In “ricordo” del Presidente Ciampi

È strano come a volte un avvenimento particolare susciti riflessioni inaspettate che, in parte e almeno apparentemente, c’entrano poco con il fatto stesso. La morte di Carlo Azeglio Ciampi, Presidente emerito della Repubblica Italiana, ne è un esempio.

Ciampi ci ha lasciato pochi giorni fa, all’età di 95 anni, e proprio ieri si sono celebrati i funerali, in forma privata, ma con lutto nazionale. L’annuncio della sua morte è stato seguito da immancabili manifestazioni di cordoglio, trattandosi di una figura importante che ha avuto un ruolo di primo piano nel processo che ha portato l’Italia ad entrare nell’Unione monetaria, con l’adozione dell’euro.

Ma, ovviamente, non tutti erano lì a stracciarsi le vesti. L’adorabile Salvini, con il suo savoir-faire da scaricatore di porto (con tutto il rispetto per chi svolge questa mansione), non poteva risparmiare i suoi soliti improperi definendo Ciampi “un traditore dell’Italia”. E qui parte la prima riflessione.

Premetto che, a mio avviso, il rispetto per i defunti non implica necessariamente la loro santificazione, nel senso che non bisogna parlare forzatamente bene di una persona solo perché è morta. Ci si può limitare a tacere, evitando sia atti di inutile ipocrisia che pubbliche offese verso qualcuno che in vita ci piaceva poco.

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Credo, però, che Salvini avesse ben altri motivi per tacere. Come sottolineato dal mio giornalista preferito Michele Serra, è singolare che il capo di un partito, il cui principale obiettivo è la secessione della Padania dallo Stato Italiano, (con palese violazione del principio costituzionale di unità della Repubblica), si spertichi in accuse di tradimento nei confronti dell’Italia. Le offese nei confronti dei meridionali, la creazione dei Ministeri a Monza, il boicottaggio dell’Inno dei Mameli e tante altre perle imporrebbero un decoroso silenzio da parte di politici che continuano a prendere soldi dall’odiato Stato italiano.

Ma come diceva Niccolò Tommaseo, “chi sa tacere, sa anco parlare a tempo”.

La seconda riflessione, invece, riguarda le “morti bianche”. Il caso ha voluto, infatti, che contestualmente alla morte di Ciampi si verificassero due gravi incidenti sul lavoro. Un operaio venticinquenne è morto all’Ilva di Taranto, schiacciato da un rullo, mentre un operaio ATAC di 53 anni è morto folgorato su un treno Roma – Viterbo.

Oltre a queste tremende notizie, mi ha colpito un commento di un utente di Facebook che, pur esprimendo cordoglio per la morte di Ciampi, si sentiva molto più rattristato per gli operai morti che di certo non avrebbero avuto lutto nazionale o bandiere a mezz’asta.

Francamente, io non riesco a dare molta importanza alle bandiere a lutto. Ritengo che il lutto nazionale sia un atto simbolico, certamente dovuto dalle Istituzioni nei confronti di soggetti che hanno ricoperto cariche pubbliche importanti, come, appunto, il Presidente Ciampi.

Ma le morti bianche costituiscono un’assurda tragedia che deve pesare sulla coscienza di chi non garantisce l’applicazione di misure di sicurezza sul lavoro. Quindi, più che il lutto nazionale, che a volte serve solo a lavare le coscienze, le Istituzioni dovrebbero dare alle famiglie delle vittime risposte ad una sola domanda: chi sono i responsabili e pagheranno per la morte di quegli operai?

Morti bianche