Novembre 2019: Nine Inch Nails – THE DOWNWARD SPIRAL (1994)

The dawnward spiral

 

Data di pubblicazione: 8 marzo 1994
Registrato a: Le Pig (Beverly Hills), A&M Studios, Record Plant Studios (Los Angeles)
Produttore: Trent Reznor, Floor & Mark Ellis
Formazione: Trent Reznor (voce, chitarre, basso, tastiere, sintetizzatore, campionature, programmazione), Chris Vrenna (campionature, batteria), Adrian Belew (chitarre), Flood (programmazione, ARP 2600, effetti sonori), Stephen Perkins (batteria), Danny Lohner (chitarra), Tommy Lee (steakhouse), Andy Kubiszewski (batteria)

 

Tracklist

 

                        Mr Self Destruct
                        Piggy
                        Heresy
                        March of the pigs
                        Closer
                        Ruiner
                        The becoming
                        I do not want this
                        Big man with a gun
                        A warm place
                        Eraser
                        Reptile
                        The downward spiral
                        Hurt
 

Alludo all’immaginario apparentemente contraddittorio
di dolore e guarigione
(Trent Reznor)

 

I Nine Inch Nails di Trent Reznor sono quanto più sconvolgente e devastante potesse capitare al rock degli anni ’90. Provate a mettere insieme gli Einstürzende Neubauten, i Black Sabbath, David Bowie, Iggy Pop , i Depeche Mode e Marylin Manson (uno dei loro più diretti influenzati), e miscelateli per bene. Non sorprendetevi se potesse venire fuori una miscela talmente esplosiva da diventare praticamente più devastante della bomba atomica.
Questo sono i Nine Inch Nails, e questa è la mente “malata” di Trent Reznor: una perfetta fusione di suoni industrial, metal ed elettronica, come nessuno era mai riuscito ad operare. La band si forma verso la fine degli anni ’80, e propone da subito uno stile in linea con lo stile rap-metal tanto in voga, prendendo spunto dai Beastie Boys ai Public Enemy, oltre dalle cupe devastazioni sonore di gente come Jane’s Addictions. Trent Reznor battezza il gruppo in Nine Inch Nails, perché a suo modo di dire, il nome può facilmente abbreviarsi (infatti la sigla ufficiale spesso è abbreviata in NIN). Ma c’è anche qualcuno che vi intravede riferimenti alla crocifissione di Gesù Cristo (alla lettera il nome significa “chiodi da nove pollici”) o al limite al Buddhismo di Nichiren Daishonin.
La band quindi muove i primi passi destreggiandosi tra metal e rap, incidendo due album promettenti ed interessanti come Pretty hate machine e Broken. Ma il 1994 è il cosidetto “anno zero” per la band di Reznor, perché metterà mano ad un capolavoro epocale per ogni tempo e ogni stile: The downward spiral. Innanzitutto è singolare la scelta del luogo di registrazione del disco: la stessa villa dove Charles Manson e la sua “allegra combriccola” massacrarono e uccisero Sharon Tate, la moglie incinta di Roman Polanski e altre tre persone. In un certo senso si volevano cogliere i demoni assassini che circolavano tra quelle stanze, filtrarli e vomitare tutto quel malessere in quattordici devastanti canzoni.
The downward spiral è una metafora del mal di vivere, un concept sul dolore e la morte, soprattutto sul suicidio. Non vi è speranza tra questi solchi; solo dolore! Inaugura il lotto la martellante e sfibrante Mr. Self Destruct. Una distesa di suoni assordati intervallati da urla disumane e scariche elettriche, e stasi di quiete apparente. Segue una maniacale e destabilizzata Piggy, che incede con un fare instabile, apparentemente calma e languida, quando invece sembra nascondere una subdola pazzia pronta ad esplodere. Nella sintetica Heresy furia, rabbia, dolore trovano un’insana catarsi nell’inveire in maniera sguaiata contro Dio. In tutto questo vengono chiaramente fuori le influenze dei Depeche Mode dei primi anni ’90 e dei Jane’s Addiction. La caotica March of the pigs torna sul luogo del delitto, e cioè la villa di Beverly Hills dove quei bastardi di Manson e famiglia compirono lo sciagurato massacro. Il pezzo infatti vomita furore e instabilità mentale, sospeso da qualche nota sul pianoforte prima di riprendere la sonora furia omicida. Closer inanella invece tratti sonori che ricordano tanto i Kraftwerk quanto i Joy Division biascicando viscide fantasie sessuali. Ruiner è un martellante ed isterico alternarsi di umori sonori che vanno dal pop sintentico all’assalto industriale, fino a giungere all’orchestrazione elettronica. E questa instabilità prosegue con la dissonante The becoming, sorta di disturbata psicoterapia fatta di urla e suoni meccanici.
I do not want this invece è un pezzo totalmente schizofrenico, alternante rumorosità percussive ossessive a scariche elettriche destabilizzanti. A questa segue la scheggia impazzita di Big man with a gun, che sfuma nell’abisso sonoro di A warm place, vero e proprio momento di stasi di tutto il disco. L’elettronica Eraser è una metafora dell’uomo-macchina, che non fa altro che ripetere all’infinito i suoi desideri. Reptile riprende in mano le tematiche dissonanti del disco, e le affoga in una title-track liquida e cupa. Il disco viene chiuso dalla toccante ballata Hurt, acustica e deliziosa, grondante dolore da tutti i pori, un dolore incurabile, che non smette di bruciare. Talmente bella che Johnny Cash ne renderà merito in un’altrettanto straordinaria reinterpretazione nel 2002.
Questo disco avrà il merito di portare il genere industrial nelle classifiche di tutto il mondo. E mai un disco era riuscito a condensare in maniera tanto violenta tutta l’instabilità del mal di vivere. The downward spiral è un autentico viaggio dentro un incubo, ma nel senso più alto del termine: è gotico, spaventoso, instabile, ma nello stesso tempo straordinario, unico! E a questo disco Reznor farà seguire altri due album straordinari come Further down the spiral e soprattutto The fragile, per poi perdersi in progetti spesso confusi o al limite pregni di mestiere e manierismo. Ma dopo quei tre album così straordinari era veramente difficile chiedergli di più!

Una montagna ricoperta di nubi e scariche di elettricità, un vero caposaldo della musica degli ultimi 50 anni, un leviatano necessario da affrontare per poter scoprire sè stessi ed esorcizzare la propria natura più vera: The Downward Spiral è decisamente e senza dubbio alcuno un’opera fondamentale, un punto di non ritorno e una pietra di paragone per tutto ciò che verrà dopo nell’ambito della musica di un certo tipo
(Fabio Meschiari)

Novembre 2019: Nine Inch Nails – THE DOWNWARD SPIRAL (1994)ultima modifica: 2019-11-07T09:27:49+01:00da pierrovox

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