Curiosità sulla Netiquette

Netiquette è una parola che mi ronza nella testa da un po’ di giorni, il ricordo di un corso di informatica che ho avuto modo di seguire qualche anno fa. E così sono andato a ripassarne il significato. Si tratta di una parola composta da un termine inglese (network ovvero rete) e da un termine francese (étiquette ovvero buona educazione).

Dunque, la Netiquette è il cosiddetto Galateo della Rete, il complesso delle regole di comportamento volte a favorire il reciproco rispetto tra gli utenti di Internet. Sono ovviamente regole di buon senso finalizzate ad evitare atteggiamenti invasivi, irrispettosi e provocatori da parte dei “naviganti“.

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L’elenco delle regole è abbastanza lungo, comprendendo divieti ormai ben noti, tra cui inviare spam, violare la privacy degli utenti pubblicando messaggi privati, diffondere notizie false e tendenziose Alcune regole, in particolare, hanno attirato la mia curiosità:

1)Non scrivere i propri messaggi, via e-mail, sui social o nei forum, in maiuscolo o grassetto. Infatti, spesso si è portati a scrivere in maiuscolo per dare evidenza ad alcuni passaggi del proprio discorso. Tuttavia, tale modalità di scrittura viene intesa dagli altri utenti come un urlo, un tentativo di prevaricazione da parte dell’interlocutore. Dunque, su internet la forma ha molta importanza ai fini di una corretta comunicazione del proprio pensiero.

2) Non inviare e-mail prive di oggetto. In effetti, ammetto di provare un po’ di fastidio nel ricevere e-mail senza oggetto e spesso sono tentato di rispondere inserendone uno da me scelto. D’altronde, la posta di Outlook, in caso di invio di messaggi senza oggetto, chiede prima una conferma. Si tratta di una regola volta a garantire il rispetto nei confronti di chi riceve molte e-mail e proprio grazie all’oggetto riesce a valutare le priorità di lettura.

3) Non inviare e-mail ad un gran numero di persone inserendo nel campo to (in italiano A) gli indirizzi di posta. Tale regola è finalizzata a garantire il rispetto della privacy dei titolari di tali indirizzi privati, oltre che a evitare il diffondere di virus che si trasmettono via posta e che potrebbero essere legati al computer di uno dei destinatari, per cui tutti gli indirizzi inseriti nel messaggio potrebbero essere catturati dal virus.

4) Scrivere in maniera accurata i propri messaggi leggendoli almeno tre volte. Infatti, in giro per i social si leggono continuamente messaggi scritti in maniera pedestre, sgrammaticati e a volte privi di senso. Nello stesso tempo, il Galateo informatico consiglia di non accanirsi contro gli errori altrui, umiliando pubblicamente eventuali strafalcioni degli utenti. D’altronde, questi prima o poi potrebbero vendicarsi!!!

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L’idea di un Galateo informatico si fece strada già nel corso degli anni novanta quando navigare su Internet era molto più arduo e gli utenti meno esperti avevano bisogno dei consigli di coloro che erano più abili. Questi ultimi, a loro volta, si aspettavano in cambio un comportamento educato e rispettoso. La netiquette venne dunque fissata in una forma definitiva dall’ottobre 1995 con il documento RFC 1855 che contiene tutte le regole ufficialmente e universalmente riconosciute per un buon uso della rete.

Ovviamente, non si tratta di norme di legge, ma, come detto prima, di regole di buon senso. Chi non le rispetta non sarà certamente soggetto ad alcuna sanzione, ma avrà comunque la disapprovazione degli altri utenti (che difficilmente fanno sconti a qualcuno). D’altronde, si tratta di qualcosa di molto simile a quelle regole che sono alla base della civile e quotidiana convivenza (rispettare la fila, non parlare ad alta voce nei luoghi pubblici, non parcheggiare in doppia fila). Chi le segue, mostra di avere rispetto degli altri e si conquista, quindi, l’apprezzamento generale nella consapevolezza che “è sempre meglio non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te“.

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Anche il Vaticano dice basta

Alla fine è arrivata, la severa replica del Vaticano contro Radio Maria, rea di aver offensivamente affermato che i terremoti sono il castigo divino per le unioni civili.

