Meandri di memoria

Labirinti nostalgici

Era una calda mattina di giugno 2008 quando accadde qualcosa che avrebbe cambiato la mia vita, e dopo di allora nulla mai sarebbe stato più lo stesso. In quella drammatica data, mia sorella veniva colpita da un ictus. Anche se siamo riusciti a strapparla alla morte, la sua mente ne è stata irrimediabilmente colpita; e stanotte ho fatto un sogno strano che riguardava anche lei; uno di quei sogni carichi di mistero che ti portano indietro nel tempo. Solo oggi pomeriggio mentre cercavo di riposare un po, che sono riuscita a decifrare il messaggio nascosto. Nel sogno io e mia sorella,capeggiati da nostro padre (morto), ci addentravamo in un labirinto tetro e polveroso. Pur se intimorite da quel luogo spettrale in cui ci stava conducendo, lo seguimmo fiduciose. In salita percorremmo cunicoli che ricordavano la vecchia casa di campagna; mentre per la discesa proseguimmo verso scale strette e polverose. Alla fine del percorso papà con un sorriso rassicurante ci mostrò l’ampio atrio che ci avrebbe condotto in cortile. La stanza stonacata e polverosa era ingombra di mobili vecchi e sgangherati; e mentre io proseguii verso l’uscita, mia sorella rimase nella casa. Dopo aver dato un’occhiata al fabbricato restaurato tornai indietro per recuperare mia sorella.  Quando ritornai nella stanza dove l’avevo lasciata, la trovai ripulita e svuotata. Stupita mi domandai dove avesse trovato la forza per sgombrarla di tutti quei vecchi e pesanti mobili, e volendo complimentarmi con lei, la cercai invano per tutte le stanze; persino quelle restaurate, ma nulla … di lei non c’era più traccia.

La nave cambia rotta.

Giada pensò che finalmente era arrivato il momento di godersi la sua meritata vacanza; chiuse il diario delle sue memorie e tirò fuori dallo sgabuzzino le  valigie. Le riempì solo con il necessario; aveva un gran desiderio di rinnovare il suo guardaroba. Giacomo sarebbe stato sicuramente felice della sorpresa riservata; la sua continua richiesta di essere stupito l‘aveva sempre messa in difficoltà, e rare volte aveva avuto l’opportunità di farlo; ligia nel dovere aveva messo al primo posto le sue responsabilità lavorative e familiari. Dopo la morte del padre si era fatta carico di tutte le responsabilità della famiglia, tanto da non poter cedere nemmeno alla richiesta di Giacomo di seguirlo quando questi fu trasferito a Santiago per lavoro.

Ora che i suoi fratelli erano cresciuti poteva tranquillamente occuparsi della sua vita. Combattiva e caparbia aveva fatto in modo che alla sua famiglia non mancasse nulla; e prima di decidere di lasciarsi tutto dietro le spalle, si era assicurata che alla sua famiglia non mancasse nulla.

La mamma, nonostante il magone che l’aveva assalita nell’apprendere la notizia della partenza, aveva accettato con rassegnazione ed entusiasmo la decisione di Giada raggiungere Giacomo. In fondo era giusto che sua figlia vivesse la sua vita e realizzasse i propri sogni; in effetti fu lei stessa che la accompagnò all’aeroporto di Linate, a prendere il volo che l’avrebbe portata a Santiago.

Giada non aveva ancora fatto il ceck in quando una figura in lontananza, oltre ad urlare il suo nome, si sbracciava per attirare l’attenzione.

-Oh mio Dio Guido! Accidenti a me! Come ho potuto dimenticarmi di lui!-

Sbraitò a se stessa guardando la cara e familiare figura. Nella foga di attuare al più presto il suo piano  aveva dimenticato il suo migliore amico. Con la mano gli fece cenno di attendere, e indicandogli la fila gli fece capire che il suo turno era arrivato e che l’avrebbe raggiunto subito dopo il ceck in.

Non appena Giada si avvicinò a Guido, un alone di tristezza spense il suo entusiasmo per l’imminente partenza. Solo in quel momento si rese conto di quanto le sarebbero mancati la sua voce amica, il suo sguardo sincero e il suo abbraccio confortevole. Lui non era stato solo un amico, era stato come un fratello maggiore che l’aveva aiutata anche quando si trovava in difficoltà economiche; era stato sempre lui a trovarle un lavoro e a coprirla contro le ingiustizie che la società le riservava; facendosi persino garante per la sua incolumità in ogni campo, sia lavorativo, familiare e sociale.

