Musica buia

Nel divaricare

e nel pulsare

si sgrana il rosario

del mistero di esistere.

Chi danza

non sempre sa

se sta volteggiando

nella Luce o nell’Ombra

e dopotutto

ciò che conta davvero

è danzare.

E quando è tempo, cadere.

lupasky

 

goccia

Goccia.

Una sola.

Ghiaccio ardente,

acuminato,

gelida punta brunita

che scende veloce

come per donarmi repentina fine

si pianta tra gli occhi

e il dolore feroce

sembra liberazione dopotutto.

Ma nulla può sfuggire

alla propria consistenza:

è ghiaccio,

si scioglie,

scivola dentro,

mi rende più forte,

la pelle lacerata rimargina

la vista schiarisce

sorrido alle tue labbra cangianti

misuro l’abisso e salto

cadere o volare è la stessa cosa.

pioggia biblica

E infine giunse la benedizione della pioggia.

A lungo si era fatta straniera ai nostri volti.

Avevamo case di sabbia e oggetti

uguali gli uni agli altri,

di zucchero sporco,

privo di fattezze e odori.

Abitavamo con pupazzi di polvere.

Noi stessi cercavamo l’immobilità

per scongiurare il turbinio di una semola infingarda

che sospettavamo capace di asciugarci il sangue.

Risparmiavamo parole e lacrime

inconsapevoli dell’origine di tanta aridità,

ci sentivamo ottusi,

dormivamo più di quanto davvero occorresse.

La pioggia venne ancor prima dell’alba

in un giorno che aveva lo sguardo del giaguaro.

Ci svegliarono gli odori, potenti e affascinanti

entrarono di soppiatto montando a pelo i nostri cuori,

portandoli alle finestre,

a correre.

Vedemmo le asperità sorgere dal fango.

I profili di pietra tornare a frangere il cielo.

Noi le chiamammo verità.

Ci prese una tale frenesia di uscire

che un impeto di musica ci stregò le membra,

gli abiti si fecero lividi e li lasciammo cadere,

con loro ci abbandonarono

ipocrisia,

indolenza,

ignavia,

egoismo,

superbia.

Aprimmo le fauci e sputammo veleno

e schizzi d’orgoglio

e rabbia.

Smascherammo l’acre putredine

che si nascondeva sotto le nostre dotte parole.

Infine, mondati,

ci prese la nostalgia di un canto

e unimmo le mani per sentirlo più vero.

Noi chiamammo quella pioggia provvidenza

e i segni dei nostri passi

avvenire.fiatolupo

il mio nome

Il mio nome

Ecco la notte.

La notte nuota intorno a me

come la sirena buia di un mare nero, cieco, testardo

cantando a bocca chiusa una canzone

che affila le mie debolezze.

Anche la luna

si è sfilata il velo di nuvole

che la rendeva malinconica

e ora ha uno sguardo di arpione

che mi trascina.

Conto le ore che mi scioglieranno dalle corde

dalle catene

dai demoni…..

sarà di nuovo l’alba

giacerò sulla sabbia fredda

vittorioso e vinto

le labbra spaccate dal sale

la pelle piagata dal desiderio

incapace di reagire perfino alla risacca.

Mi troveranno i bambini:

solo loro sanno trovare la strada del gioco e della disperazione.

Solo loro sanno trovare le lacrime giuste

per scrivere musica

solo loro sanno mischiare vita e morte senza confonderle.

Mi porteranno all’ombra

mi daranno da bere

mi stordiranno di parole

si ubriacheranno di risposte

mi copriranno quando verrà la notte

consapevoli che riprenderò il mare

che non avrò pace

che tornerò da te

in cerca delle mie corde, delle mie catene, dei miei demoni….

troverò il modo

sarò puro

quando entrerò nel tuo inverno.

 

Black Wolfe

occhi lupo

Nascita

Dolore.

Nell’acqua e nel fuoco hanno bollito un bambino vivo.

Negli abiti stretti a prigione, nella pelle che si faceva di carta, nel sangue che correva pazzo, fuori dalla carne a rivoli rosa, rossi, viola…. il mio cuore impazziva, macerato dalla paura.

La mia gola riarsa di dolore lanciava la nota più alta.

Misurava l’abisso della solitudine.

Acqua e fuoco insieme forgiavano la mia anima di spada.

Se si spezza ….. meglio!” dicevano. “Una lama deve essere essere salda e non tradire… meglio si infranga subito se non può reggere lo strazio del duello, meglio che mostri il suo limite subito, piuttosto che nella prova dove si gioca un’intera esistenza a testa e croce.”

Io ero piccolo e mia madre più piccola di me nella paura di non salvarmi.

Un lenzuolo a tenermi insiemepioggia-9 mentre il sangue tracimava nelle crepe della mia anima battuta.

Il vento mi portava.

E la certezza di essere stato scelto e salvato nella folla dei tanti che scompaiono piccoli, prima ancora di apparire. Poi finiva la voce, finiva il rumore, restava il dolore puro.

Quello era mio, solo mio, solo per me.

Perché non svenivo, perché un dio qualunque non veniva almeno a portarmi una lacrima di ghiaccio?

Il dolore mi parlava e io, muto, imparavo.