Nittu e il sole
Nittu era seduto su una panca tra la casa e il sole. Da quando era a questo mondo mai aveva visto quella palla di luce abbassare lo sguardo davanti ai suoi occhi. Era molto vecchio e non ricordava giorno in cui non lo avesse sfidato e non ricordava giorno in cui non avesse perduto. Certo il sole abbassava lo sguardo alla sera, ma solo per andare da qualche altra parte a sfidare qualche altro testardo, era convinto. Diceva che gli sarebbe piaciuto sfidarli, quegli altri, batterli tutti per dimostrare che era lui il solo ed unico pretendente a sconfiggere il sole. Mentre se ne stava tranquillo a passare il tempo gli venne incontro il figlio:
- Toiu – gli disse il vecchio. - Papà – rispose il figlio – Vieni a fare un giro? - Ma dove vuoi andare, non vedi che ho da fare. - Sì, la tua sfida. Come va oggi? - Mi sento che oggi lo posso anche battere quel bastardo. - Vieni va, andiamo.
Nittu si alzò con fatica, seguì il figlio svogliatamente e salì sul carro. Non fece in tempo a sedersi che già Toiu spronava i buoi.
- Che cos’è tutta questa fretta? – chiese il padre che per poco non cadeva dal carro.
Ma il figlio non rispose e continuò a guardare dritto davanti a sé con uno sguardo torvo. Il vecchio intanto seguiva con lo sguardo il ciglio della strada. Se guardava l’erba a lato del sentiero proprio di fianco a lui, la vedeva scorrere velocemente, ma non appena fissava un punto poco più avanti e lo guardava venirgli incontro, aveva tutto il tempo di vedere ogni filo d’erba e gli sembrava di andare più piano. Decise che, ad ogni modo, questa scoperta non lo avrebbe minimamente aiutato nella sua sfida. E si mise a pensare ad altro.
- Lo sai che Pinnu, tuo nipote, si sposa… – lo interruppe Toiu nei suoi pensieri, che ancora non aveva deciso a cosa pensare. - Sì che lo so, mi son sposato anch’ io ed ero più giovane. Poi passa. - Sì, ma lo sai che Giulia viene a stare da noi e poi, volesse Dio, quando fanno dei figli come facciamo a darci da mangiare?
Il vecchio ci pensò su per un bel tratto di strada, scambiò due sguardi col sole calante e poi disse:
- Non stare a preoccuparti. Prima o poi muoio e vi lascio la mia polenta.
Toiu rimase spiazzato, di colpo lo avvolse uno strano sgomento che gli alleggeriva la testa. Vide suo padre più giovane, forte, severo, testardo. Poi si rivide bambino e riconobbe in quel vecchio al suo fianco un uomo, non uno dei migliori forse, ma quell’uomo era suo padre.
- Lo capisci che non posso – si maledì il figlio – scendi qui che è meglio. Non abbiamo soldi e quest’anno il raccolto è piccolo. E poi lo sai che… - Sta zitto, dammi un po’ di polenta e lasciami stare. - Ma non ne ho… - E allora vattene, torna a casa. Va via! - gli urlò il vecchio sulla bocca.
Poi con calma lo fissò negli occhi, ma quello non era il sole e distolse lo sguardo. Non fece in tempo a vedere il figlio che gli tributava un’amara vittoria. Aprì la bocca come per dire qualcosa, ma si rese conto che quello sguardo era la cosa più bella che avesse mai fatto. E si incamminò, da solo, nel bosco.
Il suo sguardo era una minuscola feritoia, la perfetta protezione per un occhio abituato a quella sfida. Nittu si sedette su di uno spiano in mezzo al bosco da dove poteva vedere il suo nemico e nient’altro. Rimase lì tutta notte ad aspettare il suo ritorno. Il giorno dopo il primo raggio lo avvisò. La loro era una guerra antica, con la pausa per la notte e il rispetto tra nemici, la stima quasi. La sua vita oramai era segnata, ma si dispiacque solo di non poter vincere almeno una volta. Per la prima volta si scoprì a fare i conti con il suo pensiero più remoto, quel pensiero che di sbieco attraversa tutta la vita di un uomo e ti ritrova solo ad affrontare il tuo momento. Gli uccelli gli cantavano sulla testa, gli insetti gli camminavano sotto e il vento gli girava attorno. Una giornata di primavera inoltrata assolutamente normale, eccetto che per quel piccolo particolare. Non si dovrebbe mai morire in una giornata di sole.
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