ALZI LA MANO CHI, ALMENO PER UNA VOLTA…

Nella giostra maledetta della pandemia, abbiamo cominciato con i negazionisti.
Be’, a dire il vero, si è cominciato un po’ prima, con un’autorità sanitaria che se n’era beatamente “sbattuta” di aggiornare i, pur previsti, piani pandemici (limitandosi a ripresentare misure carenti ed obsolete, copiate, pari pari, da protocolli stravecchi), nonché con un governo svagato, disattento – tanto per cambiare, inefficiente (ricordo che, in quei giorni, l’imperativo categorico era impedire alla destra di aggiudicarsi la regione Emilia-Romagna…) – che se ne stava “sull’albero a cantare” (…o vi piace di più “sul ponte del Titanic” ??) guardando con occhio distaccato e scettico ciò che accadeva in Cina, un posto troppo lontano da qui perché della sua misteriosa pestilenza si avesse a preoccuparsi più di tanto.
Poi, ciascuno di noi sa bene quel che ci è precipitato addosso. Dalla sera alla mattina, abbiamo dovuto imparare a convivere con mascherine protettive (perfino a fabbricarsele, all’inizio, quando erano irreperibili!), con frequenti abluzioni e continue disinfezioni di ambienti e della persona; ma, soprattutto, con il terrore che questo sconosciuto e, forse, imbattibile mostro potesse colpire noi direttamente o uno dei nostri cari, portandoselo via anzitempo. Il concetto di morte, che, nella caducità delle nostre esistenze, non dovrebbe, in fondo, rimanerci mai estraneo, ha iniziato a serpeggiare, all’interno dei nostri pensieri, tanto più insistentemente quanto più ricorrenti giungevano le immagini dei reparti di terapia intensiva degli ospedali, delle mezzo-censurate riprese-tv di pazienti intubati distesi bocconi su barelle equipaggiate come capsule spaziali, delle colonne di camion militari diretti a cimiteri, lontani perfino da un ultimo fuggevole saluto.
Eppure, c’erano i negazionisti. Il virus – dicevano – è solo un’invenzione di cinici e crudeli padroni del mondo che vogliono venderci medicinali, presidi chirurgici, flaconi di amuchina, e tenerci chiusi in un ristretto recinto per controllare ogni nostro movimento.
Certo, l’incapacità e la pavida incertezza del governo ci ha messo del suo ad alimentare queste tesi. Lo ha fatto, all’inizio dell’estate del 2020, avvalorando la convinzione generale che, mutate in meglio le condizioni atmosferiche, tutto quell’incubo fosse sfumato come nebbia al sole, e consentendo alla gente, da settimane confinata in casa, di rimettersi in movimento, indiscriminatamente e scriteriatamente, libera di lasciarsi alle spalle le più elementari misure di prudenza e prevenzione.
…fino a che il morbo si è ripreso la scena per la seconda volta ed in modo più virulento di prima, arrivando a mietere oltre 130 mila vittime.
Poi, è arrivato il vaccino. E, con esso, nuovi motivi di protesta e contestazione. Europa nel caos per gli acquisti, distribuzioni disorganiche e, in certi casi, inique, paurose falle negli approvvigionamenti e, non ultima, la solita annosa disorganizzazione italica, manifestatasi puntualmente anche nella pianificazione delle dosi e delle somministrazioni (ogni riferimento all’idiozia del decentramento regionale, in materia di sanità pubblica, non è affatto casuale, e, al contrario, assolutamente  intenzionale e convinto…). A completare l’opera, fiumi di inchiostro e valanghe di chiacchiere pieni di inesattezze, di notizie infondate, di falsità clamorose, non di rado frutto di opposte visioni da parte di presunti esperti, virologi…, infettivologi…, epidemiologi…, comunque onnipresenti sulle pagine dei giornali, in rete e nei dibattiti televisivi.
Ma, ancora una volta, è stata l’imperizia del governo a creare il danno maggiore, alimentando sfiducia e scetticismo nella popolazione.
1) si doveva dire subito che i vaccini erano insufficienti e farlo apertamente e onestamente, anziché cincischiare nel tentativo penoso di mascherare le inefficienze comunitarie e locali;
2) si doveva destinare le prime dosi disponibili alle fasce di popolazione realmente fragili e in diritto di accesso prioritario alle cure, anziché privilegiare militari, avvocati, magistrati, gente dell’ambiente universitario, spesso con parenti… al seguito;
3) si doveva spiegare in poche parole, inequivocabili, che cosa è un vaccino e che cosa esso rappresenta in termini di profilassi, anziché lasciare che un’informazione, nebulosa e spezzettata, offrisse il destro alle più fantasiose congetture e alle più assurde superstizioni;
4) si doveva dichiarare la vaccinazione OBBLIGATORIA per TUTTI, pena sanzioni esemplari, anziché scaricarsi del peso di decisioni ritenute impopolari, tirando in ballo i protocolli di altri paesi, che, notoriamente, hanno usi, costumi e consuetudini diversi dai nostri, e, a nessun titolo, possono farci da maestri;
5) si doveva ufficialmente dire, senza lasciar alcun spiraglio al dubbio, che l’obbligatorietà del vaccino è prevista dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato, in casi, come quello di una pandemia, in cui sia messa a repentaglio la salute dei cittadini e a serio rischio l’incolumità di questi ultimi;
6) si sarebbe dovuto emanare un apposito decreto che intimasse l’obbligo anche ai soggetti di diverse culture e religioni, eventualmente tentati dall’idea di bypassare la legge;
7) si sarebbe dovuto, ovviamente, istituire organi di controllo puntuali, rigorosi ed infallibili, onde evitare che chiunque contravvenisse a quanto previsto.
Bastava ricordare, con amorevole paternalismo ma con la massima risolutezza, che il frangente era drammatico e che ad un male tanto estremo era compito del governo opporre altrettanto estremo rimedio.
E che totalitarismo dittatura non c’entrano niente con la sacrosanta missione, che i dirigenti di un paese hanno, di tentare il tutto per tutto pur di mettere in sicurezza salute ed economia, anche a costo di disagi temporanei per la popolazione.
E’ evidente che, se si comincia a lasciare al singolo la libertà di non vaccinarsi, nel nome di non si capisce bene quale principio di autonomia di sentimenti ed opinioni, ecco che, inevitabilmente, si verificano squilibri pericolosissimi nel ciclo di gestione di un evento, come un’epidemia, destabilizzante per la salute pubblica, per l’ordine pubblico, per la saldezza delle istituzioni, per l’economia, per l’istruzione, per la convivenza civile. E così sta accadendo. In assenza di obbligo/sanzione, c’è chi puntualmente rifiuta il vaccino per qualsivoglia ragione decida di addurre, la più astrusa e la più bizzarra.
E, quando fosse che il buon senso della maggior parte della gente, che ha compreso i benefici di questa misura di prevenzione, riduce drasticamente il rischio di contagio, ridimensionando il numero di ospedalizzazioni e decessi, che cosa ci s’inventa pur di spingere i recalcitranti ad uniformarsi? Udite… udite…, una certificazione di avvenuta vaccinazione, senza la quale s’interdice finanche la possibilità di recarsi al lavoro…: il green pass (persino il nome è stupido: facciamola finita con questa esterofilia lessicale!). Della serie: con una mano ti do, con l’altra ti tolgo; non ti obbligo a vaccinarti, ma senza le prove che ti sei vaccinato ti rendo la vita difficile…
Si aspettavano redenzione e capitolazione con questa bella pensata i soloni che ci governano…?
Hanno ottenuto il contrario. La gente si è incazzata, perché si è sentita fregata. E adesso si rischia di vedere un paese paralizzato da scioperi, se non in preda a sommosse e violenze, dove entrerà di tutto, non solo l’ostilità al green pass. La rabbia sociale cova da tempo…
D’ altra parte, alzi la mano chi non ha pensato, almeno per una volta: “Chi me lo fa fare di rischiar di beccarmi gli effetti indesiderati del farmaco… e magari finire all’altromondo? Aspetto…, e, quando tutto sarà passato e il pericolo svanito, continuerò a fregarmene degli altri come ho sempre fatto, anzi me la riderò di loro, ligi e obbedienti, allineati e coperti, solerti e scattanti a farsi la puntura perché glielo ha raccomandato papàStato…
‘Chè forse, poi, non è nemmeno così facile pigliarsi il virus…”

