Un modo diverso di intendere il mare

Hopper_barche

Stanno finendo le vacanze e il mare si svuota dei vacanzieri tradizionali, quelli che affollano le nostre spiagge in agosto, urlanti e sguaiati.

Rimane il fascino del mare fuori stagione, che io amo molto. Parto come al solito da una immagine di un mare diverso, più agitato del solito. Voglio condividere il piacere di intendere il mare non come spiaggia/granita/cocomero (o come diceva un tormentone di qualche anno fa “biretta/calippo”), ma come occasione per guardare oltre. Il mare è la porta, nel mio immaginario, verso un infinito mondo di esplorazioni, di scoperte, di nuove rotte verso nuove conoscenze. Ricordo quando, quasi diciottenne, vidi per la prima volta l’oceano, in Portogallo. Mi diede subito la sensazione di essere un punto di partenza. Il pensiero correva verso Colombo, il desiderio di andare oltre, verso nuove direzioni inesplorate. Era una bella sensazione, di apertura verso l’infinito che poche altre volte ho avuto.

P.S. ringrazio di cuore chi, riflettendo con me di questo e di altro, ha suscitato questi pensieri e questi ricordi

Pomeriggio estivo

Aix-en-Provence, la Musa della pittura impressionista

“Un tardo pomeriggio radioso. Un sole quasi languido nelle strade tran­quil­le della Rive Gauche. E ovunque la gioia di vivere, sui visi, nei mille ru­mo­ri familiari della strada.
Ci sono giorni come questo, in cui l’esistenza è meno banale, e i passanti sui marciapiedi, i tram e le auto sembrano uscire da una fiaba.”

Quelli che restano

Hopper, Edward
Quelli che restano…. sono quello che resta…

Siamo quelli che restano
In piedi e barcollano su tacchi che ballano
E gli occhiali li perdono e sulle autostrade
Così belle le vite che sfrecciano
E vai e vai che presto i giorni si allungano
E avremo sogni come fari
Avremo gli occhi vigili e attenti e selvatici e selvatici, selvatici
Siamo quelli che guardano una precisa stella in mezzo a milioni
Quelli che di notte luci spente e finestre chiuse
Non se ne vanno da sotto I portoni
Quelli che anche voi chissà quante volte
Ci avete preso per dei coglioni
Ma quando siete stanchi e senza neanche una voglia
Siamo noi quei pazzi che venite a cercare
Quei pazzi che venite a cercare
Quei pazzi che venite a cercare
Quei pazzi che venite a cercare

Rosso

FiloRosso

Ci sono persone, situazioni molto particolari, che creano un legame speciale. Non conta quanto sei distante, non conta il tempo, lo spazio che ci separano. C’è sempre un filo rosso che ci unisce.

Rosso come la passione, rosso come il cibo più succulento, rosso come un tramonto, rosso come le labbra, rosso come una alba, rosso come il sangue.

Questo filo rosso ci lega, sempre

Assenza/Presenza

giorgio-de-chirico-14

Dopo tanto tempo cerco di riaprire un filo qui, un filo di parole e di immagini.

Una pesante malattia prima e Il lock down dopo hanno intaccato la serenità e la voglia di comunicare, ma proviamo a ripartire.

Mi piace ripartire con questa immagine dell’amato De Chirico, che esprime perfettamente il senso di assenza/presenza.

Non ho tante parole ora da condividere se non il mio desiderio di tornare ad esserci

Le canzoni d’amore

Dopo aver pubblicato l’ultimo post, con quella bellissima canzone d’amore, mi sono chiesto se fosse una delle più belle canzoni italane, di questo genere, che io apprezzassi. Certo ha poco senso fare una classifica, come da bambini facevamo con i super eroi. E’ più bella questa o quella? chissà… ne ho tante nel cuore e mi emozionano tutte. Potrebbe diventare l’argomento di un post? forse si, giochiamo cosi. Mi rivolgo ai pochi (ma molto buoni 🙂 ) lettori di questo blog, abituali o accasionali. Quali sono le tre migliori canzoni d’amore (italiane o meno) secondo voi?

