Ordinarie disavventure ferroviarie

Mi è capitato più di una volta di parlare delle mie disavventure ferroviarie. E fortunatamente non sono un pendolare, per cui negli ultimi anni i miei viaggi in treno sono stati abbastanza limitati.

In ogni caso, andiamo con ordine. Per un paio di mesi, il treno diretto Roma – Potenza era stato sospeso per lavori sulla rete ferroviaria. Ho realizzato, quindi, le trasferte estive verso la mia città di origine tramite i pullman di una ormai “collaudata” società di trasporti lucana.

Venerdì scorso, invece, essendo, ormai, terminata l’interruzione del servizio, ho pensato bene di prendere nuovamente il treno.

I ricordi di passati viaggi della speranza, in balia di treni sperduti nelle campagne laziali che macinavano ritardi su ritardi, avrebbero dovuto farmi desistere dall’intraprendere quell’avventura, o avrebbero dovuto indurmi a stare almeno un po’ in ansia. E, invece, ecco che la memoria in certe occasioni si fa molto corta o tende ad edulcorare il passato. Nella mia mente, infatti, il treno è rappresentato sempre come un mezzo molto più comodo del pullman.

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E così sono salito sul mio vagone e mi sono accomodato al mio posto con molta tranquillità e la sottile speranza di arrivare a casa in orario. Ma la mia speranza è stata ben presto annientata.

All’approssimarsi dell’orario di partenza, una vocina registrata annuncia un ritardo di venti minuti che poi diventa di mezz’ora, che, infine, si trasforma in una notizia allarmante e quasi inaspettata: bisogna lasciare il treno che non potrà partire a causa di un guasto e dirigersi ad un altro mezzo fermo ad un vicino binario. Da quel momento in poi, per circa mezz’ora siamo passati da un binario all’altro in balia di controllori impazziti che continuavano a dirottarci verso altri treni facendoci rasentare l’isteria. Finalmente a bordo del treno giusto, siamo partiti con settanta minuti di ritardo, mentre l’ennesima vocina registrata ci annunciava che quello, in realtà, non era il treno giusto. Per fortuna, come chiarito subito dal capotreno prima che la sommossa popolare avesse inizio, era la vocina ad essere sbagliata.

Il viaggio di ritorno, per la “legge della compensazione”, invece, è andato bene, oltretutto con un biglietto super scontato in prima classe. Ma questi sono eventi rari.

Qualcuno mi ha, giustamente, fatto notare che i disagi ferroviari sono un elemento che unisce l’intero territorio italiano. Di sicuro, non vi è molta attenzione per le tratte locali, così come il Sud è spesso abbandonato a se stesso. Scarsa manutenzione della rete e dei mezzi di locomozione rendono il viaggio un’impresa. Oltre ad una colossale incapacità organizzativa.

In effetti, il treno che ho preso venerdì era già in stazione parecchio tempo prima dell’inizio del viaggio, per cui avrebbero potuto accorgersi per tempo del guasto e cambiare mezzo senza causare ritardi. Ma, forse, sto chiedendo troppo!

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Un autunno senza castagne?

Le castagne sono indiscutibilmente il simbolo dell’autunno, un vero e proprio dono della Natura, considerato che tale frutto nasce spontaneamente senza particolari interventi dell’uomo. Si tratta, quindi, di un alimento sano, per la cui coltivazione non vengono utilizzate sostanze chimiche.

Vi sono numerosi scritti che attestano che la castagna era conosciuta in Grecia sin dall’antichità. Ippocrate, ad esempio, parlava di “noci piatte” esaltandone il valore nutritivo e lassativo, una volta giunte a maturazione. Invece, Teofrasto, nella sua “Storia delle Piante”, parlava di “ghianda di Giove”, segnalando la presenza di castagni nelle isole di Eubea e di Creta. Le castagne erano conosciute anche nell’Antica Roma, menzionate, tra gli altri, da Virgilio e Plinio il Vecchio.

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Per secoli la castagna è stata la maggiore, se non proprio l’unica fonte di sostentamento per migliaia di famiglie. Attualmente, non è più considerata, ovviamente, un cibo per poveri, ma è divenuta la protagonista di feste e sagre, nonché l’ingrediente prezioso di numerose prelibate ricette.

