I vestiti nuovi dell’imperatore

La comunicazione è un’arte, e un’arma a doppio taglio. Chi ci lavora ha una responsabilità grande, e dovrebbe sempre tenerlo presente. “Tutto quello che direte potrà essere usato contro di voi”. Il pubblico esalta, il pubblico reclama, ma il consenso crea deliri di onnipotenza che obnubilano la ragione e danno l’errata convinzione che gli scheletri negli armadi siano ben protetti, sotto le montagne di giacche glitterate e degli altri vestiti di scena.
Ricordatevi che, prima o poi, se gli armadi non li spolverate, le tarme rosicchiano tutto, e potreste trovarvi senza vestiti, come l’imperatore. E basterà il dito puntato di un bambino a mostrare a tutti che siete nudi. Le chiacchiere, quel giorno, non serviranno a coprire le vostre miserie .
#lapennallarrabbiata

SE NON ORA, QUANDO ?

…ancora una storia in cui a una minorenne, ripetutamente violata dal branco, qualcuno si sente in diritto di dire “Se l’è cercata. Era una ragazza movimentata”.
Ancora una volta, nel 21imo secolo, dopo anni di lotte e di conquiste, sono le donne a pagare lo scotto di un’educazione sessista e retrograda.
Ancora una volta, sulle nostre spalle ricadono sensi di colpa ingiustificati, accuse assurde e i sorrisini ironici di compaesani collusi per omertà.
Ancora una volta poche luci accese a rischiarare un’oscurità da medioevo. Bruciamola al rogo, questa strega capace di farsi violentare nel corpo e nell’anima per tre anni. Bruciamo al rogo tutte queste svergognate che si fotografano sui social, che comprano un rossetto di un colore acceso, che indossano una scarpa con il tacco e hanno l’impertinenza di camminarci per le vie del paese.
Poi prendiamo la stessa scarpa, possibilmente rossa, e deponiamola ai piedi dell’altare dell’ipocrisia.
Continuiamo così, santificando i figli maschi per quei 20 cm in più in virtù dei quali tutto gli è consentito.
Lodi a quei padri e a quelle madri che hanno preferito guardare altrove, puntando il dito a una miseria che è solo lo specchio della loro indifferenza.
Ci rialzeremo comunque, scalze, zoppe, con i vestiti sporchi del vostro seme disperso. Ci rialzeremo sempre. Femmine, donne, madri, amiche, sorelle, compagne.
Noi ci rialzeremo e andremo avanti. Forse ci vorrà ancora tempo, Forse, nonostante tutto, è ancora presto.
Intanto, ora scrivo, e vi sfido a rispondere. Ora. Se non ora, quando?
#lapennallarrabbiata

Risarcimenti per detenzione

Il blog è in allestimento, aspetto Christian che deve ancora andare in vacanza, e poi partiamo a pieno regime. Intanto, volevo dire una cosa. Contravvenendo alla regola giornalistica del chi, come, dove, quando (tanto se la cercate, la notizia dovrebbe essere sul web) vi dico solo che ieri, en passant, mi è capitato di ascoltare di un risarcimento di circa 10.000 euro accordato ad un detenuto perchè la cella in cui stava era troppo piccola, in contrasto con le convenzioni internazionali. L’ex detenuto era in carcere per traffico di droga. Adesso scatenatevi pure contro, ma io trovo questa cosa assurda. Sto leggendo fiumi di assurdità sui rifugiati in albergo e sui terremotati in tenda, e una notizia come questa passa in secondo piano. Non dovrebbe, secondo me. A quanto pare, sono numerose le cause di risarcimento vinte da ex detenuti, per lo stesso motivo, negli ultimi anni. In uno Stato dove la certezza della pena è un miraggio e il sovraffollamento delle carceri una certezza, uno che viene arrestato per traffico di droga e causa – seppur indirettamente – danni incalcolabili (quanto costano alla Sanità le degenze o il recupero di un tossicodipendente?), se viene detenuto in uno spazio inferiore a 4 mq ha diritto a un risarcimento di circa 8 euro al giorno. Oltre al costo sostenuto per le spese del processo prima, la detenzione durante, e un altro processo dopo. E qui si discute su quanto costano allo Stato italiano dei poveri cristi che scappano da Paesi in guerra (spesso guerre decise a tavolino dai governanti degli stessi Paesi dove poi sono costretti a rifugiarsi). Io faccio solo una riflessione molto terra terra. Se mio figlio si comporta male, e lo mando in camera sua per punizione, gli spengo internet, e gli sequestro il cellulare, sennò che punizione è. Se poi gli devo comprare l’ultimo gioco per la Playstation perchè ha sofferto per la punizione, tanto vale che lo lascio uscire con gli amici, così mi evito discussioni e spese accessorie.
#lapennallarrabbiata

