Come seguire i confronti politici

Nei prossimi mesi saremo subissati di trasmissioni televisive interamente dedicati a confronti politici. Ho trovato sul tema interessante l’articolo di Annamaria Testa, pubblicato oggi sul sito di Internazionale. L’esperta di comunicazione, in modo del tutto indipendente dai dibattiti in corso, spiega alcuni stratagemmi utilizzati dai contendenti per vincere il confronto.

Il punto di partenza è l’obiettivo del contendente. Le alternative sono due: rappresentare al meglio le proprie argomentazioni o demolire quelle altrui. Un contendente che cerca di minare la credibilità dell’avversario a parole o di interromperlo ha, ovviamente, argomentazioni proprie deboli.

Esiste poi un condizionamento che si potrebbe definire “indotto”. Spesso, infatti, assistiamo ai confronti non per chiarirci le idee, ma confermare quelle che abbiamo già. Probabilmente questo mina l’utilità stessa dell’ascolto perché ci rende in qualche modo selettivi rispetto ai messaggi che riceviamo.

Vi è poi l’influenza di fattori esogeni rispetto al confronto. Sono rilevanti la tonalità della voce, il grado di convinzione espresso dal contendente, la lunghezza delle risposte, la tempestività delle obiezioni e altri ulteriori stratagemmi indicati dalla Testa.

Aggiungo solo un mio modesto parere su un fattore che ritengo sarà decisivo nei confronti politici cui assisteremo.

Leggendo soprattutto sui social i dibattiti quotidiani sul referendum costituzionale mi sembra di percepire due tipologie di atteggiamenti dell’elettorato. Una parte, mediamente consistente, che si è già formato una propria idea e la difenderà di fronte a qualsiasi confronto cui assisterà. Un’altra parte, direi la più consistente, è quella che definirei dei “deleganti”, ovvero quel numero indefinito di persone che deciderà di esprimere una posizione in base alla scelta di un altro soggetto. E lo farà perché ritiene di non essere in grado autonomamente di scegliere. Ovvio.

Rispetto a questa categoria di persone gli stratagemmi che cita la Testa saranno decisivi e lo saranno perché spesso l’obiettivo dei contendenti sarà convincere, non far comprendere. E qui si arriva al fattore che io ritengo decisivo e che potrebbe rivelarsi l’elemento dirimente della scelta dell’elettorato.

Di fronte a un tema cosi complesso come la riforma sarà decisivo e convincente chi la spiegherà più semplicemente. Rappresenterà con esempi specifici la riforma, chiarirà l’impatto sul sistema Paese, la sua necessità effettiva, abbattendo l’ideale velo di ignoranza che è l’alibi dei deleganti.

(Annamaria Testa, Sappiamo confrontare idee diverse. Forse si, e forse no, Internazionale 3 ottobre 2016 http://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2016/10/03/idee-confronto-chiarezza)

 

 

 

 

Sulla riforma costituzionale in generale…

E’ entrata nel vivo la campagna referendaria. I prossimi due mesi sarà protagonista del dibattito pubblico la riforma costituzionale. Si tratta di un intervento molto ampio e complesso che tocca i poteri dello Stato, il procedimento legislativo e il rapporto Stato – Regioni.

La complessità del merito di questa riforma è, a mio avviso, il principale dei suoi problemi. E’ indubbio che la necessità di aggiornamento della Costituzione è matura. Vanno respinte al mittente le critiche di una intempestività dell’intervento.

La Costituzione italiana nasce per essere cambiata, aggiornata, migliorata. Lo testimonia la scelta dei costituenti di prevedere uno specifico procedimento di modifica che non blinda la Costituzione nel testo da loro definito, ma semplicemente aggrava l’iter legislativo ordinario. Ciò per imporre una adeguata ponderazione della modifica della Carta fondamentale.

Nonostante la necessità indubbia di aggiornare la Costituzione nelle parti toccate dalla riforma era prevedibile che modificare un numero così rilevante di articoli avrebbe determinato una spaccatura di opinioni tecniche oltreché politiche.

La primissima osservazione che emerge dai dibattiti televisivi e da quelli sui social, è che, ad oggi, il pendolo dell’alternativa si/no alla riforma si muove pericolosamente sull’onda di spinte emozionali nei confronti del nostro Presidente del Consiglio.

Sia chiaro, al di là delle indubbie responsabilità politiche della situazione, questo è il peggiore degli approcci possibili. Ed è però anche quello, ahimè, determinato dalla complessità della riforma. A un inevitabile disinteresse legato alla scarsa stima nei confronti della classe politica si aggiunge in questo caso specifico una obiettiva difficoltà delle questioni affrontate.

Trattandosi di un elemento non più modificabile la scelta che ci rimane è tra uno sforzo più maturo per comprendere i reali contenuti della riforma o una rinuncia tout court. Mi pare che si possa/si debba preferire la prima delle scelte che, se non altro, ci consente di pesare i vantaggi e gli svantaggi di questa riforma, per poi votare consapevolmente.

 

Perché un blog?

Già, perché un blog? Prima di aprire questo blog ho letto diversi articoli interessanti sugli obiettivi che si pone un futuro “blogger”. Si va dalla semplice passione per il web al vero e proprio intento di lucro. Io ho invece semplicemente pensato che valesse la pena non perdere il valore di un momento particolare della giornata del cittadino qualunque, quello dell’attesa alla stazione.

Ebbene si. Posso testimoniare quanto siano preziosi quei minuti di attesa alla stazione. Sono i minuti in cui elaboro riflessioni sui fatti che sono accaduti, intercetto quelle dei miei vicini di posto o quelle dei giornali che leggo o dei social che frequento. In questo blog perciò cercherò di trasferire le riflessioni di un cittadino qualunque che, attendendo la metro, si fa una sua idea dei fatti quotidiani.

La presentazione non sarebbe completa se non aggiungessi ancora due avvertenze.  Per deformazione professionale e passione ultra-decennale, le mie riflessioni riguarderanno fatti di rilevanza pubblica e istituzionali. Non commenterò cronaca quotidiana, che non abbia un riflesso sul piano sociale e istituzionale. Tuttavia il punto di vista non sarà quello professionale, ma appunto quello della cittadina metropolitana.