Per quanto ami Sterek la vera coppia è la Stydia

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Lo avrò detto un milione di volte ma sono costretta a ripetermi: ricordo che, quando iniziai Teen Wolf, vedendo Stiles e Lydia pensai vabbé, ennesima coppia dove lui ama lei, lei ama un altro ma alla fine staranno insieme. Col senno di poi, visto quanta acqua è passata sotto ai ponti nel frattempo, credo di essermela un po’ buttata perché Stiles e Lydia sono lontani anni luce dalla banalità che mi è uscita dalle labbra cinque anni fa. A mia discolpa, ero molto ingenua.
Innamorarsi di Stiles per noi è stato facile. Come non si poteva crollare davanti a lui, così goffo e tenero? Non dimostra di essere solo un grande amico, ma anche un ragazzo attento e premuroso. Lydia, invece, recitava la parte di un personaggio che le apparteneva solo in parte: la classica ragazza popolare sciocca e svampita che sta con il ragazzo più bello della scuola. Verrebbe quasi da chiedersi che cosa ci vedesse in lei Stiles, loro che erano opposti come il giorno e la notte. Eppure, se Stiles non fosse stato il ragazzo premuroso e attento che poi effettivamente è, chi si sarebbe accorto della vera Lydia? Quella che è intelligente, ma finge di non esserlo? Quella che è generosa, sotto quello scudo che ha sollevato pur di non soffrire?
La prima stagione è servita loro per conoscersi, per permettere a lui di entrare nel radar di Lydia, ma lei a quei tempi stava con Jackson, non c’era spazio per questo altro ragazzo.
Però…nonostante questo, nonostante Lydia stesse con un ragazzo che senza ombra di dubbio e nonostante tutto amava veramente, questo non le ha impedito di accorgersi di Stiles. E non semplicemente di vederlo, ma di capire quanto lui vedesse lei. Lui, che per primo l’ha esortata a essere se stessa, a mostrare tutta la sua intelligenza al mondo e a smettere di nascondersi, a mettere da parte da fredda Lydia e lasciare uscire quella vera. Mi è sempre piaciuta l’espressione che ha lei durante il ballo, quando Stiles le confida di amarla fin dalla terza elementare e le fa letteralmente l’elenco di tutte quelle piccole cose, ma importanti, che probabilmente conosce solo lui, perché passa dall’incredulità a un’emozione non esattamente definita. Sembra quasi dire “tra tutte le persone che potevano accorgersene, proprio lui. Proprio questo tizio che fino a qualche giorno fa nemmeno salutavo, adesso sembra conoscermi meglio di chiunque altro”. E mi piace, perché è esattamente così che stanno le cose. Non metto in dubbio che lei amasse sinceramente Jackson, e che alla fine – ma solo alla fine – anche lui sia riuscito a ricambiare i suoi sentimenti con sincerità. Fino a quel momento, Lydia aveva dovuto recitare una parte, perché credeva che nessuno avrebbe amato la sua vera personalità, eppure adesso si trovava davanti un ragazzo che non solo aveva capito tutto di lei, ma che con tono autoritario la spronava a liberarsi di tutti i suoi falsi miti e a volare, ad andare a vincere il Nobel e tutto il resto.
Lydia a quei tempi non credeva abbastanza in se stessa, ma Stiles credeva in lei abbastanza per entrambi. E questo mi bastava già. Ma poi la storia è andata avanti.
Stiles ci provava in tutti i modi a lanciarle messaggi, ma Lydia proprio non coglieva. O forse sì, perché bastava guardarlo in faccia mentre la osservava, per capire quanto lui tenesse a lei, e non ho mai creduto che Lydia fosse così cieca. Semplicemente, sapeva di essere la cotta di questo ragazzo ma non le importava più di tanto, perché lei aveva Jackson e credeva che quello fosse il massimo al quale poter aspirare. Perché lei lo amava, sebbene lui la trattasse un po’ come spazzatura – non lo perdonerò mai, MAI, per averle detto che voleva liberarsi di tutti i pesi morti della sua vita, e di voler cominciare da lei, mi dispiace – ma dopo una discussione con Allison, ammette che non era quel tipo di amore. Quello che ti toglie il respiro, che ti fa diventare impaziente perché non vedi l’ora di vedere l’altra persona. Ci sta. Non tutti riescono a trovare un amore così, purtroppo.
Comunque, sinceramente dopo la seconda stagione chiunque sano di mente avrebbe mollato. Lei non sembrava minimamente intenzionata a cambiare idea, nonostante lui le esprimesse tutto il suo amore semplicemente con uno sguardo. La seconda stagione è quella del if you die, I will literally go out my freacking mind, una delle frasi Stydia più significative. A Lydia non importava di morire, e ancora una volta Stiles dimostra di avere abbastanza amore per entrambi, le dimostra che a lui importa di lei più di quanto lei possa anche solo immaginare, e soprattutto non capisce perché voglia rischiare la sua vita, che per lui è così preziosa, per qualcuno che forse neanche la merita. Lydia, così poco abituata a ricevere tanto affetto e attenzioni, probabilmente ne è spaventata. Però una parte di lei lo riconosce e ne è grata, tant’è che nel momento del bisogno, sebbene sia ancora presto per definirli amici, è da lui che si rifugia. È da lui che va, a sorpresa, dopo l’apparente morte di Jackson.
E forse questo mi ha spinta a continuare a tifare per loro. Se Stiles ci credeva ancora al piano dei 10 (poi 15) anni, e aveva abbastanza entusiasmo per sé e per gli spettatori, perché non dovevo crederci io? Forse Lydia aveva scelto ancora una volta – e nonostante tutto – Jackson lasciandolo in lacrime, ma avevano condiviso un momento sul campo di lacrosse, e lui lo sapeva. Per la seconda volta, Lydia lo aveva visto. Piccoli passi, giusto?
La terza stagione è stata quella della svolta. E non parlo del bacio, ma di tutto il resto: smessi i panni del ragazzino timido e goffo, Stiles ha iniziato a trasformarsi nel personaggio più adulto che conosciamo oggi. Inevitabilmente anche il suo rapporto con Lydia è cambiato: se prima a stento riusciva a parlare con lei, a parte in qualche rara occasione spinto più che altro dalla sua frustrazione in cui le vomitava addosso fiumi di parole, finalmente smette di metterla su un piedistallo e inizia a trattarla come una sua pari. O forse eleva se stesso, non so, fatto sta che prima che potessimo rendercene conto il loro rapporto è diventato più maturo. Ormai sono invischiati fino al collo in faccende sovrannaturali, Lydia non fa altro che trovare cadaveri e disegnare alberi mentre qualcuno compie sacrifici rituali. La loro parola d’ordine è collaborare, e questi due lo fanno piuttosto bene. Loro due, Scott e Allison sono un gruppo affiatato, pronto a superare tutto.