UN’OPERAZIONE STRUTTURALE

“L’ho detto e lo ripeto… L’istituzione di un sussidio per chi ne ha diritto è un segnale che contraddistingue il grado di civiltà di un paese”
“Questo vuol dire che sei favorevole al reddito di cittadinanza
“Sono favorevole ad un sussidio per coloro che non hanno reddito, o ne hanno uno che non permette condizioni di vita dignitose; e che, ovviamente, ne fanno richiesta, quindi si sottopongono ad uno scrupolosissimo esame, da parte dello stato, onde verificare che si trovino effettivamente in situazione di bisogno”
“Be’, l’attuale disciplina del reddito di cittadinanza prevede un po’ ciò che tu hai appena configurato”
“Non esattamente. Innanzi tutto, non parlerei di cittadinanza. Il sussidio deve riguardare lo stato di bisogno, non la cittadinanza tout court. E’ ovvio che tra i requisiti del richiedente deve esserci quello di essere cittadino del paese, il che, per esempio, ne assimila automaticamente la posizione a quella di contribuente. Il beneficiario del sussidio deve pagare le tasse come chiunque altro. Ciò detto, per prima cosa, abolirei queste inutili denominazioni demagogiche e propagandistiche, che, tra l’altro, hanno sempre il sapore di qualcosa di transitorio, di sperimentale, quindi di abrogabile. L’aiuto da parte dello stato alle categorie economicamente fragili non deve avere un’etichetta, nè rappresentare un vessillo per questo o quel partito; deve essere un’operazione strutturale, prevista dalla costituzione e non già esposta agli attacchi di compagini politiche che, per finalità non del tutto nobili, possano farne l’oggetto di campagne volte ad un’eventuale sua eliminazione”
“Che cosa intendi per finalità non del tutto nobili?”
“Ad esempio, quella di soddisfare le lagnanze di un elettorato frustrato perché convinto che un reddito debba essere appannaggio solo ed esclusivamente di coloro che ne producano o che percepiscano un salario da lavoratori dipendenti. Ce n’è di gente che mastica male all’idea che il vicino di casa riceva denaro pubblico senza alzarsi la mattina ed andare a lavorare! Ma il sussidio deve avere ben altri scopi. Prima di tutto, comincerei col limitarlo a chi abbia compiuto almeno cinquant’anni: a quelle persone, cioè, che, per ragioni di età, vedano pressochè preclusa ogni opportunità di trovare un’occupazione stabile. Ma anche agli ultracinquantenni che vivono soli, non hanno una famiglia, in quanto privi di un consorte, di genitori, di fratelli, di figli in grado di sostentarli. Non lo darei ai giovani, che possono e debbono lavorare, e, per loro prerogativa anagrafica, accettare qualunque lavoro, fosse anche usurante. Non lo darei a chi ha una situazione patrimoniale florida, quindi tale da procacciare una qualche fonte di reddito, pur in assenza di un introito di tipo tradizionale. Insomma, come vedi, non sarei tanto di manica larga; porrei delle condizioni ben stringenti al suo ottenimento… Però, ne farei uno strumento saldo, solido e sicuro per chi versa in condizioni di necessità. Anche perché lo vedo come un modo per garantire stabilità sociale al paese”
“Ossia…”
“Uno stato non ha interesse a mantenersi in seno un numero elevato di soggetti socialmente disagiati. Ne va della sicurezza pubblica. Quanto più la gente ha di che vivere dignitosamente, tanto più rari sono le tensioni, il malcontento, i disordini che possono turbare la convivenza civile, creando occasioni per infrangere la legge. D’altra parte, un sussidio a nessun titolo può sostituirsi ad un salario, quantunque minimo. Deve essere inteso come un mero aiuto a superare una fase precaria, dal punto di vista economico, dell’esistenza, in vista di un probabile rimpiazzo del posto di lavoro perduto, fungendo da incentivo ad uscire da una fase transitoria della vita. Ma se, sfortunatamente, non vi fosse soluzione al problema della mancanza di mezzi di sussistenza, esso deve rimanere una base certa sulla quale poter contare, al fine di veder garantito, comunque, il diritto a condurre un’esistenza decorosa, pur se frugale”
“Non c’è che dire… Come al solito, sei stato convincente nelle tue argomentazioni”
“Uhm…, dici che posso fare il consulente di Conte e dei cinquestelle…?”

