LO SCANDALO DEL SANGUE INFETTO

                    SCANDALO DEL SANGUE INFETTO

a cura dell’avv. Luigi Del Prete

 

Il doppio potere del sangue è stato descritto già da Euripide in poche parole venticinque secoli fa, ricordando che Esculapio, Dio della medicina, aveva ricevuto da Atena due gocce di sangue della Gorgone : una allontanava i mali e prolungava la vita, l’altra dava la morte.

Il tentativo di utilizzare il sangue umano a tutela della salute di altri esseri umani è antichissima, come antica è anche la consapevolezza del rischio connesso alla manipolazione di tale materiale che, pur essendo indispensabile talora alla salvezza degli uomini, è altresì un potente veicolo di infezioni, il cui rischio, che un tempo era elevato, nelle società avanzate come la nostra può essere scongiurato se si osserva ( e molto spesso purtroppo non è stata osservata ) la copiosa normativa succedutasi a decorrere dal 1958 e relativa al trattamento, alla raccolta e alla distribuzione del sangue umano.

Purtroppo, pur in presenza di una vasta normativa regolatrice della materia, nel nostro Paese tale normativa è stata sovente violata principalmente negli anni ’80 e ’90, ma anche a decorrere dal 2000, ragion per cui si è verificato un vero e proprio “ scandalo del sangue infetto” sviluppatosi negli anni ’80 e ’90 che ha coinvolto molti rappresentanti della sanità dell’epoca e che ha dato come risultato il propagarsi delle infezioni da HBV, HIV e HCV

Secondo i dati dell’Associazione politrasfusi, tra il 1985 ed il 2008, sono state 2605 le vittime di trasfusioni con plasma infetto ed emoderivati ( ma il numero reale di decessi è ben più alto perché bisogna considerare anche i decessi riguardanti persone non iscritte a detta Associazione); vi è poi una numerosissima schiera di contagiati non deceduti.

La maggioranza degli infettati si è avuta tra i malati talassemici ed emofiliaci, i quali sono costretti ad assumere periodicamente sangue intero od emoderivati.

Naturalmente non poche sono state le persone infettate anche per effetto di una sola trasfusione di sangue ricevuta in occasione di un ricovero presso una struttura sanitaria.

Anche se il virus dello HIV è stato isolato nel 1985, mentre quello dello HCV è stato scoperto nel 1988 ( prima del 1988 era conosciuto come virus non a non b), la Suprema Corte di Cassazione ha evidenziato che era ben noto fin dalla fine degli anni sessanta il rischio di trasmissione di epatite virale, la rilevazione ( indiretta ) del virus essendo possibile già mediante la determinazione delle transaminasi ALT ed il metodo dell’anti-HbcAg e che già da tale epoca sussistevano obblighi normativi ( L. n. 296 del 1958 e L. n. 592 del 1967, D.P.R. n. 1256 del 1971, L. n. 519 del 1973 e L. n. 833 del 1973) in ordine ai controlli volti ad impedire la trasmissione di malattie mediante il sangue infetto.

Fin dalla metà degli anni ’60 erano esclusi dalla possibilità di donare il sangue coloro i cui valori delle transaminasi e delle GPT- indicatori della funzionalità epatica – fossero alterati rispetto ai limiti prescritti.

Lo stesso Ministero della Salute, ben a conoscenza del fenomeno, ha con circolari n. 1188 del 30 giugno 1971, 17 febbraio e 15 settembre 1972 disposto la ricerca sistematica dell’Antigene Australia ( cui fu dato poi il nome di antigene di superficie del virus dell’epatite B); e con circolare n. 68 del 1978 ha poi reso obbligatoria la ricerca della presenza dell’antigene dell’epatite B in ogni singolo campione di sangue o plasma.

La Suprema Corte di Cassazione ha, quindi, statuito che anche prima dell’entrata in vigore della L. 4 maggio 1990, n. 107, contenente la disciplina per le attività trasfusionali e la produzione di emoderivati, sulla base della legislazione vigente in materia il Ministero della Sanità era dunque tenuto ad attività di controllo, direttiva e vigilanza in materia di sangue umano.

La Suprema Corte in numerose sentenza ha conseguentemente statuito che sussiste la responsabilità del Ministero della Salute ( e della struttura sanitaria presso la quale sono state effettuate le trasfusioni) anche per contagi da HCV e da HIV verificatisi prima che detti virus venissero isolati ( 1985 per HIV e 1988 per HCV) considerato che, se fosse stata espletata detta attività di controllo, direttiva e vigilanza in materia di sangue umano, si sarebbe scongiurata anche la trasmissione dei virus dello HIV e HCV anche se detti virus non erano conosciuti alla data del contagio.