Infatti, a partire dalla farina di castagne – ottenuta secondo la tradizione macinando il frutto mediante macine di pietra – si possono preparare torte di cioccolato, frittelle, polenta e il famoso castagnaccio.

Io amo in maniera particolare la marmellata di castagne (anche se spesso mi devo accontentare di quella industriale), dal gusto non eccessivamente dolce e ideale da spalmare sul pane o sulle fette biscottate la mattina a colazione. Una vera goduria!

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La castagna è considerata anche un portafortuna, per il suo aspetto doppiamente corazzato. Infatti, lo scudo fornito dal guscio coriaceo che circonda il seme si unisce alla protezione delle spine del riccio. Ricordo, in proposito, che qualche anno fa una vicina di casa, una signora molto simpatica e affettuosa, mi regalò una castagna trovata per caso, che tenni con me come portafortuna per diverso tempo.

Tuttavia, questi ultimi anni non sono particolarmente fortunati per questo prezioso dono della Natura. Ho letto pochi giorni fa una notizia abbastanza allarmante secondo cui un parassita cinese, il cinepide, avrebbe rovinato numerose piante, riducendo di molto il raccolto, che, secondo le previsioni di Coldiretti, sarà nel 2016 inferiore ai 20 milioni di chili dello scorso anno. Ciò, anche a causa della siccità e con la necessità di ricorrere alle importazioni dall’estero (Spagna, Portogallo e Albania).

A quanto pare, questo parassita sta infestando da anni i castagneti italiani, un po’ come la Xylella fastidiosa sta annientando gli ulivi del Salento. Il parassita è giunto dal Sol Levante attraverso gli innesti di castagno importati da Giappone e Cina per rendere più resistenti i castagni nostrani ad un’altra malattia, ovvero il cancro corticale. Quando la cura è peggiore del male.

Nel nostro Paese il mostriciattolo ha avuto mano libera, in assenza di nemici naturali che lo fermassero. Nel 2014, sembrava che la lotta al cinipide fosse a buon punto, mediante un progetto coordinato dalla Regione Piemonte, che ha consentito di riprodurre un insetto in grado di attaccare il parassita, una vespa pure originaria della Cina. A quanto pare, però, la guerra contro il cinipide non è stata ancora vinta. Mi auguro vi siano sviluppi positivi.

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Music box – Il concerto dei Coldplay

“Quando cerchi di fare del tuo meglio ma non ci riesci

Quando ottieni ciò che vuoi ma non ciò di cui hai bisogno

Quando sei così stanco ma non riesci a dormire

Bloccato in retromarcia

E le lacrime scorrono sul tuo viso

Quando perdi qualcosa che non puoi sostituire

Quando ami qualcuno ,ma tutto va sprecato

Potrebbe andare peggio?

Le luci ti guideranno a casa, e infiammeranno le tue ossa

E io proverò a consolarti”.

Coldplay – Fix you

Ammetto che i Coldplay si collocano tranquillamente tra i miei gruppi musicali preferiti. I loro brani sono molto intensi, spesso struggenti, ma a volte anche pieni di energia e ritmo. Poi, cantati dal carismatico leader Chris Martin, con il suo timbro molto particolare, acquistano un’atmosfera suggestiva, al punto che non riesco a non farmi coinvolgere ad ogni ascolto.

Negli ultimi giorni il gruppo è stato coinvolto da alcune polemiche su di un loro concerto che si terrà a Milano il prossimo luglio. La band, nell’arco di una carriera ventennale, è venuta molto poco in Italia, per cui questo concerto era particolarmente atteso dai fan più appassionati. Talmente atteso che, una volta messi in vendita i biglietti sul sito TicketOne, il tutto esaurito è arrivato dopo ben sette minuti.

Chiaramente, il sospetto è che qualcuno ne abbia fatto incetta per rivenderli ad un prezzo esorbitante: infatti, il costo di un biglietto attualmente si aggira sui 200-300 euro, fino ad arrivare, in alcuni casi, al migliaio di euro. Una cifra talmente esagerata da provocare l’ironia dei fan che progettano di ascoltare il concerto dal parcheggio.

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Ovviamente, non ci penso nemmeno a cercare di acquistare un biglietto per il concerto, per cui mi accontento di guardare i loro video su Youtube.

Difficile scegliere un brano da inserire in questa mia rubrica, me ne vengono in mente tanti: Viva la Vida, The Scientist, A Sky Full of Stars.

