Alla disperata ricerca di un eroe

Negli ultimi tempi ho avuto modo di riflettere spesso sulla strana tendenza italiana a ricercare affannosamente eroi e modelli di vita in qualunque settore (anche grazie agli spunti forniti da un articolo dell’Huffington Post di qualche tempo fa, di Riccardo Brizzi – 27 dicembre 2016).

Se, come affermava Bertold Brecht, è “sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi”, allora il nostro Paese può considerarsi assai sventurato. Ci sono, infatti, vari elementi che ci inducono a cercare un eroe.

La sensazione di vivere in una società priva di valori, in preda alla malvagità e alla corruzione, ci spinge a cercare persone che incarnino gli ideali che riteniamo perduti. Inoltre, la paura di cui ormai siamo circondati a causa dei continui attacchi terroristici ci induce ad individuare chi possa in qualche modo proteggerci dandoci una sensazione di sicurezza.

Questa continua ricerca dell’eroe si rivela spesso errata e fallimentare, soprattutto perché l’eccessiva idealizzazione porta ad aspettative elevate che il più delle volte rimangono disattese. E l’errore si rivela fatale quando si scambia per l’eroe perfetto e irraggiungibile colui che nella sua limitata umanità ha semplicemente compiuto il suo dovere e, magari, non è alla ricerca di gloriosi fasti.

Eroi

Pensiamo all’episodio dei due poliziotti che hanno ucciso il terrorista di Berlino (citato anche nell’articolo di cui sopra). Due ragazzi di turno si imbattono casualmente in un pericoloso terrorista senza immaginare neanche lontanamente chi sia veramente. Cercano di trattenerlo per i controlli di rito, ma finiscono per ingaggiare con lui uno scontro a fuoco in cui il terrorista rimane ucciso e uno dei due poliziotti viene ferito.

Da qui partono gli sperticati elogi verso i due agenti, che insieme ad altri svolgono quelle operazioni tutti i giorni, con la pericolosa decisione di diffondere i loro nomi e il tentativo di dar loro onore e gloria imperitura. Anche per avere qualcosa di cui essere orgogliosi nei confronti della Germania, che si ritiene in dovere di concedere un’onorificenza tanto da noi agognata.

Poi, all’improvviso, dagli altari si ripiomba nella polvere. Gli eroi non sono così perfetti come si credeva, nelle loro pagine Facebook si mostrano come razzisti e dediti all’adorazione della mussoliniana figura. Dunque, niente onori e nessuna gloria.

Certamente tali convinzioni politiche non incontrano affatto il mio gradimento, ma non posso fare a meno di pensare che, se i social non fossero esistiti o se i due ragazzi non avessero avuto una pagina Facebook visibile al pubblico, nessuno avrebbe saputo nulla di tali “ideali”. In effetti, quando abbiamo bisogno di soccorso, non chiediamo a poliziotti, vigili del fuoco, carabinieri se per caso hanno tendenze razziste o fasciste, accettiamo il loro aiuto e basta e li ringraziamo per questo.

A parte ciò, credo che il tentativo di eroizzazione e personalizzazione sia stato fallimentare in sé. Piuttosto che concentrarsi sugli onori e sull’orgoglio italico con la diffusione di nomi e l’invocazione di onorificenze, si poteva semplicemente pensare ad un modo per ringraziare (materialmente) le Forze dell’Ordine nel loro complesso, sia per il lavoro svolto che per i pericoli quotidianamente affrontati. Invece, l’ostinata ricerca degli eroi ha finito per calpestare quanto di buono fatto.

Poliziotti Berlino

Tuttavia tale ricerca, nonostante i fallimenti, non conosce sosta e continua tramite i media indagando in altri settori, tra cui il pubblico impiego, con esiti ancor più disastrosi. Certamente, l’opinione pubblica è scossa dalle notizie dei cosiddetti “furbetti del cartellino”, che figurano al proprio posto di lavoro, ma poi sono in giro a fare gli affari propri con la complicità di colleghi.

Nel tentativo di convincere il popolo che non tutti i pubblici impiegati sono fannulloni, televisioni e giornali vanno alla ricerca del lavoratore modello, non semplicemente colui che fa il suo dovere tutti i giorni, ma lo stakanovista che non prende mai un giorno di ferie (come il dipendente siculo salito sul palco di Sanremo che, secondo ultime indiscrezioni, sarebbe un alto dirigente!!!) o che non si ammala mai o non fa nemmeno una pausa pranzo (come il dipendente parmense). I giornali elogiano tali “modelli” senza considerare che ferie, malattie e pausa pranzo sono diritti costituzionalmente e statutariamente garantiti, frutto di decennali lotte sindacali (gli stessi giornali che giorni prima si erano giustamente scandalizzati per l’operaio costretto a farsi addosso, non avendo nemmeno la possibilità di andare in bagno).

