Da zer0 a me

Parlaci dell'Amore


Cara Amica,se mi chiedi di spiegarti la mia concezione dell’Amore mi trovo in imbarazzo, non sono certo il Profeta di Gibran di fronte al popolo di Orfalese, meno che meno sono un maestro.Vedi che anche nel Dojo di Kendo, dove cullo delicatamente tra le braccia questo dovere, assieme al mio amico e Kohai, cerco in tutti i modi di tornare allievo e di scoprire altre umanità dalle quali bere esperienze vissute e differenti visioni: come fossero acqua nuova di Primavera.Amore è per me una parola della stessa cardinalità di infinito secondo il metro di Cantor-Bernstein; l’infinito io non so raccontarlo a parole per effetto dei miei limiti, molto spesso lo trasfondo con le emozioni forti della mia vita: il mare, la spada, gli affetti più cari; tanto più spesso mi rifugio in una canzone, dove parole che condivido si uniscono ad ulteriori vibrazioni sonore che sono la musica; ci sono meravigliose canzoni che gorgheggiano di quella umanità che ci regala emozioni profondissime, come se i confini della nostra vita permettessero di far risuonare più forte le vibrazioni dell'anima come in una cassa armonica.L’Amore è quella radiazione che pervade il mondo, che da questa è intessuto in tutte le sue trame, talora ci sono momenti in cui assume frequenze proprie ai nostri sensi ed allora diventa luce, per colorare di pensieri gioiosi quelle frazioni di tempo non cronometrabili che chiamiamo attimi. Altrimenti esiste sempre e comunque, ma su frequenze che non riusciamo a percepire perché siamo creature preziosamente limitate, è quello che chiamiamo buio.Comprendere questa struttura del mondo aiuta a capire che il concetto di solitudine, individualità, separazione e unione, semplicemente sono una visione macroscopicamente imperfetta; tutto è connesso, tanto che anche l'apparente vuoto cosmico è percorso dalle onde che riverberano ancora dei primi vagiti del Big Bang.Il fatto di guardare le cose alla nostra altezza impone che noi ci sentiamo individui, non valutiamo il fatto che siamo costruiti da cellule che muoiono e si rinnovano continuamente, queste a loro volta sono porzioni enormi di vuoto colmate da brividi di energia. I nostri ricordi, che son poi la nostra essenza… sono pure scintille elettriche che divampano come fuochi fatuiNoi ci sentiamo individui e non frazioni di energia, poi paragonando le nostre dimensioni a quelle sconfinate dell’universo percepibile, è possibile sentire la nostra presenza come insignificante, ma in questo creato nemmeno una frazione di energia si distrugge, cambia soltanto di forma e di effetto. Questo è il nostro romanzo ed il nostro divenire. Questo, io credo, sia soprattutto il senso fondamentale che porta a condividere la vita.Ed eccoci qui, adesso, in questo istante, a parlare di Amore, limitandolo al recinto stretto ed impreciso dei sensi che percepiscono, o di quelli che intuiscono fuori dalla logica di prima, altrimenti detti cuore, in ogni caso minimi: piccole barche scosse dal vento a volte tenue, a volte come quella Bora della Barcolana 2000 che piega e mette a prova la resistenza e la volontà di andare avanti. Noi barche e il tutto il grande vivere: il mare.Gli ostacoli alla libertà, aspirazione alla quale si anela, sono i limiti che pensiamo di scorgere, perché non sempre si possiede la pazienza di aspettare di capire meglio, convinti che tutto sia adesso e qui e non possa viceversa essere altrimenti altrove ed in un diverso tempo; abbiamo un intervallo lungo di coscienza che chiamiamo vita, ma non è l’unico e l’ultimo nostro esistere, eppure risulta infinito come i punti di un segmento che ha un capo e una coda. È il desiderio che ci fa sentire soli, credo sia banalmente questo, la brama di stringere e sentire proprio qualcosa che a ben vedere è già nostro, l’ambizione di sentirci individui e quindi monadi (da non leggere alla triestina), inconsapevoli che le nostre cellule, per la maggior parte di idrogeno, carbonio ed ossigeno, un domani avranno una forma diversa, possibilmente ancora animata dal soffio della vita.Adesso non venire a cercare in me stigmate di santità, ci sono cose che anche io considero mie, oggetti ai quali do nomi per riconoscerli e sentirli più vicini al mio quotidiano, allo stesso modo sento legami con persone che coltivo nella loro individualità: sono imperfetto. Imperfetto non penso che sia una negatività, significa solo piccola comprensione a confronto delle dimensioni del mondo, tutto qui, non per questo incapace di sentire quanto basta per godere del mio appartenere al grande circo della vita e partecipare al suo spettacolo, sotto il tendone del cielo cosparso di stelle.Così, per interpretare ancora una volta il mestiere più bello, mi accingo ad impastare la faccia di bianco e tracciare un sorriso più grande, perché possa essere visto dalle gradinate distanti, a te non servirebbe che siedi nelle poltrone di prima fila, ma così questo saluto, come le onde che raccontavo prima, può arrivare anche oltre, mentre la mano si muove come agitata dal vento e ti dico arrivederci, girando tondo a tondo.Vivi!