Le abitudini che ci portano all’infelicità

L’infelicità è un fattore con cui capita spesso di avere a che fare, nel tentativo, a volte vano, di renderla inoffensiva. Una malattia, un evento spiacevole e doloroso o, semplicemente, la sensazione che la nostra vita non giri per il verso giusto, tutto questo contribuisce ad abbatterci e a rendere la nostra esistenza poco serena.

Secondo un recente articolo dell’Huffpost, che cita alcune ricerche universitarie americane, felicità ed infelicità sono collegate solo in parte alle condizioni di vita. In pratica, le persone più ricche non sono tanto più felici. Certamente, se gli studi universitari si fossero limitati a questo risultato, i soldi pubblici sarebbero stati impiegati in maniera discutibile. Avremmo potuto risparmiare i fondi semplicemente richiamando i tradizionali proverbi che ci dicono che i soldi non danno la felicità (anche se rendono più sopportabile la miseria).

Ma, a quanto pare gli studi hanno fatto un passo avanti, affermando che ciò che determina la felicità è il controllo della stessa, considerato che la felicità è l’effetto delle abitudini e delle visioni che gli individui hanno della propria vita. Vengono, quindi, individuate tutte quelle abitudini che ci portano all’infelicità: perdere tempo ad inseguire cose materiali, isolarsi rimanendo a casa, assumere un atteggiamento vittimista, essere pessimisti e lamentarsi, ingigantire i problemi o nasconderli, paragonarsi eccessivamente agli altri, aspettare che succeda qualcosa senza far nulla per migliorare la propria vita.

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Diciamo subito che questi risultati, più che il frutto di una ricerca, assomigliano molto ai consigli di una zia o di una nonna. In ogni caso, rappresentano senza dubbio atteggiamenti che, in una sorta di circolo vizioso, amplificano la nostra situazione di infelicità.

Ho cercato, quindi, di capire se posseggo alcune di quelle abitudine appena elencate. Sicuramente, non ho più come un tempo la smania di inseguire in modo eccessivo le cose materiali e di attaccarmi ad esse in maniera morbosa. Fatta eccezione per i libri, per i quali ho una maniacale dedizione, compensata dal notevole arricchimento interiore che sono in grado di fornirmi.

Ammetto, invece, che quando mi trovo in una situazione particolarmente stressante tendo a lamentarmi, anche se ho la piena consapevolezza che le lagne non servono nulla, anzi peggiorano le cose, per cui cerco di limitarmi.

Il mio pessimismo è, piuttosto, di tipo “scaramantico”, nel senso che spesso mi vengono in mente possibili scenari negativi, con la sottile speranza che il solo fatto di averli immaginati contribuisca a non farli verificare.

É vero, i problemi a volte mi sembrano giganteschi, almeno finché non li affronto di petto e a quel punto capisco di essermi preoccupato per nulla.

La tendenza ad isolarmi, fortunatamente, non mi appartiene molto. Quando mi sento un po’ triste, ho bisogno di un contatto, anche di un semplice messaggio che contribuisce a risollevare notevolmente il mio umore. Ma ovviamente tendo ad evitare di circondarmi di persone che possano trasmettermi sensazioni negative. Piuttosto, amo il confronto con soggetti interessanti con i quali poter arricchire il mio bagaglio di informazioni.

Per quanto riguarda il tentativo di migliorare la mia vita senza aspettare che le cose succedano da sole, diciamo che ci sto lavorando.

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