Le domande giuste

Qualcuno disse un tempo che non è tanto importante trovare delle risposte, ma porsi le giuste domande. Una frase che mi ha richiesto del tempo per poterla capire a fondo. Eppure, se guardo indietro negli anni, mi rendo conto di averla sempre applicata.

Il ricordo più antico che ho in merito risale ai miei 8 anni di età. Ero in terza elementare, iniziavo ad ampliare il panorama scolastico ad altre materie, apprendevo i primi elementi di storia, geografia scienze… fu proprio il raffronto tra queste materie a crearmi la mia prima vera crisi di esistenza. O meglio, era solo una domanda innocente, un dubbio formulato più che altro per gioco, perché all’epoca non potevo rendermi conto della portata di quel pensiero.

Apprendevo che le popolazioni antiche avevano le loro divinità. Sumeri, Egiziani, Fenici, Greci, Romani… tutti credevano in un certo numero di dei che poi si sono rivelati fasulli. Ma, mi chiedevo, tutti questi popoli non erano stupidi. Perché mai avrebbero dovuto credere in divinità inesistenti? Ma fu la domanda successiva che sorprese persino me. Quello che mi chiedevo, infatti, era, dato che abbiamo appurato che Zeus o Ra non esistevano, chi ci garantisce che questo Dio, quello di cui si parlava nell’ora di religione, sia più vero degli altri? In fondo aveva le stesse possibilità degli altri di essere fasullo. Immagina che buffo, pensai, se una volta morti, quando ci presentiamo alle porte del paradiso, troviamo Zeus ad accoglierci. Cosa gli raccontiamo?

Benché fosse una domanda nata più che altro per gioco nella mia mente, mi rendevo conto che non potevo condividere il mio dubbio con gli adulti. Nel migliore dei casi avrebbero chiamato un esorcista per liberarmi dal demonio. A quella domanda, però, nella mia testa ne seguirono molte altre. Perché non riuscivo semplicemente ad accettare ogni cosa così come mi veniva presentata. Nell’occhio del mirino c’erano soprattutto gli episodi del Vecchio Testamento, che trovavo spesso troppo incredibili per essere autentici. Ma non era di sola religione che andavo questionando. Era solo la materia più assurda con la quale entravo in contatto.

Tanto per fare un esempio, la storia stessa ella creazione era assurda. Dio crea Adamo plasmando dell’argilla (e già questo mi sembrava strano: Dio ha bisogno dell’argilla per creare?) poi però per far nascere Eva ha bisogno di una costola di Adamo. Non era assurdo? Che bisogno aveva Dio di prelevare una costola?

Ma non finiva qui. Perché Dio ci aveva creati a “sua immagine e somiglianza”? Ma non era tanto questo concetto a disturbarmi, quanto il suo inverso, ovvero l’implicazione che lui fosse a immagine e somiglianza nostra. Davvero Dio aveva bisogno di assomigliare a noi? Nella mia concezione lui era fatto di pura energia, quindi che bisogno aveva di un corpo umano? Forse che lui doveva camminare o mangiare?

Ma la parte che proprio non mi andava giù era l’intero episodio dell’Arca di Noè. Tanto per cominciare Dio si era pentito di aver creato l’essere umano. E già non mi tornava. Se era Dio non poteva pentirsi. Poi però ci ripensa e vuole salvare almeno Noè e la sua famiglia. Ora, a parte l’assurdità di voler salvare solo un piccolo gruppo di persone, come fa un dio a pentirsi di essere pentito? Lo trovavo assurdo. Ma andiamo avanti. Noè deve recuperare una coppia di tutti gli animali della Terra. E come pensa di farceli stare tutti su una nave, per quanto grande possa essere? Ma non finisce qui. Noè non ha molto tempo per recuperare gli animali. Passi per quelli all’interno dell’area mediterranea, ma come fa a recuperare tutti gli animali del mondo. È un’impresa assolutamente impossibile. Era ovvio che non era stata raccontata nel modo giusto.

Queste le elucubrazioni di una mente infantile. Ma, come dicevo, queste analisi non riguardavano solo la religione, ma era proprio l’argomento che mi sembrava più assurdo. Ma badate bene che non mi stupivano i vari miracoli, che, anzi, trovavo abbastanza credibili. D’altronde per un dio dovrebbero essere cose abbastanza normali. Perciò non mi stupivo se Gesù tramutava l’acqua in vino o camminava sulle acque. Al contrario, mi meravigliavo quando Dio appariva troppo umano.

