendere verso le profondità e raggiungendolo, lo riscaldò; il sangue riprese a circolare lentamente; il cuore riprese a battere sempre più veloce; le funzioni vitali raggiunsero il normale ritmo; i ricordi riemersero anch’essi!

Ziroc, terminò di masticare un tenero virgulto di felce; non si sentiva più sereno ormai da molto tempo. Non riusciva a capire cosa stesse cambiando nel suo mondo; ma l’istinto gli diceva che qualcosa era cambiato veramente.

Da tempo il cielo si era oscurato. L’azzurro intenso era mutato in arancio cupo e questo non era di buon auspicio, lo sentiva.

Al tramonto lampi e tuoni squarciavano l’aria; una pioggia densa e maleodorante cadeva fitta.

Era trascorso parecchio tempo ormai dall’ultima volta che aveva incontrato un altro Zauroc. Effettivamente gli incontri si erano fatti sempre più rari; sicché da molto lune Ziroc era solo nella Palude.

Quel giorno, ricordava, la terra aveva tremato e la notte era giunta all’improvviso; il vento aveva soffiato con violenza inaudita e un silenzio di morte era sceso sulla Palude : si era salvato perché era immerso sul fondo alla ricerca di cibo.

Poco tempo dopo sentì che era ora di andare: così andò.

Il mare era più vasto della Palude; Ziroc non lo aveva mai visto. Forse sua madre, perché ogni tanto quando era cucciolo, glie ne parlava per tenerlo buono vicino a lei, mentre il suo lungo collo era immerso nell’acqua alla ricerca di cibo sul fondo. Gli aveva raccontato che quelle erano acque diverse

dalla Palude, dove lui era nato; molto più fredde, profonde e pericolose. Gli animali che lo popolavano erano più antichi, altrettanto affamati, come lo stesso Zerox, che viveva ai margini della foresta e che ogni tanto, piombando sul gruppo all’improvviso, si divorava uno Zauroc.

Anche gli Zerox erano spariti: solo lui sembrava che fosse rimasto.

Giunto in riva al mare si fermò sulla riva, ne osservò le acque limacciose , buie e fredde; aspirò profondamente l’aria per l’ultima volta ; una sorta di barrito disperato uscì all’improvviso dalle sue fauci : un suono profondo, antico, l’ultimo che si sarebbe udito sul pianeta. Poi si immerse lentamente e scomparve.

Sean stava sdraiato sul fondo della piccola barca, si godeva quel tiepido sole pomeridiano di fine estate, quasi al tramonto; non bruciava la pelle, ma lo avvolgeva in un languido tepore.

Stava pensando alle sue vacanze, ormai giunte al termine. La prossima settimana avrebbe fatto ritorno al college e ripreso gli studi autunnali.

Avrebbe preferito restare con il nonno in Scozia, a Northwing Lake, ma realizzò che era un puro e semplice fantasticare ad occhi aperti. Nonno Samuel, sarebbe stato irremovibile, in proposito! Sicché doveva tornare a scuola e proseguire gli studi.

Spesso, e questa ne era la dimostrazione: la vita di un sedicenne poteva essere difficile, colma di contraddizioni, costituita da doveri e piaceri tra loro contrastanti, secondo i canoni di un’esistenza provinciale e borghese; nella quale molti giovani americani crescevano e si formavano.

Northwing Lake faceva parte dei molteplici laghi di origine glaciale situati nella zona di Iverness, i quali erano collegati tra loro da passaggi sotterranei.

Sean, fu svegliato da un improvviso rollio della barca; notò che l’acqua si era increspata formando una sorta di gorgo; il fenomeno andava via via aumentando di intensità. Improvvisamente, a pochi metri di distanza, si era formata una gigantesca bolla d’aria, dove al centro usciva un denso getto di vapore. Sean restò immobile, come paralizzato, con lo sguardo fisso su quanto stava accadendo intorno a lui. Poi la pressione diminuì, la bolla gradualmente si sgonfiò, sostituita da una grossa macchia scura e poi da quella, che gli sembrò intravedere, un grosso corpo grigioverde, che galleggiava in superficie.

