Referendum, che passione!

Il referendum è uno dei principali strumenti di partecipazione democratica della collettività alle pubbliche decisioni. D’altronde, la nostra storia repubblicana è iniziata proprio con un referendum, quando il 2 giugno 1946 il popolo italiano venne chiamato a scegliere tra monarchia e repubblica.

Da allora, il referendum ci ha accompagnato in tante scelte su temi importanti (divorzio, aborto, finanziamento pubblico dei partiti, e tanti altri), grazie anche alle iniziative di Marco Pannella nella sua continua lotta per il riconoscimento dei diritti civili.

Negli ultimi anni, vi è stata, purtroppo, una certa disaffezione nei confronti di tale strumento, considerato il mancato raggiungimento del quorum in molti referendum abrogativi, sintomo di un malessere generale nei confronti della politica.

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Eppure, nonostante tale disaffezione, negli ultimi tempi proprio un referendum si è posto in maniera decisa al centro dell’attenzione generale. Il Consiglio dei Ministri, infatti, ha ormai stabilito: il 4 dicembre prossimo si svolgerà la consultazione referendaria per decidere se confermare o meno la riforma costituzionale di abolizione del bicameralismo perfetto (e tanto altro). E, ovviamente, già da parecchio tempo si sono delineati i due fronti, del SI e del NO.

Sinceramente, in questo momento non me la sento di esprimere in maniera decisa il mio orientamento verso uno dei due fronti. Ho bisogno di qualche ulteriore approfondimento, anche se posso dire con sicurezza che esiste un punto di questa riforma che desta in me molta avversione (punto poco sottolineato nei vari dibattiti): il palese rafforzamento dei privilegi delle Regioni con autonomia speciale, con un pensiero particolare a quelle del Nord. Ma mi riprometto di parlarne dopo i dovuti approfondimenti.

Di sicuro, la campagna referendaria ha dato il via al “mercato delle vacche”, con il cosiddetto “patto della lavagna”, ovvero l’illustrazione da parte del nostro Premier su una simpatica lavagna dei principali benefici che il Governo intende garantire in questi mesi. Staremo a vedere.

Comunque, non siamo i soli alle prese con i referendum. La Svizzera, il Canton Ticino in particolare, ha deciso di inserire nella propria Costituzione un principio che privilegia i lavoratori svizzeri ai trasfontalieri. Si parla di discriminazione, di rottura dei rapporti tra Svizzera e Unione Europea, con il solito Salvini che festeggia ogni volta che un Paese decide di chiudere le frontiere e di isolarsi, chiedendo a gran voce di prendere esempio.

Io credo che non ci sia nulla da festeggiare. Quando i Paesi si chiudono in se stessi, alimentando lo spirito nazionalista, c’è da aspettarsi solo il peggio, non soltanto sul fronte economico. Ma, come mi capita di ripetere spesso negli ultimi tempi, la Storia non insegna nulla.

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