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Ascari: I Leoni d' Eritrea. Coraggio, Fedeltà, Onore. Tributo al Valore degli Ascari Eritrei.

 

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L'Ascaro del cimitero d'Asmara.

Sessant’anni fa gli avevano dato una divisa kaki, il moschetto ‘91, un tarbush rosso fiammante calcato in testa, tanto poco marziale da sembrare uscito dal magazzino di un trovarobe.
Ha giurato in nome di un’Italia che non esiste più, per un re che è ormai da un pezzo sui libri di storia. Ma non importa: perché la fedeltà è un nodo strano, contorto, indecifrabile. Adesso il vecchio Ghelssechidam è curvato dalla mano del tempo......

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Storia. Anni 1911-1912. (Fase2-1912) Parte Prima.

Post n°80 pubblicato il 27 Agosto 2008 da wrnzla

Fonte Testi: Cronologia.Leonardo.it
Storia. Anni 1911-1912. (Fase2-1912) Parte Prima.

GUERRA ITALO-TURCA. GUERRA DI LIBIA. (Fase2-1912)

LE OPERAZIONI NAVALI NEL MAR ROSSO: LA BATTAGLIA DI KUNFUDA - LA REPRESSIONE NEL MEDITERRANEO - TENSIONE DEI RAPPORTI ITALO-FRANCESI

LE OPERAZIONI DI GUERRA ALL'INIZIO DEL 1912

Le operazioni navali, sospese (su forti pressioni dell'Austria) nel basso Adriatico e nello Ionio, continuarono invece con maggiore intensità nel Mar Rosso. Queste operazioni avevano lo scopo d'impedire che la Turchia riuscisse, attraverso quel mare, il Sudan e l'Egitto, a far passare armi ed armati in Cireniaca e di proteggere l'Eritrea, che i Turchi dicevano di voler molestare.

Giolitti, per accelerare la conclusione della guerra e colpire l'Impero turco nei suoi centri vitali, prospettò la possibilità di estendere le operazioni alle isole dell'Egeo o nei Dardanelli. Ma le altre potenze europee si opposero con forza; e per fortuna che erano quelle "amiche", dell'Alleanza, a cominciare dall'Austria, la quale dichiarò che l'occupazione di isole dell'Egeo da parte italiana era contraria agli accordi della Triplice.
La Germania era contraria anch'essa, ma, come vedremo in queste pagine, si impegnò poi a fare pressioni sull'Austria per dare via libera all'azione militare italiana nell'Egeo, ma solo perché temeva che una lunga guerra di logoramento avrebbe indebolita troppo l'Italia e messo in pericolo l'esistenza della stessa Triplice.
Ma GUGLIELMO II, non sottovalutava neppure, che la presenza italiana nell'Egeo (indebolendo la Turchia oltre misura) costituiva una seria minaccia e un grave pericolo nel momento in cui (e già si preannunciavano) nei Balcani a danno dell'Impero turco ma anche per l'indipendenza di alcue regioni, si sarebbero scatenati dei conflitti tra Austria e Russia e i stati satelliti alleati o meno.

Le operazioni navali italiane, miravano inoltre a rendere insostenibile o per lo meno difficile la situazione dei Turchi nella penisola arabica, fra l'altro disturbata da agenti di Giolitti che, sostenevano, finanziavano e armavano la rivolta di SAID IDRISS, emiro dell'Assir, che combatteva contro l'esercito ottomano comandato da IZZET pascià.

Comandava le forze navali italiane nel Mar Rosso il capitano di vascello GIOVANNI CERRINA-FERONI, che non aveva dato mai tregua ai porti turchi, aveva più volte fatto bombardare accampamenti nemici sulla costa arabica, dato una caccia spietata al naviglio ottomano, che aveva perduto non poche unità.
Le ultime navi turche del Mar Rosso furono annientate il 7 gennaio del 1912 davanti a Kunfuda. Ecco come si svolse la brillante azione
secondo il rapporto del Comandante Cerrina-Feroni:

"Convinto che numerose cannoniere turche erano rifugiate nei canali interni di Farisan, probabilmente verso Kunfuda, e grossi reparti di truppe si trovavano a Loheja, Midy e Kunluda, decisi di operare simultaneamente con tutte le navi disponibili a Massaua, coordinando la loro azione in modo di impedire la sfuggita delle cannoniere. Per nascondere l'intento, feci operare una diversione preliminare dalla Calabria e dalla Puglia con il bombardamento dell'accampamento di Gebaltar. Subito dopo comandai al Piemonte, al Garibaldino ed all'Artigliere di esplorare la costa cominciando da Gidda, poi di imboccare il canale interno di Farsan da Lidh e proseguire verso sud. Contemporaneamente inviai la Calabria e la Puglia, appena reduci da Gebaltar, ad investire Loheja e Afidy, che furono bombardate danneggiando l'accampamento, distruggendo il forte di Midy, battendo afficacemente le colonne di truppe e di cammelli marcianti verso Loheja. Intanto il Piemonte, il Garibaldino e l'Artigliere, proseguendo per il canale Nord, il giorno 7 scorsero a Kunfuda sette cannoniere turche, nonché lo yacht Fouwette, armato da guerra, con tutti i fuochi accesi. Alcune cannoniere salparono, appena avvisato il cacciatorpediniere in avanscoperta. Ad oltre 6000 metri dal canale aprirono il fuoco contro l'Artigliere, che rispose opportunamente non impegnandosi a distanza limitata, durante l'attesa del Piemonte e del Garibaldino sopraggiungenti.

"S'impegnò allora fra le nostre navi e le cannoniere turche appoggiate dalle batterie a terra un violento combattimento durato quasi tre ore e finito nella notte con un completo immobilizzo del nemico, che, demoralizzato, abbandonò le navi, alcune delle quali furono portate prima in secca. Nessun danno da parte italiana. La mattina seguente riconosciuta l'impossibilità di ricuperare alcune cannoniere perché troppo danneggiate, ne completarono l'annientamento con le artiglierie e l'incendio, catturando lo yacht, che fu possibile risparmiare. Fu bombardato poi l'accampamento ed il fabbricato con la bandiera turca. Il nemico ha abbandonato Kunfuda. Durante la notte gli equipaggi abbandonarono le cannoniere, sbarcando sulla spiaggia munizioni, materiale e bandiere, che il mattino seguente le lance armate del Piemonte, approdate a terra, requisirono. Furono raccolti molti trofei di guerra, molte mitragliatrici, strumenti nautici, imbarcazioni e bandiere. Fra le cannoniere distrutte una era di 500 tonnellate circa, armata con cannoni da 76 e mitragliere da 37, una di 350 tonnellate con cannoni da 65 e mitragliere da 35, cinque da 200 tonnellate con cannoni da 47 e mitragliere da 37, tutto sopra coperta, moderne".

Compito delle navi italiane, specie di quelle del Mediterraneo, era anche di reprimere il contrabbando che su larga scala era esercitato dalle frontiere tunisina ed egiziana. Uno dei punti della costa libica, presso il confine tunisino, dove maggiormente era esercitato il contrabbando, era Zuara. La corazzata italiana Iride e la torpediniera Cassiopea vi andarono il 19 dicembre ad eseguire una ricognizione ed operarono uno sbarco a Sidi Said, che poté effettuarsi dopo un vivace combattimento con una schiera araba di 400 uomini, metà dei quali rimasero sul terreno.

Il 22 dicembre 1911, l'incrociatore Puglia catturò il piroscafo Kaiseride, che, camuffato da nave ospedale turca, era forse diretto ad un porto europeo per caricare materiale destinato agli arabi. Il 17 gennaio, nel porto di Sfax fu perquisito il piroscafo Odessa, al quale furono confiscate mille casse di materiale bellico diretto a Zuara.
Il 16 gennaio del 1912, la regia nave Agordat fermò a trenta miglia dal Capo Spartivento il transatlantico francese Charthage, che faceva servizio tra Marsiglia e Tunisi. Essendovi nel piroscafo un aeroplano destinato ai Turchi in Libia e non avendo il comandante voluto consegnarlo, il Chartage fu bloccato e condotto a Cagliari. In seguito, avendo il Governo francese assicurato ufficialmente che l'aeroplano non era destinato ai turchi, il piroscafo fu rilasciato.
Il 18 gennaio, una delle cinque torpediniere che accompagnavano l'Agordat fermò al largo dell'isola di San Pietro di Sardegna un altro piroscafo francese, il Manouba che recava a bordo 29 passeggeri turchi, i quali si dicevano medici e infermieri. Essendosi il comandante rifiutato di consegnare i turchi, anche il Manouba fu bloccato e condotto a Cagliari, da dove due giorni dopo, sbarcati i passeggeri, il piroscafo proseguì la sua rotta.