E quella che era una semplice cotta di un ragazzino che da anni sogna di conquistare una ragazza dai capelli biondo fragola, si è trasformata in un’amicizia fatta di forza – you’re the one who always figures it out, disse Lydia mentre teneva un piede su una trappola per orsi, ed è grazie a lei che lui ce la fa davvero -; di una inspiegabile connessione, perché è questo quello che effettivamente è: due ragazzi che in un altro contesto probabilmente non si sarebbero mai parlati, grazie alle avventure che si sono trovati ad affrontare sono costretti ad avvicinarsi – Lydia, you go with Stiles non è una frase che Deaton pronuncia per indicare un momento finito. Da lì in poi saranno innumerevoli le occasioni nelle quali, nonostante un certo allontanamento nel futuro, i due faranno affidamento l’uno sull’altra -; di profonda e innegabile fiducia nei confronti dell’altra persona. Il mio momento preferito in assoluto resta quello in camera di Stiles, quando Lydia ancora una volta cade nelle vecchie abitudini e inizia a dubitare di se stessa ma lui è lì, pronto a rassicurarla e a prometterle che sarebbe disposto alle cose più impensabili pur di dimostrarle che ha ragione, che ha sempre avuto ragione. Perché a lui questo basta, e ancora una volta la sua fiducia, il suo credere in lei è così grande che basta per entrambi. E lei lo sa, e ne rimane commossa. Sembra quasi che non si sia ancora abituata ad avere un amico che crede così tanto in lei e nelle sue – a quel tempo – indefinite capacità. E quel filo rosso che intrecciano tra le dita, secondo me non è mai stato messo lì a caso. Secondo me ci annunciava che erano destinati, bisognava solo dare loro un po’ di tempo.
Però…nella terza stagione Lydia aveva Aiden, ma si vedeva lontano un miglio che stava lì solo per sostituire Jackson. Aiden non l’ha trattata male, ma era pur sempre un cattivo ragazzo, lo ammette lei stessa.
E Stiles ha trovato Malia. Pensavo che così fosse chiusa la questione Stydia, ma non l’ho mai creduto fino in fondo per via di quelle piccole cose: il modo in cui Stiles continuava a preoccuparsi per Lydia, Lydia stessa che entra nella sua mente insieme a Scott, la loro connessione che viene palesata quando lei urla nello stesso momento in cui lui soffre e il Nogitsune prende il sopravvento. Derek dice che Lydia non scapperebbe mai a nascondersi, e Aiden da per scontato che sarebbe Stiles a trattenerla. Non lo abbandona nemmeno per andare da Allison, sebbene sappia che la sua migliore amica sta per morire.
Forse hanno trovato altre persone, ma hanno anche trovato qualcuno l’uno nell’altra.
Potrei citare tutto l’episodio 3×24, che è pieno zeppo di momenti tra loro. Stiles ha passato l’episodio praticamente appiccicato a lei, perché aveva bisogno di un sostegno e c’era Lydia. Dopo due stagioni in cui lui ha incoraggiato lei, finalmente la ragazza può ricambiare il favore ed erano così in sintonia…
La quarta stagione è quella che più mi ha fatta soffrire. Dopo tanti passi fatti in avanti, è stato come tornare quasi al punto di pazienza. Sembrava che fosse stato tutto cancellato, non abbiamo avuto nemmeno il nostro solito momento Stydia nell’episodio 11. Erano diventati due colleghi, c’era sempre la fiducia ma sembrava che ogni sentimento residuo fosse stato rimosso. Non vedevo più la cotta, perché Stiles sembrava essere andato avanti definitivamente con Malia – e non lo critico per questo, perché Lydia ha cambiato sì atteggiamento nei suoi confronti, ma non ha mai nemmeno espresso un vero e proprio interesse. C’era qualche minuscolo gesto (il modo in cui alza gli occhi al cielo quando Malia dice che non abbandonerebbe mai Stiles) ma niente di veramente concreto, e poi aveva appena perso Aiden in maniera abbastanza tragica. Nessuno dei due sembrava disposto a fare una mossa e lui non poteva certo aspettarla per sempre.
Ma questo non significa che non ci fossero ancora l’uno per l’altra: lui non la lascia sola quando va a fare visita a Meredith, l’altra banshee, e il suo sguardo è furente quando la ragazza con un urlo ferisce Lydia; lui c’era, quando Lydia apprende della morte di Meredith, e l’accoglie tra le sue braccia; lui l’aiuta a risolvere il rompicapo della lista delle creature soprannaturali di Beacon Hills; riescono a farsi forza a vicenda quando vengono rapiti dal Chimico e lui si becca persino un pugno per aver provato a difenderla.
Insomma, poco, ma qualcosa c’è.
Ho continuato a credere perché mi sembrava impossibile che la loro evoluzione non avrebbe portato a nulla, ma avevo perso fiducia. Lo ammetto.
Okay, ho visto anche io l’espressione imbambolata che ha Stiles quando Lydia arriva nella premiere. Della serie passano gli anni ma certe cose non cambiano mai. Però non ci avevo dato peso: la quarta stagione era stata un duro colpo, credevo che ormai quei due fossero fossilizzati nel ruolo di amici detective e che quelli che mi avevano dato della visionaria, una che aveva visto sentimenti e crescita dove non c’erano…avessero ragione. Ero amareggiata, sì.
Poi lui vede Lydia per terra, ferita, la scena va in slow motion e invece il mio mondo si è fermato, e sì lo so che c’è una scena Sterek praticamente identica e che non significa nulla, che se per terra ci fosse stata Kira si sarebbe paralizzato lo stesso per la paura (beh, non proprio ma vabbé), però mi ha riacceso la speranza.
Poi ho iniziato a vedere un certo cambiamento da parte di Lydia, finalmente. Siamo partiti con what the hell is a Stiles, e siamo arrivati a lei che nota che ha un dolore sospetto alla spalla. Lei, quella che era fredda e snob, adesso si preoccupa dell’ex ragazzino ossessivo con una cotta decennale per lei.
