Truncare sas cadenas

-Università della Terza Età di Quartu 10° lezione a cura di Francesco Casula


 Università della Terza Età di Quartu 10° lezione a cura di Francesco CasulaDIEGO MELEIl principe dei satirici sardi in lingua sardo-logudorese (1797-1861)Nasce a Bitti (Nuoro) il 22 Gennaio 1797 da Anna Casu Delogu e Salvatore. Il padre, contadino, muore nel 1808, lasciandolo orfano a 11 anni, insieme ai fratelli, più giovani di lui, Maria Rosa e Battore. Il giovane Diego, a causa delle precarie condizioni economiche della famiglia, non può proseguire gli studi regolarmente: dopo due anni a Cagliari sarà costretto a ritornare a Bitti. Grazie alla vendita di un piccolo appezzamento di terreno, completerà gli studi in teologia a Sassari, dove si manterrà facendo da istitutore ai tre figli -Ignazio, Pietro e Gaetano- di un certo cavalier Ballero, comandante militare della piazza. Si laurerà in teologia nel 1826 e il 19 Marzo 1827 riceverà gli ordini sacerdotali. Giovanni Spano, archeologo nonché storico e studioso della Lingua sarda, suo compagno di scuola a Sassari, lo ricorda affettuosamente come faceto e improvvisatore vernacolo...di poesie giocose e satiriche. Le cui canzoni popolari, erano, come lo sono ora in bocca di tutti. Sempre lo Spano pubblicherà una decina di composizioni nelle sue antologie mentre alcune verranno riprese sporadicamente da altri, in particolare da due viaggiatori stranieri: il francese Auguste Boullier(In Le dialecte et les chants populaires, Paris 1865) e il tedesco Heinric F. Von Maltzan (In Reise auf der Insel Sardinien, Leipzig, 1869).Diego Mele ha legato il suo nome soprattutto a Olzai, villaggio della Barbagia di Ollolai di cui fu parroco per 25 anni. Ma prima, dopo aver preso gli ordini sacerdotali gli fu affidata la reggenza della piccola parrocchia di Lodè, fu poi aiutante del parroco a Bitti, vicerettore a Oliena e vice parroco a Mamoiada dove prende aperta posizione contro la Legge delle Chiudende che abolivano le terre comuni per privatizzarle, creando così quella che allora veniva chiamata la "proprietà perfetta", con cui si abolivano i diritti comunitari, penalizzando soprattutto i pastori, che non a caso saranno quelli che la combatteranno più duramente. In seguito a questa sua presa di posizione, fu confinato in un convento dei cappuccini ad Ozieri (Dicembre 1832-Febbraio 1833). "Ove -scrive Pietro Meloni Satta-  addolorato di tanta ingiustizia e oppresso da crudo malore, sfogava i suoi lamenti colla Musa diletta, destando lagrime di compassione". Scriverà infatti in una sua poesia nel 1832: "O pena dolorosa/De custu coro afflittu/Senza fagher delittu/Est pianghende". Rientra poi a Mamoiada, ma a Novembre viene destinato come prorettore a Lodè. Infine nel 1836 diviene rettore di Olzai dove rimarrà fino alla sua morte avvenuta il 16 Ottobre 1861."Una caratteristica del suo ministero -ricorda Salvatore Tola, curatore di un volume di Satiras- era la rigida osservanza delle disposizioni dei superiori, che lo spinse a far cessare la consuetudine del compianto funebre, s'attitidu, condannato come incitamento alla vendetta; e una netta inclinazione all'austerità, che finiva per scoraggiare l'uso del costume, i balli e ogni manifestazione che potesse sembrare pericolosamente profana".Il miglior necrologio per la sua scomparsa -ricorda Bachisio Porru- è quello che Giorgio Asproni, deputato e suo compaesano, annotò nel suo diario: "L'interno dolore che io provo per questa perdita non è esprimibile...era uomo nato per amare e amò sempre. Nato povero non resisteva alla vista delle miserie altrui e dava il suo necessario per soccorrere i bisognosi: morì povero. Era senza contrasto il miglior ecclesiastico della provincia di Nuoro". ((Diario politico, III, 1980, p. 145).  