Un fermo immagine tratto da Sky TG24 mostra il recupero di una bambina estratta viva dalle macerie ad Amatrice, 24 agosto 2016.
ANSA/SKY TG24 - EDITORIAL USE ONLY

Ecco perchè si scava con le mani

Si chiude con l’ultima sigaretta questa giornata in cui le vacanze sono già ricordo. Il giorno dei bagagli da disfare e della casa da rimettere a posto, con la tv accesa da sta-mani sugli ultimi aggiornamenti dalle zone terremotate.

Una casa da sistemare… poi guardi i cumuli di macerie e ti rendi conto di quanto inutilmente siamo capaci di affannarci, e di quanto tempo sprechiamo quando lo viviamo pensando di averne sempre a sufficienza.

Stamattina, il mio primo pensiero al risveglio, nonostante la nottataccia, è stato chiedere a un amico Vigile del fuoco il perchè si scavi con le mani fra le macerie. Cioè, perchè l’espressione “si scava con le mani” sia così ricorrente, in situazioni di criticità. Pensavo fosse una questione di mezzi, nel senso che non arrivassero abbastanza in fretta.

http://http://video.repubblica.it/dossier/terremoto-24-agosto-2016/terremoto-ricerche-di-superstiti-senza-sosta-si-scava-con-le-mani-anche-di-notte/249918/250064

“A parte le prime ore dall’evento, scavare con le mani lo si fa perché si è sicuri (o quantomeno c’è l’aiuto o dei cani o l’aver utilizzato le termocamere) di aver individuato una persona. In questo caso utilizzare i mezzi meccanici potrebbe complicare le cose, cioè rischi di ammazzare la persona per un cedere di qualche parte di muratura, tetto, trave o suppellettili che fino a quel momento gli ha creato quella sacca d’aria che lo ha tenuto in vita”.
Mi sono immaginata sepolta viva. E ho provato ad immaginare la sensazione che si prova nel vederle, quelle mani che scavano, non dalla prospettiva della macchina fotografica o della telecamera che le inquadra, ma dal di sotto. sentirle, prima di vederle, mentre spostano delicatamente i calcinacci e la polvere che ti ricoprono, ti seccano la lingua e la gola, ti chiudono gli occhi, impastandosi con le lacrime.
Mani che ti strappano alla terra, come dall’utero di una madre, che ti riportano in vita, ridandoti alla luce.
Ho guardato le mie, di mani. Sempre curate. Idratate per combattere i segni del tempo. Ho stretto i pugni, e ho aperto la tastiera del mio portatile. Ho deciso che avrei ricominciato ad usare le mie mani per scrivere. Non importa cosa, non importa come, non importa quanto.
Le mani, il loro utilizzo quale strumento di qualsiasi talento siamo dotati, ci distinguono e ci qualificano u-mani, appunto.
Do-mani si continuerà a scavare.
Domani è un altro giorno.
Grazie a Luigi Salierno, Vigile del fuoco.
IMG_3073

Doverose presentazioni: nasce #lapennallarrabbiata

Scrivo da un po’, spaziando fra il serio, il semiserio, il faceto e le cazzate. Questa estate, dopo vari tentativi di hashtag, mi è venuto in mente questo, che mi caratterizza in più aspetti.

Sono una buona forchetta (anche coltello, cucchiaio e cucchiaino, se è per questo), cucino discretamente (nonostante sia diventata tristemente nota per una crostata venuta male) e mi piace scrivere.

Scrivo, in genere, di ciò che mi appassiona, di ciò che mi sorprende, di ciò che mi indigna. Ed eccola qui, la spiegazione. Date una penna in mano a una arrabbiata, e non vi risparmierà colpi.

Buona lettura, nei giorni a venire… e mi raccomando, seguitemi!