Menzione d’onore, giusto perché non volevo essere banale e passare subito alle scene tra i due alla Eichen.
Oh, se non fosse che ho provato male fisico ogni volta che veniva mostrato cosa stesse passando Lydia alla Eichen, direi che quelle scene sono state le più forti. Stiles, come dice Scott, prestava attenzione e l’ascoltava. Ancora una volta Stiles dimostra di farlo, va a visitare una Lydia catartica e le ricorda chi è, le chiede di svegliarsi perché lei è la più intelligente del gruppo e solo lei può aiutarli a superare gli esami. E tutto il resto. Perché lui, loro, avevano bisogno di Lydia e basta.
C’era tanta tenerezza nei gesti di lui, tanta dolcezza nella sua voce e nelle sue parole, uno Stiles che credevo di aver perso dopo l’incidente con Donovan e che ritroviamo con la sua Lydia. Ero lì, guardavo la scena e pensavo solo alle loro mani, a come lui posi le sue quasi con timore su quelle di lei. Mi dispiace pensare che lei, probabilmente, non ricordi quei momenti, perché erano…meravigliosi.
I due episodi del salvataggio mi hanno letteralmente colta di sorpresa. Ero troppo preoccupata per Lydia per pensare ad altro all’infuori della sua incolumità, ma poi…poi Lydia si è svegliata, Stiles è arrivato da lei ma lei lo ha mandato via. Perché temeva per la sua vita. C’era una disperazione tale, nella sua voce, che Stiles quasi le da retta. E quando Valack la porta via, e Stiles comincia a urlare e battere le mani sulla porta con rabbia e disperazione? Mi vengono i brividi al solo pensiero.
Fino a questo momento, Stiles è stato un compagno e un amico, un partner in crime, ma con l’episodio 16 Stiles è diventato l’eroe. Lydia credeva che fosse andato via, invece è tornato per lei, con tanto di camicia svolazzante a mo’ di mantello. La sua espressione è quasi incredula, un po’ sollevata ma allo stesso tempo preoccupata. Ma quando lui la mette a tacere con quel Lydia, please shut up and let me save you life, è in quel momento che qualcosa in lei finalmente scatta e capisce che lui ci sarà sempre. Che lui ci sarà nel bene e nel male, non importa quanto pericolosa o difficile possa diventare la situazione. Lui ci sarà sempre a salvarla, a ricordarle quanto è intelligente, ad avere fiducia in lei persino quando sembra remarle tutto contro.
Lydia annuisce e lascia che Stiles le salvi la vita. Ma quello è un cenno di assenso che nasconde anche tanto altro. Per la prima volta è come se Lydia accettasse definitivamente il profondo affetto che quel ragazzo prova per lei, di qualsiasi natura esso sia. Amicizia, amore, non importa con loro, perché il loro rapporto è diventato un insieme di tutte queste cose ed è innegabile, non hanno bisogno di etichette. Tra l’altro, abbiamo la prova che il piano sia sempre stato questo. Lydia muore per qualche secondo, tra le braccia di Stiles, tra le braccia di colui che sarebbe impazzito se le fosse successo qualcosa. E tutto quel discorso sulle ancore della terza stagione, su come dovesse essere qualcuno capace di riportare l’altra persona indietro… non è poi quello che ha fatto Stiles?
Stiles l’ha salvata, e Lydia lo sa. Lo riconosce. L’ha salvata alla Eichen, andandola a prendere direttamente dalla stanza delle torture di Valack. L’ha salvata da Deaton, dopo quell’ultimo urlo devastante. L’ha salvata quando dubitava di se stessa. L’ha salvata quando non riusciva a essere sincera. L’ha salvata in tantissime occasioni, e finalmente lo accetta. Potrei passare ore e ore a parlare di quei tre minuti finali.
Oltretutto, mi piace pensare che salvare Lydia abbia permesso a Stiles di fare ammenda dopo la morte di Donovan. Tendiamo a dimenticare quello che è successo, perché in fondo Donovan era cattivo, ma Stiles ha ucciso una persona; è stato un incidente, certo, ma questo lo ha comunque segnato, rendendolo un po’ più cupo, spento. Dopo aver salvato Lydia, negli ultimi episodi della stagione, ho rivisto il vecchio Stiles. Quello ironico, sveglio, sereno. Non so voi, ma ho sempre pensato che le due cose siano collegate.
Insomma, shippare Stydia non è un lavoro facile. Non è stato un viaggio fatto di gesti eclatanti, di crescite repentine e di gioie. No, per niente. Piuttosto, direi che è stato un viaggio fatto di piccole cose: di lei che per la prima volta sta ad ascoltare le sue parole e sorride, invitandolo a ballare; lui che si getta su di lei sempre, per ripararla dal pericolo, che abbia la forma di un corvo o dei vetri delle finestre appena esplosi; lei che avvicina la mano alla sua, senza stringerla, solo per sentire la sua presenza; di mamma McCall che ordina a Stiles di stringere la mano di Lydia quando devono farle l’iniezione di cortisone e lei ha già allungato il braccio ancora prima che lui accetti, perché probabilmente sa che anche se ha paura degli aghi non l’abbandonerà (in fondo hanno superato di peggio); è stato un insieme di carezze sul viso, di “come stai?” quando nessuno nota che l’altro stia male, di mazze da baseball, di frustrazione e di battute sarcastiche; è stato un insieme di cose che ci hanno portato dove ci troviamo adesso. Non sono d’accordo con chi dice che non ci sono le basi: sono state costruite semplicemente con calma (forse anche troppa, questo sì). Mattone dopo mattone, siamo arrivati al punto che si fidano ciecamente l’uno dell’altra, entrambi sanno di poter contare sull’altro in qualunque occasione.
Quella che è iniziata come la solita, banale storia ragazzo imbranato innamorato della ragazza più bella della scuola, è diventata qualcosa di più. È diventata la storia di due ragazzi che si conoscevano a stento e che le situazioni hanno messo insieme un po’ per forza. La storia di due ragazzi che hanno imparato a conoscersi, a fidarsi e sono diventati amici. Due amici che si salvano la vita in ogni occasione, senza se e senza ma. Lui ha capito che non deve essere ossessivo e impacciato in sua presenza, mentre lei ha capito quanto vale, e che non deve elemosinare l’affetto di nessuno. E forse adesso questi due hanno capito di essere qualcosa di più, perché lui la ama dalla terza elementare e lei ha deciso di non voler più stare con i bad guys. Direi che non c’è momento migliore di questo