SUL DIRITTO AD OTTENERE L’INDENNIZZO

Nei primi anni ’90, quando da un lato crescevano le conoscenze scientifiche sulle modalità di diffusione del virus Aids e dall’altro il fenomeno del contagio di varie patologie a seguito di somministrazione di sangue o emoderivati infetti prendeva dimensioni allarmanti e non più ignorabili, lo Stato italiano interveniva approvando la legge n. 210 del 25 febbraio 1992, che prevede non un pieno risarcimento del danno subito dai soggetti contagiati (non solo dal virus dell’Aids ma anche dell’epatite), ma una misura di solidarietà sociale di natura latu sensu assistenziale, costituita da un indennizzo a carico dello Stato.

In favore di chi è ancora in vita la legge prevede un indennizzo attraverso l’assegnazione di un assegno bimestrale, reversibile per 15 anni, cumulabile ex art. 1, comma 1, della legge n. 210/1992 con “ ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito”, e rivalutato annualmente in base al tasso di inflazione programmato. L’importo dell’assegno è variabile a seconda della gravità del danno.

La persona colpita da doppia patologia (epatite + Aids ) gode di un indennizzo aggiuntivo in misura non inferiore al 50% del valore riconosciuto dalla legge n. 210/1992 e successive modifiche. Chi beneficia dell’indennizzo è esente da spese sanitarie e della quota fissa per la ricetta medica, limitatamente alle prestazioni sanitarie per la diagnosi e la cura della patologia stessa. L’indennizzo decorre dal 1° giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda.

I soli danneggiati da vaccinazioni obbligatorie – in base alla lettera della legge – possono presentare apposita domanda per ottenere un assegno una tantum  corrispondente al 30% dell’indennizzo per ogni anno, per il periodo intercorrente fra il momento della manifestazione del danno e l’ottenimento dell’indennizzo.

Qualora a causa delle vaccinazioni o delle patologie previste dalla legge n. 210/1992 sia derivata o derivi la morte, gli aventi diritto (il coniuge, i figli, i genitori o – se la persona è deceduta in minore età – gli esercenti la patria potestà, i fratelli minorenni o maggiorenni) possono fare domanda, a loro scelta, per un assegno una tantum determinato originariamente dalla legge nella misura di 50 milioni di lire, ed elevato a 150 milioni di lire ( oggi Euro 77.468,53) dalla legge n. 238/1997, oppure per un assegno mensile per la durata di 15 anni.

I soggetti interessati ad ottenere l’indennizzo devono presentare apposita domanda entro il termine perentorio che è di tre anni nel caso di vaccinazioni e di epatiti post-trasfusionale e di dieci anni nel caso di infezioni da HIV ( tale termine non decorre dalla data del contagio, bensì dal momento in cui l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno, o a decorrere dall’entrata in vigore della legge per i soggetti che abbiano riportato il danno in precedenza).

SUL DIRITTO AD OTTENERE IL RISARCIMENTO DEL DANNO

I soggetti contagiati, oppure i loro eredi, in via giudiziale possono inoltre ottenere un ben più alto risarcimento del danno che, in caso di decesso del contagiato, può essere liquidato in una somma anche di oltre un milione di Euro e va liquidato ai figli della persona deceduta, al coniuge della persona deceduta, ai genitori della persona deceduta ed ai fratelli della persona deceduta.

La misura del risarcimento complessivo del danno varia in relazione al numero degli aventi diritto ( quanto maggiore è il numero degli aventi diritto tanto più elevato sarà il risarcimento del danno complessivamente spettante).

Va evidenziato che il termine di prescrizione per chiedere il risarcimento del danno non decorre dalla data del contagio; detto termine di prescrizione può decorrere anche dopo molti anni dalla data del contagio; sul punto non ci soffermiamo perché per stabilire la data della decorrenza della prescrizione bisogna esaminare il singolo caso.

Il risarcimento del danno può essere chiesto al Ministero della Salute ed alla struttura sanitaria presso la quale sono state somministrate le trasfusioni ( o la trasfusione).

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Chi scrive sia presso il Foro di Napoli, sia innanzi ad altri Fori italiani, ha già difeso con successo persone contagiate dai virus dello HIV, HCV e HBV, nonché gli eredi di queste ultime.

Lo Studio Legale non richiede nessun fondo spese per promuovere il giudizio di risarcimento del danno; il compenso sarà dovuto solo in caso di esito positivo di tale giudizio.

E’ a carico dello Studio Legale anche il costo per la perizia medico-legale la quale necessariamente deve essere redatta prima di iniziare il giudizio al fine di verificare se sussistono i presupposti per promuovere l’azione giudiziaria al fine dell’accoglimento della domanda di risarcimento del danno.

Per ulteriori informazioni contattare l’avv. Luigi Del Prete, con studio in Frattamaggiore ( NA ) alla Piazza Risorgimento n. 6. Cellulare 3394462379.

Frattamaggiore, 22 agosto 2018

( avv. Luigi Del Prete )