Alla fine ho scelto Fix You, il secondo estratto dal terzo album in studio X&Y e pubblicato il 5 settembre 2005. Il brano, scritto da Chris Martin, è il tentativo di un uomo di aiutare una persona sofferente, che ha perso qualcuno che amava e che ha la sensazione che tutto vada a rotoli. Non da la certezza di riuscire a guarire le ferite, ma proverà a consolare e a star vicino a quella persona.

Qualcuno ha ipotizzato che la canzone sia stata scritta per l’ex moglie Gwyneth Paltrow dopo la scomparsa del padre di lei. Gwyneth, infatti, scoppiò a piangere durante un concerto dopo aver ascoltato proprio questa canzone.

Aforismi – L’invasione dei social media

I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli” (Umberto Eco)

Umberto Eco, il famoso scrittore e semiologo scomparso da pochi mesi, non era certamente una persona che le mandava a dire. Il suo pensiero sui social media è per certi aspetti condivisibile, anche se non va interpretato come “un’arrogante manifestazione di cultura elitaria“, come qualcuno ha detto.

In proposito, io sono convinto che ognuno di noi abbia il diritto di esprimere la propria opinione, purché ciò avvenga con cognizione di causa, ovvero parlando di argomenti noti, sui quali vi sia qualcosa di sensato da dire e, soprattutto, con toni educati e pacati. E non vi è nulla di male se i social media ci consentono di diffondere tale opinione con immediatezza e rapidità.

I social possono essere molto utili anche per favorire la diffusione di informazioni su argomenti di attualità e cultura. Infatti, molte testate giornalistiche hanno una propria pagina Facebook che consente di condividere i principali articoli del giorno. Numerose sono, poi, le pagine dedicate ad argomenti di filosofia, letteratura, scienza.

Io stesso ho creato su Facebook un gruppo per condividere con gli amici recensioni di libri, citazioni, articoli di letteratura, in una sorta di “biblioteca virtuale“.

La rete offre una marea di informazioni, per cui ciò che conta è sapersi orientare, individuare fonti attendibili e scegliere ciò che più si adatta alla nostra personalità, senza per questo rinunciare ai libri di carta, ma magari trovando spunti per leggerne di nuovi.

In fondo, tutto ciò che ho appena descritto trova spazio anche nei nostri blog.

Umberto Eco

Poi, però, arrivano gli imbecilli di cui parla Eco, che possono tranquillamente essere suddivisi in varie categorie. Anzitutto, ci sono i troll, che non sono solo gli abitanti demoniaci dei boschi della tradizione scandinava, ma anche utenti spesso anonimi che si inseriscono nell’ambito di discussioni on line con messaggi provocatori e fuori contesto, al solo scopo di creare irritazione (abbastanza diffusi anche nella Community di Libero).

Quindi, ritroviamo i “leoni da tastiera”, generalmente non anonimi, che esprimono la propria opinione in maniera offensiva, riempiendo di insulti chiunque non incontri il loro gradimento. Leoni che, tuttavia, nella vita reale sono solo pecorelle. Infine, vi sono i fake e tutti coloro che amano diffondere bufale e false notizie, magari dietro profili taroccati.

La realtà virtuale è talmente vasta che non è possibile tenerla sotto controllo, per cui è quasi impossibile non imbattersi in informazioni poco attendibili o in utenti truffaldini. Ed Umberto Eco aveva proprio questo in mente quando pronunciò quella frase.

Sappiamo, però, che i pericoli del Web vanno ben oltre una notizia taroccata. Spesso alcuni utenti vi si affacciano ingenuamente confidando nella buona fede altrui e si ritrovano invischiati in situazioni sgradevoli e umilianti. La storia di Tiziana Cantone dovrebbe insegnare qualcosa.

Non si tratta solo di video diffusi a propria insaputa. I malfattori di Internet cercano di soggiogare i soggetti un po’ più deboli, inducendoli in una condizione di sudditanza psicologica. Mi capita spesso, girando per la Community, di leggere di persone che si sono ritrovate in balia di personaggi infami che li hanno costretti in una specie di “schiavitù virtuale”, che può essere molto pericolosa, specialmente se l’obiettivo è estorcere denaro o prestazioni sessuali.

Allora, occorre fare attenzione alle notizie poco attendibili, ma anche ai soggetti poco affidabili.