Questo per quanto attiene alla sua figura; per quanto invece concerne la sua opera occorre tener presente che le sue poesie per decenni circolano solo oralmente, solo un anno prima della morte accetta di dettarle al figlioccio, Pietro Meloni Satta. Siamo nel 1860: ma l'edizione a stampa avverrà nel 1922 nel volumetto Il Parnaso sardo del poeta bernesco estemporaneo Teol. Diego Mele. IN OLZAI NON CAMPAT PIUS MAZZONE1.In Olzai non campat pius mazzoneca nde l'hana leadu sa pastura,sa zente ingolumada a sa dulzuraimbentat sapa dae su lidone.2.De nou han bogadu cust'imbentupro sedare veementes appetitos,leadu han a mazzone s'alimentuperò l'han a piangher sos caprittos:no li faghen a isse impedimentunemancu de Dualchi sos iscrittos,de mazzone aumentare sos delittosnon podiat porcheddu ne anzone.3.Sas puddas e caprittos e porcheddospianghen de sa zente sos errorese de sos affligidos anzoneddosmi paret de intender sos clamores;a dolu mannu de sos pastoreddoschi nde proan e sentire sos dolores,custos sun sos gustos e saboresde sa sapa de noa invenzione.4.Totta canta sa zent'est post'in motupro fagher sos coccones de bennarzu,c'han isperimentadu e han connottuchi superat sa sapa de su varzu.Pera Marras accudi a s'abbolottu,no istes pro fadiga e pro incarzuischi chi tue puru ses procarzunon ti dormas in custa occasione5.Amigu, non ti dormas tue purusi tenes calchi pudda in su puddile,ca mazzone caminat a s'iscurue pesat dae lettu a s'impuddile.Chi t'hat a visitare ista segurucando tenes porcheddos in predile,si ti dormis in martu e in abrilecun sa mere has a tenner chistione.6.Pera meu, cunsidera su malechi nos han custa orta causadu.Unu forte nimigu capitalepro sa sapa de nou han irritadu;mazzone pro istintu naturalecontra de sos porcheddos hat juradu,como dae su famen apprettadufurat e tenet doppia rejone.7.S'omine, si s'agatat in apprettuzenza provvista e privu de recattu,si furat dae famen inchiettunon cummittit culpabile reatu.Su chi leat e pigat in cuss'attutenet de lu pigare su derettu;e nades chi mazzone est indiscrettusi famidu si leat un'anzone?8.Si furat in cuss'attu l'iscusadeca su famen lu privat de sa vista;postu mazzone in sa nezessidadede fagher sa figura brutta e tristacun piena e cun totta libertadea ue podet si faghet provvista,e isfidat su primu rigoristaa li negare s'assoluzione.[...]   IN OLZAI FIUDA E NEN BAJANA1.SAS BAJANAS DE OLZAI.In Olzai viuda ne bajananon nde cojuat pius, est cosa intesa,sa levata nos faghet grav'offesaperò chie nos bocchit est Ottana.2.Feminas chi maridu disizamusnois semus andende malamente,de cust'affare gasi nos nd'istamus,non pensamus remediu niente?Si custu male avanzare lassamuspianghimus, creide, inutilmente;eo bido s'infilu de sa zentech'est in catza e in pisca fittiana.3de nos torrare dae caddu a pèest sa idea chi jughent in testa:sas de Ottana dividint cun su reet omine pro nois non nde resta'.Si leades consizu dai mende faghimus formale una protesta:chi de issas non benzant ad sa festa,antis ne mancu a comporare lana...4.Si non ponimus rimediu prestuNon codian de omine carroneSu nde pigat una porzioneE issas si nd'acollini su restu.Chi benin pro servir est su pretestuperò jughen diversa intenzione:dae 'ucca nos lean su bucconelassende nois a morrer de gana. [...] TraduzioneIN OLZAI VEDOVA NE' NUBILE1. LE NUBILI DI OLZAI. In Olzai vedova né nubile si sposa piú, è risa­puto: la leva (militare) ci fa un grande danno, ma chi ci getta a ter­raè Ottana.2. Va male per noi donne che desideriamo maritarci: restiamo co­sì (indifferenti) verso questa questione, non cerchiamo di trovare rimedio? Se lasciamo avanzare questo male non faremo altro che piangere, credete, senza scopo; io guardo (piuttosto) all'affaccen­darsi delle persone che con tenacia si danno alla caccia ed alla pe­sca.3. Il progetto che hanno in mente è di toglierci da cavallo per ri­durci a piedi: quelle di Ottana dividono col Re e per noi non resta­no uomini. Se accettate un consiglio da me eleviamo per questo una vera e propria protesta: quelle non possano venire alla festa, e neppure a comprare lana.4. Se non mettiamo subito rimedio non lasciano (neppure) un cal­cagno d'uomo, il Re ne prende una parte e loro catturano il resto. Quello di venire come domestiche è un pretesto, in effetti hanno tutt'altra intenzione: ci tolgono il boccone di bocca lasciandoci a morire dal desiderio.