IL MEGLIO DEL MEGLIO

“Che ne sarà dell’Afghanistan?”
“Difficile dire… Colgo segnali di guerra civile. E non sarebbe l’eventualità peggiore”
“Perché?”
“Subire i nuovi padroni del paese, passivamente e pavidamente, da parte di un popolo intero vorrebbe dire accettare una sorte terribile e un ancor più terribile futuro. Se invece, come sembra, si stanno raccogliendo e organizzando truppe, nel Panijshir, sotto la guida di Massoud, con il preciso disegno di opporsi alla logica di quei fanatici integralisti, ciò rappresenta una luce nell’oscurità di questo improvviso ritorno al medioevo. Gli esiti di un’avventura del genere sarebbero del tutto incerti, è evidente, ma la prospettiva di una reazione armata contro i talebani è comunque una speranza per chiunque creda nell’emancipazione di quelle popolazioni, specialmente la componente femminile della società”
“Già. Ma intanto gli occidentali se ne stanno andando definitivamente. Su quegli aerei, siamo ormai al chi c’è, c’è; chi non c’è, non c’è…”
“L’ultimatum dei talebani è fissato al 31 agosto. Biden pare intenzionato a non contrariarli. Mentre, qui in Europa, si fa a gara ad inviar loro intimazioni affinchè rispettino i diritti umani… I talebani dovranno fare…, dovranno attenersi…, dovranno garantire… Figuriamoci…! E in caso contrario…? Gli fanno le tò-tò? Ma via…”
“L’Europa è il solito coro sgangherato di voci inutili e la solita accozzaglia di idee discordanti”
“Oh be’, c’è chi si è subito affrettato a dichiarare che con i nuovi venuti bisogna aprire un dialogo…”
“…per lisciarli per il verso giusto? E magari ricoprirli di denaro sonante pur di evitare che milioni di fuggiaschi invadano il nostro territorio? Alla faccia di tutte le dichiarazioni di solidarietà con quei poveretti!”
“Sussiste anche il pericolo di infiltrazioni terroriste. Pezzi di Al-qaeda sono ancora attivi in alcune zone del paese e, se non sulla stessa lunghezza d’onda coi talebani, sono comunque da questi tollerati, in quanto nemici dell’occidente e della cristianità”
“Così, ecco che compaiono sulla scena cinesi, turchi, sauditi e perfino i vecchi russi…”
“Come dire il meglio del meglio… Se si deve ragionare con governi simili, ho paura che la partita sia persa in partenza. Tutti quei governi hanno enormi interessi in quell’area, per ragioni diverse. Ma tutti sono abbastanza potenti e influenti da poter esercitare pressioni sui coranici nuovi signori dell’Afghanistan. Cosa che non sono in grado di fare gli europei…: l’allegra congrega dell’EU, intendo…”
“Quindi, noi che faremo?”
“Ci scanneremo su come gestire l’enorme massa di richiedenti asilo, che, di qui a poco, si affolleranno alle nostre frontiere. Hai visto come gli sloveni hanno subito rizzato il pelo alla prospettiva di una fiumana di profughi anche solo di passaggio sul loro territorio?”
“Come al solito, il problema sarà di Francia, Germania e della nostra beneamata Italia. In fondo, sono queste le mete ambite per chi fugge in Europa. Non è vero?”
“Di certo, nessuno vuole andare in Russia o in Ucraina o in Albania, ma neppure in Romania o in Portogallo…”
“Insomma, ancora una volta, gli americani ci lasciano a sbrogliarcela da soli, dopo aver fatto più danni che buone imprese”
“Ben ci sta! Ci piace fare i lacchè…? Se almeno fossimo rimasti a casa, avremmo risparmiato soldi, energie e vite umane. Invece, mi ricordo bene articoli di giornale e trasmissioni televisive sproloquiare che andavamo laggiù a portare la pace. Quale pace? Non c’era nessuna guerra tra quelle montagne. Era la guerra degli americani, tutt’al più…, ossessionati a cercar di vendicare l’11 settembre. Ma oggi loro hanno interessi altrove. Hai sentito Biden? L’Afghanistan è lontano dall’America”
“Mannaggia! Ancora una volta è la geografia a fotterci!”

INVISIBILI

“E così il caso-Afghanistan si riappropria delle prime pagine e dei dibattiti televisivi”
“Be’, potevamo illuderci che il ritiro degli occidentali sortisse un risultato diverso? Io l’ho sempre detto che sarebbe andata a finire in questo modo. E non sono Nostradamus…”
“Hai sentito il discorso di Biden? Puro cinismo, secondo alcuni… Ma come dargli torto? In fondo, chi glielo fa fare agli americani di continuare a spendere milioni di dollari per una causa che, secondo il loro punto di vista, è già stata risolta?”
“Alludi all’uccisione di Bin Laden? Sì, in effetti, se l’intento era solo quello di vendicare l’11 settembre, si può dire che l’obiettivo sia stato centrato. Al-quaida è stata disintegrata e cancellata dalla faccia della terra. Si sono presi quella soddisfazione. E’ tempo di fare i bagagli. L’Afghanistan non è esattamente il luogo giusto per soggiornarvi senza una ragione precisa…” “Parlami un po’ di questo paese”
“No no…, troppo impegnativo. E poi le mie conoscenze in merito non sono in grado di tracciare un quadro esauriente. Meglio se ti rivolgi a qualche buon testo da reperire in libreria, o a Wikipedia… Voglio, piuttosto, affrontare il tema della donna islamica. Forse questo potrebbe indirettamente illuminarti sulla realtà di questo luogo, chilometricamente, non così distante da noi”
“Ti ascolto”
“Partiamo dal Corano (sura 24, 30-31).  Di’ ai credenti che abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne.; questo sarà per loro cosa più pura perchè Dio ha consapevolezza di ciò che essi fanno. E di’ alle credenti che abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne e non mostrino troppo le loro parti belle e si coprano i seni di un velo e non mostrino le loro parti belle altro che ai loro mariti o ai loro padri o ai loro suoceri o ai loro figli o ai figli dei loro mariti o ai loro fratelli o ai figli dei loro fratelli o ai figli delle loro sorelle o alle loro serve o alle loro schiave o ai loro servi maschi privi di genitali o ai fanciulli che non distinguono le nudità femminili; e che non battano assieme i piedi sì da mostrare le loro bellezze nascoste…
Come per ogni religione, inclusa la cattolica, le cosiddette scritture sono oggetto d’interpretazione. Ma non è detto che interpretare sia a beneficio della ricerca del bene e della verità. Spesso si fa dire alle scritture ciò che fa comodo esse dicano. Oggi come oggi, il binomio donna-Islam cambia col mutare delle coordinate geografiche. In Tunisia, una ragazza mette rossetto e minigonna; appena poco lontano, in Algeria, viene violentata e squartata in nome di Allah; in Turchia, le donne vanno al potere; in Iran la percentuale di donne che frequenta l’università è relativamente alta; in Afghanistan sono sepolte vive in una specie di scafandro di tela che non lascia loro mostrare neppure gli occhi. Il mondo islamico è talmente vasto ed eterogeneo che le generalizzazioni hanno ben poco senso. Di certo, nessuno celebra l’8 marzo, in quei paesi! Quella è roba per intellettuali occidentali in cerca di redenzione da un passato non poi così tollerante verso la condizione femminile. Nell’universo islamico, comunque, nulla è riuscito mai a scardinare un sistema patriarcale e maschilista, radicato nei secoli, neppure in realtà, come quella turca, dove, negli anni ’30, il perseguimento di una forma laica dello stato, su modello europeo, ha addirittura strumentalizzato i diritti della donna utilizzando l’emancipazione femminile, simboleggiata dall’abolizione del velo, pur di contribuire alla creazione di un’identità nazionale di stampo secolare. La modernizzazione imposta non ha cancellato le tradizioni, spesso appannaggio di realtà tribali. E il fallimento, su molti fronti, non ultimo quello sociale, del modello occidentale ha inevitabilmente riportato in vita le antiche convinzioni, anche in paesi che sembravano essersele scrollate di dosso per sempre. Ad onor del vero, se si scartabella nelle fonti, si scopre che l’Islam dei primi secoli non era così discriminatorio quanto quello di oggi. Le mogli di Maometto accompagnavano spesso il marito in battaglia e lo consigliavano circa le strategie da seguire. Secondo alcuni testi, al tempo del profeta, alcune tribù della penisola araba praticavano addirittura forme di poliandria, in base alle quali una donna poteva contrarre simultaneamente più matrimoni… Cos’è cambiato nel frattempo? La consapevolezza che i due sessi si portano dietro peculiarità molto diverse e spesso inconciliabili tra loro ha spinto le società più arretrate dal punto di vista legislativo a privilegiare il maschio, che può geneticamente permettersi maggior libertà nel rapporto sessuale senza dover troppo rispondere delle proprie azioni, mentre la donna, che dal rapporto può restare incinta, rischia di non essere sempre in grado di garantire al consorte che la futura prole risulti legittima e non già frutto di una relazione extraconiugale. Di qui, l’urgenza di imporre alla femmina ogni sorta di impedimenti affinchè essa possa offrire la massima garanzia di essere la genitrice dei figli legittimi del marito. In questo contesto, rientrano la limitazione nel movimento, il divieto di svolgere lavori istituzionali, l’obbligo di coprire ogni zona del corpo che susciti il desiderio in un altro uomo, fino ad arrivare alle mutilazioni genitali, che spengano il piacere del sesso, al punto di non desiderarlo affatto e ridurre, quindi, al minimo l’eventualità di tradimento ed adulterio, comunque punibili con la morte, secondo la sharìa, ossia la legge islamica riguardante lo status della donna. E così, per esempio, se ad una somala è toccato un pesante velo, che copre il volto, ma lascia liberi almeno gli occhi, ad un’afghana è imposto il burqah, che, pur rimanendo un velo, prevede però una specie di grata di corda, che copre tutto, sguardo compreso”
“Un destino davvero crudele, non c’è che dire!”
“…che riguarderà verosimilmente ogni esemplare umano di sesso femminile, d’ora in avanti, nell’emirato fondamentalista dei talebani, all’indomani del loro trionfale ritorno al governo dell’Afghanistan lasciato solo dai contingenti occidentali”
“Donne invisibili…”
“Donne negate nel corpo, ma anche nella loro storia e nella loro dignità di cittadine”