Joaquin Phoenix sarà il Joker, a settembre il via alle riprese

DhXfQk0XkAcuI05Non solo Jared Leto. La Warner Bros. non lascia ma raddoppia sulla mitica nemesi di Batman, con un 2° film interamente dedicato al Joker in arrivo. Ad indossarne gli abiti, ora è ufficiale, Joaquin Phoenix, con Todd Phillips alla regia.
Via alle riprese a fine estate, nella Grande Mela con un budget stimato di 55 milioni di dollari. Phillips ha anche co-sceneggiato la pellicola insieme a Scott Silver, che lo studios descrive come ‘l’esplorazione di un uomo trascurato dalla società’. Sarà di fatto un film sulle origini del celebre villain DC. Un Joker Begins che nulla avrà a che vedere con il Joker di Leto, visto in Suicide Squad e presto ‘promosso’ grazie ad uno spin-off ad hoc a lui interamente dedicato

Extant è stata cancellata troppo presto

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Extant è una serie con tutte le carte in regola, con storyline interessanti, piene di sentimento, speranza, paura, ma soprattutto di tanta fantascienza. Andata in onda sulla CBS, nelle estati 2014 e 2015, è stata scritta da Mickey Fisher e vedeva come produttore esecutivo Steven Spielberg. Dopo la fine della seconda stagione, la CBS e Halle Berry, protagonista della serie, hanno concordato sul fatto di non rinnovare la serie (tanto la Berry è rimasta in CBS che presto produrrà un altro show). Un po’ me l’aspettavo, ma dato che per me la seconda stagione è stata molto meglio della prima, più bella ed interessante, pensavo che avrebbero fatto un altro tentativo, e invece no. Purtroppo la serie non ha avuto un così vasto pubblico come il network si aspettava, ma nonostante questo sia la CBS che Halle Barry si sono detti soddisfatti del loro lavoro. Per come la vedo io, è davvero uno spreco non apprezzare una serie del genere con un cast di quel calibro. Di solito gli alieni non sono il mio forte, e ammetto che mi ero catapultata su Extant fondamentalmente per la Berry e per Goran Visnjic, ma poi il pilot mi aveva conquistata alla grande grazie a quell’aura di mistero che si è notata sin da subito. Poi mettiamoci pure la presenza di androidi, gli HUMANICHS, ed abbiamo così un prodotto bello ed interessante. Oltre ai due attori sopracitati, nella prima stagione sono presenti Camryn Manheim, Hiroyuki Sanada, Tyler Hilton, Grace Gummer e Michael O’Neill, mentre nella seconda abbiamo potuto apprezzare Jeffrey Dean Morgan e David Morrissey (e guest star come Melina Kanakaredes, Hilarie Burton, Kate Burton, Necar Zadegan, Richard T. Jones, etc).
Halle Berry è Molly Woods, un’astronauta che va nello spazio per 13 mesi per una missione in solitaria. Lassù succedono cose inaspettate che principalmente si ripercuoteranno sulla psiche della donna. Diciamo che la sua missione serviva all’ISEA (International Space Exploration Agency) per confermare la presenza di spore aliene nello spazio, solo che lei non ne sapeva niente e, una volta tornata a casa, inizia ad avere delle strane sensazioni finché non scopre di essere incinta. La cosa le sembra alquanto impossibile, dato che è stata per 13 mesi nello spazio da sola, ma poi ripensa a ciò che le era successo lassù, di aver visto il suo ex, morto anni addietro in un incidente stradale, e si rende conto che è successo qualcosa di molto strano. Nel frattempo, John Woods (Goran Visnjic), ha “cresciuto” da solo il figlio-androide, Ethan (Pierge Gagnon), e quando Molly torna a casa devono tutti abituarsi a questa nuova famiglia.
In tutta questa vicenda, Alan Sparks, il personaggio di Michael O’Neill, gioca un ruolo fondamentale, in quanto è il capo di Molly e sapeva benissimo a cosa la donna sarebbe andata incontro, perché era successa la stessa cosa alla figlia, solo che lei non era ritornata viva sulla terra. Adesso, la presenza di spore aliene sul suolo terrestre causa fenomeni particolari nella psiche delle persone con cui queste spore entrano in contatto. Prima Molly e poi lo stesso Alan vedono i loro cari ormai morti, ed inoltre, il bambino di Molly, che nel frattempo le è stato asportato dal grembo e messo in una sorta di incubatrice/quarantena, cresce a dismisura fino a diventare una sorta di arma che prima fa fuori tutti gli agenti che lo tenevano sottocchio e poi va alla ricerca di Molly. Per tutta la prima stagione sappiamo che l’ISEA ha voluto nascondere la presenza di spore nello spazio, ma non sappiamo il perché. Pensiamo che il piccolo alieno che Molly ha tenuto in grembo sia solo un pericolo, dato anche dal fatto che tutti sembrano impazzire, ma il vero motivo è che coloro che erano a conoscenza delle spore temevano un’invasione aliena che si è poi realizzata lungo la seconda stagione. Ahbu ExtantIl figlio di Molly, Ahbu (Henderson Wade), una volta scappato e distrutto Ethan, inizia a riprodursi e a questo punto il centro degli Umanoidi ha dovuto attivare tutti gli androidi creati da John Woods, guidati dall’androide Lucy (Kiersey Clemons), e mettere su un esercito che potesse rilevare gli alieni e distruggerli. Tra di essi ci sono alieni che vogliono a tutti i costi impossessarsi della Terra, ed altri, tra cui Ahbu, che sono invece più pacifici. Per riuscire ad entrare nelle grazie degli umani, si servono proprio di Molly, che avendo portato in grembo un alieno, è stata “infettata” dalle spore e sta per trasformarsi anche lei. Se nella prima stagione avevamo visto una Molly dare di matto, il cui matrimonio, sempre più alla deriva, era stato messo in subbuglio quando John ha iniziato una relazione con la sua assistente Julie (Grace Gummer), nella seconda la ritroviamo sempre più determinata a scoprire la verità su questi alieni, aiutata da JD Richter, interpretato da Jeffrey Dean Morgan, la cui chimica con la protagonista è eccezionale sin da subito. E in tutte le vicende anche la parte inerente agli Humanichs ha giocato un ruolo fondamentale: nella prima stagione perché Ethan deve pian piano abituarsi a Molly e soprattutto deve imparare ad essere come tutti i bambini umani della sua età; nella seconda stagione, invece, vediamo come, se istruiti in maniera sbagliata, questi androidi possono diventare davvero pericolosi! Mi azzardo a dire che quasi mi ricorda un po’ la questione “Macchina” di Person of Interest, quando agli inizi Harold prova di tutto pur di contenere la Macchina e non riuscendoci, ogni volta distrugge il suo lavoro per poi ricominciare a costruirne una nuova. Se non vengono tenuti sotto controllo come aveva progettato John, questi Umanoidi sono davvero pericolosi! Se ci pensiamo, è una cosa davvero spaventosa immaginare che delle intelligenze artificiale possano sopraffarci.