In questo modo, l’opinione pubblica potrebbe per assurdo convincersi che esistono solo i due estremi, i fannulloni e gli stakanovisti, ignorando tutti coloro che svolgono il proprio lavoro con dedizione, ma che, in quanto esseri umani, hanno bisogno di riposo e pause, si ammalano ogni tanto e usufruiscono, quindi, dei propri diritti. Quei diritti che i giovani precari vedono con il binocolo, ma che hanno tutte le ragioni di pretendere, senza subire i ricatti morali di chi spaccia per modelli coloro che tali non sono. Allora smettiamo di cercare gli eroi e pensiamo alle persone normali, anche se fanno meno notizia!

Furbetti

Le inutili catene di Sanremo

Il Festival di Sanremo, la manifestazione canora più longeva d’Italia, sta per avere inizio, accompagnata come sempre da strascichi infiniti di polemiche. Anzi, quest’anno in fatto di polemiche si stanno battendo tutti i record.

In particolare, a destare scandalo è il compenso che Carlo Conti percepirà per condurre il Festival per il terzo anno consecutivo. Ovviamente, sono pienamente d’accordo sul fatto che 650.000 euro (non solo per condurre le cinque serate, ma anche per tutta l’attività di direzione artistica, occorre precisarlo) rappresentano una cifra che probabilmente un operaio non riuscirebbe a guadagnare nemmeno lavorando tutta una vita. Purtroppo, comunque, le profonde disuguaglianze di reddito sono un fenomeno diffuso in tutti i settori, che non scopriamo soltanto alla vigilia di una rassegna canora. E, a dire il vero, alcuni conduttori in passato hanno percepito compensi molto più alti a fronte di un’attività meno impegnativa senza tutte queste polemiche.

Sanremo 2017

Tuttavia, in queste occasioni, ciò che mi fa innervosire davvero molto è l’indignazione sterile e senza alcuna logica, strillata ai quattro venti e finalizzata soltanto a demolire senza portare vantaggio ad alcuno. Soprattutto, quando chi solleva tale indignazione cerca soltanto di strumentalizzare la sensibilità popolare per acquisire visibilità (la famosa demagogia).

Di fronte alla notizia del ricco cachet e alle relative polemiche, quale brillante idea hanno avuto i sobillatori di popoli che imperversano sui social? Creiamo una catena e convinciamo tutti che bisogna boicottare il Festival e spegnere la televisione. Anzi, bisognerebbe proprio annullarlo e dare i soldi ai terremotati! Peccato che la geniale idea non prenda in considerazione alcuni fattori.

Il boicottaggio ha un senso quando, ad esempio, è rivolto ad aziende che danneggiano l’ambiente, utilizzano manodopera in nero, per evitare che si svolgano attività illegali.

Ma nel caso in esame, il boicottaggio che vantaggi porta? Se davvero si riuscisse a boicottare il Festival, ottenendo per assurdo il suo annullamento, tutti i proventi pubblicitari derivanti dalla manifestazione, erogati dagli sponsor, che in genere coprono le spese (incluso il cachet di Conti), sparirebbero in un soffio. Senza il Festival e senza i relativi proventi non c’è niente per nessuno, né per Conti, né tantomeno per i terremotati.

Ci sono certamente stati alcuni Festival che negli ultimi anni, specialmente per i bassi ascolti, hanno chiuso in perdita. Tuttavia, le ultime due edizioni hanno ottenuto guadagni per circa 6 milioni di euro, secondo gli ultimi dati diffusi dalla direzione di Rai1, e di questo bisogna dare atto al lavoro di Carlo Conti.

Dunque, il tanto ventilato annullamento o boicottaggio del Festival danneggia l’azienda, senza portare vantaggi a nessuno. Anzi, occorre considerare che l’appuntamento annuale attira numerosi turisti, per cui il mancato Festival recherebbe danni a tutte le attività della zona sanremese.

