Comunali, a Roma Meloni rischia tutto: la generazione Atreju vuole rottamare la dirigenza di FdI

di Marco Antonelli per Tpi

il pezzo originale

RomaFratelli d’Italia di Giorgia Meloni rischia di giocarsi tutto. Non solo perché la Capitale è sempre stata la “Betlemme della destra“, con le sue sezioni movimentiste entrate nell’immaginario collettivo, ma anche perché è qui che nasce la classe dirigente che oggi è in FdI dopo aver fatto gavetta con il Movimento Sociale Italiano (Msi) dentro il Fronte della Gioventù, per poi passare in Alleanza nazionale (An), confluire nel Popolo delle Libertà (Pdl) e infine fondare Fratelli d’Italia dopo il rifiuto di Berlusconi di fare le primarie.

 Questa classe dirigente è sempre stata contraria ad appaltare ai candidati civici, opzione considerata come un fallimento della politica. La scelta di puntare sui “civici‘, quindi, ha inevitabilmente sollevato mugugni anche alla luce del competitor fortemente politico del Partito Democratico (Pd), l’ex ministro Roberto Gualtieri.
Il profilo del candidato del centrodestra infatti si è fatto attendere proprio per vedere chi candidavano dalle parti del Nazareno. A un esponente civico del Pd si sarebbe risposto con un civico, a un politico con un politico, questo è stato sempre il “mantra” in ambito centrodestra quando venivano interpellati sui motivi dei ritardi.

L’attesa dunque sembrava ragionevole. Per questo quando Enrico Letta ha dato il via libera all’ex ministro dell’Economia tutti si attendevano dal centrodestra una controfferta altamente politicizzata. Soprattutto da FdI che tra le sue fila può contare parlamentari romani di lungo corso ed esperienza.

Nascono nella Capitale personaggi come Marco Marsilio, che oggi guida la Regione Abruzzo ma cresciuto politicamente a Roma nella sezione di Colle Oppio, dopo essere stato consigliere comunale, senatore oltre che braccio destro di Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera.

Nasce a Roma, e in particolare nella provincia romana dove ha il suo elettorato, Francesco Lollobrigida, cognato di Giorgia Meloni e capogruppo alla Camera, con trascorsi alla Regione Lazio come assessore ai Trasporti della giunta guidata da Renata Polverini. Nasce a Roma Fabrizio Ghera, attuale capogruppo di FdI alla Regione Lazio, recordman di preferenze nel Comune di Roma e assessore ai Lavori Pubblici della giunta del sindaco Gianni Alemanno.

Insomma sono tutti politici con importanti pacchetti di voti a livello territoriale ed esperienze amministrative pregresse. Per non parlare poi del pedigree tutto romano di Giorgia Meloni, che nasce politicamente a Roma. La leader di FdI si formò e fu lanciata proprio da quel gruppo militante che a Colle Oppio aveva il laboratorio politico della nuova destra. Ma mentre per Giorgia Meloni l’orizzonte è ormai quello di Palazzo Chigi, la sua classe dirigente sembra più impegnata a baloccarsi passando da una candidatura all’altra senza avere ben chiaro il da farsi.

Cosa sta accadendo nella classe dirigente romana? Sta accadendo che Fratelli d’Italia vuole completamente ristrutturare la propria immagine, con un bonus del 110 per cento in salsa politica della generazione Atreju, quella dei trentenni e quarantenni legati alla parabola meloniana rafforzatasi all’ombra del ministero della Gioventù, e rottamare la comunità militante che l’ha formata e che aveva puntato tutto su di lei per 20 anni.

RomaFratelli d’Italia rinuncia ai suoi candidati più competitivi, come Rampelli – che si è sempre chiamato fuori dalla gara, ma sul quale puntava addirittura un suo storico antagonista come Francesco Storace. Ma il punto di caduta di tutto questo qual è? Qual è la vera posta in gioco? Lasciare ad altri la Capitale per ipotecare la Regione Lazio dove Lollobrigida vorrebbe tornare, spiegano a mezza bocca i più maliziosi. Ma questa volta da presidente.

Insomma, più passano i giorni più sembra avverarsi il titolo del Manifesto: “Sono Giorgia e non so chi candidare”, nel quale si racconta il “paradosso di destre che volano nei sondaggi ma non riescono a trovare candidati adatti alla corsa nelle principali città della contesa amministrativa” a causa della mancanza di una classe dirigente degna di questo nome.

