Avremmo fatto la stessa fine di Mauro Guerra?

safe_imageSe non fossimo andati via da Baone ci sarebbe successo molto probabilmente quanto successo nel 2015 a Mauro Guerra di Carmignano di Sant’Urbano (PD) . Sempre protagonisti i carabinieri di Este e della bassa (Carmignano dista solo 16 km da Baone). Mauro Guerra fu ucciso nelle campagne da un colpo di proiettile sparato da un carabiniere e lasciato in un campo in agonia senza aiuto a morire. La storia di Guerra è stata raccontata nel 2018 anche da “Chi l’ha Visto”, la popolare trasmissione della RAI condotta da Federica Sciarelli. Se conoscete già il caso di Guerra potete passare direttamente al punto (B) ove viene spiegato il perché avremmo rischiato la fine di Mauro.
.A) Il caso Guerra

Esiste parecchio materiale in internet in proposito, come ad esempio il link:
Scrive il giornalista del Mattino di Padova nel 2015: “Hanno ucciso un uomo nudo e disarmato. L’hanno freddato i carabinieri in mezzo alla campagna. Mauro Guerra, 33 anni, laureato in Economia aziendale, dipendente di uno studio di commercialista di Monselice, buttafuori per arrotondare in un locale di lap dance, pittore e designer per passione, è morto dissanguato dopo che un colpo di pistola gli ha oltrepassato il fianco destro. È successo ieri a Carmignano di Sant’Urbano, un paese dove tutti conoscono i carabinieri per nome…
E ancora: “Gli ha sparato il comandante di stazione, il maresciallo Marco Pegoraro, insediato appena tre mesi fa nel comando che copre una vasta zona rurale tra l’estremo lembo della provincia di Padova e l’inizio di quella di Rovigo. Due colpi in aria e uno al fianco (anche se alcuni testimoni dicono di aver sentito quattro botti) con la sua Beretta calibro 9 di ordinanza. Voleva salvare un collega. Voleva fermare il trentatreenne per togliergli dalle grinfie Stefano Sarto, 47 anni, brigadiere del nucleo Radiomobile di Este, l’unico a rincorrere Mauro Guerra mentre questo, scalzo e in mutande, provava a fuggire attraverso i campi.”.
Di fatto poi anche recentemente la trasmissione “Chi l’ha visto” ha fatto vedere nel 2018 alcuni video. Al di là di tutto si ribadiscono due concetti: il primo è che i carabinieri avevano agito di testa loro e non vi era nessuna richiesta di TSO da parte dell’autorità competente giustificante il loro operato. Secondo aspetto: , dopo essere stato sparato è rimasto 40 minuti a terra tra i carabinieri senza che intervenisse nessuna ambulanza. Il fatto è rilevante perché l’ospedale è a pochi minuti e Guerra è morto dissanguato e poteva essere salvato.
La terza cosa che non è stata detta, ma che la dico io è che dopo lo sparo sono rimasti intorno a lui vari carabinieri che hanno pure impedito l’avvicinarsi dei famigliari di Guerra e che è stato lasciato morire. Non è giusto che venga processato solo il carabiniere che ha sparato ma anche gli altri perché alla fine hanno contribuito alla morte di Guerra stando a guardare uno che moriva.
Faccio notare che il carabiniere che ha inseguito Guerra, così come riportato nei giornali, era della stazione di Este, la stessa che ci diede tanti problemi a noi come già raccontato. Dunque reputo che la situazione che si è venuta a creare è stata generata comunque da questo tizio che ha tirato dentro suo malgrado il Pegoraro arrivato da solo poche settimane.
Tra l’altro, nel 2016 si legge: “Este, carabiniere si uccide sparandosi in testa…”. Forse Este non è un paese così tranquillo come si vorrebbe far credere.
[Notizia del 1 settembre 2016, “Il Mattino di Padova”]
Il video di Chi l’ha visto spiega in dettaglio, ecco il link:
NB: per altre informazioni cercare https://www.facebook.com/mauroguerraprogect/ e/o “La verità su Mauro Guerra” in Facebook.
B)In conclusione, di sostanza il caso Guerra ci insegna:
che se saremmo rimasti a Baone ci sarebbe accaduto qualcosa del genere.
Magari all’epoca la cosa era poco chiara e poco comprensibile, ma credo che ora, guardando anche questo caso eclatante, cosa sarebbe successo diventa più evidente.
Questo perché le autorità del luogo non applicano le leggi e non sono capaci di gestire tali situazioni. Ma anche perché anche nel nostro caso i carabinieri avevano cominciato azioni di pressione nei nostri confronti. Nel caso di Guerra mi volevano obbligare a fare un TSO senza che vi fossero i requisiti giuridici. Guerra si era rifiutato e guarda caso è morto.
Nel caso mio volevano che facessi una visita psichiatrica senza che vi fossero i requisiti legali. In Veneto la cosa stava prendendo la stessa direzione per noi, per questo l’unica soluzione fu di allontanarsi anche su consiglio del nostro avvocato.