Che Sanremo sia un gran carrozzone, a volte noioso, che punta più sui grandi effetti speciali che sulla vera musica, è un altro discorso. E ognuno è libero di usare il telecomando a proprio piacimento e cambiare canale. Ma far leva sulla coscienza e sulla indignazione popolare con inutili e illogiche catene è solo una mancanza di rispetto verso i terremotati, che avrebbero bisogno, piuttosto, di aiuti concreti e non di un vano ciarlare.

comune-sanremo

Salvini: “Prima gli italiani” … ma quali?

Quando mi convinco che una persona abbia ormai mostrato il peggio di sé e che non devo aspettarmi altro, se non che continui su quella scia, ecco che vengo puntualmente smentito.

Il caro Salvini, in trasferta a Bruxelles, invece che presenziare al Parlamento europeo, ha deciso di farsi fotografare con indosso una maglietta inneggiante a Trump vicino a un poster sugli Indiani d’America che “hanno subito l’immigrazione e ora vivono nelle riserve“.

Come hanno sottolineato numerosi giornalisti, Salvini farebbe meglio a non parlare di argomenti che non conosce affatto, considerato che l’accostamento tra il Presidente Trump e i Sioux è alquanto paradossale. Basta pensare alla recente polemica sull’Oleodotto Dakota Access.

Salvini Indiani

Inutile dire che il segretario leghista non si tira mai indietro e non perde occasione per strumentalizzare qualsiasi notizia o evento utile alla sua campagna contro gli immigrati. Espressione di un evidente odio razziale, più che del tentativo di risolvere un problema, da realizzarsi a colpi di ruspe, barricate ed espulsioni di massa.

In realtà, più che sulle presunte modalità di risoluzione del problema degli immigrati, vorrei soffermarmi sullo slogan “Prima gli italiani” che suscita in me alcune domande alle quali sto cercando di dare risposte. Mi chiedo, soprattutto, se il leader del Carroccio abbia davvero a cuore i problemi di tutti (e sottolineo la parola “tutti”) gli italiani.

Una prima risposta mi arriva come un fulmine ripercorrendo mentalmente quanto accaduto subito dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili, frutto, come ben sappiamo, di un ampio compromesso al ribasso tra forze politiche. Non contento dell’approvazione di una legge monca, Salvini ha invitato i sindaci leghisti a non celebrare alcuna unione civile, ripromettendosi ben presto di indire un referendum abrogativo della legge stessa. Dunque, secondo la sua opinione, i diritti del mondo LGBT non contano nulla e devono essere cancellati, in nome di non so quali principi fondamentali della nostra società che risulterebbero violati. Ne deriva, che quel “Prima gli italiani” non riguarda proprio tutti.

Allora, potrei immaginare che Salvini si preoccupi di disoccupati ed esodati, considerate le sue polemiche continue su legge Fornero e disoccupazione giovanile in crescita, ripetute quasi come un mantra in ogni talk show, anche quando si parla della deforestazione dell’Amazzonia. Poi, però, leggo che ultimamente ha messo in mobilità gli ultimi 24 dipendenti del suo partito, che non avrebbe risorse sufficienti per mantenerli. Eppure, i fondi dallo Stato arrivano puntualmente (si parla di due milioni di euro), ma sembrerebbero destinati ad una consulenza esterna per le attività social salviniane (gestione del sito e strategie comunicative). Attività che avrebbero ben potuto svolgere quei dipendenti licenziati. Dunque, la disoccupazione è davvero la sua preoccupazione principale? Ho qualche dubbio.

A questo punto, data la sua costante presenza nei luoghi colpiti recentemente dal sisma e dalla neve (o più precisamente negli studi televisivi in cui si parlava di maltempo e sisma, indossando rigorosamente doposci), potrei ritenere che abbia a cuore le sorti dei terremotati. Certo, ma anche qui qualche dubbio mi viene, considerato che pochi anni fa in un video aveva definito i napoletani “colerosi e terremotati”. Dunque, per lui “terremotato” era da considerarsi un insulto.

Su quale possa essere il destino del Sud nelle mani del capo di un partito secessionista e profondamente critico sulle questioni meridionali (“I soldi al Sud? Inutile mandarli, se li sbattono nel cesso” una sua dichiarazione di un paio di anni fa), meglio non approfondire.

Dunque, cacciati via tutti gli immigrati, questa Italia sovrana quali italiani dovrebbe rappresentare? Una risposta mi viene in mente, ma preferisco tacere.