Ma la vera ragione è un’altra. E per la comunità che si forgiò tra gli anni ‘80 e ‘90 nel superamento del fascismo, sperimentando il movimentismo e l’associazionismo, facendo incursioni culturali molto più moderne e visionarie dell’attuale cantilena risorgimentale dei meloniani di stretta osservanza, la fregatura è arrivata.

 

E FRANCESCO PERSE ANCHE QUESTO GIRO…

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Parla Giro, l’amico Berlusconi, consigliere del Vaticano, ascoltato dai Papi e forse anche dal PadrEterno, senatore di Forza Italia, vicino a Salvini, tesserato leghista. Il principe dell’autoaccredito. E’ una vita che aspetta che qualcuno gli dica: “Ah Fra’, è ‘ il tuo giro!!!”.
ROMA: GIRO (FI), ‘MICHETTI PUO’ ESSERE UN BUON CANDIDATO’ =
ADN0602 7 POL 0 ADN POL NAZ ROMA: GIRO (FI), ‘MICHETTI PUO’ ESSERE UN BUON CANDIDATO’ = Roma, 26 mag. (Adnkronos) – “MICHETTI mi sembra un buon candidato. Poi naturalmente decideranno i leader. Ho visionato attentamente in questi giorni, come si dovrebbe fare in queste circostanze, i video, le interviste, i convegni, gli articoli pubblicati da MICHETTI e ne ho tratto l’immagine di una persona competente, apprezzata da molti sindaci dell’Anci, conoscitore del territorio, che sa come si prepara un bando, come si organizza una gara, come si aggiudica un appalto, che conosce cosa significa essere e fare il sindaco frequentandone molti e da molti anni, con le loro difficoltà e sacrifici, che sa cosa sia la pubblica amministrazione e ahimè la palude della burocrazia. E poi MICHETTI ha passione politica avendo una storia alle spalle nelle fila della Democrazia cristiana”. Lo scrive in una nota il senatore azzurro con tessera anche della Lega, Francesco Giro. “Insomma per me -dice l’esponente forzista considerato molto vicino a Matteo Salvini- può essere una proposta vincente perché sa come si affronta una campagna elettorale, che sarà durissima, che non si esplicherà solo nei talk show della televisione, anche se pure per questo MICHETTI mi sembra pronto e assai smaliziato grazie al suo tirocinio nelle radio romane, vera palestra qui nella Capitale. Leggo da più parti anche oggi su un autorevole quotidiano romano di centrodestra, ‘MICHETTI chi?’. Anche io ammetto di non conoscerlo, ma questo -sottolinea Giro- dovrebbe indurre me e quel quotidiano a riflettere sulla nostra distanza e distrazione dalla società civile. Siamo troppo nei palazzi e poco fra la gente e i sindaci del Lazio, che MICHETTI lo conoscono bene, parrebbe di capire”. (Pol-Vam/Adnkronos) ISSN 2465 – 1222 26-MAG-21 12

MICHETTI IL TRIBUNO CHE PARLA DI CESARE FACENDO LOBBY CON PALAMARA

 

 

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Ci voleva Dagospia per rivelare chi fosse il candidato sindaco di Roma per gli ‘sfracelli d’Italia’. 

“Un dito al culo, ‘sto Dago”, si sfogano in chat,  che però è l’unico a rivelare chi sia il prof. tanto sponsorizzato nelle veline di via della Scrofa (sede di Fratelli d’Italia, ereditata da Alleanza nazionale).  

Un pezzo uscito sul più famoso sito di retroscena politici, ne rivela l’identità senza però spiegare che cosa ci sia dietro questo suicidio annunciato dei meloniani che a Roma hanno la loro Betlemme, la culla della loro nascita, ma che rischia di diventare il loro Golgota, il luogo della  loro crocefissione. Impensabile fino a poco tempo fa una sconfitta nella Capitale, dove fior fiore di generazioni di post camerati si sono succedute per liberarsi dalle stigmate del neofascismo,  accreditarsi finalmente come Destra moderna ma tradizionale, liberale ma leaderistica, liberista nel Nord Est ma statalista a Roma, città del pubblico impiego e dei colletti bianchi. Insomma, se il Msi è sempre stato la ruota di scorta della Dc, An il predellino di Forza Italia, Fli lo scendiletto di Napolitano e Monti, la creatura meloniana tutta patriottismo e coerenza, è pronta a compiere il primo tradimento interno liquidando l’uno e l’altro.  