La mia classifica, del tutto personale e parziale, per adesso è questa…

3.)

2.)

1.)

Io che amo solo te

In questo blog ho cercato di unire immagini, parole e musica: per questa canzone e questo video non ho ne parole ne immagini. Trovo questa interpretazione della canzone e questo video semplicemente meravigliosi.

Mi capita a volte di chiedermi perche ho voglia di sentire una persona,  di vederla. Mi rendo conto che non ci deve essere un motivo specifico: troppe volte nella mia vita mi sono fermato a cercare un motivo per fare una cosa, quando il motivo era semplice ma non banale. Certe cose fanno semplicemente piacere.

Il motivo è che mi fa piacere sentire quella voce, vedere quel viso, il motivo è che semplicemente (si fa per dire) mi fa stare bene

Ecco il perchè di questo video, senza troppe parole: è dedicato a tutte quelle persone, a tutte quelle donne di cui ora vorrei sentire la voce, vorrei vedere il sorriso, vorrei sentirle vicine, vorrei abbracciarle…

 

 

 

Motocicletta, 10 HP

Motocicletta

Voglio dedicare questo post ad una riflessione su un particolare della mia vita, una piccola cosa. Uso per la maggior parte dei miei spostamenti uno scooter, da sempre direi. Fin da bambino, con mio padre che guidava una vecchia vespa, e poi con i vari motorini che ho avuto fin dai tempi dell’università. Lavoro, da molti anni, in centro e sarebbe difficile farne a meno, ma è capitato che, per qualche motivo, sono dovuto andare a lavorare con i mezzi pubblici. Non voglio entrare nella polemica del disastroso stato dei mezzi pubblici a Roma, ma voglio condividere la mia esperienza. La diversità che ho sentito nel viaggiare con i mezzi pubblici o con uno scooter. Non mi interessa qui del risparmio di tempo o di praticità o di soldi, ma delle sensazioni che mi dà il viaggiare nei due modi diversi. Come dicevo, sono abituato a muovermi su due ruote. Quando mi infilo il casco, è come se mi chiudessi in una bolla. Il casco, soprattutto quello integrale, mi lascia solo con me stesso. Mi distacca dal mondo circostante e mi permette di riflettere su di me stesso, sulla mia vita, su ciò che mi accade, sul mondo in generale. È un bel momento il viaggiare cosi. La mattina, chiuso nella mia bolla, penso a ciò che dovrò fare durante la giornata, sia al lavoro che dopo. Il pomeriggio, di ritorno dal lavoro (ma è stato spesso anche di sera se non di notte), ripercorro i miei passi e fra valutazioni di ciò che ho fatto e di ciò che devo ancora fare, ripercorro la strada del mattino, spesso con spirito diverso: a volte più stanco, più preoccupato, più contento, più pensieroso.

Nei periodi in cui sono stato costretto, gioco forza, a prendere i mezzi pubblici, mi sono trovato a convivere con una umanità a me quasi sconosciuta. Stavo stretto stretto al fianco di uomini e donne a me sconosciuti ma che andavano verso una loro metà con lo stesso mio mezzo di trasporto. La vicinanza, spesso eccessiva a cui i disastrati mezzi costringono, crea una specie di strana relazione. Sono un buon osservatore e ho riconosciuto quei volti che mi accompagnavano regolarmente. Lo stesso orario la mattina o, più raramente, per il ritorno. Le stesse facce, le stesse borse. Immaginavo le loro vite: dove andavano? Quali lavori, quali visi avrebbero incontrato? Quali crucci nelle loro vite, quali le loro gioie? I ragazzi con i primi amori, i pensieri della scuola; quante storie su quei volti, quanti pensieri, quante gioie. Questo un po’ mi manca. Sono tornato allo scooter, mille volte più comodo, ma mi manca quel contatto, quello stare immerso in una umanità cosi diversa, non scelta ma casuale… casuale ma … vicina, stretta…