Da zer0 a me

Citius Altius Fortius?


Anno bisesto, anno olimpico, difficile che questo evento globale possa essere tenuto lontano dall’attenzione: penetra dalla televisione, dai giornali, dalle chiacchiere del bar.Una festa dello sport dicono, il parto della mente geniale del barone de Coubertin che dopo le sue visitazioni nei college inglesi ed americani si era persuaso che la pratica dello sport contenesse un vettore indispensabile alla crescita ed alla formazione del migliore spirito dell’essere umano.
Lo sport però alle olimpiadi sta scomparendo, c’è ancora, è vero, soffolto dai personaggi fumetto, dagli atleti divi, dalle storie che gocciolano dai rotocalchi del gossip invece che dall’acqua della piscina e soprattutto dall’impatto corrompente del business che impone sponsor ufficiali e restrizioni severe anche su quello che si indossa.Cala l’importanza di vivere il villaggio olimpico per gli atleti, si consuma la prestazione e si torna a casa, con il volto corrucciato e pochi parenti ad aspettarli all’aeroporto oppure con la medaglia sempre tra le labbra; e allora ecco i giornalisti impazziti come vespe che cercano di pungere con il proprio microfono qualche frase che non sia la dedica della vittoria, ecco qualcuno che offre l’immancabile bandiera nazionale per ricordare che l’atleta è figlio di una nazione, magari di una come la nostra che investe poco o niente nello sport vero e spende miliardi per il calcio; solo un poco più indietro i manager (ma non bastavano gli allenatori?) con un nuovo contratto pubblicitario per la prossima stagione.E chi perde? Chi delude? Non merita ugualmente l’applauso per averci provato, non è forse uno sportivo migliore di chi approfitta della vetrina per mostrare la propria vanagloria? O di chi si riempie il corpo di chimica per raggiungere prestazioni altrimenti fuori della sua portata?C’è una cosa che il mio prof di ginnastica del liceo mi aveva chiarito con poche parole semplici: lo sport non è vincere medaglie o fare record, quello è agonismo e non vanno quasi mai d’accordo; lo sport è spendere fatica per migliorare se stessi, cosa che diventa possibile solo con il confronto verso altri sportivi, che sono alla pari di me alla ricerca di un limite personale da spingere un poco più in alto.Le medaglie sono per i bambini mi diceva spesso quando cercava di convincermi a provare tutti gli anni il lancio del disco, che a me non interessava affatto, e con il quale ero consapevole di non poter vincere niente. Però la gioia di una prestazione migliorata, quella insegna a vivere con slancio più intenso tutte le cose della vita.
Ho cercato di vedere lo sport allora, di vedere che ci sono limiti personali ma anche culturali che si piegano per la determinazione di chi pratica. Ho visto che ci sono ancora abbracci di gioia sincera che onorano lo sport e creano amicizie, questi sono un’altra speranza per il futuro che non si deve perdere, questo è lo Sport che offre i suoi frutti generosi.
Ho visto donne di paesi integralisti scortate dal padre durante la sfilata inaugurale e debitamente velate perfino in gara, donne che hanno potuto finalmente mostrare a tutti, ma più semplicemente a se stesse, che un velo o una proibizione non impediscono di mostrare il proprio talento ed il proprio valore: la propria umanità migliore, anche se per questa volta non frutta medaglie.Ma il tormento resta quando assisto alle pratiche marziali che in fondo sono il motivo fondante delle olimpiadi antiche, quando, vale la pena ricordarlo, le guerre si fermavano in onore dei giochi, invece di essere coperte, al pari della cronaca di altri problemi nazionali, dai circenses in primo piano.
Con rammarico assisto agli incontri del Judo come anche della scherma, dove la parola spirito di cavalleria, che figurava nel giuramento originale dei giochi, oggi non si può usare più: manca il rispetto dell’avversario non solo durante la gara, ma anche in quel momento prezioso del saluto, che racconta la consapevolezza di avere di fronte un amico che ti permette di comprendere la tua misura e non un avversario da schiacciare. Gli inchini o l’incrocio delle spade sono squallidi gesti formali, e i grandi campioni del fioretto, arma la più nobile di quelle della scherma, gettano il casco al cielo o voltano le spalle allo sconfitto subito dimenticato perché tra breve stringeranno tra le mani una medaglia: un pezzo di metallo che non può brillare come un’anima. Eppure questi sono gli eroi celebrati.
Il Judo merita di cambiare nome, quella parola finale Do che significa in primo luogo Strada, Via di saggezza, è la promessa non più mantenuta di una disciplina interiore che si esplica anche nel controllo dei gesti e delle emozioni, il tatami dove si pratica è di fatto il suolo morbido di un luogo sacro deputato a ben altre venerazioni che non siano quelle dei gesti eclatanti. Si rafforza sempre di più dentro di me la convinzione che un’arte marziale non debba prostituirsi alle medaglie per non macchiarsi l’anima.Concludo, dopo averlo frettolosamente citato, con il testo del giuramento olimpico, com’era, com’è, nella sua trasformazione si legge bene tra le righe, io credo, il senso di tutto quello che si è perso, ed è il segno caratteristico di questi tempi.  L'Allenatore - G. MorandiGiuramento Olimpico 1920: Noi giuriamo che prenderemo parte ai Giochi Olimpici in uno spirito di cavalleria, per l'onore del nostro paese e la gloria dello sport.Giuramento Olimpico 2012: A nome di tutti i concorrenti, prometto che prenderemo parte a questi Giochi Olimpici rispettando e osservando le regole che li governano, impegnandoci nel vero spirito della sportività per uno sport senza doping e senza droghe, per la gloria dello sport e l'onore delle nostre squadre.