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Giovanni MariaAngioy


 Ricordando Giovanni Maria Angioy nel 209° Anniversario della sua mortedi Francesco Casula
. La figura di Giovanni Maria AngioyLa sua figura - scrive lo storico sassarese Federico Francioni (1)- nella storia del suo tempo è stata a lungo oggetto di controversie, a volte di esaltazioni, a volte di accuse, spesso condizionate da un dibattito politico contingente, che prendevano particolarmente di mira sue indecisioni e «doppiezze».Oggi invece è necessario cercare di capire nel profondo le ragioni dei dubbi ed anche delle ambiguità che, ad un primo esame, sembrano le fasi e le caratteristiche piúmarcate della biografia angioyna. Ma è indispensabile, prima di tutto, indagare sulle origini delle lotte antifeudali con le quali giunsero a maturazione istanze comuni siaal mondo delle campagne che ai gruppi della nascente borghesia isolana. È essenziale, inoltre, non perdere di vista il quadro in cui vanno collocati gli avvenimentisardi: il drammatico scenario dominato dal crollo dell'ancien régime, dalle attese quasi messianiche di emancipazione delle masse rurali, dall'azione di élitesaudaci ed intransigenti e dagli «alberi della libertà».Solo così sarà possibile rimettere in discussione stereotipi - in larga parte ancora vigenti - su una Sardegna tagliata fuori, sempre e comunque, da tutte le grandi correntirivoluzionarie, politiche, culturali ed intellettuali dell'Europa moderna.2. Angioy coltivatore ed imprenditore, professore di diritto canonico, giudice della Reale Udienza.La vita dell'Angioy non è solo una traccia, un frammento, nella storia sotterranea delle longues durées e dei processi di trasformazione che hanno attraversato la societàsarda. La sua vicenda politica ed umana assume infatti un valore emblematico perché riflette la parabola di un'intera generazione di sardi, vissuta fra le realizzazionidel «riformismo» sabaudo, un decennio di sconvolgimenti rivoluzionari e la spietata restaurazione dei primi anni dell'Ottocento. In quel contesto si inserisce anchel'attività di Angioy, nato a Bono il 21 ottobre 1751, dopo aver studiato a Sassari nel Collegio Campoleno ed essersi addottorato in Legge, nel 1773 a Cagliari inizia lapratica forense.Imprenditore agrario e manifatturiero oltre che professore di diritto canonico, è un alto funzionario dello Stato (fra l'altro giudice della Reale Udienza) colto ed efficiente,oltre che intellettuale aperto agli stimoli e agli influssi dei "lumi" e delle riforme.Come giudice della Reale Udienza fa parte della Giunta stamentaria costituita di due membri di ciascuno dei bracci parlamentari. Pur rimanendo nell'ombra negli anni dellesommosse cittadine e dei moti antipiemontesi, - anche se il Manno, cercando di metterlo in cattiva luce, insinua che egli tramasse dietro le quinte anche in quelle circostanze edunque fosse coinvolto nella cacciata dei piemontesi- secondo molti storici sardi - ad iniziare dal Sulis - si affermerebbe come il capo più autorevole del Partito democraticoe come l'esponente più importante di un gruppo di intellettuali largamente influenzato dall'illuminismo e dal Giacobinismo: fra i più importanti Gioachino Mundula, GavinoFadda, Gaspare Sini, il rettore di Semestene Francesco Muroni con il fratello speziale Salvatore, il rettore di Florinas Gavino Sechi Bologna e altri.3. Angioy e i moti del 1795.I moti del 1795 - scrive ancora Francioni - a differenza di quelli del 1793, che in genere erano stati guidati da gruppi interni ai villaggi, sono preceduti da un'intensaattività di propaganda non solo antifeudale ma anche politica. Infatti insieme alle ribellioni nelle campagne si darà vita ai cosiddetti "strumenti di unione" ovvero a"patti" fra ville e paesi - per esempio fra Chiesi, Bessude, Brutta e Cheremule il 24 novembre 1795 e in seguito fra Bonorva, Semestene e Rebeccu nel Sassarese. In essile persone giuravano di "non riconoscere più alcun feudatario".Lo sbocco di questo