Da zer0 a me

La neve, il mare e lo Zen


Della Pietra e dell'Amorepuoi scrivere qualsiasi cosa,senza dire alcunché.Tutto è slegato.Dalla pietra Dioha scollato la parolaed alla parola ha dato un peso nullo.Cose fatali stringe l'uomo,nel suo silenzio.(O Kammo in Ljubezni - Ace Mermolja)
Mercoledì scorso ho avuto questi pensieri sotto un timido sole che concede una tregua appena teporosa tra le nevicate dei (due) giorni scorsi e quella in arrivo per Giovedì, che ormai la meteo è diventata una scienza affidabile.  I venti centimetri, appena venti, di neve caduti qui in città hanno già messo a dura prova circolazione e vita quotidiana: le scuole sono rigorosamente chiuse, i treni con ritardi paradossali; quand’ero studente di ingegneria mi insegnavano che i treni sono quelli che soffrono di meno il manto bianco, e io ho voluto chiedere a mia figlia che ha vissuto in Finlandia come funzionano in quell’Inverno artico: puntuali come d’Estate, mi ha risposto lei; siamo quindi noi che non siamo più capaci di farli arrivare puntuali, neanche troviamo scandaloso il mancato intervento, per una volta opportuno, della magistratura al fine di perseguire questi incompetenti del nuovo secolo.La mia vita però continua senza troppi inciampi, ho attrezzatura da montagna nell’armadio, e ho imparato a guidare sul bianco, alla peggio cammino con maggiore attenzione sulla strada che non ha visto sale, lo sguardo proteso verso il basso, a guardare il presente come insegna la disciplina, e non il futurocome di solito si fa fissando con gli occhi l'orizzonte. Rifletto sul grande regalo che la neve concede con la sua visione capace di togliere colori e lasciare tutto in tonalità di grigio, suoni compresi. È precisamente l’insegnamento dello Zen quello di svuotare, perfino di cercare il colore non colore, le auto che circolano sono coperte di bianco e tutto si uniforma mettendo quindi in luce anche il più piccolo tocco cromatico, come quell’ombrello distrutto dal vento che un passante getta nel portarifiuti, come succede nel mio immaginario solo a Trieste.Le barche nel porto hanno indossato la loro copertina: un plaid che le tiene al caldo ed al riparo dalla neve mentre dormono appena cullate dal Buriano, trattenute delicatamente dalle cime di ormeggio in attesa che i prossimi giorni plachino la furia delle onde e il mare accolga di nuovo: materno.Il mare, un infinito grigio che mantiene il suo colore, che resta indifferente all’imbiancarsi del territorio, con quella stolida impassibilità che da sempre cerco per il mio Semè, mentre praticando la spada percorro il cerchio marozziano sperando che il suo centro corrisponda al ceppo della ruota del Dharma.C’è sole stamattina che interrompe questo giardino incantato di non colore, la voce dei vicini si alza di tono come se avessimo superato la settima onda invece di qualche fiocco di neve, la lunga apocalisse di due giorni è già interrotta e certamente in pochi giorni, come sempre in passato, la città troverà i suoi colori abituali e il melo inizierà a fiorire; i rami spezzati renderanno più alte le cascine per i fuochi dell’Equinozio e il Buddha sorriderà nei primi fili d’erba mossi dallo Scirocco.NamastéL. Ligabue - La neve se ne frega