Crucifixus – Breve confronto fra tre capolavori della letteratura musicale sacra

Crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato: Passus, et sepultus est. (Symbolum
Nicænum Costantinopolitanum)

immagine Croce

Una breve riflessione su alcuni “Crucifixus” presenti nella letteratura musicale.

Si trovano pagine mirabili, di grandi autori e di meno conosciuti, inseriti in composizioni di ampio respiro (Credo, Missae) o come brani staccati. Tuttavia, in molte di queste composizioni, un aspetto che trovo particolarmente evocativo, e di alto valore espressivo, è il ricorrere di alcune particolarità, volute o meno, legate all’aspetto compositivo di questi brani.

Vorrei, in senso generale, riferirmi almeno ai seguenti “Crucifixus”: Bach (dal Credo della Messa in SI min, BWV232), Antonio Lotti (a 8 voci) e Antonio Caldara (a 16 voci)

E’ piuttosto comune l’uso di un andamento lento, caratteristica quasi scontata, visto il contenuto testuale: Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato: morì e fu sepolto.

La vocalità di tutti i Crucifixus (almeno iniziale e finale) è contenuta in un registro medio-grave.

Tutte e tre le composizioni fanno largo uso della Pathopoeia: Bach prevalentemente con direzione discendente (spettacolari i cromatismi discendenti sulla parola “sepultus” che conducono alla “pace del sepolcro” conclusiva in tonalità di SOL Maggiore rispetto al MI min iniziale); Lotti invece con direzione ascendente (inizio a terrazze, partendo dal Basso II e salendo fino al sopr.I, in ben 8 battute); Caldara la utilizza verso la conclusione, anch’egli in corrispondenza della parola “sepultus”, con valori molto larghi quasi a significare la lentezza e il perdurare della situazione dolorosa.

A differenza di Bach, Lotti e Caldara non concludono modulando al relativo Maggiore ma utilizzano la Terza Piccarda (la Pace del Sepolcro).

Altre situazioni melodiche comuni ai tre autori sono i motivi di cinque note discendenti per grado congiunto, solo che in questo caso vengono utilizzati in corrispondenza di parole differenti. Per Lotti sulla parola “Passus”, con direzione ascendente e per grado congiunto. Per Caldara invece sulle parole “Sepultus est” (catabasi) mentre altre voci procedono sempre in direzione discendente ma per cromatismi. Bach pure utilizza la sequenza di cinque suoni discendenti, ma come 2° motivo-parola su “Crucifixus”.

L’andamento preferito da tutti e tre i compositori è certamente quello per gradi congiunti, ma i due italiani non si lasciano sfuggire qualche slancio poco più passionale ed inseriscono, come ipotiposi, dei disegni melodici con chiaro rimando alla croce: sulla parola “Crucifixus”, Lotti inizia con salto di 3° o 4° discendente, poi 5° o 6° ascendente e ripresa discendente di tono o semitono. Caldara invece inizia con 6° ascendente, 7° discendente e semitono ascendente. Bach, in questo caso, propone un andamento melodico più regolare, ed elegantissimo; eppure l’immagine della croce ci traspare egualmente attraverso le imitazioni a voci alterne e agli incroci fra le stesse (le prime 8 battute parola Crucifixus, catabasi), dalla 9° alla 13° ripetizione delle cellule melodiche su “Crucifixus” ma alternando le entrate.

Un altro motivo di interesse è l’idea melodica che tutti e tre i compositori riservano a tutto ciò che ha un rimando terreno: a noi, popolo di Dio (etiam pro nobis) o l’ignavia umana (sub Ponzio Pilato).

In corrispondenza di entrambe le situazioni, Bach utilizza un andamento melodico con fioriture, a significare certamente vitalità, umana condizione, come pure eterna ricerca, insicurezza assoluta di sè stessi e del proprio ruolo, ecc. Lotti invece sull’ Etiam pro nobis inizia a procedere con suoni brevi e ribattuti, con andamento sillabico. Caldara infine utilizza un’espediente timbrico, affidando alle voci femminili la parte iniziale che canta “Crucifixus etiam pro nobis”, in modo drammatico e dolente e riserva l’entrata successiva delle voci maschili in corrispondenza delle parole “sub Ponzio Pilato”.

Concludo questa breve analisi a confronto, proponendo una versione tutta personale del Crucifixus, senza poter neanche lontanamente aspirare ad un confronto con le opere sublimi di cui appena parlato. Il mio spunto compositivo utilizza solo retoricamente i salti tra le note dell’accordo di Do minore per disegnare idealmente una Croce cercando contestualmente di attirare l’attenzione sull’espressività dei due timbri vocali e le loro interazioni: una voce di soprano che, sospirando, disegna una melodia dolente mentre la voce di basso procede con suoni staccati. E’ il cammino dolente sotto il peso sfiancante della Croce. La “pace” della sepoltura arriverà, presto; il rintocco funebre del timpano (qui sovrapposto al pedale  dell’Organo) la presagisce.

Si tratta di un brano staccato (VII – Crucifixus) dal mio Credo op.34.

Soprano: Vincenza Giacoia, Basso: Enrico Bianchi, Organista: Riccardo Quadri

Pasqua 2018

Segnalo, per chi non lo conoscesse, il mio ORATORIO DELLA CROCE, su libretto di Tamara Pertusini, con le bellissime voci di Vincenza Giacoia e Fabrizio Sangalli (solisti), Stefano Stefanoni (Voce narrante), il Coro da Camera e l’Orchestra del Conservatorio di Como, Domenico Innominato direttore. Edito per i tipi della SONITUS (VA).

Organico orchestrale:

Flauto (anche Ottavino), Oboe (anche Corno Inglese), Tromba in SIb, 2 Corni in FA, Archi (org.minimo: 4 vl1°, 3 vl2°, 2 vla, 2 vcl) Incudine.

Breve trama: Un gruppo di pellegrini romei parte da Parigi alla volta di Roma all’alba del 1400; sulla via del ritorno nei pressi di Firenze viene bloccato e, in parte, decimato dalla peste. Come ringraziamento per le cure ricevute all’entrata in Firenze regalano ai padri celestini un crocifisso ligneo che portavano con sè dalla Francia (oltre ad un altro Crocifisso e ad uno stendardo della Vergine). Passando per Como, lasciano l’altro Crocifisso ai celestini locali in segno di continua gratitudine per quanto ricevuto in quel di Firenze. Settimana Santa del 1529: Durante la processione con il sacro simbolo, due enormi catene bloccano il passaggio sul fiume Cosia, Bernardino dei Binazzi, piega la croce per passare ma in quel momento miracolosamente cedono gli anelli che sorreggevano le catene al muro: la processione è quindi libera di passare. Il racconto si chiude con uno spunto morale.

Il libretto, dall’alto valore letterario, è supportato da una ricerca storica, effettuata in maniera minuziosa presso il Centro Studi N.Rusca e presso altre biblioteche. Alterna italiano, italiano volgare con qualche arcaismo, francese e latino.

La parte musicale è di nuova scrittura e completamente originale; il lavoro si suddivide in 16 scene o sezioni collegate l’una all’altra. Il linguaggio alterna arcaismi e forme popolari (responsorio e lauda) ad un linguaggio più elevato (la voce della Chiesa, stile neo-modale) e forme solenni. C’è un continuo collegamento simbolico alla Croce e l’uso della simbologia numerica per sottolineare, in modo ancor più profondo, i contenuti e i riferimenti alla sfera dell’umano o del divino presenti nell’opera. Si tratta del primo lavoro sinfonico avente per oggetto il taumaturgico Crocifisso.