Visto che tutti continuano a parlare di questa povera donna, Eluana Englaro, voglio farlo anch'io. Con la speranza che prima o poi cali il sipario su questo dramma che in molti si stanno sforzando di trasformare in uno spettacolo grottesco. Per quanto mi sforzi, non riesco a scacciare la brutta impressione che molti comprimari della vicenda, compresi quelli che l'altro giorno hanno minacciato di farsi investire dall'autoambulanza che trasportava la signorina Englaro alla clinica di Udine, siano sopratuttto alla ricerca di pubblicità. Sarò mal fidata, ma che volete farci? E poi, certo, le prese di posizione, il simbolo. Ma perchè si pensa sempre troppo ai simboli e quasi per niente agli individui di carne e sangue che vi stanno dietro? E' diventata la battaglia del secolo: per l'eutanasia, contro l'eutanasia. E invece, secondo me, la questione è completamente diversa. Perchè, checchè ne dica la chiesa (ed io sono credente) la decisione di porre fine alla propria esistenza è e resta un fatto morale, etico. E lo stato deve restarne fuori. Lo dimostra il fatto che l'istigazione al suicidio è reato e il suicidio no. Io posso non essere d'accordo con una persona che rifiuta le cure perchè desidera morire, ma devo rispettare la sua scelta. E lo Stato deve fare altrettanto. Qui, tuttavia, piaccia o no ai sostenitori della decisione presa dalla Cassazione, non c'è stata alcuna autonoma decisione del diretto interessato. Lo so, pernserete che sono presuntuosa a pensare di contraddire all'opinione della Suprema Corte...ma come si è potuto pensare che il convincimento di una ragazza di sedici, diciassette, diciotto anni, come testimoniato da altri per lei (visto che lei non può più farlo), possa costituire un valido surrogato dell'autonoma decisione da prendere qui e ora, nel momento della malattia? E come si è potuto pensare che un tutore o un curatore speciale, fosse anche il padre, possa determinarsi sulla vita di una persona in luogo di quella persona? E' questo il punto, a parer mio: non è la signorina Englaro che ha deciso, anche se si vorrebbe credere il contrario. E la decisione sulla vita e sulla morte è troppo delicata e troppo intima perchè uno Stato, il più laico Stato di questo mondo, consenta che venga delegata ad altri. Immagino i sacrifici che comporti la presenza, in una famiglia, di una persona in simili condizioni: sofferenze enormi per zero possibilità di una qualunque gratificazione effettiva. Ma qui la scelta è di campo: se la vita in sè, come diceva Kant, è un fine e non un mezzo (e lo presuppone anche la nostra Costituzione, all'art.2), allora non ammette subordinazione. Se la vita è un fine deve esserlo in tutto e per tutto. Non conta il come si vive. Conta che sia vita.
Vita e morte per procura.
Visto che tutti continuano a parlare di questa povera donna, Eluana Englaro, voglio farlo anch'io. Con la speranza che prima o poi cali il sipario su questo dramma che in molti si stanno sforzando di trasformare in uno spettacolo grottesco. Per quanto mi sforzi, non riesco a scacciare la brutta impressione che molti comprimari della vicenda, compresi quelli che l'altro giorno hanno minacciato di farsi investire dall'autoambulanza che trasportava la signorina Englaro alla clinica di Udine, siano sopratuttto alla ricerca di pubblicità. Sarò mal fidata, ma che volete farci? E poi, certo, le prese di posizione, il simbolo. Ma perchè si pensa sempre troppo ai simboli e quasi per niente agli individui di carne e sangue che vi stanno dietro? E' diventata la battaglia del secolo: per l'eutanasia, contro l'eutanasia. E invece, secondo me, la questione è completamente diversa. Perchè, checchè ne dica la chiesa (ed io sono credente) la decisione di porre fine alla propria esistenza è e resta un fatto morale, etico. E lo stato deve restarne fuori. Lo dimostra il fatto che l'istigazione al suicidio è reato e il suicidio no. Io posso non essere d'accordo con una persona che rifiuta le cure perchè desidera morire, ma devo rispettare la sua scelta. E lo Stato deve fare altrettanto. Qui, tuttavia, piaccia o no ai sostenitori della decisione presa dalla Cassazione, non c'è stata alcuna autonoma decisione del diretto interessato. Lo so, pernserete che sono presuntuosa a pensare di contraddire all'opinione della Suprema Corte...ma come si è potuto pensare che il convincimento di una ragazza di sedici, diciassette, diciotto anni, come testimoniato da altri per lei (visto che lei non può più farlo), possa costituire un valido surrogato dell'autonoma decisione da prendere qui e ora, nel momento della malattia? E come si è potuto pensare che un tutore o un curatore speciale, fosse anche il padre, possa determinarsi sulla vita di una persona in luogo di quella persona? E' questo il punto, a parer mio: non è la signorina Englaro che ha deciso, anche se si vorrebbe credere il contrario. E la decisione sulla vita e sulla morte è troppo delicata e troppo intima perchè uno Stato, il più laico Stato di questo mondo, consenta che venga delegata ad altri. Immagino i sacrifici che comporti la presenza, in una famiglia, di una persona in simili condizioni: sofferenze enormi per zero possibilità di una qualunque gratificazione effettiva. Ma qui la scelta è di campo: se la vita in sè, come diceva Kant, è un fine e non un mezzo (e lo presuppone anche la nostra Costituzione, all'art.2), allora non ammette subordinazione. Se la vita è un fine deve esserlo in tutto e per tutto. Non conta il come si vive. Conta che sia vita.