Il meteo e il destino dell’uomo

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Continuavano a sbagliare le previsioni. Disponevano di satelliti, computer intelligenti dalla strabiliante capacità di calcolo, sofisticati algoritmi e dati statistici puntuali (relativi agli ultimi cento anni e passa). Potevano seguire grazie ai satelliti i movimenti delle masse nuvolose e delle perturbazioni al seguito o testare la stabilità del campo di alta pressione che aveva messo radici in una certa zona. Erano in grado di misurare con precisione velocità e direzione dei venti, grado di umidità e temperatura a varie altitudini e financo nell’atmosfera. Eppure le previsioni erano sovente sbagliate. Doveva piovere nel week-end e non era piovuto. Un mese prima la Protezione Civile aveva emanato un allerta meteo per vento moderato. Era arrivato un uragano vero e proprio con venti fino a 150 km orari che avevano sradicato querce secolari, scoperchiato tombe al cimitero, spogliato i tetti delle case, sollevato macchine come fuscelli. Su una macchina in transito nella strada di fondovalle era precipitato un masso dalla rupe sovrastante che aveva ucciso sul colpo l’ignaro conducente. Pensava a quel povero diavolo che come tutte le mattine si era alzato, aveva fatto colazione, salutato moglie e figli non era mai arrivato in ufficio. Pochi secondi prima o pochi secondi dopo e il masso si sarebbe schiantato sull’asfalto o avrebbe ucciso un altro. E poi si dice che non esiste la fatalità! Che l’uomo è fabbro del proprio destino! La verità è che siamo pedine inconsapevoli di un disegno imperscrutabile. Nessuno può sottrarsi al proprio destino. Può assecondarlo, può anche provare a resistergli ma comunque vada avrà sempre la meglio lui. Pensava a quella casa in cui fino a poche ore prima erano risuonate le voci allegre dei figli pronti per andare a scuola zittite dalla telefonata di rito, ora immersa nel dolore del lutto e nell’angoscia della perdita. Com’è strana la vita! Basta un attimo per cambiare tutto. Per spegnere sogni, progetti, speranze. Ma poi inevitabilmente la ruota della vita si rimette a girare.

La pagina bianca in attesa

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Dicono che il segreto del successo di un blog sia il nome. Il nome deve essere accattivante, una sorta di richiamo per gli uccelli… Ora, a parte il fatto che continuo a pensare che il “successo” sia legato alle produzioni edite a stampa e al numero di copie vendute, la pagina bianca è proprio quella che mi trovo davanti e che riempie lo schermo del computer. Un bianco freddo, immoto, delimitato da lugubri margini neri. Non il bianco color del latte appena munto al quale la schiuma in superficie conferisce una parvenza di vita. E nemmeno il bianco soffice della neve che cade. E nemmeno la superficie di un lago ghiacciato sulla quale ogni tanto si aprono delle incrinature accompagnate da sinistri scricchiolii. Segno di vita anche queste, una vita in movimento. Né il meraviglioso bianco del fiore del mandorlo simbolo di speranza e del ritorno in vita della natura dopo i rigori dell’inverno. Niente a che vedere anche con il piumaggio di certi uccelli. Piuttosto un bianco realmente privo di cromatismo. Inquietante. Non so se ci scriverò e cosa ci scriverò. Non so se si animerà del ritmico balletto in sequenza di lettere, spazi e punteggiatura da sinistra verso destra e accapo e così via.