11 curiosità su Jurassic Park

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1. Michael Crichton scrisse Jurassic Park nel 1990 ma l’origine del romanzo era all’inizio solo un soggetto su uno studente che clona un dinosauro nella sua stanzetta. Non soddisfatto cestinò l’idea, ma poi decise di scriverci un libro. Lo scrittore si documentò per 10 anni sulle specie di dinosauro prima di completare l’opera. Con il libro voleva rappresentare gli aspetti negativi del progresso scientifico. A proposito del libro: il personaggio di Alan Grant è ispirato alla figura del paleontologo Jack Horner, mentre quello di Ian Malcom rappresenta una parte molto critica del carattere di Michael Chricton.
2. Spielberg conosceva Cricthon da molto tempo e da anni voleva realizzare un film sul suo romanzo. Ci sono diversi motivi per cui il regista americano voleva dirigere un film del genere; da bambino era affascinato dai dinosauri, teneva sempre con se un pupazzo di un triceratopo. Vide certamente il classico del muto “The Lost World” con i dinosauri animati in stop-motion da Willis O’Brien. Il King Kong del 1933 diede una grande spinta sul look del film. Il portone del parco è identico a quello di Skull Island. Tutte queste cose alimentarono in Spielberg l’amore per i dinosauri.
3. Spielberg vide il remake di King Kong del 1976 dove l’effettista Bob Gurr aveva ricreato un gigantesco gorilla. Voleva inizialmente dei dinosauri a grandezza naturale per il film. Ma l’idea era irrealizzabile.
4. Phil Tippett fu chiamato inizialmente per creare animazioni in stop motion per i dinosauri e ne realizzò alcune per il film. Spielberg ne fu entusiasta, ma ancora non era convinto dei risultati. L’effettista aveva già lavorato con Lucas per l’Impero Colpisce Ancora e con il regista Paul Veroheven per il suo Robocop, animando il robot ED-209. Questo fino a che la Industrial Light and Magic non mostrò a Spielberg il suo lavoro su un dinosauro digitalizzato. All’inizio Dennis Muren e il suo team non credevano nel risultato; avevano già lavorato a delle creature in CGI per “Terminator 2” e “The Abyss”, ma quelle erano creature liquide o fantastiche, non solide e reali. Alla fine però si convinsero a dare prova del proprio lavoro. Jurassic Park diede una grande spinta a questa tecnica, che al giorno d’oggi è la più utilizzata nel cinema con effetti speciali. Quando alla ILM fecero vedere i risultati della nuova tecnica in CGI, Spielberg decise di usare quella tecnica, accantonando il lavoro di Tippet.
5. I consulenti per i dinosauri erano i paleontologi Jack Horner e il suo rivale, Robert Bakker. Ne il “Mondo Perduto” c’è un personaggio che è la parodia di Bakker e viene chiamato “Robert Burke”.
6. Jack Horner suggerisce di applicare al film le teorie sugli “ornitoscellidi”, cioè a considerare i dinosauri come parenti più prossimi agli uccelli che alle lucertole. Questa teoria non era nuova nel mondo della paleontologia; già alla rinvenuta dei primi resti, parte della comunità scientifica aveva deciso di battezzare gli animali “Ornitoscellidi” piuttosto che “Dinosauri”, sostenendo che avessero tratti più simili agli uccelli che ai sauropodi. Il nome Dinosauro fu scelto più tardi per via di una spinosa questione sulla teoria evoluzionistica di Darwin, non totalmente accettata dagli scienziati di allora
7. Jeff Goldblum rilasciò un intervista per l’edizione in DVD de “La Mosca” nel 2006. Racconta un divertente anedotto riguardante lui e l’attore che nel film interpreta l’avvocato Donald Gennaro. Goldblum disse che l’attore, parlando con lui in aereo, avesse espresso il desiderio che il personaggio di Malcom morisse, mentre quello di Gennaro vivesse.
8. Uno dei primi dinosauri con cui la troupe si trovò ad avere a che fare per davvero fu la triceratopo sedata, scelta da Spielberg come il suo dinosauro preferito. La scena scatenò una polemica FURIBONDA su internet anni dopo.
9. Jeff Goldblum si inventava le battute al momento. A Spielberg piaceva la sua capacità di improvvisare sul set. Non è facile quindi immaginare che le battute più esilaranti di Ian Malcom fossero frutto dell’improvvisazione dell’attore.
10. Nel libro John Hammond muore ucciso dai Compsognathus. Sorte toccata invece al mercenario cattivo di the Lost World.
11. La sequenza del Tirannosauro che entra nel salone spaccando lo scheletro era voluta all’ultimo secondo da Spielberg, in fase di montaggio, e non potendo più richiamare più gli attori sul set, e alla ILM furono costretti ad improvvisare. Questo spiega perchè un enorme dinosauro entra in scena senza rompere nessun muro dell’edificio.

perchè gli Skywalker sono così speciali?

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Gli Skywalker, avendo “sangue creato dalla Forza vivente” hanno un certo grado di resistenza superiore agli altri force user. Questo spiega la capacità di Luke Skywalker di resistere per tutta la sua vita al richiamo, controllando ogni sua azione nei massimi momenti di difficoltà, pur arrivando ad un passo dall’esser trasformato in un mostro oscuro.

Questo spiega come Kylo Ren sia attratto ancora dalla Luce, nonostante i suoi tentativi di rifiutarla, il lavoro fatto da Snoke per deviarlo. In lui il richiamo “Chiaro” è talmente forte da devastarlo moralmente e portarlo a compire gesti estremi per raggiungere ciò che ambisce.

La salvezza di Anakin, che secondo lo stesso Imperatore era ormai del tutto sepolto nel Sith Darth Vader, è un altro esempio di “specialità” degli Skywalker. Dopo così tanti anni, quando ormai il ritorno di Anakin era tecnicamente impossibile, il Jedi ha ripreso il controllo, uccidendo Darth Vader e mettendo fine all’Impero.

Basta veramente poco per un force user mal addestrato per essere trasformato in mostro dal Lato Oscuro. Molto spesso non si torna indietro o, comunque, il resto della propria vita verrà segnato e influenzato da questo passaggio travagliato. Attraverso uno studio del canone si può notare che si può essere vittime del Lato Oscuro, ma si può anche sceglierlo consapevolmente. Abbiamo incontrato svariati personaggi scegliere liberamente le vie dell’oscurità, per assecondare la propria indole.

