Bisbigli d'onde

QUEL SEGRETO RADIOATTIVO IN FONDO AL MARE


Chi percorre il viale che costeggia il Mare grande di Taranto, deve gettare inevitabilmente un occhio sullo sfondo, dove campeggiano le torrette della portaerei leggera Garibaldi, ormeggiata nella nuova base militare di Chiapparo, a qualche chilometro dal centro della città. Ai pendolari che entrano ed escono dalla Città nuova attraverso il ponte girevole, si affaccia invece alla memoria il ricordo di quante volte, dagli anni cinquanta sino al 2005, questa struttura venisse aperta per consentire il transito delle navi militari, che allora avevano la loro sede nel primo seno del Mare piccolo. Questa servitù militare, che ha condizionato la vita della città per oltre un secolo, rappresenta ancora un potere fortissimo che, in maniera silenziosa ma costante, detta le sue leggi marziali non meno di quanto faccia l’industrialismo dell’Ilva. Il piano urbanistico del centro storico, infatti, è costruito sull’asse che lega il Castello aragonese, sede del comando che gestisce il canale navigabile sul quale è sospeso il ponte girevole, all’Arsenale militare, sino agli anni sessanta il centro lavorativo più importante, con i suoi operai, artigiani, e l’indotto che produceva l’attività complessa legata alla riparazione delle navi da guerra. Il grande orologio dell’Arsenale scandiva il tempo della vita cittadina, interrotto dalle aperture del ponte che, molto spesso, per questioni di sicurezza militare, veniva interdetto alla circolazione senza preavviso alcuno, interrompendo il traffico che così bloccava l’accesso in entrata e in uscita alla Città nuova per almeno un’ora. Poi, verso gli anni ottanta, il modello di difesa Nato impose la costruzione della nuova base militare, atta ad ospitare unità dell’Alleanza, inclusi i sottomarini a propulsione nucleare e altre navi con la stessa tecnologia. Come ha fatto rilevare più volte anche il sito peacelink, tutti i sottomarini Usa sono a propulsione nucleare, come pure buona parte di quelli inglesi e francesi. Il punto è che i reattori dei sottomarini sono di fatto delle piccole centrali nucleari; pur essendo meno potenti sono però meno schermati, per questioni di leggerezza, e dunque i rischi di fuga radioattiva sono maggiori. A questo proposito basta ricordare l’incidente della Maddalena, quando il sottomarino Hartford, il 25 ottobre 2003, è finito per incagliarsi nella secca delle Bisce, poco a sud dell’Isoletta di Santo Stefano. In quello stesso luogo l’istituto francese di ricerca Criirad (www.criirad.fr) ha rilevato livelli elevati di radioattività causati dal Torio 134, un elemento che rientra nella catena di degenerazione radioattiva dell’uranio.