Non che io fossi scettico, nonostante non abbia mai creduto a Babbo Natale. Il fatto era che non accettavo le cose che non rispondevano ad una logica sensata. E nella mia logica, come dicevo, ci poteva stare che Gesù compisse miracoli, ci poteva stare che San Francesco riuscisse a stare in due posti contemporaneamente. Non era questo a meravigliarmi, perché una volta stabilita la natura divina dei soggetti in questione, tali azioni diventavano plausibili.

Tornando a Babbo Natale… come poteva esistere? Se fosse esistito doveva essere un personaggio un po’ snob, dato che portava i doni solo ai bambini ricchi. Mentre a quelli poveri arrivava poco o nulla. A me risultava più che evidente che fossero i genitori ad acquistare i regali, anche se affermavano il contrario. Come per i famosi spauracchi che si usavano all’epoca. non era raro sentirsi dire: “Attento perché viene il Babau”. A parte il fatto che per me il babau era un cane, (quindi perché dovevo averne paura?) comprendevo che certe espressioni significavano semplicemente che i miei genitori non volevano che facessi quella determinata azione.

Insomma, di domande me ne sono sempre poste. Anche sulle cose più ovvie. Nel film “Non ci resta che piangere” ad un certo punto Troisi, per fare colpo su Leonardo Da Vinci si chiede “Ma nove per nove farà ottantuno?” Ecco, la mia analisi è stata più o meno sempre così. Non accettare mai nemmeno le cose più ovvie, perché tutto può avere mille aspetti, diversi da quelli che vengono presentati.

Il viaggio ha inizio.

Si comincia. Ecco il primo posto di questo blog. Perché Gatto Curioso? Perché come i gatti sono per natura curioso riguardo ogni cosa. Devo controllare, analizzare, studiare, ampliare… spesso non mi accontento della prima informazione ricevuta, e ho il “pessimo” vizio di non dare mai nulla per scontato, nemmeno le cose più ovvie.

Questo atteggiamento mi ha portato ad esplorare il noto e l’ignoto, scoprendo come effettivamente spesso non conosciamo nemmeno quello che conosciamo. O meglio, che crediamo di conoscere. Ogni cosa appare come un iceberg, di cui si intravede solo una piccola parte, più superficiale. Ma è solo andando a fondo che si può osservarne la vera essenza.

Questa è l’essenza del mio viaggio. Un viaggio intrapreso sin dall’infanzia, ovvero quando ho cominciato a pormi le prime domande. Non mi sono risparmiato nessun argomento, ogni ambito era, per la mia mente indagatrice, fonte di interesse e curiosità. Non mi sono tirato indietro nemmeno di fronte alle ipotesi più “blasfeme” e assurde. Anzi, spesso mi ci sono avventurato proprio perché offrivano punti di vista nuovi ed interessanti.

Da piccolo ero un grande appassionato di costruzioni. Amavo prendere i mattoncini e comporre le mie idee. Poi le smontavo e ricomponevo altri modelli usando gli stessi pezzi. Era un gioco terribilmente affascinante per me. Utilizzare gli stessi elementi per comporre cose sempre diverse. E non avevo limiti alla fantasia…  Ecco, penso di aver fatto una cosa simile con le informazioni. Ne scomponevo gli elementi per poi riorganizzarli, riassemblarli secondo nuove ottiche e prospettive. Sono spesso rimasto molto sorpreso ed intrigato dal risultato…

Ormai da quel lontano inizio sono passati molti anni. Tante sono le cose che ho rielaborato, ma il bello è che più ci si addentra nella conoscenza, più si scopre che c’è ancora dell’altro. Sempre di più, come in una serie infinita di scatole cinesi. Quando pensi di essere arrivato al nocciolo, all’essenza primaria, ecco che questo si schiude rivelandoti un altro universo, altre informazioni che ti sarebbero sfuggite se ti fossi soffermato all’esterno.

Ciò potrebbe anche sembrare caotico ad un osservatore occasionale, ma in realtà è proprio quello che maggiormente affascina gli indagatori della conoscenza. Il fatto che non esista un vero traguardo, che nulla è davvero ovvio o scontato, che tutto quello che sai potrebbe essere totalmente riformulato.