Da zer0 a me

Marinai?


Siamo stati naviganti con l'acqua alla gola e in tutto questo bell'andare quello che ci consola è che siamo stati lontani e siamo stati anche bene e siamo stati vicini e siamo stati insieme. (Naviganti – I. Fossati)                Joseph Conrad dice che “La vera pace di Dio comincia in qualunque luogo, a mille miglia dalla terra più vicina”, lo dice come marinaio esperto oltre che scrittore meraviglioso di molti racconti salati. Di ritorno dalla crociera estiva nelle isole dalmate, le mille isole al di là di questo piccolo mare, trovo svuotando la sacca una domanda che pare avere già un abbozzo di risposta. Cosa vuol dire essere marinai? Ma soprattutto appartengo anche io a questa categoria di persone per le quali il sale guarisce ogni loro malattia e che non sopportano la solidità certa della terraferma, ma si affidano ad un universo instabile dotato di regole altrettanto liquide? Qui linee rette non esistono ma tutto si approssima e si aggiusta, come le tante minuscole avarie della barca che essendo femminile vuole farsi continuamente guardare e coccolare con vezzi capricciosi. Qui non esiste la certezza di un orario di arrivo perché tutto segue il mutare del vento, spesso così alieno alle formule degli uomini da eludere le previsioni dei meteorologi che pure si considerano scienziati; così lo si fa pizzicare nel naso con le luci dell’alba per capire dove e come si andrà, magari dopo una notte in coperta a controllare che l’ancoraggio si sposi con le spallate delle raffiche e il passaggio del maltempo. Tutto questo per avere in cambio spettacoli del tutto naturali, le schiene curve dei delfini o i balzi dei tonni, lo sciabordare delle piccole sardine che saltellano sul pelo dell’acqua perché sotto, nell’acqua di cristallo, passano dentici solo in apparenza sornioni, ed ancora il sole e la luna, quelli sì sempre davvero  puntuali in una danza senza fine.
A volte la cornice del navigare è lo spettacolo di luce che riverbera sull’acqua e sulle isole, magari ritrovata sbucando da una nebbia di avvezione, a volte è l’uggia di un momento piovoso con il languore di una perturbazione di passaggio che si è rubata il vento; però quando le vele si tendono forte sotto nembi carichi di pressione e di fulmini allora il pensiero torna inevitabilmente al capitano Achab ed alla sua sfida empia agli elementi, così che i tuoni altro non sono che tamburi di guerra che invitano alla pugna.
Credo che il marinaio sia una persona così: fatta di parole scarne, con un carattere di poche raffiche rabbiose, ma soprattutto di molte tenere brezze, attratto inesorabilmente dal richiamo delle onde, uno che quando la rotta si interrompe, la barca è ormeggiata ed il piede poggia a terra, che tanto ferma non sembra più, guarda di nuovo lontano verso quella linea tra il cielo e l’acqua, quella linea che non c’è ma che invita ad essere superata ancora una volta.Allora pur nella mia totale inesperienza, pur senza avere il turacciolo di chi ha passato capo Horn e altre prove severe di mare, praticante di queste brevi rotte dove la vista di terra manca per poche ore, nel piacere effimero del vento che allontana o riporta a casa, io mi sento marinaio, pronto per una nuova rotta finché il Cielo vorrà, con gli occhiali scuri e la chitarra felice di vibrare assieme al vento che passa. …e se marinaio ancora non sono…  desidero diventarlo. Buon VentoMa come fanno i marinai - Dalla e De Gregori