Lo strappo è avvenuto con la scelta di candidare il prof. Enrico Michetti, docente di università del basso Lazio, esperto amministrativista, legato all’associazione dei Comuni italiani, inventore di una piattaforma informatica Gazzetta Amministrativa che fornisce servizi a Comuni mettendo in rete le buone pratiche delle amministrazioni locali, giornalista pubblicista, consulente di varie Comuni, formatore, ma soprattutto ‘tribuno’ di un’emittente radiofonica romana dalla quale lancia strali contro lo Stato di polizia pandemico, contro le vaccinazioni, contro la politica e l’antipolitica, in un pot pourri strappa like via etere. La scelta è stata fatta in base ai follower delle sue pagine Facebook che come ha sospettato qualcuno è stato però ripulito. Per essere un tribuno gli ultimi status risalgono al 2019 mentre l’unico recente aggiornamento  è stato fatto ieri con una nuova immagine di copertina molto simbolica: la vista dei fori romani con all’orizzonte il Campidoglio. Una prospettiva che parte propiziamente dall’arco di Trionfo di Costantino davanti al Colosseo! Fissato con i filosofi latini, continue le citazioni di Seneca, alterna rampognate moralistiche del disincanto classicheggiante, con suggestioni imperiali su Cesare.  Cesare chi? Proprio lui, il tiranno che provò a diventare imperatore per essere poi accoppato dal figlio ingrato: “Tu quoque brute fili mi…”. Ecco, tu pure Giorgia, figlia nostra, sorella d’Italia…

Ecco come lo descrive Dagospia:

Da ieri, tra gli ambienti di centrodestra il refrain è: ma chi minchia è questo Michetti? Talmente sconosciuto da essere ribattezzato nelle ultime ore ‘Minchietti’. Abbiamo scoperto perché nel centrodestra nessuno conosce il candidato sindaco Michetti, astro nascente dell’empireo meloniano.   Semplice: Enrico Michetti, professore di lunga esperienza nella pubblica amministrazione, è più vicino all’area del Pd-exMargherita che alla generazione Atreju meloniana. Basta leggere il suo cv. Nero su bianco https://www.cotralspa.it/wp-content/uploads/amm-trasparente/cv_avv_enrico_michetti.pdf 

L’istrionico professore sognava da tempo questo momento al quale si era preparato da molti anni tanto da organizzare corsi su corsi di formazione professionale per amministratori: “Come diventare sindaco della tua città”. Ma tra le chicche davvero inaspettate c’è un nome d’eccellenza: Luca Palamara, l’ex magistrato più potente d’Italia, ex presidente di Anm e al centro degli scandali che hanno travolto il Csm. Palamara nel 2013 faceva parte del board della Gazzetta Amministrativa, di cui ricopriva la carica di vicepresidente.  Uno strumento informativo che ha portato al prof. Michetti accordi con un’infinità di ministeri, tutti targati Pd, e giunte regionali, tra cui Marrazzo. Ah, il prof. Michetti si fregia della nomina a cavaliere dell’Ordine del Merito della Repubblica. Firmato Sergio Mattarella su proposta del presidente del consiglio dei ministri. Quale? Paolo Gentiloni.

 Link: https://www.quirinale.it/onorificenze/insigniti/343869

 Cv: https://www.cotralspa.it/wp-content/uploads/amm-trasparente/cv_avv_enrico_michetti.pdf

Fine del discorso. Affari Italiani che ha ripreso integralmente il pezzo di Dago, mette la pietra tombale sulla sua candidatura a Roma: “Bruciato anche questo. Il gioco dell’oca di Salvini e Meloni riparte dal via”.

In effetti, malignano a Montecitorio e a Palazzo Madama,  è “difficile che Forza Italia e la Lega possano accettare un candidato così legato a Palamara, al Pd, alla giunta Marrazzo, al Governo Monti” dopo il quale- basta verificare sul curriculum- inizia la sinergia con i ministeri più importanti.

E’ già la terza volta che la Giorgia nazionale prende un granchio sulle candidature: la prima volta quando fu raggirata da una Iena che si volle presentare a Palermo come candidato sindaco, Ismaela La Verdera, ufficializzato con tanto di diretta dalla sala stampa della Camera dei deputati. Poi si scoprì che il ventunenne faceva campagna elettorale girando con minivideocamere e registratori per realizzare un programma shock sulla politica. Gli occhioni della Meloni si riempirono di lacrime per la rabbia e la delusione. Detesta essere perculata a tradimento. Il secondo errore quando candidò a sua insaputa la conduttrice Rita Dalla Chiesa, che dopo aver tergiversato un po’ disse no grazie. Questo è il terzo ‘granchio’. Forse il più grave che rischia di essere fatale.

Urge cambiamento di consigliori

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