SCHIAVONE – DI LINO, QUANDO LA POESIA HA LA VOCE DI DONNA

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Di seguito la versione integrale dell’articolo pubblicato su comunicaresenzafrontiere inerente l’inaugurazione delle terza edizione di “La poesia al Tempo del Vino e delle Rose”

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Napoli, nella sobria e accogliente atmosfera del caffè e bistrot letterario, Il Tempo del vino e delle Rose, in Piazza Dante, domenica 21 ottobre, si è inaugurata la terza edizione de “La poesia al tempo del vino e delle rose”; una serie di incontri con poeti e scrittori curati da Rosanna Bazzano, proprietaria del caffé.

Ad aprire questa nuova serie di appuntamenti le poetesse Angela Schiavone e Stefania Di Lino, coadiuvate rispettivamente da Cinzia Caputo, psicoterapeuta e poetessa, e Floriana Coppola, docente e scrittrice. In veste di lettrice, Wanda Marasco.

Ad aprire la kermesse la poetessa puteolana Angela Schiavone con la sua raccolta di poesie Drammaturgia Privata edito da Giuliano Ladolfi Editore, presentata da Cinzia Caputo che ha evidenziato come per Angela, attraverso la scrittura, “il quotidiano da foglio buttato via “ assurge ad “affermazione del mito”. Chiaro riferimento al mito di Narciso, apertamente citato da Angela in una delle sue poesie, da cui la Caputo ha preso spunto per evidenziare che, mentre quella femminile si perde nell’altro, la poesia maschile si perde in se stessa. Parlando di sé, la Schiavone non ha lesinato scavare nel proprio animo, dichiarando: “la parola scritta impone il confronto con il mondo, obbligandoci a chiederci io chi sono?… Rispondendo, Non è mai tardi per manifestare ciò che sono!”. Proseguendo nella presentazione della propria visione poetica, Angela ha dichiarato, “la poesia deve emozionare”! Detta così sembrerebbe una banalità ma non lo è affatto in quanto per la poetessa – Angela direbbe, “per la poeta” – emozione è tutto ciò che suscita sentimenti e pensieri positivi in chi legge o ascolta i versi. Riaffidando alla poesia la funzione di estraneazione dell’individuo dalla “triste” quotidianità, dove “molte volte si è costretti a vivere in un ambiente composto da persone che non vogliono vederti vivere”; proiettandolo in un universo di visioni dove il dolore esistenziale è il propellente per trovare se stessi ed essere finalmente felici. Ossimoro per dimostrare che il poeta si nutre di sofferenze per partorire gioie sotto forma di versi. E di sofferenze Angela ne ha patite tante negli ultimi tempi. Come lei stessa ha ammesso con sincerità, ma senza mai sbilanciarsi, a conferma di quanto la propria poetica attinga dalle viscere dell’anima. Meritano un plauso le letture della scrittrice Wanda Marasco che ha declamato i versi della Schiavone, ma sarebbe meglio dire sussurrato, badando al ritmo e al tono di voce perché, come lei stessa ha ammesso, “le poesie non vanno urlate!”.

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Per quanto concerne la poesia della romana Stefania Di Lino, di cui si sono letti brani tratti da LA PAROLA DETTA edito da La Vita Felice, l’alternanza sul palco con la Schiavone si è rivelata il giusto abbinamento per una mattinata all’insegna dei versi al femminile. Così come la Schiavone, la poesia della Di Lino è caratterizzata da una scrittura asciutta, scevra da manierismi, diretta, priva di punteggiatura; dove “le parole sono punti di sutura”, come ha evidenziato Floriana Coppola nel proprio intervento. E poiché le suture servono per richiudere le ferite, anche per la Di Lino la poesia è fondamentale per ricucire le piaghe dell’anima determinate dalle sofferenze della vita. Lesioni conseguenti alla forte sensibilità del poeta, quello vero,che lo spinge “a voler essere, non apparire”; ad anteporre la verità alla falsità dell’immagine truccata imposta dalla società odierna dove tutto, o quasi tutto, è taroccato per apparire bello malgrado sia privo di “vita”. Questa voglia di essere ad ogni costo della Di Lino – di affermare la propria interiorità -, è frutto di una visione etica che l’autrice ha della poesia. E lo specchio in cui si riflette per ritrovare se stessa è la figura materna nella quale ogni donna tende a volersi riconoscere nell’eterno dilemma esistenziale “cosa si è e cosa si vuole essere.” Parlando di questa ricerca interiore, la Di Lino giunge a citarsi : “la mia vita è piena di morti che erano tali anche quando erano vivi”; affermando un concetto già trasparso nell’intervento della Schiavone: “La poesia è uno strumento di scavo interiore senza sconti”.
Entrambe le poetesse hanno incentrato il proprio discorso poetico su come si possa essere morti pur essendo vivi di velata matrice evangelica, a conferma di quanto la poesia, a prescindere se uno ha un credo o no, possa risolversi in un potente martello capace di fare breccia nell’anima degli uomini fino a spingerli a ribellarsi al sistema per essere se stessi. A testimonianza di come le parole possano risolversi più potenti della spada, le storie di vita di molti poeti e scrittori, antichi e moderni, costretti a esiliare o a fuggire dal proprio paese in quanto con i propri scritti alimentavano, e tuttora alimentano, il livore delle masse verso chi governava e governa.

 

 

 

 

 

 

Questa terza edizione di “La poesia al tempo del vino e delle rose” non poteva inaugurarsi in maniera più felice, a conferma di quanto Rossana Bazzano ci tenga ché il proprio caffè letterario si distingua per la qualità degli autori proposti.

Anteponendo la qualità alla quantità, difficilmente si sbaglia!

SCHIAVONE – DI LINO, QUANDO LA POESIA HA LA VOCE DI DONNAultima modifica: 2018-10-22T11:32:30+02:00da kayfakayfa