Si potrebbe dire che tale replica è arrivata un po’ tardivamente, considerato che l’emittente religiosa, tramite i suoi rappresentanti, continua a sostenere tali stupidaggini da parecchio tempo. E non contento del rimprovero, il teologo fautore di tali aberrazioni ha invitato il Vaticano a rileggere il catechismo che, a suo avviso, sosterrebbe espressamente che Dio invia i terremoti a punire i peccati degli uomini. Praticamente, un uomo solo che si ribella al sistema.

In un suo recente articolo, il giornalista Michele Serra ha espresso chiaramente la sua posizione, sottolineando quanto siano stupidi coloro che credono di poter attribuire “un cataclisma naturale ai propri piccoli miserabili conticini con un Bene e un Male comunque relativi, così opinabili da mutare di Paese in Paese, di catechismo in catechismo e di faglia in faglia”. Di certo, la Natura, nella sua religiosa grandiosità, non può piegarsi ai singoli moralismi che di fronte a lei altro non sono che briciole e minutaglie.

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Una posizione forte, ma condivisibile. Se ci pensiamo bene, un Paese come il Giappone viene colpito sistematicamente da fortissimi terremoti e nel corso dei decenni ha dovuto attrezzarsi con costruzioni antisismiche tali garantire la sicurezza della popolazione. Dovremmo forse credere che i giapponesi siano tutti serial killer meritevoli di tale castigo? Sono in realtà normalissime persone, forse fin troppo cortesi e riservate, che vivono la propria cultura e i propri valori, certamente molto diversi dai nostri, e si adattano alle difficoltà che la Natura gli pone dinnanzi.

Ritornando in Italia, i sismologi hanno diviso il territorio in quattro zone a seconda della pericolosità, raggruppando nella zona 4 le Regioni in cui i movimenti tellurici sono più rari. Questa affermazione dovrebbe forse indurci a ritenere tali zone molto più pie e virtuose delle altre? La risposta mi sembra scontata.

L’intervento della Chiesa, in ogni caso, pur se tardivo e parziale, può considerarsi, a mio avviso, un piccolissimo passo nella faticosa lotta contro i fanatismi, che purtroppo albergano in tutte le religioni e ne costituiscono una pericolosa deriva. L’aver messo a tacere, anche solo per un attimo, la bigotta grettezza di certi soggetti è decisamente consolante.

Sicuramente, semmai Dio volesse intervenire, si preoccuperebbe di ben altro, a cominciare dalla Chiesa stessa, piuttosto che di due persone che si amano e vogliono unirsi civilmente. Ma forse questo ai teologi di Radio Maria sfugge.

Sisma Messina

Music box – Una città per cantare

“Grandi strade piene, vecchi alberghi trasformati

tu scrivi anche di notte, perché di notte non dormi mai,

buio anche tra i fari, tra ragazzi come te

tu canti smetti e canti, sai che non ti fermerai

caffè alla mattina, puoi fumarti il pomeriggio

si parlerà del tempo, se c’è pioggia non suonerai

quante interurbane per dire “come stai?”

raccontare dei successi e dei fischi non parlarne mai

e se ti fermi convinto che ti si può ricordare

hai davanti un altro viaggio e una città per cantare

alle ragazze non chieder niente perché niente ti posson dare

se il tuo nome non è sui giornali o si fa dimenticare

lungo la strada tante facce diventano una

che finisci per dimenticare o la confondi con la luna

ma quando ti fermi convinto che ti si può ricordare

hai davanti un altro viaggio e una città per cantare”

Ron e Lucio Dalla sono due colonne portanti del nostro panorama musicale e il loro sodalizio artistico è durato per tanto tempo, sin dai primi anni settanta con la celebre canzone “Piazza grande”. Poi, è arrivato il tour Banana Republic che nel 1979 vide Dalla e De Gregori girare per l’Italia con una serie di concerti che riempirono gli stadi come non accadeva da tempo. In tale occasione, Ron, non solo venne chiamato a curare gli arrangiamenti, ma ebbe anche la possibilità di esibirsi come solista.

Un anno dopo uscì l’album “Una città per cantare”, il primo vero grande successo di Ron, in cui per la prima volta adottò tale pseudonimo. L’album contiene l’omonima canzone protagonista di questo post, una cover di un brano scritto dal cantautore statunitense Danny O’ Keefe, e poi tradotto in italiano da Lucio Dalla. Lo stesso Dalla e Francesco De Gregori cantarono, quindi, nella terza strofa del brano inciso da Ron.