LA SCOMPOSTEZZA ed UN RICORDO LONTANO

“Qualcosa non ti è andato giù a proposito delle esternazioni di giubilo da parte di qualcuno dei vincitori italiani di medaglia d’oro a queste ultime Olimpiadi?”
“Guarda. Voglio raccontarti una storia talmente lontana nel tempo da poter essere definita antica
“E c’entra qualcosa con le gioie olimpiche un po’ troppo sfrenate viste in TV, ah ah ah…?”
“Assolutamente! Ascolta e giudica tu stesso”
“Ehilà! Sono tutto orecchie…”
“Ero poco più che un bambino, quando si trattò di sostenere l’esame di ammissione al Liceo Classico di Pisa. Come forse sai, il corso liceale classico, allora, si articolava in due fasi ben distinte, Ginnasio e Liceo propriamente detto, ciascuna avente come epilogo di un periodo di studi – rispettivamente di due e tre anni scolastici – un esame finale dinanzi ad una commissione esterna. In quel caso specifico, in qualità di uscenti del biennio ginnasiale, dovemmo essere valutati, appunto, dai professori del Liceo. Come ti ripeto, ero un ragazzetto di quindici anni, appena compiuti. Alla nostra sezione era toccato un certo esaminatore, la cui fama di austerità, severità ed intransigenza travalicava persino le mura del nostro stesso istituto. Eravamo a metà dei ’60, e la scuola era ancora qualcosa di estremamente serio. Lo era in un luogo come Pisa, ad esempio, dove fasti, fama ed atmosfera di una città dalla tradizione universitaria plurisecolare – per di più, sede di un tempio per la formazione di veri e propri geni, come la Normale Superiore – finivano per influenzare anche gli istituti di istruzione secondaria, nei quali la didattica assumeva caratteristiche assai elevate, rispetto a quanto veniva impartito nelle corrispondenti classi di molte altre città del paese. Insomma, quella mattina dovevo confrontarmi con quello spauracchio d’insegnante di latino, il cui solo incedere, a passi spediti per i corridoi, faceva rabbrividire, prima ancora del pensiero delle domande, su grammatica sintassi e letteratura, che avrebbe potuto porre. Ero tesissimo. Sapevo di aver fatto uno scritto assolutamente accettabile, ma l’imminente interrogazione mi terrorizzava. Mia madre, la sera prima, dinanzi all’ulteriore richiesta, da parte mia, di risentirmi, per l’ennesima volta, spezzoni di programma a caso, quando ormai stava suonando mezzanotte, m’intimò di chiudere i libri ed andare a dormire, ‘chè, tanto – sentenziò – a quel punto, quel che sapevo, sapevo…, e la mia testa era talmente nel pallone, da non consentire più alcun ragionamento lucido e sensato. Ebbene, il mattino della prova orale, alle 8,30, fu effettuato il sorteggio tra i candidati previsti per quella giornata. Risultai l’ultimo della lista. Ciò, sulla base di quel che si era verificato il giorno precedente, significava attendere fin quasi alle una. Attendere e friggere sulla graticola… Come giunse il mio turno, ero ormai una corda di violino, quasi fuori della realtà per la tensione – per giunta, per nulla rassicurato dalle facce e dai commenti insoddisfatti dei miei compagni, che, via via, vedevo uscire dall’aula del colloquio”
“Madonna! Dev’esser stato un tormento!”
“ Uuh… Me lo ricordo come fosse adesso, credimi! Insomma, fu chiamato il mio nome, e mi ritrovai seduto dinanzi all’arcigno cattedratico, in uno stato d’animo simile a quello di un astronauta che fluttua all’interno della propria capsula senza poter poggiare i piedi per terra. L’uomo mi fissò dritto negli occhi e, con voce severa, tuonò: Dulcis in fundo. Riuscii, tuttavia, a parare il colpo, con la rapidità di uno schermidore in pedana, e, sfoderata una reminiscenza degli epigrammi di Marziale, che giudicai, ad occhio e croce, opportuna alla circostanza, ribattei, con un’inflessione ironica della voce: Venenum in cauda”
“Bravo, caspita! Riuscire a trovare lo spirito per ironizzare sul paradosso del finale, in quei momenti… Il destino della cosa ultima, non è vero? …che può essere dolce, come, generalmente, ci si aspetta, avendola gelosamente conservata; ma che può, invece, nascondere un’amara sorpresa, proprio come lo è il veleno contenuto nella coda del serpente”
“Bravissimo! Proprio così! E questa mia uscita colpì tanto favorevolmente il mio temuto interlocutore, da renderlo, d’un tratto, gioviale ed amabile, come mai mi sarei aspettato. Iniziò, dapprima, con il complimentarsi per il buon scritto che avevo fatto qualche giorno addietro, quindi m’invitò a disquisire di un qualsivoglia argomento mi andasse di illustrare, cosa che si trasformò ben presto in un cordiale scambio di opinioni, tanto compiaciuto da parte sua quanto ricco di ogni sorta di riferimenti e richiami letterari e lessicali appropriatamente addotti da parte mia, sulla scorta della grande sicurezza di me, su cui adesso potevo contare, e che non poteva non derivare dalla conoscenza del materiale scelto. Per farla breve, fu un trionfo. E, tra le prove d’esame fino a quel momento svoltesi, il professore dichiarò la mia come quella più meritevole di un’alta valutazione”
“Cavoli…! Con quel veleno, lo disarmasti, letteralmente…!”
“Be’, fui fortunato a trovare l’appiglio giusto, mettiamola così. Però, effettivamente mi ero molto preparato. Avevo studiato molto”
“E poi…?”