Noi non avevamo diritti, perché dovevamo fare quello che dicevano loro senza discussioni pena di ritorsioni. E nello stesso tempo non facevano nemmeno il loro lavoro perché si rifiutarono pure di acquisire una nostra denuncia…
Anche se il maresciallo che ci dava noia è andato via da Este nel 2014, il fatto di Guerra dice che il problema ad Este è ben radicato oltre a quella persona, ma che è un problema generalizzato di fondo all’interno delle caserme e delle autorità locali. Come pure le decisioni del comune di Baone che era evidente che venivano dettate da qualcuno di esterno, e gli articoli di giornale sul nostro caso che erano una specie di copia incolla dei verbali dei carabinieri che poco lasciavano spazio ai giornali.
L’unica cosa positiva è, vedendo il caso Guerra, che sono usciti articoli meno controllati rispetto al 2005 e che forze qualcosa dunque si sta muovendo nella bassa padovana.

Azioni per farci paura e farci perdere la calma

Come abbiamo già detto i carabinieri dettavano legge in quei territori e si assumevano compiti e funzioni dei quali non erano competenti. Oltre alle influenze sulla carta stampata era ragionevole pensare che potessero agire nella stessa maniera anche con i medici del CSM (centro salute mentale ).
Oltre a farci pressioni con la visita psichiatrica e relative conseguenze, a seguito dell’incidente il maresciallo non perse occasioni per mandarci delle pattuglie ben addestrate a farci paura e perdere la calma. A Giovanna sbraitavano a cinque centimetri dal viso di dover portare rispetto alla loro divisa, senza alcun motivo, e le bestemmiavano in faccia.
L’avvocato ci consigliò di non reagire mai, per qualsiasi motivo alle provocazioni, ci invitò a fare denuncia presso il comando provinciale, regionale e nazionale dei carabinieri, ma noi non ce la sentimmo di farlo, continuammo invece nella strada che avevamo già percorso indicando i fatti negli esposti.
Ma quando cambiammo regione, anche in lombardia i carabinieri non ci trattarono bene e lo stesso successe in Umbria, nelle Marche e nei luoghi ove abitammo dal 2009 al 2018!
Evidentemente vi fu un filo nero che collegò tutte queste stazioni di carabinieri: da una parte non fecero nulla per tirarci fuori dalla situazione nemmeno quando vivemmo 4 anni all’addiaccio isolati da tutto e tutti e si limitavano a guardarci andare in giro, e dall’altra parte non fecero nessuna indagine sui documenti che depositammo da loro!
Infine…
Probabilmente ove andavamo prendevano informazioni su di noi da Este o da altri CC e chissà quale informazioni. Purtroppo nessuno si occupò mai di sistemare le cose.
Sono passati molti anni da quando iniziarono questi fatti nel 2004. Nel 2005, visto che nessuno ci aiutava e che i nostri esposti risultavano addirittura smarriti e/o sottratti nella Procura della Repubblica, cominciammo a scrivere delle pagine in Internet di autodifesa e cominciammo a scrivere a dei giornalisti e alla tv. I giornalisti non si interessarono mai veramente al nostro caso, e così ci sentivamo in obbligo nei confronti degli Italiani di testimoniare noi direttamente cosa ci stava succedendo. Nel 2005 abbiamo cominciato a scrivere la nostra vicenda sul sito http://digilander.libero.it/autodifesa e in quel sito negli anni abbiamo esposto ed aggiornato i testi e pure le prove di quanto andavamo narrando.
Stavamo parlando di cose serie che dovevano interessare tutti gli italiani, come lo smarrimento e/o sottrazione ripetuto dei nostri esposti dentro la Procura della Repubblica di Roma e le mancate indagini a Perugia e la nostra tesi della lesione del nostro diritto alla difesa. Avevamo fatto denuncia a Roma, poi a Napoli dove era stata trasferita a Perugia e poi denunciata la Procura di Perugia per lesione del diritto della difesa presso la Procura di Firenze. Anche qui il magistrato, tal Rosario Minna non ci parlò mai…
Poi negli anni a seguire fu archiviato tutto ma noi fummo vittime di una persecuzione negli anni successivi da parte anche delle forze dell’ordine e finimmo in povertà isolati da tutti e tutto pure dalla Caritas. Questo fenomeno lo chiamammo Mobbing Sociale e lo descrivemmo in un documento del 2012 che lo trovate in A17Box (vedere sotto).
Ciononostante i nostri sforzi finimmo per più di 4 anni a vivere in strada nascondendoci di notte in rifugi di fortuna e di giorno lavandoci presso i bagni dell’ospedale e di centri commerciali. Ma io avevo sempre con me il notebook dentro lo zaino e per molti anni dalla biblioteca mi collegai a chiedere aiuto sui Social, e a scrivere ennesimi documenti per le autorità e per chiunque ne volesse capire qualcosa (adesso si trovano elencati in #A17Box)
I Carabinieri non fecero mai nulla pur sapendo della situazione, e non sto parlando solamente di quelli di Este, ma anche quelli di Marone (BS), di Città di Castello e cosi via…
A Brescia avevamo dato il materiale al vicequestore Acquaviva, ma probabilmente non se ne fece nulla. A Terni vi era qualcuno della Polizia di Stato che ci dava una mano e qualcuno che ci remava contro, e a Pescara sembrava interessata a risolvere il caso.