Ron

La canzone è il racconto della vita di un musicista durante una tournèe, fatta di fatica e continue prove. Oltre che, ovviamente, di lunghi viaggi di città in città, percorrendo grandi strade lungo le quali si ha modo di vedere talmente tante persone che le facce cominciano a confondersi diventando un unico volto. Sicuramente ci sono delusioni, ma anche successi e nelle telefonate ai propri familiari si cerca di parlare soprattutto degli aspetti positivi piuttosto che dei fischi. L’obiettivo è quello di farsi ricordare, considerato che le fan, oggi come ieri, “niente ti posson dare se il tuo nome non è sui giornali o si fa dimenticare”.

Una canzone malinconica, ma sempre attuale, sulla fatica necessaria non solo per raggiungere il successo, ma anche per mantenerlo costante nel tempo con un lavoro continuo che porta l’autore anche a scrivere di notte.

Nel 2016 Ron ha inciso nuovamente “Una città per cantare” insieme a tanti altri artisti tra cui Marco Mengoni, Francesco Renga, Jovanotti, Arisa, Niccolò Fabi, Biagio Antonacci, Francesco De Gregori, Loredana Bertè e tanti altri. Il brano è stato inserito in un nuovo disco a sostegno di AISLA, l’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica.

Aforismi – Generosità disinteressata

Il male è che la generosità può anche essere un buon affare” (Ugo Ojietti)

Ugo Ojietti, scrittore e giornalista italiano, ha certamente messo il dito nella piaga con questo suo breve ma fulminante inciso.

La generosità non è sempre un atto disinteressato, spinto esclusivamente dall’amore verso il prossimo. Mi vengono in mente ricchi imprenditori che fanno generose donazioni per aumentare i propri introiti grazie alla pubblicità ottenuta o le signore dell’alta società che organizzano serate di beneficienza per ampliare la propria visibilità e il prestigio negli ambienti che contano. Ma anche gente comune che ogni volta che compie una buona azione corre ad annunciarlo ai quattro venti per sentirsi maggiormente apprezzata e considerata.

Questi esempi mi inducono, purtroppo, a valutare con pessimismo il pur lodevole, almeno in apparenza, comportamento altrui.

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In questi giorni in cui tanti volontari si stanno dando da fare per aiutare le popolazioni colpite dal sisma, colpiscono soprattutto i gesti eclatanti (ad esempio, i due sposi che hanno rinunciato al viaggio di nozze per servire i pasti in mensa) che strappano di istinto un sentimento benevolo di approvazione. Poi, però, dopo una riflessione un po’ più ponderata, comincia ad insinuarsi il dubbio che, simile ad un serpente strisciante, suggerisce che forse quei gesti, così generosi, sorprendenti e tanto osannati dai notiziari e dal popolo dei social, potrebbero essere dettati da una voglia di notorietà. In fondo, quanti volontari operano nel pieno anonimato, faticando tanto senza apparire sui media?

Ma il pensiero è notoriamente multiforme e così il lato razionale, pratico e tutto sommato benevolo comincia a farsi spazio e a mettere da parte i dubbi striscianti.

Ci importa davvero di conoscere i motivi che spingono le persone a compiere gesti di solidarietà e generosità? Tutto sommato se il fine viene raggiunto e i destinatari di quegli atti benevoli risultano avvantaggiati, possiamo comunque ritenerci felici e soddisfatti.

Un comportamento generoso, che sia un atto disinteressato o un buon affare, può comunque essere una scintilla che innesca un benefico incendio, se davvero le buone azioni sono contagiose.

Generosità

Il Paese delle bufale e del cattivo gusto

Le bufale sono meravigliosi animali dal cui latte si ricava l’eccellenza dei prodotti nostrani caseari. Ma sono anche insidiose e fasulle notizie che cominciano a diffondersi a macchia d’olio ogni volta in cui si verifica un evento drammatico, da ultimo il terremoto di domenica scorsa.

Fanatici, esaltati, complottisti, inventori di bufale iniziano a dare il peggio di sé, probabilmente solo allo scopo di favorire la diffusione di panico e rabbia tra le persone.

Si inizia subito con un “usato garantito”, la favola della “magnitudo ribassata” dal Governo per evitare di pagare i danni subiti dal sisma. Il tutto partirebbe da una norma di un decreto legge del Governo Monti, che parlava di una “esclusione, anche parziale, dell’intervento statale per i danni subiti da fabbricati”, esclusione che agirebbe sotto una determinata soglia del sisma intorno ai 6 gradi.

