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La lunga rotta

Post n°628 pubblicato il 13 Settembre 2025 da Zero.elevato.a.Zero
 

Il mio vero scopo non è raggiungere la terra, ma rimanere in mare.
La Lunga Rotta - Bernard Moitessier

CroaziaMontenegro
AlbaniaGrecia

Bernard Moitessier, per chi non lo conoscesse, è una leggenda tra i marinai, un vagabondo capace di lunghissimi percorsi in solitario in tutti gli oceani del mondo. Moitessier è stato anche un grandissimo scrittore, ha raccontato gli episodi della sua vita su barche che ora sono nell’immaginario dei naviganti coi nomi diventati celebri come Joshua e Tamata; scafi sui quali ha scritto le proprie pagine raccontando ad esempio di quando ha abbandonato in prima posizione una regata intorno al mondo per girare la prua di nuovo verso la Polinesia e per questo ha intitolato queste pagine “La lunga rotta” sottotitolo “Solo, tra mari e cieli”.
Semplicemente ho rubato il titolo di questo capolavoro per il mio post che racconta di una lunga rotta per me (ma piccola al confronto) percorsa per portare la barca di un amico da Cattolica, ai confini della Romagna, fino a Preveza, nella Grecia ionica, tra Corfù e Patrasso.
Una lunga rotta di 600 miglia che sono più di 1000 km, con poco vento e lunghi turni al timone, a volte da solo, calibrando la rotta, osservando le previsioni del tempo raccontate dalle nuvole o i racconti delle costellazioni di notte, magari bisbigliando una canzone tra le labbra.
È fatto obbligo alle imbarcazioni che solcano acque di nazioni differenti dalla propria issare sul lato di dritta (la destra) dell’albero, la bandiera della nazione attraversata, cosiddetta Bandiera di Cortesia, ho pensato così di affidare il racconto di questa peregrinazione alle immagini delle diverse bandiere che dopo l’Italia sono diventate quella della Croazia, poi del Montenegro, quindi dell’Albania ed infine quella della Grecia, conservata fino al porto di destinazione. Sono tutte le nazioni, con l’eccezione della Slovenia che si affacciano sulle coste di quell’Adriatico che è anche il mio mare.
Mi piacerebbe raccontare cosa si pensa in quelle lunghe ore dove l’acqua suona scorrendo sotto alla prora e porta a cambi di scenario lenti ma continui, mentre il controllo della mappa costiera restituisce conforto nei tratti di piccolo cabotaggio o buoni presagi quando ci si allontana dalla costa in attesa di vedere i punti di riferimenti desiderati oppure il lampo di un faro amico che ti sorride complice e ti conferma che sei sulla via prescelta.
Quelli sono gli interminabili attimi che diventano ore, dove comunque la solitudine non esiste, dove stelle, nuvole, vento, onde o visioni sfumate della costa sono lo scenario ideale che ti fa sentire parte infinitesima ma viva di una natura alla quale scopri di essere sempre appartenuto, ed alla quale apparterrai anche nelle prossime vite, assieme alle anime di altri pellegrini sul mare che ti hanno preceduto; anche abitando un elemento diverso da quello solido di casa, proprio come ricorda il motto del Capitano Nemo sul suo Nautilus: “Mobilis in mobile”, anche lui grande marinaio delle leggende.
Navigare è quello che conta, ogni approdo, ogni porto in cui fermarsi anche solo lo spazio di una notte per riposare, è per me tempo perso, rubato alla confidenza con le onde e le nuvole, al sorgere della luna e del sole sull’orizzonte; la mente è orientata alla tua meta, per cui non varrebbe la pena fermarsi, ma andare tra un’onda e la successiva, fino a dire finalmente eccomi arrivato, preciso, non proprio diritto come la linea della matita sulla mappa, ma certo della destinazione, felice dell’incontro privilegiato con il pelago e le sue creature, che a volte saltano fuori dalla schiuma, silenziose per il breve volgere di un incontro momentaneo, per cui viene d'istinto parlare loro anche soltanto con i limiti delle parole umane.
Nei momenti conviviali con l'equipaggio, invece, ci sono i racconti di vita, i confronti delle esperienze vissute, le visioni, le cose belle da condividere; scopro così, con una sorpresa che non dovrei avere, che ci sono personaggi formidabili, in questo caso interpreti delle sette note, che sono sconosciuti ad altri, per questo ho scelto di accompagnare le mie parole con la voce straordinaria di Dimash Kudaibergen, un fenomeno capace di cantare su chiavi dal basso all’altissimo registro di soffio (meccanismo M3) il più acuto dei suoni che la voce umana può emettere. È una canzone che amo molto, tratta dal musical francese "Starmania" del 1978, il testo può apparire triste, ma ripercorre a tratti i pensieri che hanno attraversato il tempo prezioso che il mare mi ha regalato.
Godspeed


Dimash Kudaibergen - SOS d'un terrien en détresse

 
 
 
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