Salvini doposci

Le verità relative di Beppe

Secondo un ormai ben noto e collaudato leitmotiv di Beppe Grillo, la colpa è sempre dei giornalisti che deformano il punto di vista dei leader politici e falsano le notizie. Al punto che il comico, nonché leader pentastellato, tempo fa aveva addirittura proposto una giuria popolare che avrebbe dovuto valutare la veridicità delle notizie pubblicate dai quotidiani.

E così, mentre Trump si insedia alla Casa Bianca e da avvio alla sua politica protezionistica, in netta controtendenza con quella di Obama, Beppe afferma, in un’intervista al Journal du Dimanche che la politica internazionale ha bisogno di uomini di Stato forti come Trump e Putin e che lui li vede come un beneficio per l’umanità. Salvo, poi, smentire il giorno dopo, affermando di non aver pronunciato quelle parole e scagliandosi contro i “traduttori traditori”.

A quanto pare, per i grillini c’è sempre un “complotto” dietro. Peccato, però, che le parole sopra riportate siano l’esatta traduzione dell’intervista rilasciata in francese da Grillo, nello stralcio riportato sul sito di David Puente, bravissimo blogger, molto abile nello stanare i “bufalari” e i complottisti.

Dunque, Trump e Putin sarebbero un beneficio per l’umanità. Devo ammettere che fatico molto ad accettare e condividere questo punto di vista, mentre penso alle numerose manifestazioni di protesta che hanno accompagnato l’avvio dell’attività del Presidente Trump, proteste che sono state definite da un giornale nostrano di “sapore antico”, forse perché dopo tanti anni migliaia di donne si sentono costrette a tornare a manifestare per diritti che si consideravano acquisiti.

Putin, Trump, Grillo

Ancora di più, mi sembra assurdo considerare Putin come un beneficio per l’umanità: leggi che vietano qualsiasi manifestazione in favore dei diritti degli omosessuali – perché bisogna pensare solo alle coppie che generano prole – autoritarismo ai limiti della dittatura, culto della personalità, violazione dei diritti umani, accuse di eliminazione fisica dei dissidenti … e si potrebbe continuare a lungo.

In realtà, dovremmo essere abituati alle cosiddette “verità relative” grilline ovvero “affermo qualcosa, ma volevo intendere altro”. Potremmo pensare al tanto sbandierato referendum sull’euro. Molti esperti di diritto si sono affrettati a ricordare ai pentastellati che il nostro ordinamento costituzionale (articolo 75) non consente i referendum abrogativi sulle leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali. Da qui la precisazione di Di Battista: in realtà, l’obiettivo è adottare un referendum di “indirizzo” che consenta di consultare in maniera non vincolante la popolazione su una determinata questione politica, come accadde nel 1989. Peccato che anche in tal caso occorrerebbe una legge costituzionale e, nel caso in cui la popolazione dovesse decidere di abbandonare l’euro, l’unica procedura prevista dai Trattati europei sarebbe quella di abbandonare l’Unione europea. In pratica, o in Europa con l’euro o fuori dall’Europa.

Aspetto, infine, di avere notizie e sviluppi sull’ultima verità relativa :”governeremo sempre e comunque da soli, ma stavolta ci alleiamo con Salvini”.

grillo-intervista-francia-traduttori-traditori

Lavoro, giovani in fuga e frasi fuori luogo

Frasi fuori luogo, espressioni infelici, molti nostri politici ne hanno sempre una a portata di mano, incapaci di collegare il cervello alla bocca ed evitare di darvi solo aria.

Per non smentire tale abitudine, il Ministro Poletti ha deciso di rivolgersi ai centomila giovani in fuga dall’Italia, affermando che è meglio che alcuni di loro non stiano più tra i piedi. Poi, le scuse tardive, del tipo “non volevo dire ciò che ho detto“.

Ascoltando queste parole, mi è venuto in mente un episodio legato alla campagna referendaria, quando Renzi scrisse lettere ai giovani italiani all’estero e una ragazza in video gli rispose dicendo che dopo il voto di sicuro il Premier si sarebbe nuovamente dimenticato di loro. Mi chiedo cosa abbia pensato quella ragazza ascoltando le parole di Poletti.

Poletti

Ragazzi che in Italia non hanno trovato le opportunità che cercavano, che hanno avuto il coraggio di affrontare una nuova vita all’estero per mettere finalmente a frutto le proprie capacità, lasciando familiari e affetti, forse meriterebbero un po’ più di rispetto e considerazione da parte dei nostri vertici, che negli anni si sono sbizzarriti con vari termini, da “bamboccioni”, a “choosy” e “pistola”.