In realtà, la norma è stata cancellata nel corso della conversione del decreto e, in ogni caso, faceva riferimento alla gravità dei danni subiti (Scala Mercalli) e non alla magnitudo (Scala Richter). Ma la bufala continua a ripetersi negli anni, diffusa da chi cerca di sfruttare il comune malcontento, come la Senatrice Blundo del Movimento 5 stelle, secondo cui la magnitudo inizialmente annunciata del sisma di domenica scorsa, pari a 7.1 gradi sarebbe stata ribassata a 6,1 senza capire che si trattava di un semplice affinamento delle misurazioni da parte dei vari istituti geologici.

Bufale

Ma bufale e commenti di cattivo gusto arrivano anche dal “settore vegano”. Come non ricordare l’uscita fuori luogo di Daniela Martani (uno dei tanti disastri creati dal Grande Fratello) che aveva individuato quale causa del sisma del 24 agosto scorso il karma che avrebbe colpito le tradizioni culinarie di Amatrice? In poche parole, il sisma, secondo quella signora, sarebbe una specie di punizione nei confronti di chi mangia carne, senza rendersi conto di aver così offeso le centinaia di vittime e i loro familiari.

Ma la Martani è in buona compagnia, considerato che le proprietarie di un ristorante vegano di Brindisi, “Piovono zucchine”, hanno scelto di annunciare l’apertura del locale per Halloween con lo slogan “Dolcetto o terremoto?” con protagonista una zucchina intagliata con gli occhi sbarrati. Di fronte alle critiche, le proprietarie hanno accennato all’obiettivo di smuovere le coscienze. Ma come possa farlo una zucchina con gli occhi sbarrati francamente non mi è chiaro.

Quindi, il nostro percorso dedicato alle bufale passa attraverso i complotti politici e le complicate teorie ambientaliste secondo cui i forti terremoti sarebbero causati dalle trivellazioni petrolifere o dai cambiamenti climatici. Per poi passare all’ambiente religioso, in cui alcuni soggetti cercano le cause del sisma nei gravi peccati dell’umanità, nella decisione dell’Italia sulla votazione Unesco, nell’omaggio di Bergoglio al Luteranesimo.

Purtroppo, dobbiamo farcene una ragione: i terremoti sono causati esclusivamente da movimenti di faglie e la loro evoluzione non che può che essere analizzata dagli esperti. Il resto non è scienza, è misticismo, fanatismo, malafede nei confronti di una popolazione un po’ troppo credulona e molto delusa e arrabbiata.

Dolcetto

La terra trema di nuovo

Ieri la terra ha tremato per l’ennesima volta. Due forti scosse hanno colpito il Centro Italia, avvertite distintamente a Roma. Io ero in un palazzo pubblico romano in quei momenti, oltretutto sotto un grosso lampadario di cristallo che ha continuato ad oscillare dopo le scosse per almeno dieci minuti.

Mentre iniziavano a trapelare le prime notizie, si parlava di crolli in zone poco abitate, ma si spera che almeno questa volta non vi siano vittime. In tutti questi anni ce ne sono state già fin troppe.

Il terremoto suscita inevitabilmente in me ricordi di infanzia poco piacevoli. Una data difficile da dimenticare, il 5 maggio 1990, di mattina a Potenza. Ero a casa con mio fratello, la scuola era chiusa in quanto seggio elettorale, i nostri genitori erano a lavoro. I mobili della cucina cominciarono a muoversi, io non riuscivo a capire cosa stesse accadendo, mentre mio fratello urlava e mi trascinava verso la porta d’ingresso. Una volta che tutto sembrava finito, uscimmo in strada ad abbracciare i nostri genitori che stavano tornando. La gente era smarrita, erano passati dieci anni dal terrificante sisma dell’Irpinia, chi pensava più a quella terribile insidia che arriva dalle viscere della terra per colpa di una stupida faglia.

Quando la terra inizia a tremare, la sensazione è sempre la stessa: un vuoto allo stomaco, il battito accelerato, la voglia di scappare via e rifugiarsi, dove non si sa. E la paura di perdere tutto in un solo istante, soprattutto le persone care.

Poi, quando accade di notte il terrore è amplificato. Ricordo il sisma dell’Aquila nel 2009, pure avvertito a Roma, che pareva non finire mai. Mi sembra di sentire ancora adesso le sirene degli antifurti delle automobili che di colpo iniziarono a suonare.