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Le abitudini che ci portano all’infelicità

L’infelicità è un fattore con cui capita spesso di avere a che fare, nel tentativo, a volte vano, di renderla inoffensiva. Una malattia, un evento spiacevole e doloroso o, semplicemente, la sensazione che la nostra vita non giri per il verso giusto, tutto questo contribuisce ad abbatterci e a rendere la nostra esistenza poco serena.

Secondo un recente articolo dell’Huffpost, che cita alcune ricerche universitarie americane, felicità ed infelicità sono collegate solo in parte alle condizioni di vita. In pratica, le persone più ricche non sono tanto più felici. Certamente, se gli studi universitari si fossero limitati a questo risultato, i soldi pubblici sarebbero stati impiegati in maniera discutibile. Avremmo potuto risparmiare i fondi semplicemente richiamando i tradizionali proverbi che ci dicono che i soldi non danno la felicità (anche se rendono più sopportabile la miseria).

Ma, a quanto pare gli studi hanno fatto un passo avanti, affermando che ciò che determina la felicità è il controllo della stessa, considerato che la felicità è l’effetto delle abitudini e delle visioni che gli individui hanno della propria vita. Vengono, quindi, individuate tutte quelle abitudini che ci portano all’infelicità: perdere tempo ad inseguire cose materiali, isolarsi rimanendo a casa, assumere un atteggiamento vittimista, essere pessimisti e lamentarsi, ingigantire i problemi o nasconderli, paragonarsi eccessivamente agli altri, aspettare che succeda qualcosa senza far nulla per migliorare la propria vita.

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Diciamo subito che questi risultati, più che il frutto di una ricerca, assomigliano molto ai consigli di una zia o di una nonna. In ogni caso, rappresentano senza dubbio atteggiamenti che, in una sorta di circolo vizioso, amplificano la nostra situazione di infelicità.

Ho cercato, quindi, di capire se posseggo alcune di quelle abitudine appena elencate. Sicuramente, non ho più come un tempo la smania di inseguire in modo eccessivo le cose materiali e di attaccarmi ad esse in maniera morbosa. Fatta eccezione per i libri, per i quali ho una maniacale dedizione, compensata dal notevole arricchimento interiore che sono in grado di fornirmi.

Ammetto, invece, che quando mi trovo in una situazione particolarmente stressante tendo a lamentarmi, anche se ho la piena consapevolezza che le lagne non servono nulla, anzi peggiorano le cose, per cui cerco di limitarmi.

Il mio pessimismo è, piuttosto, di tipo “scaramantico”, nel senso che spesso mi vengono in mente possibili scenari negativi, con la sottile speranza che il solo fatto di averli immaginati contribuisca a non farli verificare.

É vero, i problemi a volte mi sembrano giganteschi, almeno finché non li affronto di petto e a quel punto capisco di essermi preoccupato per nulla.

La tendenza ad isolarmi, fortunatamente, non mi appartiene molto. Quando mi sento un po’ triste, ho bisogno di un contatto, anche di un semplice messaggio che contribuisce a risollevare notevolmente il mio umore. Ma ovviamente tendo ad evitare di circondarmi di persone che possano trasmettermi sensazioni negative. Piuttosto, amo il confronto con soggetti interessanti con i quali poter arricchire il mio bagaglio di informazioni.

Per quanto riguarda il tentativo di migliorare la mia vita senza aspettare che le cose succedano da sole, diciamo che ci sto lavorando.

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La triste parabola dell’eroe decaduto

Il termine “eroe” riferito al noto pugile Clemente Russo forse può sembrare fuori luogo, ma di sicuro il campione olimpico originario di Marcianise, grazie ad una notevole determinazione, elogiata anche dallo scrittore Roberto Saviano, era riuscito ad emergere da una difficile realtà di degrado e a farsi strada nello sport.

Il ragazzo è stato sempre animato da una continua voglia di riscatto, che, però, può tramutarsi in una smania di successo, con scelte sbagliate, eccessi e l’inizio di una parabola discendente, almeno sotto il profilo umano.

Premetto che non amo il “Grande Fratello, sia che abbia come protagonisti perfetti sconosciuti che VIP (spesso meno noti dei primi), non per snobismo, ma perché la considero una grande gabbia in cui ognuno, invece che essere se stesso, si sente in dovere di mostrare il peggio di sé, convinto di poter così emergere tra la folla. Pur non guardando tale trasmissione, non posso fare a meno di essere bombardato di informazioni, considerato che tutti ne parlano, dalla gente comune ai critici televisivi, fino ad un regista di successo come Pupi Avati.