Nel frattempo, si stanno spegnendo sempre più le speranze che la giovane Fabrizia Di Lorenzo non sia tra le vittime della strage di Berlino di ieri sera. Anche Fabrizia è un “cervello in fuga”, laureata a Bologna, ma trasferitasi nella capitale tedesca per lavorare in un’azienda di trasporti. Anche lei all’estero, via dal nostro Paese e ora questa terribile sorte.

Fabrizia

Intanto, il dibattito politico sterilmente va avanti tra leggi elettorali e discussioni infinite sul curriculum della Ministra Fedeli. Che avrà certamente commesso qualche “inciampo lessicale” nell’illustrare i suoi titoli di studio, che magari non vanterà gli altisonanti titoli dei Professori del Governo Monti (che tanti danni hanno fatto e ancora oggi ce ne lamentiamo), ma che forse potrebbe tranquillamente iniziare a lavorare ed essere giudicata per il suo operato.

A farci tornare con i piedi per terra ci prova Marco Furfaro, un politico di cui ammiro l’onesta intellettuale e l’oggettività degli interventi, che tra lauree e fughe all’estero, ci ricorda un altro dramma del mondo del lavoro, le morti bianche: “Gli mancavano 15 minuti per finire il turno e tornarsene a casa, da sua moglie e dai suoi bimbi. Stava lavorando una billetta, un semilavorato a forma di sbarra che si usa in metallurgia. Parte una scheggia, gli penetra nell’occhio, arriva al cervello. Viene ricoverato subito in condizioni critiche, troppo critiche. Morirà qualche ora dopo. Aveva 39 anni, Marcello. Lavorava alla Pandolfo di Lentiai, in provincia di Belluno. E oggi abbiamo il dovere di parlare di lui. Lasciamo ai talk show e alla brutta politica il commento sulle battute di Giachetti, i mancati post di Di Maio, la laurea della Fedeli. La sinistra ha un senso se torna a parlare di ciò di cui non parla più nessuno, di chi muore sul lavoro e finisce su un trafiletto di cronaca. Perché le morti bianche sono ancora troppe e la modernità ha un senso se garantisce sicurezza”.

Non penso di dover aggiungere altro, nella speranza che queste parole si concretizzino in interventi che diano più dignità e sicurezza ai lavoratori.

Morti bianche

Anche il Vaticano dice basta

Alla fine è arrivata, la severa replica del Vaticano contro Radio Maria, rea di aver offensivamente affermato che i terremoti sono il castigo divino per le unioni civili.

Si potrebbe dire che tale replica è arrivata un po’ tardivamente, considerato che l’emittente religiosa, tramite i suoi rappresentanti, continua a sostenere tali stupidaggini da parecchio tempo. E non contento del rimprovero, il teologo fautore di tali aberrazioni ha invitato il Vaticano a rileggere il catechismo che, a suo avviso, sosterrebbe espressamente che Dio invia i terremoti a punire i peccati degli uomini. Praticamente, un uomo solo che si ribella al sistema.

In un suo recente articolo, il giornalista Michele Serra ha espresso chiaramente la sua posizione, sottolineando quanto siano stupidi coloro che credono di poter attribuire “un cataclisma naturale ai propri piccoli miserabili conticini con un Bene e un Male comunque relativi, così opinabili da mutare di Paese in Paese, di catechismo in catechismo e di faglia in faglia”. Di certo, la Natura, nella sua religiosa grandiosità, non può piegarsi ai singoli moralismi che di fronte a lei altro non sono che briciole e minutaglie.

iddio_arrabbiato

Una posizione forte, ma condivisibile. Se ci pensiamo bene, un Paese come il Giappone viene colpito sistematicamente da fortissimi terremoti e nel corso dei decenni ha dovuto attrezzarsi con costruzioni antisismiche tali garantire la sicurezza della popolazione. Dovremmo forse credere che i giapponesi siano tutti serial killer meritevoli di tale castigo? Sono in realtà normalissime persone, forse fin troppo cortesi e riservate, che vivono la propria cultura e i propri valori, certamente molto diversi dai nostri, e si adattano alle difficoltà che la Natura gli pone dinnanzi.

Ritornando in Italia, i sismologi hanno diviso il territorio in quattro zone a seconda della pericolosità, raggruppando nella zona 4 le Regioni in cui i movimenti tellurici sono più rari. Questa affermazione dovrebbe forse indurci a ritenere tali zone molto più pie e virtuose delle altre? La risposta mi sembra scontata.