“Al termine dell’interrogazione, uscii dalla stanza e trovai mia madre nel corridoio, che, nel frattempo, aveva raggiunto l’istituto e mi attendeva, fuori della porta, insieme col mio compagno di classe del cuore e la di lui genitrice, anch’essi venuti con l’apprensione e la curiosità di vedere come l’esame mi fosse andato. Dissi che ero soddisfatto, avendo ricevuto anche i complimenti dell’esaminatore; baciai teneramente mia madre e, tra composti sorrisi e sommesse esclamazioni, lasciammo in gruppo l’edificio. Tutto lì. Nessuna particolare esultazione. Ricordo che, nel punto in cui le strade di casa si dividevano, il mio coetaneo allungò il braccio per stringermi la mano. Ecco, vedi, questo era il modo sobrio e misurato con cui… non un uomo, bensì un fanciullo di pochi anni reagiva ad un successo e ad un consenso conseguiti, dopo molti sacrifici e molta tensione accumulata”
“E già… Di certo non ti rotolasti sul pavimento di quel corridoio come un indemoniato di fronte all’esorcista, e non ti abbandonasti ad evoluzioni scimmiesche, balzando da una parte all’altra con le braccia protese verso il nulla e gli occhi fuori dalle orbite…”
“Oh no, davvero…! E neppure cacciai grida isteriche, come una strega condotta al rogo”
“Allora, credi ci sia stato qualcosa d’inappropriato nel contegno di un atleta azzurro, vincitore di medaglia d’oro?”
“Sì. Qualcosa di eccessivo, di becero, di volgare, come solo questi tempi, fuori di ogni freno e di ogni misura, possono dispensare. Un segno di cattivo gusto e di egoismo, in conflitto perfino con lo spirito sportivo… Una grottesca parata di ululanti dimenamenti senza cura e rispetto, in primis, per chi non ha ottenuto tanto e forse era ugualmente meritevole. Uno spettacolo indegno, insomma! Una vergogna per chi, per età e finanche per il ruolo che ricopre nella vita, vestendo la divisa di un corpo militare dello Stato, dovrebbe aver imparato che esultare per un successo conseguito può e dovrebbe mantenersi su livelli di maggiore compostezza e dignità”
“Eh sì, son d’accordo con te. E, dimmi, fu di parola, il professore? Ti dette poi un buon voto?”
“Ebbi 8 in latino. Qualcosa di stratosferico per uno studente del Liceo-Ginnasio Galilei di Pisa, nel 1964”
“Bello il tuo ricordo di scuola”
“Roba lontana. Di un tempo antico, te l’ho detto”

MA COSA CREDEVANO…?

“Ah Ah Ah Ah Ah…”
“Cos’hai da ridere?”
“Ah Ah Ah…, mi fanno ridere questi papaveri dei partiti di governo”
“Ma cos’è che ti suscita tanta ilarità?”
“Insomma… Deluso il leghista… Stupito il leader in pectore dei cinquegrilli… E’ il drago che li spiazza regolarmente, ogni volta che c’è da prendere una decisione cruciale… Che diamine! Ma cosa credevano? …che veramente ci sia tutto questo tempo per star a sentire ogni singola loro rivendicazione? Starebbe fresco… Quello va avanti per la propria strada, tranquillo e sereno. Fa delle conferenze-stampa stringate…, dice quattro frasi asciutte senza fronzoli, proprio per non dare adito a dubbi e per non lasciar spazio a discussioni, laddove si è già deciso ciò che si voleva decidere. Mi meraviglio del disappunto che questi signori manifestano, come se non sapessero ancora con chi hanno a che fare. Buone occasioni per tacere. Ma, si sa, è sempre la mediocrità a gridare più forte”
“E’ vero. Ma com’è…? Salvini si aspettava che gli telefonasse prima di emanare il decreto con cui si istituisce la certificazione verde a partire da agosto? Per chiedergli che cosa?”
“Poff… Si danno un’importanza…, mentre lui non li vede nemmeno! Figurati se è interessato alle chiacchiere di Salvini! Mattarella l’ha messo lì perché emergenze e riforme vengano gestite secondo criteri prestabiliti, e lui si consulta solo con tecnici e cabine di regia create ad hoc. Del resto, ha spiegato bene che, a fronte di un’economia che ha ripreso a correre, non ci si può certo permettere di fermarne la corsa con eventuali nuovi lockdown
“E i cinquegrilli, come li chiami tu…?”
“Anche loro sarà bene che se ne facciano una ragione… La riforma del caro Bonafede verrà soppiantata da quella della ministra Cartabia. Stop! Il drago ha già di fatto blindato il testo, e non saranno ammessi rimaneggiamenti. Tutt’al più, qualche modifica di ordine formale… Come dire…, possiamo emendare il testo sostituendo le virgole con i punto e virgola. Ah ah ah… Loro ci provano a fare la voce grossa, ma non hanno la forza di incidere in modo determinante. Troppo poca coesione tra di loro… Ed anche in questo caso, le argomentazioni del premier sono inoppugnabili. Il processo deve ridimensionarsi nella durata. Questo è il dictat di Bruxelles se si vuol mettere le mani sul malloppo del recovery fund. O bere o affogare”
“Mi pare che la storia della durata del processo prenda le mosse dalla necessità di tutelare investitori e multinazionali operanti in questo paese. Ecco perché sta tanto a cuore all’Europa. Forse i cinquestelle potrebbero ricordare a Draghi che le multinazionali chiudono i battenti e se ne vanno, anche senza l’esito di un processo, breve o lungo che sia… Evidentemente, si è lasciata loro questa possibilità… Ora, non sarà che per compiacere costoro, la Cartabia fa indirettamente un favore a tanti furbacchioni disonesti di casa nostra?”
“Giusta osservazione! Ma allora Draghi dovrebbe andare a ridiscutere le condizioni di erogazione dei fondi con l’EU…!? Uhm…, per quanto incrollabile sia il mio ottimismo, dubito che prenderebbe, anche lontanamente, in considerazione un’eventualità del genere!”

