Le scale

Quando ci si appassiona di un desiderio inavvicinabile, le proprie certezze decadono ritrovandosi in una situazione d’indefinito… d’incerto. E così malgrado sia una persona sicura di me, ultimamente, barcollo tra un’apprensione non definita, di cui non ho conoscenza neppure della fine ultima.

Le scale che portano in mansarda sono di noce, i gradini ripidi ed il passaggio è largo solo poco più di settanta centimetri.
Mi precedi con un tacco che fa suonare il legno del primo gradino; al quinto le pieghe plissettate della gonna s’incurvano lasciando margine di veduta all’avvallamento superiore delle tue gambe. Io sono ancora al primo, con i ricami dell’autoreggente che mi arrivano quasi alla gola.

Non intendo se perdo l’equilibrio per questo, ma inciampo in un gradino di turbamento, la pianta in cuoio della scarpa batte un colpo di caduta, ti allarma in uno scatto tempestivo per esclamare – attenzione! –

Nella stessa istantanea fisso l’attenzione di quel tuo movimento fulmineo, che trasforma in un’elica il lembo di stoffa plissettata, prendendo il volo in alta quota e svestendo ancora una volta gli estremi della tentazione.

Rimango in ginocchio, non so se ferito fisicamente o emotivamente, ma riconosco tutta la fragilità di questo disequilibrio e di tutte le volte che ho perduto sostegno in una qualsiasi tua manifestazione involontaria, seduttiva.

Rimango in ginocchio, sorreggendomi con una mano sul corrimano e accorgendomi che l’altra mano si è sorretta involontariamente alla tua caviglia, smagliando un poco la tua calza scura.

Una stretta troppo forte di concitazione.

 

Le scaleultima modifica: 2017-03-11T11:09:18+01:00da RiccardoPenna
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