Da zer0 a me

間合いLa giusta distanza


Il grande cammina con il piccolo, il mediocre si tiene a distanza (R. Tagore)
Nella pratica delle arti marziali, certamente anche nel Kendo, si deve prestare particolare cura alla ricerca della giusta distanza, quello scarabocchio del titolo si pronuncia Ma ai e significa Intervallo, rappresenta la necessità di percepire la posizione migliore nei conforti del proprio opponente. Di primo impatto è una considerazione topologica, geometrica: la distanza migliore è quella che consente
di portare correttamente il colpo senza essere troppo prossimo all’avversario per non scatenare il suo attacco; nemmeno si deve preferire troppa distanza, altrimenti l’esecuzione sarà sbilanciata e priva di efficacia nello sforzo di raggiungere il punto migliore per esercitare la tecnica. Su piani più complessi rappresenta anche una distanza psicologica e di spirito, come quella alla quale galleggia una calamita respinta da un campo magnetico.Ci penso da un po’ di giorni, da quando il maestro di Fano di mi ha fatto notare che insisto a tenere troppa distanza in combattimento, senza arrivare al contatto della punta della spada, in questo modo perdendo la possibilità di sentire attraverso lo strofinio il comunicare dell’altro, di comprendere il suo dialogo.Quando mi succede così mi accorgo che le mie azioni non sono il contenuto della sola pratica nel Dojo, semmai questa pratica è un tratto semplificato di quel disegno più complesso che è la mia vita. La pratica del Kendo risulta così un metodo analitico fatto di sensazioni elementari, uno specchio lucido come la lama della spada nella quale gli occhi si riflettono per avere una visione da un punto prospettico diverso. Allo stesso modo provo ad analizzare se questa troppa distanza ci sia anche nel mio muovermi di tutti giorni, non tanto nello spazio geografico, ma in quello più importante del sentire.Credo questo il posto migliore per comprenderlo, anche qui sono distante e senza contatto diretto eppure non senza emozioni, non privo di segnali limpidi di vita. Rientra poi nell’armonia della vita il fatto che i miei occhi non vedono più con il necessario nitore e invitano le braccia ad aumentare l’intervallo, gli occhi non possono ritrovare (a meno di alterazioni chirurgiche che non desidero) la focalità giovanile, ma il cuore invecchia davvero al punto di perdere la sua giovinezza e tendere a posizioni meno prossime?Così distante non va bene quindi, è troppo: in ogni errore del Kendo si nasconde una paura o il suo lato rovescio che risulta un peccato di orgoglio, capisco meglio che imporre la mia distanza, o peggio arretrare per mantenerla, è un errore da correggere quanto prima, è il mio Kendo desiderato che non tiene conto dell’altro; come sempre dal desiderio nascono solo cose cattive. Tenere la giusta distanza mi aiuterà spero ad ascoltare meglio strofinando i Kensen, intrecciando allo stesso modo le parole con chi si avvicina per uno scambio di emozioni, accettando questa visita come occasione per imparare e non per dimostrare alterigia. Attendere senza arretrare, un nuovo esperimento con la spada o con l’anima in mano, fa poca differenza, perché come afferma il credo del samurai: il tuo cuore sia una spada.GambattéChristina Perri - Distance