Ora sono a casa e non riesco a dormire. A peggiorare la situazione una pioggia incessante. Mi auguro che nelle zone maggiormente colpite il tempo non sia così inclemente, anche perché immagino che la gente non abbia intenzione di tornare nelle proprie case. Almeno non questa notte.

Terremoto sismografo

Music box – Notturno

“C’è tempo domani, per tutte queste idee

Per chi parte o rimane seguendo le maree

Io adesso ho bisogno di bagnarmi il viso

Nell’umido autunno che scende all’improvviso

C’è tempo domani per la velocità

Di questa esistenza che sogni più non ha adesso

Vorrei solamente credere a un istante

In un treno notturno che scavalchi il blu

Di questa mia notte irraggiungibile

Che porti pensieri invisibile

Esattamente come, io non so più, però dovunque fossi tu

E può essere lieve la malinconia

È come la pioggia che cade in questa via, lo sai

Lo sai non ricordo quanti anni avrai

Avrai gli anni di allora e cambiare non potrai ancora”

Mia Martini, come non ricordare la sua voce, la sua sofferenza, la sua capacità di trasmettere emozioni?

Vittima della stupidità altrui, per anni venne ostracizzata dalla scena musicale italiana fino a costringerla ad un temporaneo ritiro nel 1983. Lei stessa raccontò che la sua vita era diventata impossibile e tutte le porte le si chiudevano in faccia perché la gente aveva paura di lei e si rifiutava di partecipare a manifestazioni che prevedessero la sua presenza.

Queste sciocche e assurde superstizioni si accompagnarono a profonde delusioni da parte di persone di cui si fidava. Fu, infatti, tradita anche dal suo “amico” Gianni Boncompagni che in qualche modo contribuì a diffondere queste dicerie.

Fortunatamente, nel 1989 riuscì a tornare al successo con la partecipazione al Festival di Sanremo in cui interpretò una delle canzoni più belle di sempre “Almeno tu nell’universo”.

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Nell’album che fu inciso subito dopo il Festival, “Martini Mia…” è contenuto il meraviglioso struggente brano che voglio presentare oggi, “Notturno”. Il testo parla di una donna che di notte ricorda un amore finito. Tutte le idee, i pensieri, la velocità di una vita frenetica senza sogni possono essere rinviati a domani, adesso vorrebbe soltanto che un treno arrivasse a scavalcare quella “notte irraggiungibile” portandola da chi è talmente lontano nel tempo e nello spazio da sembrare sempre giovane, come se avesse gli stessi anni di allora e non potesse mai cambiare, almeno nella  mente di lei.

La morte di Mimì nel 1995 è ancora avvolta dal mistero: c’è chi ha parlato di suicidio, anche se questa tesi è stata smentita dai familiari, e chi, invece, di abuso di farmaci e stupefacenti, legato anche alla malattia di cui soffriva in quel periodo. La sorella Loredana non ha escluso un coinvolgimento del padre, accusato di violenze verso moglie e figlie.

Una storia triste quella di Mia Martini che non può, comunque, mettere in ombra il suo talento e le interpretazioni che ci ha lasciato in eredità. Una storia che, purtroppo, rischia di ripetersi, considerato che questi ostracismi nel mondo della musica non sono rari e hanno colpito anche altri artisti. Basta pensare ad una brava e giovane interprete come Arisa che di recente si è sfogata sui social dichiarando “Non mi faranno fare la stessa fine di Mimì”. Qualcosa su cui riflettere.

Quando i fan diventano fanatici

Proprio ieri abbiamo parlato in Community dell’allegria e del bisogno di intrattenersi anche con film, libri, programmi divertenti e spensierati. Ammetto, quindi, senza problemi, che spesso guardo il programma condotto da Carlo Conti in cui i protagonisti si dilettano nell’imitazione di cantanti famosi. Si tratta di un format ben sperimentato nel corso degli anni, anche se in diverse versioni (mi vengono in mente alcuni show condotti da Mike Bongiorno e Gigi Sabani) e il mio interesse per questi programmi nasce soprattutto dalla mia grande passione per la musica.

Tra i protagonisti di quest’anno, vi sono alcune vecchie volpi dello spettacolo e dell’intrattenimento, come Manlio Dovì e Tullio Solenghi, oltre a bravi cantanti e attori, impegnati anche nel musical.

E, infine, il giullare, colui che viene scelto per destare simpatia pur se non molto capace, ovvero Enrico Papi.