E allora non ho potuto fare a meno di leggere delle tristi esternazioni del pugile campano, che mi hanno fatto pensare alla parabola discendente di cui sopra. Un concentrato di affermazioni dense di omofobia e maschilismo, condite con una certa codardia. Perché come altro si può definire se non codardo, un uomo che si rivolge ad un ragazzo che non parla la lingua italiana, prendendolo in giro e utilizzando termini napoletani dal doppio significato (un po’ come “finocchio”, per intenderci)? E non è codardo un pugile, oltretutto poliziotto, che afferma che ammazzerebbe la propria moglie, in caso di tradimento?

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Il Grande Fratello, alla ricerca di ascolti, in genere non si tira indietro nell’assecondare e favorire scandali, scene di sesso e nudo, e litigi ma, almeno in questa situazione, ha condannato il comportamento di Russo mediante una immediata espulsione. Questa punizione, a prescindere dal fatto che si tratti di una montatura, doveva far passare il messaggio secondo cui un bullo che prende in giro un ragazzo più debole o un marito che minaccia di usare violenza contro la propria donna vanno puniti sempre e comunque.

Eppure, sto leggendo in questo momento che sono state prontamente fornite diverse giustificazioni. Clemente sta passando un periodo difficile, le Olimpiadi sono andate male, in quel contesto è facile lasciarsi andare, sono chiacchere da bar. Giustificazioni fornite proprio dalla moglie, la potenziale vittima, se proprio vogliamo dirla tutta. Mentre, il suo gentile consorte appare addirittura stupito dallo sconcerto provocato dalle sue parole.

A mio avviso, tutti abbiamo momenti difficili, ma non per questo dobbiamo essere giustificati se ci lasciamo andare a comportamenti violenti e offensivi o trattiamo male esseri più deboli, che siano persone o animali. E, invece, il personaggio famoso sembra quasi convinto che gli si debba perdonare tutto, senza capire che è l’esatto contrario. Un uomo di successo, grazie alla sua visibilità, dovrebbe rappresentare un esempio per gli altri, per cui non può permettersi di lanciare messaggi negativi. Soprattutto, se si tratta di uno sportivo, che dovrebbe fare della lealtà e del rispetto la propria bandiera. A maggior ragione, se lo sportivo fa parte delle Forze dell’Ordine.

Per quel che mi riguarda, l’”eroe” Clemente Russo è definitivamente decaduto, a prescindere da scuse tardive e pilotate.

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Music box – Sospesa

“Sospesa mi vedrai

negli occhi brillerai

sei sponda compagnia

fai luce in ogni via

scalderai il mio sguardo duro

scioglierai ghiaccio e neve in fondo a me

sospesa mi troverai

nel petto brucerai”

Sospesa” è un brano interpretato da Malika Ayane, tratto dall’album “Malika Ayane” del 2008. Il brano è stato scritto da Ferdinando Arnò con il titolo “Soul Waver” ed un testo in lingua inglese, mentre il testo italiano è di Pacifico, che ha partecipato anche cantando nell’ultima parte della canzone.

Malika Ayane è una delle cantanti più raffinate nel panorama musicale italiano, molto apprezzata da numerosi artisti di grande livello, tra cui, appunto, Pacifico e Paolo Conte che di lei dice: “Il colore di questa voce è un arancione scuro che sa di spezia amara e rara”.

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Malika ha raccontato in una intervista di essere rimasta “sconvolta in senso positivo” della trasformazione del brano, ad opera di Pacifico che è stato uno dei primi autori presentati da Caterina Caselli alla cantante.

Il brano è dedicato alla passione amorosa, capace di scaldare uno sguardo duro e di sciogliere il ghiaccio in fondo ad un cuore, lasciando sospesi in balia dei sentimenti.

Il video musicale di “Sospesa” presenta atmosfere ispirate al movimento della nouvelle vague. Nel surreale video, girato interamente in bianco e nero, Malika Ayane viaggia per la città a bordo di un letto matrimoniale, mentre intorno a lei si svolgono le vicende di alcuni personaggi. Pacifico si vede alla fine del video, nei panni di un venditore di palloncini, circondato da alcune piccole ballerine.