La pressione dell’acqua diminuiva sempre più, man mano che Ziroc risaliva in superficie.

La mancanza d’aria si era trasformata in necessità vitale; sentiva che ormai le forze lo stavano abbandonando; poi respirò profondamente e un flusso d’aria fresca gli irruppe nei polmoni.

Trascorsero parecchi anni da quel famoso pomeriggio di fine estate al lago, e, ancora in oggi, si chiedeva cosa fosse successo e, ancora, a quale fenomeno avesse realmente assistito. Era uno dei molti testimoni della apparizione di Nessie? Il famoso e leggendario Mostro di Lochness?

Nonno Samuel non c’era più; e lui, ormai anziano, spesso raccontava ai nipotini questo avvenimento occorsogli in gioventù, ovvero ogni qualvolta usciva la notizia di un suo avvistamento.

Leggenda Leggendaria

 

Cara Amica,

Non tutti sanno che la parte terminale dell’Arcobaleno indica il punto esatto dove i Folletti del Bosco hanno nascosto una pentola colma di monete d’oro. Coloro che invece ne hanno sentito parlare credono sia leggenda, ma si sbagliano!

Un pomeriggio piovoso, durante un viaggio in auto, dovetti attraversare una vasta zona pressoché disabitata del Nord Europa. La strada, dopo un saliscendi tra verdi colline ammantate di nebbia, si inoltrava in un folto bosco di conifere.

Ad un tratto un raggio di sole squarciò le nubi cosicché la sua luce inondò la strada dinanzi a me e un bellissimo Arcobaleno si stagliò in cielo.

Siccome ero un po’ stanco, decisi di far tappa e non perdere l’occasione di osservare con calma lo splendido fenomeno naturale.

Poco dopo mi sembrò di udire delle risatine, come se qualche ragazzino nascosto nel folto dei cespugli, ridesse allegramente. Il fatto mi incuriosì e con noncuranza ispezionai i cespugli più vicini, ma non scorsi nessuno. Ne dedussi di essermi sbagliato! Successivamente, quando stavo per proseguire il viaggio, una vocina querula esclamò:

– Vuoi anche tu trovare la pentola, eh?! – Ma non senza il mio aiuto, comunque !

– Chi sei?, Fatti vedere – Chiesi ad alta voce -.

– Chi vuoi che io sia? -Proseguì stizzita la vocina – :

– Sono Piedone III°, ex Re dei Folletti Antelucani : non puoi vedermi in quanto noi viviamo in un’altra Dimensione Spazio Temporale !

– Strano nome per qualcuno che non esiste – Feci io di rimando.

Comunque, lo rassicurai di non aver nessuna intenzione di rubare la pentola in questione e che mi trovavo in quel luogo per puro caso !

Tranquillizzato in questo senso, l’ex Re dei Folletti mi raccontò la sua storia, mettendomi così al corrente dei suoi guai. Dovetti fare uno sforzo per non ridere alle sue peripezie, in quanto ebbi subito il sospetto che il nostro amico fosse un soggetto particolarmente irascibile e permaloso.

Il nocciolo della storia, comunque, come scoprii in seguito, stava nel fatto che se costui avesse voluto nuovamente essere il Re dei 

Folletti, avrebbe dovuto spodestare sua volta Re Pollicione I°, il quale, in precedenza, gli aveva soffiato la Pentola in modo veramente subdolo e che, secondo la Legge del Popolo dei Folletti, aveva reclamato ed ottenuto la corona di Re.

Fu così che mi supplicò di aiutarlo a rubare la pentola in questione e riconquistare così il suo Regno, in quanto , come mi spiegò, non poteva farlo egli stesso, ma solo per interposta persona, e , a condizione , che quest’ultima non fosse un folletto.

Tanto disse che mi convinse. Forse dovrei dire mi “coinvolse”, ma considerando la sua promessa di esaudire un qualsiasi mio desiderio (mi sono sempre chiesto come mai non tre! Forse la Realtà della Leggenda è diversa dalla Leggenda Leggendaria), e infine, di avere la possibilità di muovermi in una Dimensione, dove il Tempo rallenta talmente da consentirmi di concludere la mia “missione” , nello stesso istante in cui l’avessi iniziata, fece il resto !.