Inoltre, potrebbero esserci anche livelli diversi di “legame con il Lato Oscuro”. Un signore Oscuro dei Sith come Darth Sidious riesce a toccare il Lato Estremo di questa Forza Oscura, sfruttare pienamente i suoi doni. Per Luke Skywalker tutti possono essere salvati, ma anche in questo caso intervengono altri fattori: l’indole, la resistenza, la volontà. Salvare un Sith è un vero e proprio miracolo

L’ospedale di Padova viene trasformato in Star Wars per la medicina narrativa

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Cosa fare quando un giovane paziente ha talmente tanta paura che non riesce ad affrontare un’operazione? E’ qui che interviene il mitico universo creato da George Lucas. L’Ospedale di Padova si è trasformato in Star Wars per far superare ad un bambino la paura del dentista.
Il quindicenne Thomas aveva il terrore dei medici, così per affrontare l’operazione si è fatto incoraggiare da una fantastica iniziativa. Infatti, è stato travestito da Darth Vader, mentre intorno a lui è stata ricreata un’atmosfera da Guerre Stellari.
Un anestesista ha precisato: “Si è lasciato visitare e curare da noi che giocavamo con lui a Guerre Stellari. Adesso è completamente guarito, mangia normalmente e tutti i problemi odontoiatrici sono stati risolti”, il dottor Gallo ha spiegato i vantaggi della medicina narrativa: “Ogni ragazzino con disabilità viene avvicinato sviluppando l’empatia, con un percorso ideato proprio per lui e sempre diverso. Sono contrario a qualsiasi forma di contenimento, che in altri ospedali viene ancora utilizzata su persone disabili e che provocano inutile sofferenza e traumi profondi. Così invece creiamo empatia, l’esperienza di cura è qualcosa di positivo”; stata sua l’idea di portare Thomas a farsi visitare travestito da Darth Vader.
Medici ed infermieri si sono messi a disposizione per interpretare un ruolo travestendosi, diventando parte dell’esercito del novello Signore dei Sith.

devi avere uno scopo

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nei college americani è consuetudine al momento del rilascio del diploma invitare dei personaggi noti e di successo; il loro compito è presentare uno speech, cioè fare un intervento capace di motivare, sollecitare nuove visioni che possano accompagnare i giovani (e i loro genitori) nei nuovi percorsi che li attendono. Uno dei “discorsi motivazionali” più interessanti è probabilmente quello di Denzel Washington, il noto attore americano, fatto alla Dillard University.
Il raggiungimento dei propri obiettivi è sempre una co-costruzione.
Tutte le volte che raggiungiamo un risultato pensiamo che sia merito nostro, dei nostri sforzi, del nostro impegno. E sicuramente è così ma lo abbiamo potuto fare solo grazie ad altri. “Quando ero giovane – spiega Denzel – e ho iniziato a fare l’attore, un giorno ho detto a mia madre: ‘Ma hai mai pensato che sarebbe successo, sono così importante e potrò prendermi cura di tutti e posso farlo; lei mi azzittì subito: “va bene, fermati. Fermati. Smettila. Se solo sapessi quante persone hanno pregato per te. Quante volte ti ho spruzzato con l’acqua santa per salvare il tuo “sedere”. Pensi di aver fatto tutto da solo ma ti dirò cosa puoi fare da solo: vai fuori e prendi uno straccio e un secchio e lava le finestre; puoi farlo da solo, superstar”.
Non sempre vediamo o sappiamo chi ci sta, direttamente o indirettamente sostenendo, con pensieri o azioni: ma nessun uomo o donna è un’isola e ogni tappa che noi raggiungiamo è sempre una co-costruzione possibile grazie al supporto di amici, parenti, insegnanti, colleghi, superiori e via discorrendo e persino dei nemici. Oltre che del Cielo.
Il mondo spirituale ci fornisce le occasioni che servono per la nostra crescita, per realizzare la nostra individuale missione di vita.
Metti Dio al primo posto in tutto ciò che fai. Tutto ciò che ho realizzato e che ho è per grazia di Dio, un regalo suggerisce Denzel nel suo discorso e racconta: Il 27 marzo 1975 ero seduto nel centro estetico di mia madre; stavo lì senza fare nulla e ho visto la signora sotto il casco per asciugare i capelli e ogni volta che io alzavo lo sguardo, anche lei lo alzava e mi guardava, mi guardava negli occhi. Non sapevo chi fosse e rimasi perplesso. Ma poi disse: qualcuno mi dia una penna, ho una rivelazione, una profezia. Mi disse: ragazzo, tu viaggerai nel mondo e parlerai a migliaia di persone. Immaginate: ero appena stato bocciato al College, stavo per entrare nell’esercito e non sapevo cosa sarei diventato e lei che mi diceva questo. Beh, io ho viaggiato per il mondo e ho parlato a migliaia di persone, ma la cosa più importante che ho ricevuto non è il successo. La cosa più importante, che lei mi ha insegnato, e detto quel giorno, mi è rimasta impressa da allora. Sono stato protetto, sono stato diretto, sono stato corretto.
