Licia Maglietta

Tappa a Roma.

Non posso mancare all’annuale appuntamento in piazza Argentina – Feltrinelli.
Ho finito il libro e devo farne nuova provvista, poi è questione anche di orario, sono le quattordici, una giornata di canicola, dall’asfalto c’è un esalazione di calore percepibile dalla nebbia di smog che si forma attraverso il passaggio delle automobili.
Ho fame; adoro sostare qui nel caffè del secondo piano, appartato, mentre migliaia di turisti affollano i bar romani, a questo punto anch’essi organizzati a preparare bucatini all’amatriciana imbustati alla quattro salti in padella.

Il bancone è vuoto e il barista è distratto da un sudoku.

Ordino un tramezzino, un bicchiere d’acqua e un caffè chiedendo di prepararlo più tardi.
Mi guardo attorno per cercare posizione e non posso fare a meno di notare il tavolino dove ero seduto a Natale con Stefania. E’ dove scartammo i regali, ricordo.
Il mio lo avevo acquistato un minuto prima proprio allo scaffale della narrativa – nulla di più banale ora che ci penso – regalare dei libri incontrandosi in una libreria; non so neppure se può confortarmi il fatto che fossero due libri scelti alla lettera R: Henri-Pierre Roché, gli unici due romanzi che ha scritto nella sua vita l’autore.

Il suo regalo, un orologio, quello che ora tengo nel taschino da portare in riparazione, caduto un mese fa rovinosamente da uno scatolone del trasloco. Lo guardo, ha il vetrino scheggiato, il numero otto sta per staccarsi e non posso più sistemare l’ora; qualche volta aspetto che sia l’attimo giusto per rimetterlo al polso e far riprendere la carica dal movimento del braccio, ma l’intoppo si ripete ogni qual volta lo dimentico sul comodino, verso il mattino si ferma più o meno allo stesso orario, otto e venti, e devo aspettare il giorno dopo per rimetterlo al polso. Stranamente mi viene da pensare ad un’analogia di quello che è stato il rapporto con Stefania.

Il cartellino della garanzia indica: Viale Adriatico, 25 – deve essere dalla parte di Monte Sacro.

Non portavo orologi prima ed ora non è neppure solo questione d’abitudine – è l’unica cosa che posso ancora riparare di noi.

Il caffè mi è stato servito.

Ho scelto uno strapuntino alto sulla piana d’appoggio che affaccia verso lo spazio inferiore, reparto arte. Faccio mente locale per pensare a qualche autore italiano del novecento su cui investire il tempo di quest’estate solitaria: Tozzi, Vassalli, Soldati… Sì poiché amo la letteratura italiana e leggo solo letteratura italiana; un motivo è che sono insofferente alle traduzioni, l’altra spiegazione e che mi sto appassionando di tutto quello che è il neorealismo dei primi del novecento.
Il tavolino di Natale sta per essere occupato da una donna.

La osservo con la coda dell’occhio. Ha un vestito chiaro, estivo, che le scende fino a poco sotto il ginocchio, un sandalo bianco che fa pensare che sia appena uscita da un matrimonio, forse ha un incontro?

E’ sinuosa, cammina con i fianchi protesi mettendo un piede avanti l’altro, con ordine, con un’accuratezza in ogni gesto, persino mentre sposta la sedia dal tavolino lo fa con leggerezza senza che nessun rumore risuoni sul parquet. Mentre si siede le cade una spallina che sistema prontamente. Somiglia all’attrice di pane e tulipani, come si chiamava? Non mi viene il nome… Anche un po’ alla Binoche in Chocolat… Laura Morante? No…. Non era lei…

Guardo il fondo del caffè riflettendo. Licia Maglietta ecco! Sì Licia Maglietta. Il Bar si è popolato, sono le quindici e quindici.
Licia Maglietta è sempre li, La borsetta è sul tavolo assieme al suo caffè. Non ha un appuntamento; è passato troppo tempo.
Ha dei libri con se, immagino appena acquistati o per presa consultazione, difatti è di abitudine qui prendere dei libri e leggerne alcune pagine nei salottini prima di dirigersi in cassa.

Licia Maglietta ne esamina il primo, lo ruota scrutando il disegno in copertina, poi lascia scorrere le pagine… comprendo che lo fa per fermarsi su una scelta per sorte… e così inizia a leggere.
Dalla lettura di quella pagina casuale, deciderà se acquistare o meno il libro – da qui non riesco a leggerne il titolo – mi sto incuriosendo.
Mi piace come ha il viso assorto, come con una mano tiene il libro sul tavolo e come con l’altra gioca con la bretella sulla spalla.. E’ indubbio, acquisterà quel libro misterioso – mi dico, ne comprendo l’incantesimo che quella pagina trasmette sul suo viso rapito ed anche un po’ sorridente – deve essere una persona serena Licia Maglietta… sì… serena ed introversa, penso.

roma

Licia Magliettaultima modifica: 2017-06-29T08:11:34+02:00da RiccardoPenna
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