Ieri, il simpatico Papi ha avuto l’onere di imitare nientemeno che Justin Bieber, il ragazzetto canterino idolo delle giovanissime, che sciorina in continuazione motivetti leggeri e orecchiabili e si muove sul palco mandando baci a chiunque e ammiccando di continuo, quasi avesse un tic incontrollabile. Da questa mia descrizione si dovrebbe già iniziare a capire che non ho una grande simpatia per questo cantante, ma, ovviamente, non è finita qui.

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L’imitazione di Papi, anche se un po’ scadente, è stata comunque simpatica, anche perché mettersi nei panni di un ragazzino non può che destare ilarità. Purtroppo, però, le fan di Justin, dotate evidentemente di scarso senso dell’umorismo, hanno iniziato ad insultare Enrico sui social definendolo vergognoso e indecente. Un attacco congiunto verso un’innocua e scanzonata imitazione.

Mi stupisco sempre di come le Belieber abbiano la memoria corta sul loro idolo. Mentre loro si dannano per difenderlo a spada tratta e combattere qualsiasi cosa possa turbare il suo bel sorrisino, lui spende in stravizi e trasgressioni i soldi che periodicamente loro gli elargiscono tra dischi e concerti. Certo, non è l’unico cantante trasgressivo e viziato sulla scena musicale, è in bella compagnia, ma in più lui non ha alcun rispetto dei fan. Butta via i loro regali definendoli schifosi, evita in qualsiasi modo il contatto, non vuole nemmeno che le ragazze urlino un po’ ai suoi concerti.

E di certo, senza fan, altro che party lussuosi e donne ai suoi piedi, come minimo andrebbe a pulire i gabinetti o a servire ai tavoli (lavori assolutamente dignitosi, intendiamoci) e non avrebbe alcuno spazio nella musica.

Quello che più mi intristisce è il rapporto morboso che si crea attorno a questi personaggi. Volti carini e motivi intriganti, uniti ad un’attenta gestione del look, permettono di conquistare orde di ragazzine urlanti, che, talmente coinvolte, giurano amore e dedizione ad ogni nuova star, purché abbia i requisiti di cui sopra. La nuova star si sente, quindi, in dovere di condurre un’esistenza sopra le righe perché così ha ancora più fascino (il retaggio del bello e dannato) e le fan continuano a cascarci. E ovviamente guai se qualcuno offende il loro idolo.

Comunque, dopo pochi anni, si ricomincia con un nuovo arrivato. Magari, quello che arriverà dopo sarà un pelino più simpatico, me lo auguro per le povere fan!

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Aforismi – L’allegria è una cosa seria

Per me, un dipinto deve essere una cosa amabile, allegra e bella, sì, bella. Ci sono già abbastanza cose noiose nella vita senza che ci si metta a fabbricarne altre. So bene che è difficile far ammettere che un dipinto possa appartenere alla grandissima pittura pur rimanendo allegro. La gente che ride non viene mai presa sul serio”. (Pierre-Auguste Renoir)

Il grande pittore francese Renoir, maestro indiscusso della corrente pittorica dell’Impressionismo, aveva davvero ragione quando diceva che la gente che ride non viene mai presa sul serio.

Se ci pensiamo bene, in molti settori (dall’arte alla musica, al cinema, al teatro e alla letteratura) prevale quello stereotipo un po’ schizzinoso, che tende a far coincidere la qualità con la serietà, come se non fosse possibile diffondere cultura con il divertimento.

Ricordo che una sera in televisione la programmazione prevedeva contemporaneamente un film sul problema dell’immigrazione ed una trasmissione molto trash (immagino sia chiaro a quale trasmissione mi riferisco); su Facebook una ragazza, in forza di quello stereotipo di cui sopra, commentò dicendo che quella sera erano state poste a confronto le due facce dell’Italia. Francamente, credo che tra queste due presunte facce in realtà vi siano tante sfumature che contemplano anche la possibilità di fare intrattenimento in maniera intelligente e costruttiva.

In proposito, Italo Calvino diceva che il divertire è una funzione sociale: “penso sempre al lettore che si deve sorbire tutte queste pagine, bisogna che si diverta, bisogna che abbia anche una gratificazione; questa è la mia morale: uno ha comprato il libro, ha pagato dei soldi, ci investe del suo tempo, si deve divertire. Non sono solo io a pensarla così, ad esempio anche uno scrittore molto attento ai contenuti come Bertolt Brecht diceva che la prima funzione sociale di un’opera teatrale era il divertimento. Io penso che il divertimento sia una cosa seria”.