Profezie millenarie di sventura

Oggi, primo giorno di ottobre, il sole è sorto, ci siamo alzati dal letto come tutti gli altri giorni e abbiamo affrontato le nostre incombenze quotidiane. Ciò, nonostante qualcuno avesse formulato profezie, dicendo che oggi ci sarebbe stata la fine del mondo.

Già, perché ieri era il giorno della Luna Nera. Secondo gli esperti (quelli veri), si tratta di un normalissimo fenomeno astronomico, che si verifica quando l’orbita lunare porta il satellite tra la Terra e il Sole, per cui la faccia non illuminata della Luna è rivolta verso di noi. É il ciclo di luci e ombre del nostro satellite che va avanti da millenni.

Tuttavia, i teorici della cospirazione si sono ostinati a vedere in questo fenomeno un segnale della fine del mondo. Ma chi sono i teorici della cospirazione? Sono coloro che, generalmente, elaborano teorie alternative e più complesse rispetto a quelle ufficiali per la spiegazione di vari avvenimenti (politici, sociali, naturali), teorie che si pongono in contrasto con l’opinione comune e le verità generalmente accettate, ad esempio in occasione di eventi tragici, come assassini di personaggi famosi, disastri ambientali, atti terroristici.

In questa occasione della Luna Nera, quindi, tali soggetti non hanno perso tempo ad elaborare una loro teoria sulla fine del mondo.

Luna Nera

Riflettevo sul fatto che di profezie sul drammatico epilogo della nostra amata Terra ce ne sono state a iosa nel corso dei secoli. Chi non ricorda la Profezia di Nostradamus che aveva vaticinato un infausto evento all’avvicinarsi del nuovo Millennio? Si parlava di un “Re dell’Orrore” che sarebbe arrivato e avrebbe seminato morte e distruzione. E poi? A parte qualche problema informatico con il famigerato “Millenium Bug”, tutto è andato bene e il Capodanno del 2000 è trascorso serenamente.

Nostradamus era famoso per le sue centurie e quartine profetiche, formulate in modo incomprensibile e prive di precisi elementi identificativi, per cui tali testi potevano essere tranquillamente interpretati in modo da applicarsi a qualunque evento.

Poche le quartine con indicazioni precise, poi ovviamente disattese. A parte il disastro previsto per il passaggio tra il 1999 e il 2000, avrebbe vaticinato il culminare di una lunga e selvaggia persecuzione religiosa per il 1792 (che non c’è mai stata) e la distruzione totale della specie umana per il 1732. Ma a quanto pare siamo ancora qui.

Ovviamente, nessuno può conoscere la data in cui avverrà la fine del mondo, ma di sicuro noi umani, con il nostro comportamento, possiamo cercare di evitare che questo termine si avvicini troppo in fretta.

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Aforismi – Cuore di cane

È noto l’amore del cane per il suo padrone; e tutti sanno che nell’agonia della morte egli accarezza il padrone; e ognuno può aver sentito dire che il cane che soffre mentre viene sottoposto a qualche vivisezione, lecca la mano dell’operatore; quest’uomo, a meno di avere un cuore di sasso, deve provare rimorso fino all’ultima ora della sua vita” (Charles Darwin)

Charles Darwin, celebre per la sua teoria dell’evoluzione delle specie animali e vegetali sulla base della selezione naturale, oltre a schierarsi contro le pratiche della vivisezione, ha descritto in maniera ammirevole i sentimenti di un cane per il suo padrone, un amore potente e disinteressato, che riesce ad andare oltre i confini imposti dalla vita terrena. Un amore non sempre ricambiato.

Rileggendo questa bellissima frase, mi è venuto in mente un episodio di alcuni fa, mentre ero in vacanza dai miei genitori a Potenza. In quei giorni io e una mia amica avevamo notato un cane nero, un grosso batuffolo peloso, che gironzolava senza sosta per il quartiere. Sembrava quasi che non riuscisse a prendere pace.

Ci venne in mente di chiamarlo Nerone, senza sapere che, casualmente, quello era il suo vero nome. Più tardi, incontrammo una signora che viveva dalle nostre parti e ci disse che il padrone di quel cane era morto da un po’ di tempo, ma i suoi figli non volevano saperne di tenerlo in casa e prendersene cura. E così Nerone si era ritrovato all’improvviso in mezzo ad una strada, a girovagare per le vie cittadine.

