LeCoccinelleVolano

***sampietrini***


Il clangore metallico del palo colpito dal sampietrino interrompe i miei pensieri distratti, riportandomi alla realtà del posto in cui vivo. E non mi riferisco specificamente al Brasile, in merito al quale i luoghi comuni si sprecano, nel bene e nel male. Samba, tanga, cocco, Copacabana, lambada, churrasco, saudade, pobreza, favelas, meninos de rua. Un omicidio ogni sei minuti.Uno stupro ogni 11 minuti.All'inizio facevo più attenzione. Del resto, durante una delle mie prime uscite in solitaria nel centro di Belo Horizonte, mi ero trovata nel bel mezzo di una protesta ed ero morta di paura. Lanci di bottiglie, sassi, polizia a cavallo, pistole e colpi sparati e tirati alla cieca. Me la cavai rifugiandomi in un negozio, prima che venissero tirate giù le serrande. Una mezz'ora trascorsa in ostaggio dei balordi che, da fuori, battevano sul metallo e provavano ad entrare. Poi tutto era finito, passato, come nulla fosse mai successo. - Tutto questo è normale? - avevo chiesto impaurita.- Sì, - mi aveva risposto una delle commesse- da queste parti è assolutamente normale.Ma fortunatamente non era poi così normale, perché, dopo quell'episodio, non mi era più capitato nulla di così spaventoso o pericoloso. La pericolosità, in fondo, è una caratteristica universale. Non riguarda solo le metropoli, tantomeno solo quelle brasiliane. Di balordi se ne incontrano in ogni dove. Persino nei più piccoli e tranquilli villaggi di campagna (che personalmente temo più delle grandi città, per un retaggio da fanatica dei film horror, che, fateci caso, sono quasi sempre ambientati nei boschetti o in mezzo al nulla). Insomma, non mi sono mai lasciata condizionare dalle statistiche, né dai luoghi comuni relativi alla violenza delle città brasiliane. Il peggio può capitare in ogni momento e in ogni dove. È per questo che, ieri, come tutti gli altri giorni, camminavo tranquilla e distratta. È luglio ed è inverno, ma sembra primavera. Il caldo tiepido del sole, sparato forte addosso, disegna il contorno di questa città il cui orizzonte è bello già nel nome. La fioritura degli ypes solletica l'aria di colore. I marciapiedi sono pieni di petali rosa. È uno spettacolo meraviglioso. La salita di rua Aleixo è così impervia da lasciarmi senza respiro e quando raggiungo la cima, all'altezza del semaforo per attraversare rua da Bahia, mi ci vogliono sempre un paio di minuti per riprendermi dalla sopraggiunta insufficienza polmonare.Ed è stato proprio in quel punto che l'ho visto. La scarsa ossigenazione mentale, inizialmente, ha fatto sì che scambiassi i suoi lanci per un nuovo tipo di sport metropolitano, qualcosa come "tiro al cartello", "pallina avvelenata", "palla a vuoto". Ma non erano palline.E, quando ho sentito la botta sul palo centrato in pieno ed ho poi constatato che, poco distante dai miei piedi, giaceva un sampietrino enorme, ho percepito la reale portata della follia che mi stava capitando. E che le urla, quelle che credevo fossero un normale sottofondo al traffico, erano l'appello di una donna, nascosta dietro un'auto, che disperatamente mi gridava: "Moça, saia daí!" (Ragazza, allontanati da lì).Solo in quel momento, quando ho cominciato ad avere una paura fottuta che, al prossimo lancio,  quel pazzo, piantato al centro delle strisce pedonali, mi sfracassasse il cranio con un pezzo di marciapiedi volante, sono tornata nella realtà del posto in cui vivo. E non faccio riferimento al Brasile. Bensì ad un mondo, completamente e inguaribilmente, folle.