La stampa francese, avuta notizia dei fatti, strillò. Alla Camera francese, il 22 gennaio, furono svolte interpellanze da deputati esaltati, che chiedevano una riparazione "eclatante" dall'Italia, come si espresse l'on. LAROCHE, o parole "energiche e rassicuranti" dal presidente del consiglio, come fece l'ammiraglio BIENAIMÉ, il quale disse avere la Marina, Italiana commesso "un vero attentato contro la libertà e l'onore della bandiera francese" e una mancanza di riguardo "premeditata", e dichiarò: "Il paese vuole una soddisfazione e, se occorre andare fino alla riparazione; esso è pronto".

Il presidente del Consiglio e ministro degli Esteri POINCARÉ assicurò che gli incidenti stavano per accomodarsi, che i 29 passeggeri turchi erano stati consegnati al console francese a Cagliari e sarebbero stati rimandati al luogo d'imbarco impegnandosi la Francia ad impedire che raggiungessero Tunisi quelli che non erano né medici o infermieri; si lamentò dell'ingratitudine italiana e si augurò che "le relazioni amichevoli delle due nazioni, riposando sulla comunanza di ricordi, non sarebbero state turbate". Terminò pronunciando la frase celebre: "une muage qui passe n'assombrira pas l'horizon".

Quando però il Manouba e il Chartage giunsero a Tunisi ebbero accoglienze trionfali, che dimostrarono ad usura come la Francia nutrisse sentimenti ostili all'Italia: "Le società sportive -scrive il Curatulo- e le ginnastiche francesi e musulmane erano al completo. Vi erano pure il 4° reggimento dei "chausseurs" con fanfara, un battaglione di zuavi con la propria banda musicale; essi venivano a ricevere il colonnello DE BUVER, che si trovava tra i passeggeri, e poi vi era il delegato della Residenza, i generali, il vice presidente del Municipio, i capi servizio tutti al completo. La gioia e le acclamazioni con cui fu salutato l'approdo del "Chartage furono intense: grida di: "Viva la Francia ! Vita la Patria ! Viva da Repubblica ! Viva l'aeroplano ! Viva il comandante Thémèse ! Abbasso l'Italia! Abbasso la Sicilia ! Viva la Turchia !. Tutti vollero stringere la mano al comandante THÉMÈSE; qualche gentile rappresentante del bel sesso non resisté alla tentazione di abbracciarlo".

L'improvvisa tensione dei rapporti italo-francesi, fu però paradossalmente provvidenziale perché valse a modificare il contegno della Germania e dell'Austria verso l'Italia, i rapporti ridiventarono quasi cordiale. La stessa stampa dei due imperi, che fino allora era stata paladina della Turchia ed aveva perfino caldeggiato l'idea di una nuova Triplice, in cui l'impero ottomano avrebbe sostituito l'Italia, ora, eccettuati pochi giornali, voleva che all'alleanza delle tre nazioni aderisse anche la Turchia, pacificata con l'Italia. 

 
 
 
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Un blog di: wrnzla
Data di creazione: 27/05/2005
 

 
   Agli Ascari d'Eritrea 

- Perchè viva il ricordo degli Ascari d'Eritrea caduti per l'Italia in terra d'Africa.
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare alla bandiera al corpo Truppe Indigene d'Eritrea.
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare al gagliardetto dei IV Battaglione Eritreo Toselli.

 

 

Mohammed Ibrahim Farag

Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.

Unatù Endisciau 

Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.

 

QUESTA È LA MIA STORIA

.... Racconterà di un tempo.... forse per pochi anni, forse per pochi mesi o pochi giorni, fosse stato anche per pochi istanti in cui noi, italiani ed eritrei, fummo fratelli. .....perchè CORAGGIO, FEDELTA' e ONORE più dei legami di sangue affratellano.....
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A DETTA DEGLI ASCARI....

...Dunque tu vuoi essere ascari, o figlio, ed io ti dico che tutto, per l'ascari, è lo Zabet, l'ufficiale.
Lo zabet inglese sa il coraggio e la giustizia, non disturba le donne e ti tratta come un cavallo.
Lo zabet turco sa il coraggio, non sa la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un somaro.
Lo zabet egiziano non sa il coraggio e neppure la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un capretto da macello.
Lo zabet italiano sa il coraggio e la giustizia, qualche volta disturba le donne e ti tratta come un uomo...."

(da Ascari K7 - Paolo Caccia Dominioni)

 
 
 
 

 
 
 
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