La Vita ci porta le occasioni, le sfide, le difficoltà e anche le leggerezze che servono per il nostro bene ultimo, per lo scopo per il quale ci siamo incarnati in questo periodo, nel nostro corpo, nella nostra famiglia, nel nostro Paese: sviluppare… nel nostro unico e individuale modo capacità di pensare, sentire e agire con il cuore.
Non temere il fallimento, seguire il proprio autentico sogno e tradurlo in realtà.
Fallite in grande. Sì, proprio così. Si vive una volta sola. Fate quello che vi appassiona, correte il rischio professionalmente, non abbiate paura di fallire. – E poi la precisazione su come farlo: – L’unico modo per risolvere molte cose nella vita è uscire dagli schemi. Non abbiate paura di uscire dagli schemi, di fallire e di sognare in grande. Ma ricordate: i sogni, senza gli obiettivi, rimangono solo sogni che alimentano solamente delusioni. Abbiate quindi obiettivi di vita, obiettivi annuali, mensili, giornalieri. E ho capito che per raggiungere questi goal servono coerenza e disciplina. Bisogna pianificare i propri obiettivi e lavorare duro. Il fatto di fare di più non significa che otterrete molto di più. Non confondete “movimento” con “progresso”. Mia madre una volta mi disse: puoi correre molto ma non arrivare da nessuna parte. Perciò continuate a lavorare, ad impegnarvi, ad avere obiettivi e progredire. E ottenere il vostro obiettivo e quando lo avete raggiunto, continuate a impegnarvi e aiutate qualcun altro, insegnate a qualcun altro.
Le difficoltà e i fallimenti fanno parte della vita, ci aiutano a sviluppare forze nuove, a rafforzare quelle che già sono nella nostra dotazione, ci costringono a guardare le cose da un altro punto di vista, spingono ad esercitare una diversa intelligenza creativa. D’altra parte è anche sbagliando che si impara, e si impara in un modo diverso, talvolta più profondo. Perseguire i propri obiettivi, sempre, senza lasciarsi incantare dalle chimere di una società che richiama ai suoi parametri di successo, ai suoi standard di realizzazione, alle sue mete di produttività sterile e fredda; tradurli in azioni costruttive, rivolte non solo ai propri interessi ma che siano capaci di proiettarsi nel bene per tutti. In modo solidale. Aiutando poi anche gli altri a fare lo stesso, ad ampliare lo sguardo e a far crescere una nuova motivazione attiva e capace di agire.
Il vero tesoro della nostra vita sono l’altruismo e la qualità delle nostre relazion.
Non vedrai mai un’auto di lusso o un diamante dietro un carro funebre. Non importa quanti soldi si fanno: non si possono portare con sé oltre questa vita. Gli egiziani ci hanno provato ma sono stati derubati. La cosa importante non è solo quello che hai ma quello che fai con quello che hai. Tutti abbiamo talenti diversi, alcuni di voi saranno dottori, alcuni avvocati, alcuni scienziati, qualche educatore, alcune infermiere, alcuni insegnanti. La cosa più egoistica che puoi fare in questo mondo è aiutare qualcun altro perché è egoista, perché la gratificazione, la bontà che sviluppi, il buon sentimento, la buona sensazione che io provo dall’aiutare gli altri sottolinea Denzel niente è davvero meglio di questo. La gioia autentica sorge nell’aiutare gli altri, il vero successo è nella gioia di aiutare gli altri.
I beni materiali naturalmente servono ma in modo funzionale alla nostra vita: sono strumenti, non obiettivi. Quello che conta davvero, che ci portiamo dietro e dentro per sempre e che lasciamo in eredità, è il bene che abbiamo costruito, l’amore che abbiamo fatto crescere, le qualità positive che abbiamo sviluppato con e nelle nostre relazioni.
Non dare per scontato e ringraziare per quello che si ha.
Ti prego di mettere le pantofole sotto il letto stasera, così che quando ti sveglierai al mattino dovrai necessariamente metterti in ginocchio per recuperarle. E mentre sei in quella posizione, ringrazia: ringrazia per la tua capacità di essere gentile, per la tua capacità di comprendere, per le tue intuizioni, per i tuoi genitori, per la gentilezza, per l’amore delle persone che ami; ringrazia per quello che è già tuo.
Troppo spesso non diamo importanza, non vediamo l’abbondanza che già è presente nella nostra vita: qualunque sia la nostra situazione è sempre, solo, una questione di sguardo. Questo non significa non voler migliorare, cambiare le cose, crescere ma piuttosto ringraziare e rendere onore a quello che già c’è, di cui possiamo godere: nella nostra vita, nelle relazioni, nella natura intorno a noi.
Non puntare solo alla sopravvivenza, punta a fare la differenza!
E’ importante lavorare duro per realizzare i propri sogni autentici, del cuore. Ed è anche importante, poi, quando li si è raggiungi, condividere queste informazioni, aiutare a crescere anche gli altri. Non aspirate solo a guadagnarvi da vivere, aspirate a fare la differenza.
Baden Powell, fondatore degli scout, invitava a “lasciare il mondo un po’ meglio di come lo si è trovato”. Il tema è sempre quello: fare la differenza, agire per il bene proprio e di tutti. Per quanto possa sembrare strano, è la nostra vera ricchezza; quanto ci può rendere felici in questa vita (e non solo).

