LeCoccinelleVolano

***porte***


Sono la prima. Lo sono quasi sempre per l'abitudine di arrivare da qualunque parte con almeno un paio d'ore d'anticipo. Non che mi piaccia aspettare, ma aspettarsi qualcosa è meglio che rischiare di perderselo, non trovi?La ragazza alla reception mi ha detto che subito dopo la perizia mi comunicheranno se l'autorizzazione verrà concessa. È il motivo per cui tengo incrociate le dita delle mani e dei piedi, le braccia, le gambe, i legamenti e le arcate dentali. È il motivo per cui  mi stropiccio gli occhi, i capelli e i vestiti. Nel frattempo, arrivano altre donne e occupano alcune delle sedie in fila lungo il corridoio. Di fronte a noi ci sono delle porte, la uno, la due e la tre e canto silenziose filastrocche nel tentativo di prevedere quale si aprirà per chiamarmi dentro. L'occasione fa l'uomo ragno e la tensione fa l'uomo bagno, ma andarci adesso significherebbe correre il rischio di perdermi l'appello, per cui dolorosamente resisto. Poi una porta finalmente si apre. Scatto in piedi  e la busta con i miei esami, cadendo, fa un rumore pazzesco, ma l'uomo dal camice bianco mi ignora e chiama un altro nome. Una delle donne arrivate dopo di me si alza, raccoglie tutti i documenti ed entra. A quel punto, che resisto a fare? La donna seduta alla mia sinistra sembra quasi più nervosa di me.- Senti, io devo andare al bagno. Non impiegherò molto. Ma nel caso mi chiamassero- e le dico il mio nome- puoi chiedere di aspettarmi?La donna che sembra quasi più nervosa di me fa un cenno col capo e lo interpreto come un sì. I bagni sono poco distanti, alla fine del corridoio, a sinistra. Spingo la porta, entro e penso che sarebbe proprio da sfigati aver atteso più di un'ora ed essere chiamata proprio adesso. Ancora peggio sarebbe, dopo settimane di nervosismo e una notte insonne, vedermi rifiutata l'autorizzazione. Ma se per loro non fosse o non fossi abbastanza? Approfitto dello specchio per verificare quanto sto messa male e la mia faccia non mi delude.Esco dal bagno ed ho la sensazione di sentir chiamare il mio nome.La donna che sembra quasi più nervosa di me è lì dove l'ho lasciata.- Non mi hanno chiamata, vero?Fa un cenno col capo che interpreto come un no.Ritrovo il mio posto, mi siedo e incrocio i manici della borsa. La busta con gli esami cade di nuovo e di nuovo fa un rumore tremendo. La raccolgo e mi raccolgo le braccia in grembo e riprendo a sperare. Poi lo sento chiaramente. È il mio nome e non lo stanno chiamando, lo stanno gridando. E non da una delle tre porte, bensì dalla reception. Guardo la donna che sembra quasi più nervosa di me, ma è un caso perso perché di nuovo fa solo un cenno col capo.- Sono qui! Vengo subito!- e mi precipitò lungo il corridoio verso il bancone.La ragazza alla reception mi sorride.- C'è stato un errore.- dice. Io ingoia aria.- I medici hanno valutato il suo caso.- aggiunge. Io ingoia saliva.- E le hanno già concesso l'autorizzazione, perché non c'è bisogno di fare una perizia.- Cosa?! - mormoro in un misto di incredulità e gioia.- Tenga, questo è il documento di approvazione.Il foglio che mi porge finisce sul fondo della busta insieme a tutti gli altri documenti. - Grazie.- le dico.-Stia bene.- mi risponde.E finalmente smetto di tenere le dita delle mani e dei piedi, le braccia, le gambe, i legamenti e le arcate dentali incrociate.