Un autunno senza castagne?

Le castagne sono indiscutibilmente il simbolo dell’autunno, un vero e proprio dono della Natura, considerato che tale frutto nasce spontaneamente senza particolari interventi dell’uomo. Si tratta, quindi, di un alimento sano, per la cui coltivazione non vengono utilizzate sostanze chimiche.

Vi sono numerosi scritti che attestano che la castagna era conosciuta in Grecia sin dall’antichità. Ippocrate, ad esempio, parlava di “noci piatte” esaltandone il valore nutritivo e lassativo, una volta giunte a maturazione. Invece, Teofrasto, nella sua “Storia delle Piante”, parlava di “ghianda di Giove”, segnalando la presenza di castagni nelle isole di Eubea e di Creta. Le castagne erano conosciute anche nell’Antica Roma, menzionate, tra gli altri, da Virgilio e Plinio il Vecchio.

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Per secoli la castagna è stata la maggiore, se non proprio l’unica fonte di sostentamento per migliaia di famiglie. Attualmente, non è più considerata, ovviamente, un cibo per poveri, ma è divenuta la protagonista di feste e sagre, nonché l’ingrediente prezioso di numerose prelibate ricette.

Infatti, a partire dalla farina di castagne – ottenuta secondo la tradizione macinando il frutto mediante macine di pietra – si possono preparare torte di cioccolato, frittelle, polenta e il famoso castagnaccio.

Io amo in maniera particolare la marmellata di castagne (anche se spesso mi devo accontentare di quella industriale), dal gusto non eccessivamente dolce e ideale da spalmare sul pane o sulle fette biscottate la mattina a colazione. Una vera goduria!

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La castagna è considerata anche un portafortuna, per il suo aspetto doppiamente corazzato. Infatti, lo scudo fornito dal guscio coriaceo che circonda il seme si unisce alla protezione delle spine del riccio. Ricordo, in proposito, che qualche anno fa una vicina di casa, una signora molto simpatica e affettuosa, mi regalò una castagna trovata per caso, che tenni con me come portafortuna per diverso tempo.

Tuttavia, questi ultimi anni non sono particolarmente fortunati per questo prezioso dono della Natura. Ho letto pochi giorni fa una notizia abbastanza allarmante secondo cui un parassita cinese, il cinepide, avrebbe rovinato numerose piante, riducendo di molto il raccolto, che, secondo le previsioni di Coldiretti, sarà nel 2016 inferiore ai 20 milioni di chili dello scorso anno. Ciò, anche a causa della siccità e con la necessità di ricorrere alle importazioni dall’estero (Spagna, Portogallo e Albania).

A quanto pare, questo parassita sta infestando da anni i castagneti italiani, un po’ come la Xylella fastidiosa sta annientando gli ulivi del Salento. Il parassita è giunto dal Sol Levante attraverso gli innesti di castagno importati da Giappone e Cina per rendere più resistenti i castagni nostrani ad un’altra malattia, ovvero il cancro corticale. Quando la cura è peggiore del male.

Nel nostro Paese il mostriciattolo ha avuto mano libera, in assenza di nemici naturali che lo fermassero. Nel 2014, sembrava che la lotta al cinipide fosse a buon punto, mediante un progetto coordinato dalla Regione Piemonte, che ha consentito di riprodurre un insetto in grado di attaccare il parassita, una vespa pure originaria della Cina. A quanto pare, però, la guerra contro il cinipide non è stata ancora vinta. Mi auguro vi siano sviluppi positivi.

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