Terapia anti-PD-1 nel trattamento di prima linea del tumore del polmone non-a-piccole cellule

L’evoluzione del ruolo della immunoterapia nei pazienti con carcinoma polmonare non-a-piccole cellule ( NSCLC ), così come per molti altri tipi di tumore, è stata rapida e ha creato grandi aspettative.

Nivolumab ( Opdivo ), un inibitore del checkpoint PD-1, è stato approvato dalla FDA ( Food and Drug Administration ) come terapia di seconda linea sulla base di un vantaggio di sopravvivenza significativo rispetto a Docetaxel ( Taxotere ) nei pazienti non-selezionati per l’espressione di PD-L1, prima nel tumore NSCLC squamoso, avanzato, e in seguito nel tumore non-squamoso.

Pembrolizumab ( Keytruda ), che presenta lo stesso meccanismo d’azione di Nivolumab, è stato approvato dall’FDA alla fine del 2015, e trova indicazione nei pazienti con tumore NSCLC avanzato squamoso o non-squamoso, già trattati.
Pembrolizumab è stato approvato nei pazienti con significativa espressione di PD-L1, a differenza di Nivolumab approvato senza tener conto dell’espressione di PD-L1.
Pembrolizumab è specificamente indicato per i pazienti positivi al test PD-L1 IHC 22C3 pharmDx, che definisce la positività utilizzando un livello di espressione del 50% come cut-off. Questo alto livello è presente in meno del 30% dei pazienti, rendendo restrittivo l’uso del farmaco, con una maggiore probabilità per questi pazienti di trarre beneficio dal trattamento immunoterapico.

Le indicazioni terapeutiche di Nivolumab e Pembrolizumab sono il risultato di decisioni strategiche da parte delle Società che li hanno sviluppati.
Negli Stati Uniti questo ha favorito l’uso, come seconda linea, di Nivolumab che non richiede l’effettuazione del test per PD-L1, a differenza di Pembrolizumab.

Diversi studi stanno ora cercando di meglio definire il ruolo degli inibitori del checkpoint immunitario. Uno dei temi più controversi è rappresentato dalla selezione dei pazienti ( stato istologico, stato di espressione di PD-L1 ). Inoltre, rimane da definire la durata del trattamento immunoterapico.

Recentemente due studi clinici di prima linea hanno fornito risultati discordanti. Gli inibitori del checkpoint immunitario PD-1/PD-L1 presentano differenze di attività, oppure i risultati sono frutto dei disegni degli studi clinici e della selezione dei pazienti più o meno restrittiva ?

Lo studio KEYNOTE-024 ha assegnato in modo casuale 305 pazienti con tumore NSCLC in fase avanzata ed espressione di PD-L1 maggiore di 50%, naive al trattamento, alla terapia a base di Platino oppure a Pembrolizumab ( dose fissa di 200 mg per via endovenosa ogni 3 settimane ).
I pazienti assegnati a Pembrolizumab come prima linea hanno dimostrato una sopravvivenza libera da progressione significativamente più lunga, ma anche un significativo miglioramento della sopravvivenza globale.
Da questi dati ancora preliminari è emerso che Pembrolizumab non solo è altamente efficace per questo sottogruppo di pazienti, ma produce anche maggiori benefici quando somministrato il più precocemente possibile.
Tuttavia, solo una minoranza di pazienti può trarre marcato beneficio dal trattamento con un inibitore del checkpoint immunitario.

Lo studio CheckMate-026 ha fornito invece risultati negativi. 541 pazienti con tumore NSCLC avanzato con espressione di PD-L1 del 5% sono stati assegnati in modo casuale a trattamento a base di Platino oppure a Nivolumab 2 mg/kg per via endovenosa ogni 2 settimane.
Lo studio non ha mostrato un significativo miglioramento della sopravvivenza libera da progressione. Non sono state fornite informazioni sulla sopravvivenza globale. ( Xagena )