Quella signora ci raccontò che la tappa privilegiata del cagnolone era il cimitero in cui era seppellito il suo padrone: si avvicinava all’ingresso del cimitero e rimaneva lì immobile per un po’, magari desiderando avvicinarsi alla tomba del suo amico umano senza poterlo fare. Chiunque ascoltando quella storia non poteva fare a meno di commuoversi.

La nostra vicina di quartiere ci rassicurò dicendoci che ogni tanto si occupava di Nerone, dandogli da mangiare, anche se di più non poteva fare. Noi, allora, quella sera andammo a comprare un po’ di cibo per lui, anche se ci accorgemmo che era molto diffidente e faticava a lasciarsi avvicinare. Poi con il suo andamento placido si allontanò. Lo rivedemmo girare il giorno dopo, ma da allora non abbiamo avuto più sue notizie.

Certamente, in giro ci sono tanti cani come Nerone abbandonati e bisognosi di affetto. Il blog di Debora si occupa in maniera attenta e costante di loro, diffondendo appelli e informazioni. Una storia che merita di essere condivisa è quella di Geremia, ritrovato nel cimitero di Bra con del filo spinato intorno al collo e che ora è ospitato presso il Rifugio di Fido di Pollenzo. Per ogni informazione, ecco il link del blog:  Zoe Bau.

Geremia

Referendum, che passione!

Il referendum è uno dei principali strumenti di partecipazione democratica della collettività alle pubbliche decisioni. D’altronde, la nostra storia repubblicana è iniziata proprio con un referendum, quando il 2 giugno 1946 il popolo italiano venne chiamato a scegliere tra monarchia e repubblica.

Da allora, il referendum ci ha accompagnato in tante scelte su temi importanti (divorzio, aborto, finanziamento pubblico dei partiti, e tanti altri), grazie anche alle iniziative di Marco Pannella nella sua continua lotta per il riconoscimento dei diritti civili.

Negli ultimi anni, vi è stata, purtroppo, una certa disaffezione nei confronti di tale strumento, considerato il mancato raggiungimento del quorum in molti referendum abrogativi, sintomo di un malessere generale nei confronti della politica.

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Eppure, nonostante tale disaffezione, negli ultimi tempi proprio un referendum si è posto in maniera decisa al centro dell’attenzione generale. Il Consiglio dei Ministri, infatti, ha ormai stabilito: il 4 dicembre prossimo si svolgerà la consultazione referendaria per decidere se confermare o meno la riforma costituzionale di abolizione del bicameralismo perfetto (e tanto altro). E, ovviamente, già da parecchio tempo si sono delineati i due fronti, del SI e del NO.

Sinceramente, in questo momento non me la sento di esprimere in maniera decisa il mio orientamento verso uno dei due fronti. Ho bisogno di qualche ulteriore approfondimento, anche se posso dire con sicurezza che esiste un punto di questa riforma che desta in me molta avversione (punto poco sottolineato nei vari dibattiti): il palese rafforzamento dei privilegi delle Regioni con autonomia speciale, con un pensiero particolare a quelle del Nord. Ma mi riprometto di parlarne dopo i dovuti approfondimenti.

Di sicuro, la campagna referendaria ha dato il via al “mercato delle vacche”, con il cosiddetto “patto della lavagna”, ovvero l’illustrazione da parte del nostro Premier su una simpatica lavagna dei principali benefici che il Governo intende garantire in questi mesi. Staremo a vedere.

Comunque, non siamo i soli alle prese con i referendum. La Svizzera, il Canton Ticino in particolare, ha deciso di inserire nella propria Costituzione un principio che privilegia i lavoratori svizzeri ai trasfontalieri. Si parla di discriminazione, di rottura dei rapporti tra Svizzera e Unione Europea, con il solito Salvini che festeggia ogni volta che un Paese decide di chiudere le frontiere e di isolarsi, chiedendo a gran voce di prendere esempio.

Io credo che non ci sia nulla da festeggiare. Quando i Paesi si chiudono in se stessi, alimentando lo spirito nazionalista, c’è da aspettarsi solo il peggio, non soltanto sul fronte economico. Ma, come mi capita di ripetere spesso negli ultimi tempi, la Storia non insegna nulla.

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