L’intervento della Chiesa, in ogni caso, pur se tardivo e parziale, può considerarsi, a mio avviso, un piccolissimo passo nella faticosa lotta contro i fanatismi, che purtroppo albergano in tutte le religioni e ne costituiscono una pericolosa deriva. L’aver messo a tacere, anche solo per un attimo, la bigotta grettezza di certi soggetti è decisamente consolante.

Sicuramente, semmai Dio volesse intervenire, si preoccuperebbe di ben altro, a cominciare dalla Chiesa stessa, piuttosto che di due persone che si amano e vogliono unirsi civilmente. Ma forse questo ai teologi di Radio Maria sfugge.

Sisma Messina

Il Paese delle bufale e del cattivo gusto

Le bufale sono meravigliosi animali dal cui latte si ricava l’eccellenza dei prodotti nostrani caseari. Ma sono anche insidiose e fasulle notizie che cominciano a diffondersi a macchia d’olio ogni volta in cui si verifica un evento drammatico, da ultimo il terremoto di domenica scorsa.

Fanatici, esaltati, complottisti, inventori di bufale iniziano a dare il peggio di sé, probabilmente solo allo scopo di favorire la diffusione di panico e rabbia tra le persone.

Si inizia subito con un “usato garantito”, la favola della “magnitudo ribassata” dal Governo per evitare di pagare i danni subiti dal sisma. Il tutto partirebbe da una norma di un decreto legge del Governo Monti, che parlava di una “esclusione, anche parziale, dell’intervento statale per i danni subiti da fabbricati”, esclusione che agirebbe sotto una determinata soglia del sisma intorno ai 6 gradi.

In realtà, la norma è stata cancellata nel corso della conversione del decreto e, in ogni caso, faceva riferimento alla gravità dei danni subiti (Scala Mercalli) e non alla magnitudo (Scala Richter). Ma la bufala continua a ripetersi negli anni, diffusa da chi cerca di sfruttare il comune malcontento, come la Senatrice Blundo del Movimento 5 stelle, secondo cui la magnitudo inizialmente annunciata del sisma di domenica scorsa, pari a 7.1 gradi sarebbe stata ribassata a 6,1 senza capire che si trattava di un semplice affinamento delle misurazioni da parte dei vari istituti geologici.

Bufale

Ma bufale e commenti di cattivo gusto arrivano anche dal “settore vegano”. Come non ricordare l’uscita fuori luogo di Daniela Martani (uno dei tanti disastri creati dal Grande Fratello) che aveva individuato quale causa del sisma del 24 agosto scorso il karma che avrebbe colpito le tradizioni culinarie di Amatrice? In poche parole, il sisma, secondo quella signora, sarebbe una specie di punizione nei confronti di chi mangia carne, senza rendersi conto di aver così offeso le centinaia di vittime e i loro familiari.

Ma la Martani è in buona compagnia, considerato che le proprietarie di un ristorante vegano di Brindisi, “Piovono zucchine”, hanno scelto di annunciare l’apertura del locale per Halloween con lo slogan “Dolcetto o terremoto?” con protagonista una zucchina intagliata con gli occhi sbarrati. Di fronte alle critiche, le proprietarie hanno accennato all’obiettivo di smuovere le coscienze. Ma come possa farlo una zucchina con gli occhi sbarrati francamente non mi è chiaro.

Quindi, il nostro percorso dedicato alle bufale passa attraverso i complotti politici e le complicate teorie ambientaliste secondo cui i forti terremoti sarebbero causati dalle trivellazioni petrolifere o dai cambiamenti climatici. Per poi passare all’ambiente religioso, in cui alcuni soggetti cercano le cause del sisma nei gravi peccati dell’umanità, nella decisione dell’Italia sulla votazione Unesco, nell’omaggio di Bergoglio al Luteranesimo.

Purtroppo, dobbiamo farcene una ragione: i terremoti sono causati esclusivamente da movimenti di faglie e la loro evoluzione non che può che essere analizzata dagli esperti. Il resto non è scienza, è misticismo, fanatismo, malafede nei confronti di una popolazione un po’ troppo credulona e molto delusa e arrabbiata.

Dolcetto

La terra trema di nuovo

Ieri la terra ha tremato per l’ennesima volta. Due forti scosse hanno colpito il Centro Italia, avvertite distintamente a Roma. Io ero in un palazzo pubblico romano in quei momenti, oltretutto sotto un grosso lampadario di cristallo che ha continuato ad oscillare dopo le scosse per almeno dieci minuti.

