why not?

il mio amico clint


Ore 16,05 del 13 gennaio, emisfero borealeMise il disco in auto. Se lei avesse saputo con quale scienza lui lo sceglieva la mattina. Insomma, partì una sola nota del disco messo su per lisciare la strada verso casa (per inciso: A love supreme di John Coltrane. Oh se avevano sempre un senso le parole e le cose tra loro …) e fischiò (sì il suo fischiava) il telefono ed era lei, che metteva in riga i suoi pensieri verso di lei…Lei gli disse della giornata, di quanto fosse stata dura. Quanto gli piaceva. Ancora una volta era stata tutta sola. Lui ne sentì il peso, vide sugli occhi la sua ansia. Lui invece mi era cimentato con la psichiatria. Sì…Un ragazzo in stato di grave agitazione (“ipercinetico”!). Gli aveva parlato per due ore. Non è difficile parlare con uno che dice che l’unico che gli vuole bene è “l’Angelo americano” e che “Clint Eastwood” è un suo buon amico. Basta avere grande desiderio d’amore, basta credere che l’amore non è astrazione ma quello che si mette proprio in tutte le cose della vita, nei morsi presi sulle mani senza lamentarsi (la dottoressa!), nel guardare con pudore negli occhi un uomo in mano a neuroni lanciati come cavalli sulla prateria, mossi in salti e rimbalzi indecifrabili dalla stessa forza del mare. L’aveva pensata, sì. Ma faceva poco testo. Adesso la pensava più che mai. Si era disperato. Pensava di aver consumato tutte le sue parole, tutto se stesso. Già… Perché mai come ora le sue parole per lei erano la vita, mai solo fiato e suoni, mai parole e sintassi. Sempre senso e cose, sempre sangue e passione, sempre tenerezza e forza.E poi pensava che doveva smetterla. Capire che non lei non lo voleva (ché non ce la faceva a pensare che non aveva il coraggio di loro, il coraggio della sua vita), che dalla sua parte non c’erano parole, lettere, segni. E che lei non era il suo “Angelo americano” e nemmeno “Clint Eastwood”. Perché lui non poteva essere Eduardo (così si chiamava il ragazzo in crisi). Se almeno ci fosse stato qualcuno che avesse visto i suoi occhi e gli avesse detto cosa vedeva…E allora gli scese nella testa il truce pensiero di dirle “ignorami e ignora ogni cosa che da me arriva”. E dire a se stesso “ignorala e ignora ogni cosa che ti fa pensare a lei”. Ma sentiva che questa era la cosa più difficile che la vita gli chiedeva.Ma quando pensò che tutte le parole erano perse, lo aiutò il pensiero che con Eduardo le sue parole avevano dato buona prova sulla prateria e che forse nei suoi occhi brillava un po’ del riflesso di Clint Eastwood. E che se l’avesse catturato nello specchio lo avrebbe aiutato. Come faceva con Eduardo.