Proteggere i propri dati personali (parte 1): i metadati

Prendo spunto dal post precedente per inaugurare una sorta di rubrica sull’importanza di proteggere i propri dati online. Alcuni post saranno più tecnici (ma nulla di particolarmente complicato), altri, come questo, si limiteranno a descrivere le minacce che a nostra insaputa raccolgono e diffondono informazioni che ci riguardano.

Quando si condivide una foto in Rete, tramite posta elettronica, social media o altro, è importante tenere presente che spesso vengono esposte molte più informazioni di quelle che vorremmo. Tali informazioni non sono immediatamente visibili all’utente, poiché si nascondono all’interno dei metadati, ossia blocchi di dati che riguardano altri dati.

Lo so, è una definizione un po’ rozza e semplicistica, ma vediamo di capirci qualcosa. La registrazione di una telefonata al nostro medico di fiducia è un dato, o meglio un flusso di dati. Tutte le informazioni aggiuntive raccolte intorno alla telefonata (quando è stata fatta, chi ha chiamato chi, quanto è durata ecc), sono i metadati.

Sintetizzando all’osso, potremmo dire che la funzione dei metadati è quella di etichettare, di descrivere il contenuto di un file senza doverlo aprire. Per anni, il loro utilizzo da parte di governi e multinazionali è stato ritenuto innocuo, finché nel 2013 Edward Snowden non portò alla luce il programma di sorveglianza PRISM, dimostrando come la NSA, tra le altre cose, fosse capace di tracciare un identikit dell’utente (situazione sentimentale, stato di salute, orientamento religioso ecc) senza intercettarne le telefonate, ma solo analizzando i tabulati.

Molti dispositivi come pc, tablet, smartphone e fotocamere, incorporano di default i metadati su tutti i file, compresi i selfie che scattiamo in casa o in palestra e che poi postiamo in Rete. Questo crea non pochi rischi dal punto di vista della privacy, poiché tra le informazioni condivise (ricordiamolo: a nostra insaputa), oltre ai dettagli sull’immagine e sul tipo di hardware adoperato, potrebbero essercene alcune decisamente personali, come la posizione geografica in cui il file è stato creato. In tal caso, basterebbe immettere le coordinate su Google Maps per risalire con esattezza ai luoghi frequentati dall’utente.

Anche se non abbiamo nulla da nascondere, l’idea che chiunque possa conoscere le nostre abitudini senza troppi sforzi non dev’essere piacevole. Perciò al fine di proteggerci da questi “leak” (fughe di dati), è necessario innanzitutto essere consapevoli delle tracce che lasciamo online, e in seguito cominciare a studiare il modo per rimuoverle. Se non completamente, almeno quelle che potrebbero danneggiarci.

metadatarisk

Proteggere i propri dati personali (parte 1): i metadatiultima modifica: 2017-05-20T02:36:52+02:00da kith_straworth

4 pensieri su “Proteggere i propri dati personali (parte 1): i metadati

  1. Oh. Finalmente. Toh, un post che condivide conoscenze. Era ora. Forse l’abbiamo capita come usare bene una community. ( Tiffany, che a causa delle scarse conoscenze non capisce come mai appare come anonima )

I commenti sono chiusi.