Mentre iniziavano a trapelare le prime notizie, si parlava di crolli in zone poco abitate, ma si spera che almeno questa volta non vi siano vittime. In tutti questi anni ce ne sono state già fin troppe.

Il terremoto suscita inevitabilmente in me ricordi di infanzia poco piacevoli. Una data difficile da dimenticare, il 5 maggio 1990, di mattina a Potenza. Ero a casa con mio fratello, la scuola era chiusa in quanto seggio elettorale, i nostri genitori erano a lavoro. I mobili della cucina cominciarono a muoversi, io non riuscivo a capire cosa stesse accadendo, mentre mio fratello urlava e mi trascinava verso la porta d’ingresso. Una volta che tutto sembrava finito, uscimmo in strada ad abbracciare i nostri genitori che stavano tornando. La gente era smarrita, erano passati dieci anni dal terrificante sisma dell’Irpinia, chi pensava più a quella terribile insidia che arriva dalle viscere della terra per colpa di una stupida faglia.

Quando la terra inizia a tremare, la sensazione è sempre la stessa: un vuoto allo stomaco, il battito accelerato, la voglia di scappare via e rifugiarsi, dove non si sa. E la paura di perdere tutto in un solo istante, soprattutto le persone care.

Poi, quando accade di notte il terrore è amplificato. Ricordo il sisma dell’Aquila nel 2009, pure avvertito a Roma, che pareva non finire mai. Mi sembra di sentire ancora adesso le sirene degli antifurti delle automobili che di colpo iniziarono a suonare.

Ora sono a casa e non riesco a dormire. A peggiorare la situazione una pioggia incessante. Mi auguro che nelle zone maggiormente colpite il tempo non sia così inclemente, anche perché immagino che la gente non abbia intenzione di tornare nelle proprie case. Almeno non questa notte.

Terremoto sismografo

Quando i fan diventano fanatici

Proprio ieri abbiamo parlato in Community dell’allegria e del bisogno di intrattenersi anche con film, libri, programmi divertenti e spensierati. Ammetto, quindi, senza problemi, che spesso guardo il programma condotto da Carlo Conti in cui i protagonisti si dilettano nell’imitazione di cantanti famosi. Si tratta di un format ben sperimentato nel corso degli anni, anche se in diverse versioni (mi vengono in mente alcuni show condotti da Mike Bongiorno e Gigi Sabani) e il mio interesse per questi programmi nasce soprattutto dalla mia grande passione per la musica.

Tra i protagonisti di quest’anno, vi sono alcune vecchie volpi dello spettacolo e dell’intrattenimento, come Manlio Dovì e Tullio Solenghi, oltre a bravi cantanti e attori, impegnati anche nel musical.

E, infine, il giullare, colui che viene scelto per destare simpatia pur se non molto capace, ovvero Enrico Papi.

Ieri, il simpatico Papi ha avuto l’onere di imitare nientemeno che Justin Bieber, il ragazzetto canterino idolo delle giovanissime, che sciorina in continuazione motivetti leggeri e orecchiabili e si muove sul palco mandando baci a chiunque e ammiccando di continuo, quasi avesse un tic incontrollabile. Da questa mia descrizione si dovrebbe già iniziare a capire che non ho una grande simpatia per questo cantante, ma, ovviamente, non è finita qui.

Justin

L’imitazione di Papi, anche se un po’ scadente, è stata comunque simpatica, anche perché mettersi nei panni di un ragazzino non può che destare ilarità. Purtroppo, però, le fan di Justin, dotate evidentemente di scarso senso dell’umorismo, hanno iniziato ad insultare Enrico sui social definendolo vergognoso e indecente. Un attacco congiunto verso un’innocua e scanzonata imitazione.

Mi stupisco sempre di come le Belieber abbiano la memoria corta sul loro idolo. Mentre loro si dannano per difenderlo a spada tratta e combattere qualsiasi cosa possa turbare il suo bel sorrisino, lui spende in stravizi e trasgressioni i soldi che periodicamente loro gli elargiscono tra dischi e concerti. Certo, non è l’unico cantante trasgressivo e viziato sulla scena musicale, è in bella compagnia, ma in più lui non ha alcun rispetto dei fan. Butta via i loro regali definendoli schifosi, evita in qualsiasi modo il contatto, non vuole nemmeno che le ragazze urlino un po’ ai suoi concerti.