Come accidenti aveva potuto dimenticarsi di lui! Non si capacitava ancora di essere stata così leggera nei suoi confronti.

Quando Giada finalmente trovò il coraggio di sollevare gli occhi, pensò d’incontrare lo sguardo di Guido adirato; e invece fu colpita a morte da suoi occhi scuri e tristi. Una lacrima solitaria giaceva tra le folte ciglia, mentre un’altra scivolava lungo la guancia per posarsi sulle sue labbra.

Con un dito asciugò quella lacrima adagiata sul muso imbronciato, e senza pronunciare una parola lo abbracciò forte.

A pelle percepì la fragilità e la disperazione di Guido. Era sinceramente preoccupata per lui, non l’aveva mai sentito così abbandonato.

Laura

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La lunga attesa delle emozioni.

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Erano ancora in attesa le emozioni non palesate. Sedute con le mani incrociate volgevano, di tanto in tanto, lo sguardo verso una porta che non accennava ad aprirsi. Il tempo era scivolato via velocemente senza nemmeno degnarle di uno sguardo. E ora, tutte insieme si guardavano tristi, bisbigliando nel silenzio della stanza: è troppo tardi per noi! Avremmo dovuto condividere questa sensazione a quattordici anni!

Anche le altre, quelle che si erano assopite per la noia, iniziarono a svegliarsi e a convenire con gli astanti: –io a vent’anni; – io a trenta-; – io ai quaranta-.

Un marasma che sembrava non darsi pace; convinti che ormai non fosse più possibile viverle.

Lo scatto della porta che si apriva, fece ammutolire tutte all’improvviso.

Ciò che ne venne fuori, era un’immagine sbiadita e sbarazzina dall’età indecifrabile.

La bizzarra figura osservava sbigottita tutte quelle emozioni ormai rassegnate; domandosi incredula che cosa le avesse ridotte a quello stato.

Erano impazienti, e angosciate; tristi e rassegnate. Insomma tutto si sarebbe aspettato tranne che vederle arrendersi in quel modo. Sembrava volessero mettere fine a quell’inutile attesa.

Alzando la voce con un –Silenzio!- le zittì tutte. Dopo qualche minuto iniziò a parlare domandando a ciascuno di loro: –Quanti anni credete che io abbia? –

Le emozioni si guardarono tra loro azzardando una probabile età in base alle loro sensazioni. Chi pensava che ne avesse ottanta; chi venti; chi trenta; chi diciotto.

Vedendo la loro indecisione rispose:

Non potete darmi un’età, poiché sulle belle sensazioni il tempo non passa mai.  Nella memoria sono la stessa cosa sia le emozioni palesate e condivise, che quelle trattenute e inibite. La mente conserva ogni attimo desiderato trasformandolo in prezioso profumo dall’intensa fragranza, per risvegliare i vostri sensi ogni qualvolta lo riscontrate nei vostri simili; e nonostante la differenza dell’età anagrafica, esso saprà travolgervi fino a trascinarvi nell’antica passione-.

Le emozioni stavolta si guardarono entusiaste; finalmente avevano capito che la loro attesa non era stata vana. Dovevano solo concentrarsi di più sul presente, e manifestarsi quando si sarebbero riconosciute in nuova vita.

Pinocchio 2.0 (sesto capitolo)

-Cos’hanno in comune un corvo e uno scrittoio?– ripeté Pinocchio.

Gatto e Volpe si scambiarono un’occhiata, o meglio, fu Volpe a farlo.

Ma chi l’ha inventato, non ha senso!– disse Gatto.

-E nemmeno una soluzione!– ribatté Volpe.

Totalmente intento a fissare la porta, Pinocchio non rispose.

Il papà di Alice, l’ha inventato, e una soluzione ci dev’essere per forza– rispose Lepre Marzolina.

Alice, e chi è Alice?– esclamarono in coro i due compari.

Lepre alzò gli occhi al cielo e allargò le zampette.

-Se non sapete chi è Alice…sparatevi! Nessuno vi ha mai letto le fiabe, da piccoli?-

Ci sono!-

Colti di sorpresa, i tre sobbalzarono e si voltarono verso l’ex burattino.

È molto più semplice di quanto si possa credere, strano che nessuno l’abbia mai risolto– disse con un ghigno.

-Dai, non tenerci sulle spine, parla!– l’esortò Volpe.

Facendo un po il prezioso, Pinocchio si avvicinò ancor di più alla porta.

-Cosa usano i corvi per volare?-

Le ali!– disse Lepre.

-E di cosa sono ricoperte?-

-Di piume!– intervenne Gatto.

