Da zer0 a me

Malinconia


Il prugno biancoritorna seccoNotte di luna(Yosa Buson)
A volte ho l’impressione di non sapermi raccontare per intero, anche oggi è un giorno così. Temo che da questo blog emerga di me solo un aspetto, solo uno spigolo, del tutto solare, innamorato della vita; pieno di gioia fino all’orlo, dal primo solletico dell’alba al momento del riposo, pronto a fermare la ruota del mulino bianco solo per non disturbare la quiete delle ore notturne. Non nego, sono un poco anche questo, ma non solo, non tanto. Credo che come un’isola offra lati assolati e pieni di palmizi carichi di frutti, ci possa essere un lato a Tramontana dove il salino prevale e la roccia si presenta cruda contro i frangenti; anche questo sono io: scoglio tagliente traforato dai marosi.Ho un carattere taciturno che si sposa bene con il rumore del vento sul mare, quando scarnifica il bisogno delle parole, il mare che in questi giorni sto ritrovando con la meraviglia delle sue raffiche di Maestrale, con la sua presenza salvifica, anche nel rigore che precede l’Inverno. Ci sono giorni, sono tanti, in cui i pensieri non lasciano tracce scritte, non sentono bisogno di molti suoni di voce al di là di quelli essenziali, pronunciano al limite tra i denti una canzone. Oggi che la parola mi riesce vorrei raccontarmi anche di questo.Amo l’Autunno per il suo trionfo di colori, ma anche per la sua malinconia, perché questo sfumare dell’opulenza estiva verso i campi nudi dell’Inverno offre un senso prezioso del tempo che passa e dei doni che la vita concede, a volte senza repliche. Avere coscienza di questo passaggio irripetibile, come della sabbia tiepida dopo il martello rovente dell’Estate, può indulgere al rimpianto, ma questo non mi appartiene, mi piace viceversa quel senso di dolcezza che rimane a lungo, come dopo un bacio fatto bene, forse per questo sento così profondi e pertinenti nel cuore i versi dei maestri giapponesi colmi di Aware e di struggenti sospiri dell’anima.Sono malinconico e spesso silenzioso, non per questo triste, la tristezza credo che nasca dalla pretesa di possedere il futuro, ed invece mi sento padrone a stento dell’attimo presente, che scivola come una foglia dal ramo, ballerina del vento. Troppo zucchero non fa per me, non toglie la sete anzi l’aumenta, il The preferisco berlo amaro, perché ha il sapore che sento più vero, quello che rimane in gola a lungo, a volte tanto da non sparire più.Di quella fertile giornata argomento del post precedente desidero proporre un’altra foto, è un esempio di come i miei pensieri non siano soltanto il sole di Giugno, ma vivano spontanei delle brume di Novembre; l’istantanea riprende mio figlio e alcuni suoi compagni di scuola camminare a braccetto verso una strada che si potrebbe chiamare "il futuro", inconsapevoli di quanto questi momenti faranno parte del tesoro dei loro ricordi, saranno quelle braci senza fiamme che non illuminano, in grado comunque di riverberare un tepore inesauribile.La mia mente è spesso attraversata da questi pensieri, pur se di spalle dovrei intuire sui volti giovani ampi sorrisi sereni; eppure nel filtrare la foto attraverso il crogiolo delle mie sensazioni ho sentito d’istinto la voce di Bertoli cantare questa canzone, scritta da un amico durante il servizio militare, parla di come nella vita tutto sia un passaggio, che regala momenti belli da custodire contro le angherie del tempo, da stringere braccio a braccio, perché non scivolino via. Sera di Gallipoli - Pierangelo Bertoli