Impadronirmi della pentola per conto di Piedone si dimostrò una impresa ardua, faticosa e, talvolta, anche pericolosa! Per poter agire indisturbato il folletto operò su di me numerose metamorfosi. Fui così trasformato, assumendone le sembianze, in formica, topo, zanzara, ranocchio. E poi, secondo le varie esigenze del caso , in fungo, albero, asparago e altri vegetali. Si può quindi immaginare che dovetti correre, saltare, pigolare, strisciare, zigzagare, caracollare, lievitare, estendere, spuntare, sfogliare, ramare, gracchiare e cose simili.

Finalmente riuscii in qualche modo ad impadronirmi della pentola , così, Piedone III° riebbe il suo regno e a Pollicione I° non rimase altro da fare che appostarsi anche lui dietro un cespuglio, come aveva fatto il suo predecessore, in attesa di eventi.

Ora vi devo lasciare perché questa sera sono invitato da Biancaneve e i Sette Nani ! A proposito, ora sono Otto!

Ringraziamento

Cara Amica,

il vecchio alzò le braccia al cielo ed esclamò:

grazie……, grazie….., Ti ringrazio;

non so perché, ma ti ringrazio lo stesso!

Sono cinquant’anni che lo faccio e non ho ancora ricevuto un Tuo cenno! un Tuo segno; una manifestazione della Tua presenza……!

Io come vedi, sono ancora qui in attesa. Gli anni passano, le generazioni si susseguono. Io le ho incontrate, le ho osservate. Loro mi hanno cercato; sono venute quassù e hanno parlato con me; hanno chiesto, ma non ho saputo cosa rispondere, perché non lo sapevo neanch’io, in attesa, come ben sai, del Tuo Verbo.

Finora mi sono mantenuto sul generico, ma se non Ti decidi, non so cosa può succedere! Una grossa crisi di valori, suppongo.

Grazie……grazie……. ancora.

Il Tuo Vecchio della Montagna.

Mia Dolce e Cara amica

 

Cara Amica,

quando ero ragazzo e volavo sulle ali della fantasia, sognavo l’Amore vero…., ma purtroppo precipitavo giù, rovinosamente….Oggi sento  parole d’amore appassionate, disperate, sconosciute alle sue labbra. Oggi, non ieri, non solite, non sue! Mai. E’ così che funziona ? Forse esplode all’improvviso in una fredda giornata d’inverno?  Il mio povero cuore ama e vorrebbe ancora, e ancora, ma è tardi, il sonno arriva e il sogno appare. Domani un nuovo giorno.

 

Amore, cos’è? Riflessioni con un’amica

Cara Amica,

Spesso ci chiediamo cosa sia l’amore, limitandoci naturalmente a quello tra due persone, escludendo quello definito “Universale” , che, almeno per quanto mi riguarda, è oggetto di una diversa valutazione, forse meno immediata, ma senz’altro più spirituale! Comunque potrebbe pure non esistere, anche se a volte questo stato particolare dell’animo mi appagava e mi appaga tutt’ora, tanto da sentirne la carenza, tanto da cercarlo.

Il nostro modo di essere è particolare a noi stessi, appunto! Ognuno con una propria lunghezza d’onda, un personale modo di ragionare, di sentire e percepire la realtà.

Quanto affermo è nettamente in contrasto col mio stato d’animo: infatti se da un lato il ragionamento potrebbe sembrare coerente, dall’altro c’è sofferenza, orgoglio, senso di perdita, dolore per essere stati considerati poco o nulla, nonostante l’evidente affetto dimostrato.

Sembrerebbe che i rapporti affettivi siano sbilanciati e incoerenti tra loro.

Che fare dunque? Sopportare e resistere ad oltranza? Avrebbe realmente senso? Chissà cosa ci riserva il destino! Sicché, continuo a sperare.