MEDIAZIONE

“Che fai?”
“Vado sul dizionario della Lingua Italiana…”
“Oh bella!”
“…a verificare quale sia il reale significato della parola mediazione
“E perché mai!?”
“Perché la sento tirare in ballo un po’ troppo, ultimamente…, e, come ben si sa, le mode lessicali nascondono spesso equivoci mastodontici, oltre a non piacermi per niente per questione di principio”
“Dunque…”
Mediazione: s.f.: 1 opera o attività del mediatore; esiste anche un’accezione figurata, secondo cui per mediazione s’intende anche il compenso spettante al mediatore”
“Ok! Allora chi è un mediatore?”
“E’ colui che si presta ed è di aiuto nel raggiungimento di un accordo o di un compromesso”
“Entrambi i termini derivano dal sostantivo medio, suppongo”
“Corretto. Ma anche da media, come la media aritmetica. E, senza che perdiamo tempo a definire anche queste due ultime parole, basti tenere a mente che occorre partire da un ragionamento preciso, basato sul concetto di posizione occupata fra due estremi, laddove questi ultimi rappresentano, come è noto, l’aspetto vizioso. Se lo facciamo, potremmo scoprire, per esempio, che la mediazione non è un imporre il proprio punto di vista, o il proprio tornaconto, a spese della logica, del buon senso o del bene comune”
“Tu vuoi dire che in molti casi mediare non significa spacchettare un problema in più quote, in modo da offrire un qualche vantaggio a ciascuna delle parti in conflitto, affinchè si accontenti e cessi di operare ostruzionismo nei confronti delle altre…”
“Proprio così! Compito del mediatore è individuare dove stia il comportamento virtuoso, senza propendere né per l’uno né per l’altro dei contendenti”
“Fammi degli esempi”
“Devi sempre partire da un concetto di base: la posta in gioco non deve mai essere la soddisfazione dei contendenti – se poi lo è, tanto meglio! – bensì l’utilità, il bene in senso assoluto. O, per lo meno, qualcosa di molto vicino ad essi. Mediare non vuol dire cedere. Vuol dire persuadere. Dunque, io non sarò un buon mediatore se, per far contento Salvini, acconsento a derogare ad elementari misure di sicurezza e prevenzione, mettendo a repentaglio la salute di intere categorie di cittadini; e, parimenti, non adempirò al mio compito di buon gestore della cosa pubblica se mi piegherò al capriccio di un bizzoso, quanto sussiegoso, giocatore di calcio, favorendone l’attuazione di un piano pericoloso, in aperto contrasto con disposizioni già in vigore, pertanto da non mettere in discussione. Questo perché il nocciolo della questione non è il compiacimento di Salvini o del difensore della nazionale, ma la garanzia che, in qualsivoglia situazione, certe disposizioni e certe decisioni, a suo tempo dibattute e poi adottate, vengano effettivamente fatte rispettare”
“Quindi, tu ritieni che, nella gestione di questa pandemia, si perseveri nel mediare nella maniera sbagliata?”
“Assolutamente! Una concessione di troppo…, un attimo di semplicioneria…, un abbassamento della guardia sconsiderato, tanto per dare un colpo al cerchio ed uno alla botte e far contenti tutti, può risultare in un epilogo fatale, al punto da riportarci bruscamente indietro di molte caselle, come in un tragico giuoco dell’oca, nuocendo all’intera comunità e a coloro che hanno sostenuto sacrifici enormi pur di mantenere un comportamento virtuoso”
“La questione è, comunque, ben più generale…”
“Oh sì, non sto pensando solo alla pandemia. Penso a qualunque situazione in cui si privilegi di dar soddisfazione ad un interesse singolo piuttosto che ad un interesse comune, come se, ad un certo punto del percorso, ci si pentisse, tutto d’un tratto, d’esser stati troppo categorici e severi, e si ripiegasse verso l’accomodamento che dia un contentino a ciascuno, in nome dello statu quo e del quieto vivere”
“Non sarà forse questa la fine che farà il disegno di legge-Zan?”
“Temo di sì. Ecco, quello è un chiaro esempio di come il concetto di mediazione venga frainteso, stravolto, mistificato. Che ce ne faremo dell’ennesima legge che non risolve il problema alla radice? Faremo felici i fascistelli sediziosi e ignoranti? O i padani beceri e rozzi? O i baciapile bigotti ed ipocriti? Tutto a spese della crescita sociale e dello sviluppo intellettivo, che rimarranno, ancora una volta, miseramente inattuati, sacrificati sull’altare dell’interesse di pochi a mantenere il controllo sulle menti dei più. Altro che liberticidio! Non c’è peggior forma di schiavitù che quella di rifiutare di pensare con la propria testa!”
“…e delegare di farlo alla dirigenza del partito, che, magari, votavano i nonni buonanima…”
“Ah ah…, ogni tanto, hai qualche uscita davvero esilarante!”

