Le inutili catene di Sanremo

Il Festival di Sanremo, la manifestazione canora più longeva d’Italia, sta per avere inizio, accompagnata come sempre da strascichi infiniti di polemiche. Anzi, quest’anno in fatto di polemiche si stanno battendo tutti i record.

In particolare, a destare scandalo è il compenso che Carlo Conti percepirà per condurre il Festival per il terzo anno consecutivo. Ovviamente, sono pienamente d’accordo sul fatto che 650.000 euro (non solo per condurre le cinque serate, ma anche per tutta l’attività di direzione artistica, occorre precisarlo) rappresentano una cifra che probabilmente un operaio non riuscirebbe a guadagnare nemmeno lavorando tutta una vita. Purtroppo, comunque, le profonde disuguaglianze di reddito sono un fenomeno diffuso in tutti i settori, che non scopriamo soltanto alla vigilia di una rassegna canora. E, a dire il vero, alcuni conduttori in passato hanno percepito compensi molto più alti a fronte di un’attività meno impegnativa senza tutte queste polemiche.

Sanremo 2017

Tuttavia, in queste occasioni, ciò che mi fa innervosire davvero molto è l’indignazione sterile e senza alcuna logica, strillata ai quattro venti e finalizzata soltanto a demolire senza portare vantaggio ad alcuno. Soprattutto, quando chi solleva tale indignazione cerca soltanto di strumentalizzare la sensibilità popolare per acquisire visibilità (la famosa demagogia).

Di fronte alla notizia del ricco cachet e alle relative polemiche, quale brillante idea hanno avuto i sobillatori di popoli che imperversano sui social? Creiamo una catena e convinciamo tutti che bisogna boicottare il Festival e spegnere la televisione. Anzi, bisognerebbe proprio annullarlo e dare i soldi ai terremotati! Peccato che la geniale idea non prenda in considerazione alcuni fattori.

Il boicottaggio ha un senso quando, ad esempio, è rivolto ad aziende che danneggiano l’ambiente, utilizzano manodopera in nero, per evitare che si svolgano attività illegali.

Ma nel caso in esame, il boicottaggio che vantaggi porta? Se davvero si riuscisse a boicottare il Festival, ottenendo per assurdo il suo annullamento, tutti i proventi pubblicitari derivanti dalla manifestazione, erogati dagli sponsor, che in genere coprono le spese (incluso il cachet di Conti), sparirebbero in un soffio. Senza il Festival e senza i relativi proventi non c’è niente per nessuno, né per Conti, né tantomeno per i terremotati.

Ci sono certamente stati alcuni Festival che negli ultimi anni, specialmente per i bassi ascolti, hanno chiuso in perdita. Tuttavia, le ultime due edizioni hanno ottenuto guadagni per circa 6 milioni di euro, secondo gli ultimi dati diffusi dalla direzione di Rai1, e di questo bisogna dare atto al lavoro di Carlo Conti.

Dunque, il tanto ventilato annullamento o boicottaggio del Festival danneggia l’azienda, senza portare vantaggi a nessuno. Anzi, occorre considerare che l’appuntamento annuale attira numerosi turisti, per cui il mancato Festival recherebbe danni a tutte le attività della zona sanremese.

Che Sanremo sia un gran carrozzone, a volte noioso, che punta più sui grandi effetti speciali che sulla vera musica, è un altro discorso. E ognuno è libero di usare il telecomando a proprio piacimento e cambiare canale. Ma far leva sulla coscienza e sulla indignazione popolare con inutili e illogiche catene è solo una mancanza di rispetto verso i terremotati, che avrebbero bisogno, piuttosto, di aiuti concreti e non di un vano ciarlare.

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