-Fuochino-

-Di penne!– disse Volpe quasi strozzandosi.

Esatto, e cosa si trova solitamente su uno scrittoio?-

-Le penne!– esclamarono all’unisono.

Sorridendo, Pinocchio guardò Lepre.

Cosa devo fare adesso?-

-Nulla di più semplice. Devi solo appoggiare i palmi sulla porta, farti la domanda completa e poi rispondere, dovrebbe funzionare-

Con una certa apprensione, Pinocchio fece ciò che gli era stato detto e chiuse gli occhi.

-Cos’hanno in comune un corvo e uno scrittoio?….le penne!- scandì a voce alta.

Per un istante non accadde nulla poi, con un leggero scricchiolio, la porta iniziò ad aprirsi.

Ce l’abbiamo fatta!– urlò Volpe.

Bravo pezzo di legno!– gli fece eco Gatto

-Silenzio, ora viene la parte più pericolosa, dobbiamo rimanere uniti e in silenzio– li ammonì Lepre.

Detto questo, si avvicinò alla porta che, nel frattempo, si era aperta del tutto.

-Si tratta anche per me della prima volta, però se vado avanti posso orientarmi, sei d’accordo?-

Pinocchio annuì, quindi si volse verso gli altri due.

Volpe, tieni quel gattaccio per mano e cercate di stare zitti, per una volta. Lepre farà strada, voi starete in mezzo e io chiuderò le fila, siamo d’accordo?-

Volpe aprì la bocca per dire qualcosa, ma Pinocchio alzò un dito, minaccioso.

Ho detto silenzio, da adesso!-

Il corridoio per cui si incamminarono, era talmente stretto e basso che Pinocchio dovette abbassarsi per poter procedere. Per fortuna Lepre aveva con se dei fiammiferi che usò per fare luce, altrimenti avrebbero dovuto avanzare al buio.

Non dovrebbe essere molto lungo, e dovremmo sbucare proprio dietro le segrete- sussurrò Lepre.

E i soldati?– domandò Pinocchio.

-A quelli penseremo una volta arrivati, dovremo escogitare qualcosa-

Dopo altri cinque minuti di cammino, arrivarono a un’altra porta.

Oh no, un altro indovinello?– esclamò Volpe a voce troppo alta, tanto che Pinocchio la fulminò con lo sguardo.

No, qui più che altro servirebbe qualcosa con cui scassinarla- rispose Lepre.

Ci penso io. Volpe, accompagnami accanto alla porta- intervenne Gatto.

Quando vi fu vicino, alzò il bastone e lo fece roteare.

Se qualcuno mi da una mano, ha la punta in ferro ed è molto robusto-

Dai qua- disse Pinocchio strappandoglielo di mano.

In breve, infilò la punta tra stipite e legno e fece forza. Dopo due o tre tentativi, si udì uno schiocco secco e la porta cedette.

E in quel momento accadde il finimondo.

Con urla selvagge, una decina di soldati si infilarono nell’angusto passaggio e li circondarono. Erano dei colossi, indossavano pesanti armature e brandivano spade minacciose.

Volpe cercò di fuggire ma uno di loro, velocissimo nonostante la mole, lo rincorse e lo stese con una violenta spinta, quindi gli puntò la spada alla gola.

-NO!-

Il soldato si fermò di colpo, agguantò Volpe per il collo e lo riportò dagli altri.

-La regina li vuole vivi, te ne sei forse scordato?-

Togliendosi l’elmo che gli ricopriva il volto, l’uomo che aveva impartito l’ordine si profuse in un profondo inchino.

Benvenuti nel regno della regina di Cuori, signori, vi stavamo aspettando- biondiccio, un viso non bello ma gradevole, Rocco li guardò uno a uno.

-Non so chi di voi abbia risolto l’indovinello, ha tutta la mia ammirazione. Peccato ci fosse un allarme, che io stesso ho installato-

Riavutosi dallo shock, Pinocchio fece un passo in avanti.

Sono stato io, con chi ho il piacere?– disse cercando di dissimulare il tremito.

Non avevo dubbi in proposito, quei due sembrano abbastanza rincoglioniti…– disse indicando Gatto e Volpe.

-Mentre quella traditrice di Lepre l’avrebbe fatto prima, se solo ne fosse stata in grado, non è vero?-

La poveretta si rannicchiò contro la parete e chinò il capo.

-Ma di questo ne dovrai rispondere alla regina, e sai quali sono le pene. Ah, scusatemi, non mi sono ancora presentato. Sono Rocco, convivente della Regina e suo futuro sposo, per servirvi-

Pinocchio deglutì. Finalmente lo vedeva di persona, ma non si trattava certo dell’occasione più propizia. Cos’aveva in serbo per loro?

