BRICIOLE DI MEMORIA PER L’ALBERO BLU

Come ogni mattina, intorno alle otto meno un quarto, mia madre risaliva la via Vittorio Veneto, tenendomi per mano.Dopo circa una decina di giorni ventosi, ma pieni di sole, che sbrigativamente, senza l’ausilio di servizi meteo, venivano classificati come ” estate dei Santi “, il cielo si era coperto di nubi cariche di pioggia o di neve, il termometro indicava un abbassamento della temperatura compatibile con il mese di novembre inoltrato. Frequentavo senza eccessivo entusiasmo, ma con disciplina, la classe prima elementare, mentre mia madre era un’insegnante della stessa scuola di Busalla, una maestra.

Non io, che avevo altri pensieri, ma mia madre che soffriva di una sorta di preoccupazione per avere il figlio alunno nella sua stessa scuola, temendo, da un lato, che si potessero supporre attenzioni particolari per lui da parte dei colleghi maestri, dall’altro, che il figlio non si facesse scolasticamente onore o peggio si comportasse con ostentata sufficienza. Preoccupazioni eccessive quelle di mia madre perché i miei insegnanti non hanno mai dimostrato di voler facilitare il mio corso di studi elementari, non hanno mai mancato di evidenziare i miei difetti, hanno semmai criticato benevolmente la mia eccessiva vivacità. A pensarci bene, però, le riserve dei miei genitori circa un potenziale conflitto di interessi nella scuola elementare di Busalla non erano del tutto infondate e dimostrava come loro, persone oneste, di altri tempi, delle quali si è persa la semenza, riuscivano a vedere un moscerino nell’occhio mentre al giorno d’oggi si tende a trascurare conflitti di ogni genere non vedendo neppure travi, per dirla con Omero, come quello che Ulisse infilzò nell’unico occhio del Ciclope Polifemo.

Procedendo di buona lena c’era comunque il tempo di salutare un simpatico calzolaio che, per il fatto di essere vissuto in Argentina, di nome faceva Quan o Quanito. Il suo laboratorio era vicino al muro di sostegno del torrente Busalletta, si scendevano due scalini dal marciapiedi di sinistra. Era un uomo molto simpatico e sarei stato volentieri  a parlare con lui per capire della sua esperienza in Sud America e delle prospettive dei calzolai in quel paese e nel nostro dove un paio di scarpe nuove si comprava proprio quando quelle in uso erano state più volte risuolate e non ne poteva più L’ordine per me era però quello di salutare tutte le persone conosciute, specialmente quelle anziane, ma di non perdere di vista l’orologio, quello di mia madre, naturalmente. La puntualità era un precetto, l’osservanza dell’orario un dogma che, a riflettere sui casi recenti di timbrature fasulle, di qui e di là,  sembra davvero di stare in un  mondo diverso nel quale le scuole elementari sono necessariamente e opportunamente precedute da asili nido e scuole materne che preparano gli alunni a percorsi socialmente formativi.

Arrivati più o meno dove l’assenza di case su quel lato della via consentiva la vista della piazza del Palazzo del Podestà appariva in tutta la sua grandezza l’acquarello che rappresentava il capo di Benito Mussolini in versione militaresca, con elmetto, occupando tutta la parete , altrimenti pressoché nuda, della casa che al piano terra ospitava già un bar. Ancora oggi ricordo che quel volto di profilo, duro ed austero, mi inquietava; avevo l’impressione che osservasse le persone e in particolare che controllasse anche noi due, mia madre ed io. Mia madre respingeva questa teoria, generalmente argomentando che noi due non contavamo nulla e che il Capo del Governo, quel Signore con l’elmetto, aveva ben altri pensieri che quelli di seguire le maestre elementari e  i balilla indaffarati per arrivare a scuola in perfetto orario. Le valutazioni di mia madre, adesso capisco, improntate ad un serio realismo, venivano da me, come al solito, accettate.

Venni a sapere che su  quel fiero profilo del Duce si facevano altre sottili considerazioni con riguardo all’orientamento del viso riconoscendosi un qualche valore alla circostanza che invece di guardare al Palazzo dove avevano sede le scuole elementari, il futuro del paese, nonché L’Autorità, lo sguardo fosse stato indirizzato dall’altra parte. Tanto da ricavarne il presagio di una guerra mondiale nella quale l’Italia era appena entrata che si sarebbe conclusa con una drammatica sconfitta e tanti lutti.

Naturalmente gli alunni della classe prima maschile di Busalla, anno 1940, non potevano rendersi conto dei rischi che l’Italia correva legandosi al carro tedesco ed era, come si suole dire, una fortuna per gli alunni affrontare le piccole difficoltà di una scuola vecchia maniera con la spensieratezza e l’allegria dei loro anni.

CB

BRICIOLE DI MEMORIA PER L’ALBERO BLUultima modifica: 2017-11-18T11:04:06+01:00da balbicarmelo