Ma torniamo al nostro Renoir e ai suoi quadri allegri che, a suo dire, dovevano far venire voglia di entrarci dentro, essendo pieni di colore e luce vibrante. Tra i suoi dipinti più famosi, il Bal au Moulin de la Galette, realizzato nel 1876 e conservato nel Museo d’Orsay di Parigi. Un vero capolavoro che ritrae un momento della vita parigina in un’atmosfera di felicità e abbandono, nello spensierato contesto della Belle Époque.

Il luogo ritratto è il Moulin de la Galette, un locale allestito in un vecchio mulino, sulla collina di Montmartre, il quartiere degli artisti. Pare che il pittore frequentò tale locale per parecchio tempo al fine di rendere in maniera autentica nel dipinto la sfrenata gioia, la dinamicità delle figure danzanti e la folla vivace, in un’atmosfera quasi surreale. Perché l’allegria è una cosa seria e va studiata a fondo.

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Il panino della discordia

Può un panino creare tanta discordia tra “miti” prelati? Evidentemente sì, considerato che pochi giorni fa è scoppiata una polemica per l’apertura di un nuovo McDonald’s nel rione romano di Borgo Pio vicino San Pietro.

La protesta non coinvolge solo i residenti e i commercianti della zona, preoccupati che l’apertura del fast food possa stravolgere il tradizionale quartiere romano. Anche numerosi cardinali hanno manifestato la loro profonda indignazione, convinti che il McDonald’s possa turbare la tranquillità e la sacralità di quel luogo.

Particolarmente animata è l’arringa del Cardinal Sgreccia che parla di scelta discutibile, in contrasto con le “tradizioni architettoniche e urbanistiche” di una piazza che si affaccia sul Colonnato di San Pietro. Secondo il Cardinale, poi, il ristorante andrebbe a proporre cibi non in linea con le tradizioni culinarie romane e pericolosi per la salute dei consumatori. Al posto di questa mega paninoteca sarebbe stato preferibile utilizzare quegli spazi per attività in favore dei bisognosi.MC San Pietro

Francamente, a mio avviso l’estrema e accorata protesta dei porporati fa acqua da tutte le parti.

Anzitutto, il locale concesso in affitto alla catena americana fa parte di uno stabile di proprietà del Vaticano e gestito dall’APSA (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica). Questo locale, precedentemente occupato da una banca, è rimasto sfitto per molto tempo, considerato che nessuna attività commerciale era in grado di pagare l’elevatissimo canone richiesto. Se i porporati ritenevano davvero che tale spazio dovesse essere utilizzato per attività in favore dei bisognosi, perché lo hanno lasciato vuoto per molti anni e non si sono mobilitati per tempo presso l’APSA? Questa protesta tardiva assomiglia molto ad un tentativo di lavarsi la coscienza: prima nessuno voleva assumersi la responsabilità di non introitare più il canone, preferendo lasciare il locale sfitto e ora si scaricano tutte le colpe sul demonio americano.

Poi, bisogna sottolineare il fatto che sicuramente i prodotti della McDonald’s non sono in linea con la fantastica ed ineguagliabile tradizione culinaria romana, anche perché stiamo parlando di cibo americano. Tuttavia, la Capitale è piena di ristoranti di questo genere, che sfornano cibi “pagani” e “malsani” ad ogni ora del giorno e della notte. Soltanto, nel mio quartiere ce ne sono due, anche se devo ammettere di non avere mai avvertito tutti i disagi di cui si lamentano gli abitanti di Borgo Pio. In ogni caso, non si può non notare che i religiosi si preoccupano del cibo ingurgitato da residenti e turisti con pericolo per la propria incolumità fisica, solo nel momento in cui ciò avviene nei pressi dei loro costosi e lussuosi attici. Di sicuro, finché la catena americana apre fast food in periferia, le loro sensibili narici non corrono alcun pericolo.

Infine, a completare il simpatico quadretto, ecco l’ultima informazione, una vera ciliegina: i cardinali in protesta sono soprattutto coloro che abitano nello stabile e sono stati costretti dall’APSA a sborsare quattrini per ristrutturare il locale poi ceduto al colosso americano. E quando bisogna aprire i cordoni della borsa, si diventa molto nervosi.

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