Creato da jeoly il 04/03/2008

Phoenix

Mi chiamo Massimo Decimo Meridio, comandante dell'esercito del nord, generale delle legioni Phoenix, servo leale dell'unico vero imperatore Marco Aurelio, padre di un figlio assassinato, marito di una moglie uccisa,... e avrò la mia vendetta, in questa vita o nell'altra.

 

 

Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 07 Marzo 2008 da jeoly

Capitolo 2 - L'accampamento

Massimo si adattò facilmente alla vita militare e sentì di aver trovato un'altra casa. Il suo posto era qui, insieme a questi uomini forti e al loro impegno a difendere la gloria di Roma, un luogo che Massimo poteva solo immaginare. Essendo una nuova recluta, dapprima gli fu affidato l'incarico più umile - pulire il letame dalle stalle - ma gli piaceva farlo ed era determinato a essere il miglior pulitore di letame che l'esercito avesse mai avuto. La sua determinazione non passò inosservata e presto gli fu dato un lavoro più significativo, che comprendeva prendersi cura dei cavalli e lucidare l'armatura dei soldati. Solo ai ragazzi migliori venivano affidati questi lavori ed egli li eseguiva con orgoglio.

Poiché imparava in fretta, Massimo presto conobbe a fondo il funzionamento di ogni aspetto dell'accampamento e quando non lavorava si piazzava a osservare ciò a cui nessun ragazzo era permesso partecipare: la pratica dei soldati con le loro armi pericolose. Sapeva quanto queste fossero pesanti e si meravigliava del modo in cui gli uomini roteavano le spade come se fossero fatte di legno. La sola evidenza dei loro sforzi erano i grugniti e le urla che sfuggivano dalle loro gole allorché le lame cozzavano proiettando scintille nell'aria.

L'esercito era a Toletum, nel centro dell'Ispania, e molte armature ed armi erano state appena forgiate laggiù, con il migliore acciaio di tutto l'impero, in onore del nuovo Cesare, Marco Aurelio, che era il successore per adozione del defunto Antonino Pio. L'accampamento vicino alle sponde del mare era provvisorio e ognuno sapeva che presto si sarebbero diretti ancora verso nord per sedare una rivolta delle tribù settentrionali che avevano approfittato del cambio di potere a Roma. Correva perfino voce che Cesare avrebbe visitato presto l'accampamento quando avesse ispezionato le sue molte legioni.

L'accampamento non era solo lavoro. Di sera gli uomini sedevano attorno ai fuochi e chiacchieravano a bassa voce, o si occupavano di giochi inoffensivi con i dadi e le pietre. Massimo era anche consapevole del fatto che alcune donne del luogo visitavano il campo, di notte, e aveva visto qualche soldato scomparire nelle tende con loro, uno alla volta, solo per emergere qualche minuto più tardi grattandosi la pancia e ridendo mentre un altro ne prendeva il posto. Massimo sapeva ciò che succedeva in quelle tende, così come lo sapevano gli altri ragazzi più grandi, ma essi intuivano solo vagamente che cosa accadesse tra uomini e donne.

Lui e i suoi migliori amici, Lucio e Quinto, erano seduti con le schiene contro balle di fieno e guardavano la sfilata di uomini che entravano e uscivano dalla tenda. Quinto, di un anno più vecchio dei suoi compagni, aveva arditamente provato a unirsi alla fila, ma era stato brutalmente rimesso al suo posto con i ragazzi, tra le risate e i beffeggi degli uomini. A quindici anni, Quinto si stava già allenando con armi vere e si considerava un uomo fatto. Sedette accanto ai suoi amici fumante di collera e imbarazzo.

Lucio ruppe il loro silenzio.
- Non ci mettono molto tempo, vero? Persino i cani ci mettono di più.

Massimo e Quinto girarono le teste all'unisono per guardarlo e Quinto sogghignò.
- Ci mettono il tempo che ci vuole.
Quinto proveniva da una famiglia romana patrizia e si considerava di gran lunga superiore ai suoi compagni che venivano entrambi dalle province - Lucio essendo nato in Aquitania - e aveva trascorso un anno nell'esercito ausiliario prima di unirsi alla legione. C'era una vera rivalità tra i ragazzi, i quali sapevano che l'esercito sarebbe stato tutta la loro vita per molti anni e rivaleggiavano per avere i lavori più prestigiosi. Sapevano che, negli anni a venire, i capi dell'esercito sarebbero stati scelti fra i loro ranghi ed erano ansiosi di fare ottima impressione alle persone più importanti. La situazione ideale era essere scelto per servire un ufficiale d'alto grado e vivere nei suoi quartieri. Quinto era sicuro che quel momento sarebbe giunto presto per lui, poiché era nell'esercito da quando aveva nove anni.

Massimo guardò Quinto negli occhi e disse con calma.
- Non ne sai più di lui, Quinto.
Il tono di superiorità di Quinto poteva essere molto tagliente ma non aveva mai impressionato Massimo, il quale si era preso l'impegno di rimetterlo al suo posto ogni volta che lo avesse ritenuto necessario.

- E suppongo che tu invece sì?

- Non me ne sono mai vantato.

Quinto sapeva che la discussione stava volgendo a suo svantaggio in favore di Massimo, come spesso accadeva. L'Ispanico sembrava impermeabile alle beffe del ragazzo più grande e aveva l'abilità di ridurlo al silenzio con una sola frase pacata. Quinto decise di cambiare argomento di conversazione.
- Ho sentito dire che dei soldati giovani saranno presto selezionati per servire qualcuno degli ufficiali d'alto rango, compreso il generale Patroclo. - Quinto sorrise. - Quel lavoro sarà mio, aspettate e vedrete.

Massimo non disse nulla. Aveva udito le stesse voci.

- Mi piacerebbe farlo, - disse Lucio.

- E che cosa hai fatto per impressionare qualcuno? - replicò Quinto.

Lucio adesso si stava arrabbiando.
- Sono bravo come chiunque altro, qui. Lavoro duro. Sono sveglio e ho un aspetto più bello del tuo.

Massimo scoppiò a ridere al colpo diretto di Lucio alla vanità di Quinto.

- Che cosa ti fa ridere, Massimo? Come se qualcuno ti guarderebbe due volte, a te! - Quinto saltò in piedi e se ne andò precipitosamente, non volendo lasciare al compagno l'ultima parola.

Massimo diede una pacca sul ginocchio a Lucio.
- Questa volta l'hai battuto, amico mio. Buon per te.

- Qualche volta lo detesto.

- Oh, lui è a posto. E' qui da molto più tempo di noi e crede di avere qualche diritto in più, suppongo. E' anche un soldato molto bravo, Lucio, veramente bravo.

- Tu sei bravo quanto lui.

- Forse, ma io non ho ancora avuto l'opportunità di combattere se non con spade di legno. Ma non durerà molto, comunque.

- Stai per cercare di avere un posto presso uno degli ufficiali?

- Sì.

- Quale?

- Il generale Patroclo.

Lucio guardò il suo amico con meraviglia e ammirazione. Lui non aveva alcun dubbio: Massimo era destinato alla grandezza. Era in ogni fibra del suo essere... nella voce, nella postura, nell'atteggiamento. Era solo questione di tempo.

 
 
 
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