Ma in Romagna invece la Polizia addirittura nel 2010 si era adoperata per un foglio di via illegale per sfrattarci da un piccolo sgabuzzino dove avevamo trovato rifugio. E fu proprio l’azione della polizia del 2010 che ci buttò in strada in maniera molto violenta che determinò poi i vari anni di vita all’addiaccio. Denunciammo pure questi agenti senza che nessuno ovviamente se ne occupasse visto che poi aumentarono di grado…
Nessuno accertò mai le responsabilità delle autorità. Seppur nelle forze dell’ordine qualcuno a Terni ci aveva dato una mano, non posso dimenticare quello successo a Este nel 2005 e in Romagna nel 2010, tanto che la paura di carabinieri e polizia non mi è più andata più via. Io ho ben vividi i ricordi di quel giorno di agosto in cui capii che ero rimasto da solo e non potevo più chiedere aiuto a nessuno.
Non siamo e non ci sentiamo sicuri nemmeno adesso perché quello che abbiamo subito non è mai stato risolto.
La storia completa è sul dossier “Sopravvissuti” mentre tutto il materiale inerente lo trovate elencato qui: http://supper.altervista.org/a17box.html
Vi è moltissimo materiale perché è dal 2005 che scrivo cercando giustizia.
C) qualche altra parola…
Quando io e Giovanna nell’aprile del 2005 andammo dai carabinieri a Este in provincia di Padova, parlammo con il maresciallo vicecomandante. Quando gli raccontammo che i nostri esposti inviati alla Procura di Roma erano spariti e non risultavano nemmeno registrati nel database, ci trattò da matti. All’epoca non avevamo ancora il documento del magistrato che confermava che tali esposti erano stati smarriti e/o sottratti. Ma nello stesso paese qualcuno ci tratto da gente che voleva fare politica o “colpo di stato” semplicemente quando avevamo parlato della ricerca storica delle Beate Estensi nate a Baone. Mettendo tutto assieme il maresciallo di Este ci trattava come dei mitomani matti e chissà che altro. Quando vivevamo sulle rive del lago di Iseo, a partire da ottobre 2005 avemmo a che fare con i carabinieri locali di Marone. In giro erano girate varie voci, tra le quali spiccava che scrivevamo in internet tramite uno pseudonimo e ci trattavano come se fossimo dei terroristi. Sembrava che le idee di Este si erano instillate anche su questi carabinieri. Ci trattavano sia come matti sia come truffatori. Atteggiamenti del genere si ripeterono in Umbria a Città di Castello e a Terni. Ma anche negli altri posti, segno che vi era qualche cosa che non andava sulle informazioni che i carabinieri e polizia visionavano nel loro database. Il sospetto è che qualcuno abbia messo dei dati astrusi e che altri gli siano andati dietro senza verificare. Questo perché lo verificammo anche con il magistrato di Napoli Filippo Beatrice il 29/09/2006: ossia parlando con lui capimmo che aveva già informazioni su di noi, informazioni totalmente sgangherate, ed aveva usato il termine “ricerchina” riferendosi alla questione storica, ovvero aveva usato lo stesso termine del vicecomandante di Este. E questo lo notammo pure con il commissario Carelli di Terni e vari altri… Per noi non ci furono più possibilità perché in ogni zona dove andavamo riemergeva lo zampino di quanto successo a Este, senza che nessuno si preoccupasse di sistemare le cose anche nei confronti del vicecomandante di Este. A forza di dai e dai io cominciai a studiare più a fondo la realtà veneta e nacquero così nel 2007 i video-documentari della serie “The Unico”, che documentano intrighi internazionali che hanno radici in Veneto. E nel 2010 io e Giovanna scrivemmo il dossier “The BlackCat, Veneto Background” dove trattammo queste cose. BlackCat lo spedimmo pure ai carabinieri Umbri e alla Questura per far capire nel complesso la nostra situazione al fine di ottenere una soluzione. Ora io credo che invece dare una spiegazione della situazione, anche quel documento che cercava di spiegare molte cose, sia stato interpretato nella maniera sbagliata: ovvero come un documento di mentecatti o peggio ancora di terroristi. Ora vi sono alcuni fatti che fanno propendere per quest’ultima cosa: quando GIOVANNA ANDO IN UMBRIA NEL 2017 PER TENTARE DI RISOLVERE LA QUESTIONE, I CARABINIERI INSEGUIRONO MATTEO IN AUTO A CENTINAIA DI KM DI DISTANZA. E QUANDO IN UMBRIA NEL PAESE DOVE ERA ANDATA GIOVANNA BUTTARONO UNA MOLOTOV DENTRO UNA CHIESA… CI FERMARONO SEMPRE A CENTINAIA DI KM DI DISTANZA. Qui vi è qualcosa di grave che non va, e se qualcuno che porta la divisa si è convinto che gli asini volano o cose del genere, sarebbe bene che i loro colleghi valutino molto bene prima di procedere e andare ad ascoltare ste cose senza verificare.