Creato da harati il 29/03/2011
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Post n°89 pubblicato il 10 Marzo 2012 da harati

Iniziai a lavorare nel 1956, i lavoratori avevano un contratto di quarantotto ore settimanali, negli anni ottanta le ore lavorative settimanali diminuirono a trentotto. Con l'avvento dell'informatica, la telematica, la robotica il lavoro viene semplificato e facilitato ulteriormente, pensai che le conseguenze sarebbero state un'ulteriore diminuzione delle ore lavorative considerando che la forza lavorativa non era aumenta di molto; la popolazione italiana dagli anni 60 al 2010 è aumentata solo di pochi milioni, è incrementata soprattutto la popolazione dei pensionati. Se la forza lavorativa è pressoché la stessa, che cosa se ne deduce? Io ho pensato che la soluzione più logica fosse quella di ridurre ancora le ore lavorative individuali per poter lavorare tutti, invece i nostri governanti hanno pensato di aumentare l'età  pensionabile. Gli anziani rimangono al loro posto di lavoro più a lungo a discapito dei giovani che rimangono disoccupati. Provvedimento illogico!  Tutto questa incongruenza è dettata da una filosofia politica capitalistica che mette al di sopra  di tutto il profitto trascurando la vita umana e la dignità di vita. Io ho sempre lavorato per vivere e non ho mai vissuto per lavorare. Dalla nascita della Repubblica Italiana si sono succeduti diversi governi, di destra, di sinistra, pentapartito, centrosinistra, tecnico ecc..... ma nessuno di questi governi ha posto come scopo principale la tutela della vita dell'essere umano. Lo scopo del capitalismo è anteporre sempre il profitto, non il progresso, (il capitalismo non è lungimirante) all'aspetto umano che nelle teorie capitaliste non esiste. I vecchi detti come " una mano lava l'altra", " l'unione fa la forza " sono scomparsi dal frasario corrente, sono diventati irreperibili mentre, io credo, che si debbano rispolverare e farne uso più spesso. Sono ormai più di cent'anni che esistono i sindacati, ma è come non esistessero, dopo tutti questi anni ancora oggi nei confronti  della controparte non hanno alcuna forza contrattuale: imporre una propria logica dettata da esigenze contingenti dei lavoratori, ma solo quella di mediare, ma sappiamo che la controparte era già propensa a concedere facendo credere di aver dato loro quanto loro richiesto. I lavoratori sono coloro che producono e che fanno muovere l'economia di un paese, se non ci fossero loro, le industrie non esisterebbero, solo dei robot potrebbero sostituirli e la dove i robot già esistono, è pur sempre l'operato dell'uomo che li fa funzionare. Dunque l'operaio oggi è indispensabile e insostituibile! Ma siamo sicuri che anche i sindacati siano consapevoli di ciò? Io mi domando, ma perché devono esistere un centinaio di sindacati (forse di più)? I lavoratori sono deversi fra loro? Hanno diverse esigenze contrattuali (se non quelli di lavori usuranti) hanno diverse finalità?  L'operaio o l'impiegato di Bolzano non hanno le stesse esigenze di vita e di lavoro dell'operaio o impiegato di Trapani? Gli operai o impiegati della Fiat non hanno le stesse esigenze di quelli della Pirelli della Fincantieri delle ferrovie e tutti gli altri? Io credo di si! Allora qualcuno mi dica perché esiste questa una miriade di sindacati? Per il cadreghino? Così è il modo più semplice per mettersi gli uni contro gli altri e fare il gioco della controparte. Io voglio immaginare un unico sindacato per poter parlare al singolare dove il rinnovo sindacale non sia fatto da categorie ma da una sola categoria senza dover sentir dire che una o due categorie hanno o non hanno accettato il contratto. Perché non pensare che anche le aziende non possano essere solidali fra loro, e nei tempi di crisi non debbano pagare sempre i lavoratori facendo turni di lavoro o riducendosi lo stipendio o il salario. Perché gli industriali in periodo di crisi non si riducono mai niente?  La solidarietà fra le aziende potrebbe essere l'istituzione di un fondo costituito da tutte le società per far fronte alle aziende in crisi, si eviterebbero così inutili licenziamenti. Troppo facile licenziare nei momenti di crisi pur di fare utili perché cosi facendo non s'intaccano né utili né capitali. Che cosa è una giusta causa? Ed  è per questo che necessita " Il sindacato" un sindacato che  avesse una forza contrattuale determinante perché come si suole dire l'unione fa la forza e quando la trattativa non è adeguata, il sindacato dichiara sciopero ovviamente di conseguenza sarà uno sciopero solidale non come adesso che fa sciopero un'associazione e le altre no; proprio ciò che vogliono i datori di lavoro. Finché i lavoratori e i loro sindacati non prenderanno coscienza della loro importanza nell'ambito dell'azienda, i datori di lavoro avranno sempre gioco facile nelle questioni contrattuali, quando un giorno si ravvedranno, capiranno che le aziende non possono esistere senza i lavoratori e che la mano destra lava la sinistra e viceversa, quindi gli uni non possono fare a meno degli altri. A questo punto si potrebbe pensare che, gli industriali con un sindacato tanto forte, (una RSU nazionale) trasferirebbero i loro capitali all'estero. Certo, ma già oggi i capitali vanno all'estero anche senza un sindacato forte, comunque le strutture rimangono sul territorio italiano e non è detto che non possano essere gestite da operai e dirigenti lungimiranti senza esagerati egoismi. Così facendo il potere del sindacato sarebbe tanto forte che in caso di contestazione per licenziamenti senza giusta causa non ci sarebbe bisogno di richiamare l' art. 18. Del resto se tutto ciò fosse possibile, anche gli operai dei paesi in via di sviluppo potrebbero far tesoro del sistema del sindacato unico, quindi basta delocalizzazioni! A me piacerebbe sapere che cosa ne pensano i sindacalisti almeno quelli dei sindacati più importanti, forse quello che io spero per il sindacato unico è un'utopia, perché non provarci con la convinzione che si possa riuscire?                                                                                                       

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massimocoppa
massimocoppa il 11/03/12 alle 10:56 via WEB
il tuo č uno sfogo comprensibilissimo e condivisibile in molti punti
 
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