ampio movimento - autenticamente rivoluzionario e sociale perchè metteva radicalmente in discussione i capisaldi del sistema vigente nelle campagne- fu l'assedio di Sassari - scrivono gli storici Lorenzo e Vittoria Del Piano (2). Con cui si costrinse la città alla resa dopo uno scambio di fucilate con la guarnigione. I capi,il giovane notaio cagliaritano Francesco Cilocco e Gioachino Mundula arrestarono il governatore Santuccio e l'arcivescovo Della Torre mentre i feudatari erano riusciti afuggire in tempo rifugiandosi in Corsica prima e nel Continente poi.Dentro questo corposo movimento antifeudale, di riscatto economico, sociale e persino culturale-giuridico dei contadini e delle campagne si inserisce il "rivoluzionario"Giovanni Maria Angioy.4. Angioy "Alternos".Mentre nel capo di sopra divampa l'incendio antifeudale, con le agitazioni che continuano e si diffondono in paesi e ville del Sassarese, gli Stamenti propongono alviceré Vivalda di nominare l'Angioy alternos con poteri civili, militari e giudiziari pari a quelli del viceré. Il canonico Sisternes si sarebbe poi vantato di aver propostoil nome dell'Angioy per allontanarlo da Cagliari e indebolire il suo partito. Certo è che il suo nome venne fatto perché persona saggia e perché solo lui, grazie al poteree al prestigio che disponeva nonché alla competenza in materia di diritto feudale ma anche perché originario della Sardegna settentrionale, avrebbe potuto ristabilirel'ordine nel Logudoro.L'intellettuale di Bono accettò, ritenendo che con quel ruolo avrebbe rafforzato le proprie posizioni ma anche quelle della sua parte politica incentrate sicuramente nellaabolizione del feudalesimo in primis. Il viaggio a Sassari fu un vero e proprio trionfo: seguaci armati ed entusiasti si unirono con lui nel corso del viaggio, vedendolo comeil liberatore dall'oppressione feudale. E giustamente. Anche perché riuscì a comporre conflitti e agitazioni, a riconciliare molti personaggi, a liberare detenuti che giacevano- scrive Vittorio Angius "in sotterranee oscure fetentissime carceri".5. L'Angioy a SassariAccolto a Sassari dal popolo festante ed entusiasta - persino i monsignori lo ricevettero nel Duomo al canto del Te Deum di ringraziamento - in breve tempo riordinòl'amministrazione della giustizia e della cosa pubblica, creò un'efficiente polizia urbana e diede dunque più sicurezza alla città, predispose lavori di pubblica utilitàcreando lavoro per molti disoccupati, si fece mandare da Cagliari il grano che era stato inutilmente richiesto quando più vivo era il contrasto fra le due città: per questasua opera ottenne una vastissima popolarità. Nel frattempo i vassalli, impazienti nel sospirare la liberazione dalla schiavitù feudale (ovvero"de si bogare sa cadena da-esu tuiu" come diceva il rettore Murroni, amico e sostenitore di Angioy) e di ottenere il riscatto dei feudi, proseguirono nella stipulazione dei patti dell'anno precedente:il 17 marzo 1796 ben 40 villaggi del capo settentrionale, confederandosi, giuravano solennemente di non riconoscere più né voler dipendere dai baroni. Angioy non potevanon essere d'accordo con loro e li riconobbe: in una lettera spedita il 9 giugno 1796 al viceré da Oristano, nella sfortunata marcia su Cagliari che tra poco intraprenderà,cercò di giustificare l'azione degli abitanti delle ville e dei paesi riconoscendo la drammaticità dell'oppressione feudale che non era possibile più contenere e gestire eassurdo e controproducente cercare di reprimere.Non faceva però i conti con la controparte: i baroni. Che tutto voleva fuorché l'abolizione dei feudi: ad iniziare dal viceré. Tanto che i suoi nemici organizzaronodurante la sua stessa permanenza a Sassari una congiura, scoperta ad aprile. Si decise perciò di "impressionare gli stamenti con una dimostrazione di forza, che facesse lorocomprendere come il moto antifeudale era seguito da tutta la popolazione e che era ormai inarrestabile" (3). Lasciò dunque Sassari e si diresse a Cagliari.