Da zer0 a me

俳句禅一味 I versi e lo Zen hanno lo stesso sapore


Nel periodo senza post ho letto molto e qualche volta commentato i blog altrui, ho scoperto così che la tendenza di moda vorrebbe pagine senza troppe immagini (magari glitterate) per arrivare al post (fin qui la coscienza è pulita), senza musica che parte in automatico costringendo all’ascolto (ahi) e soprattutto con poche sintetiche parole (Confiteor Deo omnipotenti et vobis, fratres, quia peccavi nimis cogitatione, verbo, opere, et omissione).Mi propongo solo per una volta, come esperimento, di limitare le parole e lasciare la scelta di far partire la musica al viandante, sarei anche interessato ad un parere in merito, cortesemente.Qualche giorno fa tentavo di spiegare ad un’amica cosa sia un Haiku, non tanto e non solo per le sue forme sintetiche e molto rigorose, ma per il senso di appartenenza al mistero della natura che deve includere; le ho citato così un aneddoto tratto dalla vita di due grandi maestri che è motivo di costante riflessione anche per me.In sintesi :) Un giorno il poeta Takarai Kikaku scrisse questo Haiku:Libellula rossa / strappale le ali: / un bacello di pepeFelice del componimento lo sottopose immediatamente al suo Maestro, il celebre Matsuo Basho, che gli spiegò come, nella troppa fretta, aveva scritto qualcosa che assomigliava ad un Haiku senza averne l’anima; com’è costume nella didattica giapponese non spese altre parole, ma lo cambio così:Bacello di pepe / attaccagli le ali: / una libellula rossa