E di certo, senza fan, altro che party lussuosi e donne ai suoi piedi, come minimo andrebbe a pulire i gabinetti o a servire ai tavoli (lavori assolutamente dignitosi, intendiamoci) e non avrebbe alcuno spazio nella musica.

Quello che più mi intristisce è il rapporto morboso che si crea attorno a questi personaggi. Volti carini e motivi intriganti, uniti ad un’attenta gestione del look, permettono di conquistare orde di ragazzine urlanti, che, talmente coinvolte, giurano amore e dedizione ad ogni nuova star, purché abbia i requisiti di cui sopra. La nuova star si sente, quindi, in dovere di condurre un’esistenza sopra le righe perché così ha ancora più fascino (il retaggio del bello e dannato) e le fan continuano a cascarci. E ovviamente guai se qualcuno offende il loro idolo.

Comunque, dopo pochi anni, si ricomincia con un nuovo arrivato. Magari, quello che arriverà dopo sarà un pelino più simpatico, me lo auguro per le povere fan!

Enrico-Papi-Justin-Bieber-Tale-e-Quale-Show

Il panino della discordia

Può un panino creare tanta discordia tra “miti” prelati? Evidentemente sì, considerato che pochi giorni fa è scoppiata una polemica per l’apertura di un nuovo McDonald’s nel rione romano di Borgo Pio vicino San Pietro.

La protesta non coinvolge solo i residenti e i commercianti della zona, preoccupati che l’apertura del fast food possa stravolgere il tradizionale quartiere romano. Anche numerosi cardinali hanno manifestato la loro profonda indignazione, convinti che il McDonald’s possa turbare la tranquillità e la sacralità di quel luogo.

Particolarmente animata è l’arringa del Cardinal Sgreccia che parla di scelta discutibile, in contrasto con le “tradizioni architettoniche e urbanistiche” di una piazza che si affaccia sul Colonnato di San Pietro. Secondo il Cardinale, poi, il ristorante andrebbe a proporre cibi non in linea con le tradizioni culinarie romane e pericolosi per la salute dei consumatori. Al posto di questa mega paninoteca sarebbe stato preferibile utilizzare quegli spazi per attività in favore dei bisognosi.MC San Pietro

Francamente, a mio avviso l’estrema e accorata protesta dei porporati fa acqua da tutte le parti.

Anzitutto, il locale concesso in affitto alla catena americana fa parte di uno stabile di proprietà del Vaticano e gestito dall’APSA (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica). Questo locale, precedentemente occupato da una banca, è rimasto sfitto per molto tempo, considerato che nessuna attività commerciale era in grado di pagare l’elevatissimo canone richiesto. Se i porporati ritenevano davvero che tale spazio dovesse essere utilizzato per attività in favore dei bisognosi, perché lo hanno lasciato vuoto per molti anni e non si sono mobilitati per tempo presso l’APSA? Questa protesta tardiva assomiglia molto ad un tentativo di lavarsi la coscienza: prima nessuno voleva assumersi la responsabilità di non introitare più il canone, preferendo lasciare il locale sfitto e ora si scaricano tutte le colpe sul demonio americano.

Poi, bisogna sottolineare il fatto che sicuramente i prodotti della McDonald’s non sono in linea con la fantastica ed ineguagliabile tradizione culinaria romana, anche perché stiamo parlando di cibo americano. Tuttavia, la Capitale è piena di ristoranti di questo genere, che sfornano cibi “pagani” e “malsani” ad ogni ora del giorno e della notte. Soltanto, nel mio quartiere ce ne sono due, anche se devo ammettere di non avere mai avvertito tutti i disagi di cui si lamentano gli abitanti di Borgo Pio. In ogni caso, non si può non notare che i religiosi si preoccupano del cibo ingurgitato da residenti e turisti con pericolo per la propria incolumità fisica, solo nel momento in cui ciò avviene nei pressi dei loro costosi e lussuosi attici. Di sicuro, finché la catena americana apre fast food in periferia, le loro sensibili narici non corrono alcun pericolo.

Infine, a completare il simpatico quadretto, ecco l’ultima informazione, una vera ciliegina: i cardinali in protesta sono soprattutto coloro che abitano nello stabile e sono stati costretti dall’APSA a sborsare quattrini per ristrutturare il locale poi ceduto al colosso americano. E quando bisogna aprire i cordoni della borsa, si diventa molto nervosi.

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