L’IGNORANZA

“Il ddl-Zan è molto contrastato in parlamento…”
“Dalla destra! …e dalla Lega, ovvero dalla quintessenza dell’oscurantismo e della grettezza”
“Pare sia un disegno di legge confusionario…; scritto male; insomma, con molti punti controversi”
“Per quel che ne so, è una proposta di legge che prevede sanzioni per chi discrimina, dileggia ed insulta omosessuali e gente di colore, nonché soggetti di confessioni religiose diverse dal cattolicesimo”
“Sì, ma non esistevano già, nell’ordinamento penale, articoli a tutela di quelle categorie?”
“Esistono le norme generiche. E’ ovvio che l’omicidio, le lesioni e l’oltraggio alla rispettabilità del singolo sono, da sempre, fattispecie, oggetto di sanzioni da parte del legislatore. Ma la novità di questa legge è allargare il campo della responsabilità penale, nei casi in cui si commettano reati in nome della discriminazione, in qualunque forma essa si manifesti. Inoltre – ed è questa la peculiarità rivoluzionaria del progetto – ci si propone di prevenire il crimine, formando una mentalità diversa, più aperta ed evoluta, a cominciare dagli anni più verdi dell’individuo, quindi dai banchi di scuola”
“Già. E’ forse quest’ultimo l’aspetto che non va giù ai conservatori…”
“…e nemmeno ai preti, a quanto pare!”
“Perché, secondo te?”
“Oh, è presto detto. L’ignoranza è sempre stata l’ingrediente principale della ricetta adoperata dal potere per mantenere la gente sotto il tallone del piede e ridurla al proprio volere. Il potere ecclesiastico non fa eccezione, e la religione cattolica, poi, si fonda su un’infinità di precetti – i cosiddetti dogmi – che i credenti pigliano per buoni senza fiatare. Se tu incominci a sovvertire questa ferrea regola, introducendo nelle scuole un insegnamento specifico, finalizzato a spalancare un mondo di realtà totalmente diverse da quelle inculcate fino ad oggi da genitori, famigliari, amici, maestri, tutori, divulgatori, media, ecc… ecc…, è ovvio che un buon numero di biechi conservatori si rivolti come una biscia. Il potere si nutre dell’ignoranza delle masse. Ha sempre tutto l’interesse a contrastare il libero pensiero”
“C’è chi sostiene che nelle scuole potrebbero venir inculcate le pratiche sodomite”
“Ah Ah Ah…! Te l’ho detto…, qui si ha a che fare con degl’imbecilli, e l’imbecillità è una bestia che non sai mai come gestire, poiché si manifesta sempre senza che si riesca a stabilire se è vera o presunta. Così, c’è chi utilizza ogni mezzo pur di lasciare tutto com’è e preservare i propri interessi, e chi effettivamente crede che, magari, l’omosessualità possa essere insegnata su un manuale, come se fosse un mestiere… ”
“Quindi, se, come vogliono le destre, questo disegno di legge fosse depurato della parte riguardante il coinvolgimento didattico, perderebbe di significato”
“Soprattutto, perderebbe di efficacia, finendo veramente col diventare un duplicato di ciò che già è contenuto nel nostro ordinamento. Le destre conservatrici, astute ed egemoni, lo sanno bene e fanno di tutto per mettere i bastoni fra le ruote”
“…coadiuvate dal Vaticano”
“Oh be’, il Vaticano è sempre andato a braccetto coi fascistoidi. E’ una questione di affinità elettive… Non per nulla, si sono preoccupati di puntualizzare che la loro contrarietà al progetto risiede nel dover essere eventualmente costretti ad adeguare l’insegnamento nelle loro scuole al nuovo corso”
“Il che vorrebbe dire dover ammettere, per esempio, che gli ebrei non sono i cattivi che hanno ammazzato Cristo, e che gli omosessuali non sono coloro che rifiutano di procreare, per darsi al vizio e alla lussuria”
“Vorrebbe dire riconoscere finalmente che nel creato esistono gli uni ed esistono gli altri, proprio come esistono il biondo e il moro, il bianco e il nero, e che tutto ciò va riguardato con naturalezza e rispetto, comportandosi secondo quanto la natura ci mostra e ci insegna, con le sue molteplici espressioni, tutte ugualmente legittime e tutte ugualmente in armonia le une con le altre, senza insudiciare queste ultime di ipocrisia e falsità”

VACCINI E ARROGANZA

“So che hai molto da ridire su questa campagna vaccinale”
“Corretto”
“E che cos’è che non ti piace?”
“Praticamente tutto. Dal caos dei centri di somministrazione… al modo arrogante con cui, come al solito, si pretende dal cittadino di mettersi a disposizione di un protocollo che tiene conto esclusivamente delle esigenze delle regioni e delle aziende sanitarie”
“Spiegati meglio”
“Allora, cominciamo dalla comunicazione, sempre carente in questo paese, dove il concetto di organizzazione pare del tutto estraneo a chi dovrebbe avere a cuore il funzionamento delle cose. Punto primo: il centro vaccinale dovrebbe trovarsi a non più di un paio di chilometri dall’uscio di casa tua; trovo assurdo, nonché irrispettoso nei riguardi del cittadino, costringere quest’ultimo ad un vero e proprio viaggio, per recarsi a ricevere un’iniezione. Ciò significa che sarebbe stato opportuno coinvolgere i medici di base nell’operazione, distribuendo loro dosi compatibilmente con il numero dei pazienti e delle fasce di età. Il medico avrebbe fatto richiesta al punto di stoccaggio e conservazione dei flaconi, giorno per giorno, a seconda di quanti soggetti avessero dato la propria disponibilità all’inoculazione, una volta preventivamente contattati ed interpellati. Che il singolo ambulatorio disponga di uno o più infermieri è totalmente superfluo, dato che il medico stesso è in grado di praticare una banale iniezione nel braccio”
“Eh sì, ma questo presuppone tutto un lavoro a monte, circa l’istituzione di luoghi di distribuzione dei vari preparati ufficialmente approvati dagli enti preposti, la piena disponibilità dei preparati stessi presso ciascun punto di stoccaggio, nonché un conteggio con buona approssimazione delle dosi necessarie ad una determinata area, in modo da soddisfare le varie richieste giornaliere. Quindi, anche una rete di trasporto. Insomma…, una gigantesca macchina organizzativa!”
“Esatto! Che cosa ci stanno a fare i commissari, le a.s.l. e gli ospedali…? Si parla di organizzazione, sì. E’ tanto strano? Per il paese dei cachi, forse lo è… Scusa, come fanno ad arrivare i medicinali mancanti alle farmacie? Non è praticamente lo stesso meccanismo? E non è forse vero che, quando vogliono il tuo voto, i seggi elettorali sono ovunque, a due passi da casa. Com’è che per vaccinarsi un anziano deve sottoporsi ad una trasferta di decine di chilometri, e magari costringere un famigliare a prendere un permesso al lavoro per accompagnarlo…? Ti pare sensato? Ma, soprattutto, ti sembra giusto?”
“In effetti…, non hai tutti i torti”
“Invece, l’arroganza di chi dispone e decide lascia tutte le grane al cittadino, che, disorientato e male informato, deve districarsi in mezzo ad un mare di problemi”
“Uhm… E c’è un punto secondo…?”
“Ovviamente! Punto secondo: la sconfitta della pandemia è interesse e compito dello stato, non della gente. Pertanto, è lo stato che, attraverso le sue numerose emanazioni, deve mettere a disposizione ogni mezzo possibile per preservare la salute delle persone, cominciando proprio dall’offrire loro una corretta informazione, nonché gli strumenti per accedere alla vaccinazione in modo semplice efficiente e rapido. E ciò che ho menzionato poc’anzi mi parrebbe la via più giusta da percorrere. Al contrario, ci si aspetta che sia il singolo a mettersi in contatto con, spesso, non si sa bene chi o che cosa, a sottoporsi alla tombola delle prenotazioni, non di rado non andate a buon fine, a peregrinare alla ricerca disperata di dritte e suggerimenti, dato che, sfortunatamente, tutto ciò che si evince dai media è approssimativo, generico e confuso. Ma insomma…, qui si pretende che ciascuno disponga almeno di quattro cose imprescindibili: un computer, una stampante, una buona connessione ed un’abilità informatica almeno basilare. Devi registrarti su un qualche sito – e, con l’occasione, farti una bella scorpacciata di cookies… – dopo di che, devi andare alla ricerca della pagina e del tasto che t’indirizzino allo spazio in cui prenotarti. Ammesso, e non concesso, che tutto fili liscio, senza intoppi, ti verrà comunicato che riceverai un sms con luogo, giorno, ora e prodotto, il che potrà avvenire anche l’indomani, alla faccia di tutti gli impegni che avevi preso in precedenza. Ma, nel frattempo, ti inviano un grazioso link, ove poter scaricare e stampare un fascicolo di fogli da riempire, per essere consegnati al personale del punto vaccinale stabilito, nel quale non manca – potrebbe mai…? – una ricca dichiarazione di assunzione di rischio, per eventi malauguratamente avversi, attraverso la quale sollevi medici, infermieri, struttura, ospedale, a.s.l., regione, stato e compagnia-cantante da qualunque responsabilità. E’ chiaro?”
“Uhm, sì sì… D’altra parte, la gente aspettava il vaccino come la mano di Dio, per uscire finalmente da questo incubo che ci perseguita da più di un anno e mezzo… Ci bombardano ogni giorno con trionfali notizie circa le riaperture ed il ritorno alla vita, grazie agli effetti benefici della vaccinazione…”
“Ah ah ah! E tu credi che sia finita qui? T’illudi che stavolta basti un forellino nel braccio perché ci si possa abbandonare ad ogni sorta d’insanìa, tra viaggi, feste, balli ed ammucchiate? Ne riparleremo il prossimo inverno. Anche l’anno scorso pensavamo che, a giugno, fosse tutto alle spalle…” “Non mettermi ansia, per favore!”
“Per carità! Buon ritorno alla vita!”