Calza proprio a pennello.

Avviene

come sempre non sai se conviene

Ti sbalza

pensi di aver trovato la scarpa che il tuo piede calza

Ti coinvolge

e già altrove  il tuo sguardo si volge

Ti cattura

ricordandoti di quanto la strada in salita sia dura

Ti consiglia

raccomandandoti di camuffare la tua meraviglia

Ti ammonisce

non dimenticare la belva che in segreto agisce

Ti sprona

sii sempre te stessa che ti si perdona

Ti rammenta

il mondo è stanco della gente che mente

Ti annuncia

varrà oro colato la tua sofferta rinuncia.

I sentimenti che non mi servono.

Non mi è utile nutrire sentimenti di odio o risentimento; ne covare vendette e provare invidia. Non ho nessun desiderio di annullarmi dietro la richiesta del male che chiede altro male. Sento il desiderio di vivere bene, sostenendomi solo con quello che alimenta le mie energie, la mia voglia di vivere sospesa tra la fantasia e realtà. Non è stato facile per me coniugare i sogni con le aspettative reali; ma ci sono riuscita. Ora si tratta solo di riverniciare le pareti del mio spirito imbrattate e insudiciate dai sentimenti oscuri che hanno impunemente demolito le mie barriere.

L’onnipotenza che ci appartiene.

Ciò che mi auguro è,  che la terra smetta di tremare e che la gente possa riappropriarsi della propria casa … della propria vita.

Sono certa che tutto questo presto accadrà; mi auguro solo che nessuno di noi dimentichi di quanto siamo fragili e vulnerabili innanzi alla potenza della natura; e di quanto sia importante fare il possibile di mantenere saldi almeno i rapporti con la famiglia.  Siamo buffi noi esseri umani; pretendiamo che la natura sia controllata e mantenga in piedi le nostre case, quando noi non ci facciamo scrupoli a mandare a gambe all’aria la nostra famiglia. Tutto diventa una catastrofe quando non si ha il controllo sulla propria vita. Dovremmo sforzarci a migliorare i nostri rapporti, a renderli più civili, duraturi e saldi. Non solo in casa, ma in qualsiasi ambito sociale che siamo costretti a condividere. Noi, a differenza della natura, abbiamo il potere di controllarci. L’onnipotenza che ci appartiene, ma che usiamo solo per distruggere.

Riflessioni dell’oggi … e di ieri.

DIstrazione

Tutto quello che agli occhi dell’altro appare normale o ha un senso sinistro, per me non lo ha.

In ogni nuova situazione mi smarrisco, allora cerco con il pensiero di ripercorrere le stesse idee che avevo da ragazza, e il tutto assume contorni diversi. I miei occhi sono gli stessi di allora, eppure se guardo il mondo attraverso la lente del passato, mi fa meno paura.  Da ragazzi si è più impavidi, e tutte quelle che cose che vorresti i tuoi figli oggi non facessero, allora t’intrigavano a tal punto da pensare, che se solo fossi potuta entrare in quei mondi proibiti,  saresti uscita illesa. La spavalderia e l’incoscienza rendevano tutto più facile.

Con il tempo si cambia; e qualsiasi cosa sbagliata si faccia, ti porta ad aver paura delle conseguenze.

Ed è proprio quell’assurdo timore che ti porta a non osare, a non rompere le barriere delle certezze.

E così ogni tanto ti fermi a riflettere; e pensi che forse quell’audacia non si dovrebbe mai perderla.

Mettersi in gioco sempre e comunque, fa parte delle regole della vita.  Non bisogna mai lasciarsi intimorire dagli eventi, consentendo ad altri di sfruttare le proprie paure; poiché vale ancora quel detto “o sei lupo, o sei pecora”.  Eppure esiste una via di mezzo che ti consente di essere entrambi, senza per questo invecchiare nella banalità e nella compiacenza; perché a volte anche essere antipatici, ha la sua importanza.

Ora ho capito.

Ero certa che questo nuovo blog mi avrebbe entusiasmato per una serie di buoni motivi. Il più importante di tutti, è che almeno sono seguita dall’affettuosa presenza dei nik che mi hanno letta per tutti questi anni.

E poi, per quel trafiletto a lato che tacitamente mi suggerisce quando l’articolo e leggibile o meno.

Per non parlare poi della definizione “articolo” che aggiunge un tocco professionale al post.

Ora che la leggibilità è ok, posso pure smettere di scrivere.

Le altre novità le scriverò in seguito.