il Credo dell’Assassino

Quando gli altri seguono ciecamente la verità, ricorda: nulla è reale. Quando gli altri si piegano alla morale e alle leggi, ricorda: tutto è lecito.

Nulla è reale, tutto è lecito. Dire che nulla è reale significa comprendere che le fondamenta della società sono erette su menzogne e che invece bisogna essere i pastori della propria civiltà. Dire che tutto è lecito invece, significa capire che siamo noi gli architetti delle nostre azioni e che dobbiamo convivere con le loro conseguenze, sia gloriose sia tragiche

Idris Elba interpreterà Quasimodo nel Gobbo Di Notre Dame

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Idris Elba interpreterà il ruolo da protagonista nel nuovo adattamento de Il gobbo di Notre Dame prodotto da Netflix di cui l’attore curerà anche le musiche originali (coltivando parallelamente alla carriera cinematografica quella di DJ da molti anni).

È l’Hollywood Reporter a confermare la notizia, aggiungendo che questa trasposizione del romanzo Notre Dame de Paris di Victor Hugo, già portato sul grande schermo dalla Disney nel 1996, sarà per lo spettatore un’esperienza musicale del tutto inedita.

A Michael Mitnick, sceneggiatore del dramma storico con Benedict Cumberbatch The Current War e The Giver, è stata affidata la stesura del copione, mentre Fred Berger (La La Land) e Brian Kavanaugh-Jones (Midnight Special) produrranno il film insieme alla società di Elba e Ana Garanito