LA BEFFA DELLA MEDAGLIA D’ARGENTO

“Ho sempre sostenuto che le medaglie d’argento siano motivo di enorme frustrazione in chi le consegue”
“Già. Peggio di quelle di bronzo… E simili, almeno per quanto riguarda la delusione che rappresentano, a quelle cosiddette di legno”
“Proprio così! Le une sentenziano una mancata vittoria…, le altre un podio sfuggito per un pelo…”
“Eh eh, ma a che cosa stai pensando, in particolare?”
“Alle polemiche seguite all’affermazione del gruppo dei Maneskin all’eurofestival, quindi al ritorno dell’Italia sulla vetta d’Europa, …almeno per quel che concerne la musica pop”
“Ah, è vero! Sembravano dettate da un moto di stizza momentaneo, originatosi nell’equipe dei francesi, che, dopo aver pregustato la vittoria, nel corso dello svolgersi della votazione delle giurie professionali, si son visti soffiare il primo posto dai nostri rockettari, stravotati dal pubblico degli smartphone”
“Eh già… Sembravano… Invece hanno avuto un seguito su molti rotocalchi d’oltralpe, in cui si insiste ancora sul misterioso gesto del vocalist del gruppo romano, che, secondo quei fini analisti dell’umano motteggio, tradiva una furtiva, quanto colpevole, sniffata; quindi, una sua attitudine all’uso di droghe…”
“Il che avrebbe dovuto infliggere una squalifica ai nostri, ed incoronare, di conseguenza, la France
“Beninteso! La questione è stata irreversibilmente risolta ipso facto, ad opera della commissione che ha esaminato il caso, anche in seguito alla disponibilità offerta dal giovane di sottoporsi ad analisi specifiche. Ma, siccome quest’ultima verifica non si è svolta in terra d’Olanda, bensì in Italia, un giorno e mezzo più tardi, i maliziosi cuginetti continuano a gridare all’imbroglio, e rivendicano la vittoria”
“Uuuh, che tenerezza mi fanno! Proprio stavolta che, dopo anni di brani all’insegna della contaminazione di stili – molto più Antille che chanson – erano tornati a puntare sul classico, ed avevano portato un clone della Piaf, tutto gorgheggi e cinguettii, a ripetere ad libitum una delle loro interiezioni più distintive – voilà, appunto – prima sussurrata e poi urlata in uno di quei crescendo tipici della loro tradizione canora. Si dà il caso, però, che abbiano dovuto cedere il passo ai fragorosi e certamente meno canonici vicini di casa, da sempre guardati con sussiego e puzza al naso. Ti dirò, l’aspetto più divertente, e davvero esilarante, dell’intera serata è stato vedere i sorrisoni sulle facce della brunetta francese e del cicciottello svizzero mano mano smorzarsi, non appena hanno cominciato a fioccare i voti del pubblico. Me la sono proprio goduta!”
“Mah, dev’essere stata una delusione cocente, a quanto pare… Non la finiscono più di far polemica! Ad un certo punto, bisogna anche saper perdere. No? E poi, si sa benissimo come funziona il meccanismo della votazione. Due anni fa, Mahamoud, che, nelle preferenze dei giurati, non era tra i primi, risalì la classifica proprio grazie al televoto. Comincio a pensare che, in tempi di post-pandemia, dove c’è necessità per tutti di rimpinguare il p.i.l. nazionale, sia divenuto essenziale perfino poter organizzare un evento come l’eurofestival, pur di attrarre sul proprio suolo gente da tutto il mondo. E questa è un’opportunità che dispiace perdere” “Certo che sì. Il disappunto per il mancato obiettivo di riportare la chanson sul punto più alto del podio è senz’altro secondario rispetto all’occasione, perduta, di poter vendere il paese, non solo alle delegazioni partecipanti alla manifestazione, alle troupe televisive ed a tutti gli addetti ai lavori, ma anche e soprattutto a coloro che, seguendo l’evento in televisione, si farebbero prendere dalla voglia di effettuare vacanze ed escursioni nella nazione dei galletti. Il turismo ha sofferto moltissimo in questo ultimo anno, in Francia come altrove; e adesso sono gl’italiani ad avere il pretesto per riagguantarlo, complice anche l’organizzazione della kermesse europea. Uno smacco difficile da mandar giù!”
“Ma poi…, scusa, che cosa c’entra la droga? Ma davvero il regolamento del festival è talmente ipocrita da prevedere una squalifica per un artista che venisse sorpreso a farne uso? Una rock band, poi… Te l’immagini degli scalmanati rockettari, con il rimmel agli occhi, paludati di lustrini e con le facce truci farsi di latte e biscotti? Andiamo… Ma in che mondo vivono!? Politically correct a parte, bisogna trovare argomenti migliori, se non si riesce a digerire una sconfitta…”
“L’eterna beffa dei secondi…”
“La beffa della medaglia d’argento!”